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Ignazi Piero, Panebianco Angelo - 20 marzo 1977
INCHIESTA SUI MILITANTI RADICALI: PRIMI RISULTATI
a cura di Piero Ignazi e Angelo Panebianco (*)

SOMMARIO: Da un'analisi statistica sui simpatizzanti del

PR si evince che l'età media è molto giovane, atteggiamento ambivalente verso il PCI, composizione medio-alto borghese, affinità con la nuova sinistra.

(ARGOMENTI RADICALI - BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA - anno I, n. 1, aprile-maggio 1977)

IL METODO E L'AMBITO DELLA RICERCA

Pubblichiamo i primi risultati della inchiesta su »Caratteristiche e atteggiamenti dei simpatizzanti e dei militanti radicali iniziata con la distribuzione al Congresso di Napoli del novembre 1976 di un questionario appositamente preparato. In questa prima fase utilizziamo dati »grezzi , non elaborati, in pratica delle semplici percentuali, così come ci sono state fornite dal calcolatore, sul modo in cui i compagni hanno risposto alle molte domande del questionario. Per chi è digiuno di metodi statistici di ricerca, sarà opportuno, ai fini di una migliore lettura di questi risultati e anche in risposta a diverse critiche che ci sono state rivolte nei giorni del Congresso, fare alcune osservazioni preliminari.

Innanzitutto va chiarito che al momento, disponendo soltanto delle percentuali, non è ancora possibile effettuare alcun tentativo di interpretazione complessa sullo »stato del partito, e, più in particolare, sulle caratteristiche sociologiche e politiche dei militanti e dei simpatizzanti radicali. Non è possibile, per esempio, stabilire se ci sono stati mutamenti, di che natura, o in quale direzione, nella distribuzione delle opinioni su specifici problemi politici o nella composizione sociologica del partito o, ancora, quali collegamenti esistono (e se esistono collegamenti) fra posizione socio-economica degli intervistati e atteggiamenti politici generali. Allo stato attuale, qualsiasi ipotesi su questi aspetti sarebbe del tutto azzardata e condurrebbe, probabilmente, a risultati fuorvianti.

Per rispondere a queste, come a molte altre domande, infatti, occorre operare con strumenti più sofisticati delle semplici percentuali. E' quanto stiamo ora facendo ripromettendoci di rendere pubblici, in questa come in altre sedi, i risultati via via conseguiti.

Tutto ciò che è possibile mettere insieme, per ora, è una »immagine "statica" (che non dice nulla sui mutamenti nella composizione sociale del partito) e "sbiadita" (ci dice poco sui reali atteggiamenti di chi ha risposto al questionario) sulla fisionomia sociologica e politica del PR nei giorni del Congresso di Napoli. Questi limiti vanno tenuti ben presenti.

Una seconda osservazione che è necessario fare concerne la "rappresentatività" del campione. I questionari raccolti, codificati e trascritti su schede perforate, riguardano 384 iscritti e 208 simpatizzanti. A parte il caso dei simpatizzanti che poneva alcuni problemi di non facile risoluzione (su cui torneremo), il numero dei questionari raccolti fra gli iscritti può essere considerato "sufficientemente" rappresentativo dei militanti radicali se si ha l'accortezza di fare alcune »tare . E' probabile, infatti, che gli studenti e, più in generale, i giovani radicali siano, in una certa misura, sovrarappresentati nel campione, cioè la percentuale di giovani e di studenti presenti nel partito rispetto ad altre classi generazionali e occupazionali, pur essendo sicuramente alta, è inferiore a quello che appare dal campione; questo perché è presumibile che molti militanti, né giovani né studenti, "non" fossero presenti al Congresso di Napoli (per le maggiori difficoltà, di ordine professionale, familiare ecc., che

queste fasce incontrano negli spostamenti di tre/quattro giorni richiesti dai Congressi nazionali).

Inoltre, il campione è sicuramente poco rappresentativo della "distribuzione geografica" degli iscritti sul territorio nazionale. In particolare, come è ovvio, il campione sovrarappresenta la Campania (e le aree attigue come il Lazio) e sottorappresenta il Nord-Italia.

Fatte queste premesse, va però subito aggiunto che il numero molto alto degli iscritti che hanno risposto al questionario (praticamente quasi tutti i presenti al Congresso al momento delle votazioni sulle mozioni finali) ci fanno ritenere il campione, come si è detto, abbastanza rappresentativo dell'insieme dei militanti radicali.

Una ultima osservazione che va fatta è che il questionario era in sé tutt'altro che perfetto. Alcune domande - lo abbiamo verificato successivamente dal tenore delle risposte - che ci sembravano chiare e inequivoche »sulla carta (cioè quando il questionario è stato elaborato) si sono rivelate, col senno di poi, mal formulate o ambigue: in questi casi, la scarsa chiarezza delle risposte è, in realtà, l'inevitabile prodotto della cattiva formulazione di alcune domande.

Nel corso di queste note considereremo l'insieme delle risposte degli iscritti e dei simpatizzanti senza operare distinzioni. Abbiamo cioè ritenuto più utile, a questo primo livello, operare sul »dato aggregato esaminando le caratteristiche della »area radicale nel suo insieme. Questo per due ragioni: perché la struttura »aperta del PR non consente rigide distinzioni - generalmente possibili in altri partiti - fra militanti veri e propri e simpatizzanti generici sulla base del possesso o meno della tessera; e perché, in secondo luogo, i questionari compilati dai simpatizzanti ci sono sembrati dare, nel loro insieme, ampie garanzie di attendibilità e di reale vicinanza al partito.

Il totale dei questionari raccolti a Napoli è stato di 634. Di questi, in un primo spoglio, ne sono risultati nulli 12 (perché solo parzialmente compilati). In un secondo momento, altri 30 questionari, tutti di simpatizzanti residenti a Napoli, ritenuti »non attendibili , sono stati messi da parte. Il caso dei simpatizzanti di Napoli, infatti, imponeva delicati problemi di scelta per distinguere i semplici »curiosi , massicciamente presenti a causa della struttura aperta del Congresso, dai simpatizzanti veri e propri. La selezione è stata effettuata considerando le risposte ad alcune domande-spia (voto al PR in almeno un ramo del Parlamento nelle elezioni politiche del '76 e soddisfacente conoscenza dei problemi del partito).

In questa prima, sommaria analisi ci siamo concentrati sulle domande che riguardano tre aspetti specifici: le caratteristiche socio-economiche, la storia politica personale, gli atteggiamenti politici generali dei soggetti intervistati. Abbiamo quindi tralasciato diverse domande che avevano lo scopo di ricavare informazioni, ad esempio sui rapporti familiari (perché le risposte su questo tema acquistano un senso soltanto a un livello più approfondito di indagine) o sulle caratteristiche delle associazioni locali (perché riguardano un altro ordine di discorso, e cioè lo stato organizzativo del partito).

LE CARATTERISTICHE SOCIOECONOMICHE

Il campione conferma le impressioni generali sulla età giovane dei radicali. La più alta percentuale dei soggetti intervistati si colloca fra i 21 e i 25 anni (28%) ma molti sono anche i più giovani (16-20 anni, 18%). Ancora alta è la percentuale nel gruppo di età fra i 26 e i 30 anni (21% ), poi cala progressivamente con il 12% tra i 31 e i 35 anni, l'8% tra i 36 e i 40, il 7% tra i 41 e i 45, l'8% al di sopra dei 45 anni.

Il campione registra inoltre una presenza di donne (32,6% contro il 65,9% di uomini) molto alta se confrontata al rapporto uomini-donne della maggioranza dei partiti politici italiani (ad esempio, del PSI, come risulta dai dati forniti dalla Conferenza organizzativa di quel partito del 1975).

Per quanto riguarda l'occupazione, la più alta percentuale è composta, come era scontato, da studenti universitari (28,1) seguiti dai professori di scuola media (10,9), dagli impiegati pubblici e privati (7,4) e dagli studenti di scuola media (5,1) mentre tutte le altre categorie professionali sono scarsamente rappresentate. Ad esempio, per limitarci a due categorie sociologicamente significative, solo l'1,5% degli intervistati è composto da operai e solo l'1,4% da professionisti. Ugualmente bassa è la percentuale di disoccupati, con o senza titolo di studio. Va però notato che la domanda sulla occupazione, per un errore di formulazione, non si prestava ad identificare situazioni di sottoccupazione, di »lavoro nero e, più in genere, di emarginazione economica. Queste situazioni devono essere invece piuttosto diffuse, altrimenti diventerebbero inspiegabili, come si vedrà, alcuni fenomeni di fondo messi in luce dalle risposte alle domande successive.

La domanda sul livello di istruzione, infatti, rivela una concentrazione del tutto prevedibile verso le fasce alte (27,0 laureati; 18,1 studenti universitari) e alta percentuale di liceali (18,8) ma anche una marcata tendenza di segno opposto: il 14,7% degli intervistati si è fermato alla scuola dell'obbligo e anche a livelli inferiori.

I dati sulla istruzione diventano interessanti se confrontati con il titolo di studio e la professione paterna. Le risposte sul grado di istruzione del padre consentono di mettere a fuoco un fenomeno di notevole interesse: la esistenza di due blocchi di uguale consistenza che si collocano agli estremi opposti del continuum: 30,4 analfabeti + licenza elementare, 31,1 laureati mentre è molto più bassa la percentuale dei diplomati (15,2). Se consideriamo il titolo di studio come un primo indicatore della provenienza sociale almeno tre caratteristiche del campione appaiono evidenti:

1) Una marcata tendenza alla polarizzazione verso gli estremi »alto e »basso della scala sociale.

2) Un livello di istruzione mediamente più alto nei soggetti intervistati rispetto ai padri.

3) La presenza di una frangia consistente di »"lumpenproletariat" .

Da qui l'ipotesi, parzialmente confermata dai dati precedentemente analizzati sulla occupazione, di una divaricazione, allo interno dell'ampio settore degli intervistati che manifesta una bassa origine sociale, fra una frangia che ha partecipato di un processo di "mobilità ascendente" attraverso i canali della istruzione (come è provato dallo alto numero di studenti, insegnanti e impiegati) e una fascia meno ampia ma consistente che "o" è rimasta ferma sulle posizioni dei padri "o", più probabilmente, è stata sospinta verso condizioni di ancora maggiore emarginazione. Se la domanda sulla occupazione non registra questo fatto, ciò sembra dovuto sia, come si è detto, alla cattiva formulazione della domanda stessa sia alle evidenti difficoltà, di natura oggettiva e soggettiva, per i meno istruiti e socialmente emarginati, di rispondere, con la stessa precisione e chiarezza di altri, a un questionario.

Se le risposte sulla professione materna non rivelano nulla di particolare (68% di casalinghe e, per il resto, una distribuzione per fasce occupazionali che ricalca largamente la struttura del lavoro femminile nella comunità nazionale) diverso è il caso della professione paterna. Qui tre gruppi occupazionali emergono su tutti gli altri: impiegati (26,5), liberi professionisti (15,1), operai (10,4). La categoria più rappresentata, quella degli impiegati, non è in sé sufficientemente indicativa dello status sociale perché si tratta di un gruppo occupazionale, come è noto, con forti sperequazioni interne e perché, presumibilmente, molti intervistati non hanno fatto distinzione fra impiegato e funzionario. Se così non fosse, se questo dato indicasse una massiccia presenza di soggetti di provenienza piccolo-borghese, allora sarebbe in evidente contraddizione con i dati sul livello di istruzione paterna già analizzati. Bisogna dunque ritenere che una consistente fascia che ricade nella categoria »impiegati sia da

collocare sui livelli medio-alti della scala sociale, come ovviamente va fatto per i figli dei professionisti. Ci troviamo quindi in presenza di una ampia fascia di soggetti che manifesta una origine medio e alto borghese mentre appare sottorappresentata la componente più specificatamente piccolo-borghese. L'altissimo numero di studenti non ci consente, in questo caso, di registrare eventuali fenomeni di perdita di status (mobilità discendente) per questo blocco di intervistati, mentre, come si è detto, è possibile individuare, all'altro estremo della scala sociale, un sia pure limitato processo di mobilità ascendente attraverso la scolarizzazione (fenomeno, si badi, ovviamente attenuato dalla contemporanea tendenza alla degradazione delle istituzioni scolastiche e alla loro ormai ridotta capacità a funzionare come canali di promozione sociale). L'elevata percentuale di figli di operai conferma questa ultima osservazione.

Anche l'ultimo indicatore della posizione sociale, la autocollocazione dei soggetti su una scala delle condizioni economiche (da molto disagiate a molto agiate) sembra fornire ulteriori elementi di verifica alle osservazioni precedenti. Il 49,7% definisce »discrete le condizioni economiche della famiglia di origine e il 59,3% da una identica definizione delle proprie condizioni al momento attuale mentre sono però molto alte, e ancora una volta pressoché equivalenti, le percentuali di coloro che le definiscono »disagiate-molto disagiate (23,4%; 22%) e »agiate-molto agiate (26,5%; 18,5%).

L'aspetto più interessante, quindi, che sembra emergere da una prima analisi delle singole risposte sulla condizione sociale è la singolare, "contemporanea" presenza, fenomeno pressoché estraneo agli altri partiti, in quote consistenti, di strati sociali medio-alto borghesi e sottoproletari (mentre è assente la componente operaia e ridotta, sottorappresentata, quella piccolo-borghese).

Concludiamo l'esame delle caratteristiche personali con un breve accenno all'atteggiamento religioso. Scontata, ovviamente, l'alta percentuale di atei (37,4) e di agnostici (27,6). Meno scontata, invece, la pressoché totale assenza di cattolici del dissenso (fenomeno forse da collegare all'indebolimento dei legami fra il PR e le comunità cattoliche di base) e di soggetti che manifestano atteggiamenti genericamente catalogabili come »mistici . Quest'ultima assenza sembra indicare che i temi del »pacifismo e della »nonviolenza , così importanti e caratterizzanti per la vita del PR, si saldano a un »laicismo diffuso nella base del partito.

IL PROFILO POLITICO

Un'alta percentuale degli intervistati dichiara di avere una precedente esperienza politica. Il gruppo più consistente (19,7) ha militato nel PSI prima di avvicinarsi al PR, seguito da un sorprendente 17,7% di ex iscritti al PCI. Il 15,3% proviene da diverse formazioni della sinistra extraparlamentare (sia attualmente esistenti, come PDUP, AO, LC, sia »storiche come il Movimento studentesco, Potere Operaio, Unione ecc.). Il 14,3% è, infine, composto da ex liberali.

Sono molto pochi i casi di doppia tessera: ha quindi perso ormai peso un fenomeno che in anni non troppo distanti ha giocato un ruolo importante nella aggregazione di militanti di altre formazioni politiche. Tra i 44 radicali che dichiarano di avere la doppia tessera, 26 sono iscritti al PSI mentre gli altri si distribuiscono, in quote non significative, fra le altre formazioni della sinistra.

Il 35% degli intervistati fa parte di almeno un movimento federato o di una lega fra le molte che gravitano intorno al PR. Quattro movimenti federati - non a caso i quattro con maggiori tradizioni di lotta - CISA, MLD, LOC e FUORI, risultano i più rappresentati. L'11% fa parte del CISA e del Movimento di Liberazione della Donna, il 6,6% della Lega Obiettori di Coscienza, il 5,6% del FUORI mentre sono basse le percentuali degli aderenti alle nuove leghe (FRI, CARM, ecc.) sorte nel corso del '76.

Nel questionario si richiedeva se l'iscrizione al movimento federato precedeva o seguiva l'iscrizione al partito. Nelle nostre intenzioni, questa domanda aveva lo scopo di accertare se i movimenti federati hanno svolto e svolgono una funzione di reclutamento nel PR. Purtroppo, le risposte non ci danno nessuna indicazione al riguardo perché una percentuale molto simile si è iscritta al PR sia dopo che prima l'ingresso nel movimento federato. L'alta percentuale di iscrizioni contemporanee a un movimento federato e al partito (il 55,6% del totale degli iscritti a un movimento federato) fa supporre che non esista una relazione - fra partito e movimenti federati - del tipo prospettato. D'altra parte, l'arco di un anno (unità di misura utilizzata) è tanto ampio da lasciare il campo anche ad altre ipotesi.

Per quanto riguarda l'anno di iscrizione al partito, il campione rispecchia fedelmente il fenomeno generale di crescita progressiva del PR soprattutto a partire dal 1972 con una impennata negli ultimi due anni. Gli iscritti nel 1976 sono quasi il doppio degli iscritti nel 1975 e, ancora, questi ultimi sono un terzo in più degli iscritti del '74. All'altro estremo, solo l'8% del totale risulta iscritto in una data precedente.

GLI ATTEGGIAMENTI POLITICI

Le domande che raggruppiamo per fornire indicazioni su quest'ultimo aspetto riguardano diversi temi: dal giudizio sulla alternativa di sinistra e sul compromesso storico a quello sul modello ideale di società, alle valutazioni sulla politica del partito, al comportamento di voto, all'atteggiamento verso gli altri partiti.

I motivi più frequentemente addotti a favore della alternativa di sinistra rivelano una biforcazione decisamente significativa: il 43,0% considera l'alternativa di sinistra soprattutto come lo strumento idoneo ad introdurre un meccanismo di »alternanza nei ruoli di governo. Un blocco pressoché equivalente (45,2) la considera invece per le sue potenzialità di attivazione di un processo di transizione al socialismo. Guardando alle domande specifiche sul tema, quella espressa nei termini più espliciti come »transizione al socialismo raccoglie il 38,2% dei consensi, cioè la percentuale più alta rispetto alle altre ipotesi prospettate. Almeno apparentemente, le risposte a questa domanda sembrano indicare la presenza contemporanea di due »anime (da intendersi, probabilmente, piuttosto che come vere e proprie »"Weltanschauung" contrapposte, come atteggiamenti che si differenziano parzialmente e in modo sfumato), quella »radicaldemocratica e quella »socialista , quest'ultima leggermente più diffusa.

Tra i diversi possibili motivi di opposizione al compromesso storico, il 41,9% indica l'impossibilità di muoversi nella direzione del socialismo insieme alla DC, seguito, ma a grande distanza (28,0) da coloro che vedono nella »grande coalizione il rischio di una »stretta di regime e il soffocamento della libertà di espressione della società civile.

La domanda che seguiva nel questionario, sul modello di società da imitare, doveva, nelle nostre intenzioni, svolgere una funzione di controllo degli atteggiamenti sopra evidenziati.

Questa domanda non rispecchia, però, la divisione emersa nei giudizi sulla alternativa di sinistra e sul compromesso storico, anzi il rapporto fra le due »anime sembra addirittura rovesciarsi. La Svezia viene infatti indicata come punto di riferimento dal 29,4%, seguita a una certa distanza dalla Cina (11,0) mentre non sono significative le percentuali ottenute dalle altre società indicate nel questionario. D'altra parte, l'alto numero di coloro che non ritengono esistere, fra le società contemporanee, modelli da imitare (21,5%) e l'obiettiva difficoltà di rispondere in modo netto a una domanda di questa natura rendono non inequivocabile il risultato. E' da supporre, se mettiamo questi dati in relazione con le risposte sulla alternativa di sinistra e sul compromesso storico, che anche la Svezia sia stata indicata da molti più come una ipotesi di massima, in assenza di alternative allettanti, che non come un vero e proprio »modello da imitare.

Un altro obiettivo della indagine riguardava quali temi politici specifici (sia tipici della attività del PR sia ad esso estranei) riscuotessero i maggiori consensi. Fra i temi »radicali l'anticlericalismo è indicato come il più importante dal 20,5; il 15,3 dà una risposta di carattere generale (i »diritti civili ). Seguono l'antimilitarismo con il 14,1, femminismo e liberazione sessuale con il 14,1, la lotta contro le varie forme di emarginazione (manicomi, minoranze linguistiche, carceri, drogati, handicappati, ecc.) con il 10,4%.

Tra i problemi politici generali, il raggiungimento della piena occupazione è giudicato il più importante obiettivo (20,6) seguito dalla riforma urbanistica e dalla riforma sanitaria, indicazione quest'ultima da mettere in relazione, probabilmente, alla sensibilità ai temi della lotta femminista. Alta è la percentuale di risposte che indicano la riforma scolastica, spiegabile con le caratteristiche occupazionali e generazionali del campione. E' inoltre consistente la percentuale di radicali che sostengono la necessità di una più vigorosa lotta contro il fascismo.

Alla domanda sui partiti politici sentiti più vicini al PR, il 54,5% indica il PSI come "primo" favorito, il 18,0 il PDUP, il 9,0 Avanguardia Operaia, il 9,0 Lotta Continua, soltanto il 6,3 il PCI. Come partito "secondo" preferito il 26,8 indica il PDUP, il 18,2 il PSI, il 16,7 il PCI, il 16,1 Avanguardia Operaia. Se si confrontano le due serie di dati si nota che la tendenza inequivocabile è alla distribuzione delle preferenze sul PSI (che fa il pieno dei consensi raccogliendo un 88,7% tra prime, seconde, e terze indicazioni) e sulle formazioni di »nuova sinistra mentre il PCI riscuote scarsi consensi. Questo dato è confermato dalle risposte alla domanda sul partito più avversato (se si considera che né la DC né il MSI erano stati inclusi nella lista presentata agli intervistati). Il PSDI e il PLI sono considerati, rispettivamente, il primo partito più avversato dal 42,0% e dal 29,1%, seguiti, a una certa distanza, dal PCI (11,5). Il 34,1, indica il PRI come il secondo partito più avversato, seguito dal PL

I (16,6), dal PSDI (15,5) e ancora dal PCI (14,4). PSDI, PLI e PRI, unici partiti moderati che figuravano nella lista, sono considerati dagli intervistati, ovviamente, come i più distanti dalle proprie posizioni. Ma il dato di gran lunga più significativo è il bassissimo »indice di gradimento del PCI.

Il questionario comprendeva anche alcune domande sul comportamento di voto; in particolare, si chiedeva di specificare come si era votato alle politiche del '72 e alle amministrative del '75. Da notare che, contrariamente a ciò che solitamente avviene nel contesto culturale italiano di fronte a questo tipo di domanda, le risposte valide sono state numerosissime. Una percentuale ovviamente molto alta (il 47,1 per la Camera, il 60,3 per il Senato) risponde di non aver votato nel '72 per motivi di età. Per il resto, il PSI risulta il partito più votato alla Camera (34,5 sul totale dei soggetti che hanno votato), seguito dal PCI (20,1), dal PRI (14,1) e dal Manifesto (13,7), Scarse sono, alla Camera, le astensioni (4,2) se ricordiamo che la astensione fu, all'epoca, l'esplicita indicazione di comportamento di voto lanciata dal gruppo dirigente del partito.

Al Senato il voto al PSI è ancora più alto (40,4), seguito dal voto al PCI (22,1) e al PRI (12,8) mentre cresce, ma di poco, il totale degli astenuti (6,0).

Alle amministrative del 15 giugno 1975 il voto si distribuisce, soprattutto, in questo ordine, su tre formazioni politiche, PSI, PCI e Democrazia Proletaria. Il PSI viene votato dal 37,9 alle comunali, dal 41,2 alle provinciali, dal 37,3 alle regionali. Il PCI, rispettivamente, dal 27,9, dal 31,8, dal 23,3. Democrazia Proletaria, infine, dal 14,8 dal 12,6 e dal 20,8.

Se le alte percentuali di voto al PSI e a Democrazia Proletaria non sorprendono perché in linea con gli atteggiamenti politici generali prima analizzati, il forte voto comunista appare meno immediatamente spiegabile. Il PCI, infatti, risulta decisamente più votato di quanto non lascerebbero supporre i giudizi espressi sulla sua politica. Che incidano su questa »dissociazione semplici fenomeni congiunturali (l'aspra polemica fra comunisti e radicali durante la campagna elettorale del '76 e nel periodo immediatamente precedente al Congresso di Napoli) oppure altri fattori più profondi è, allo stato attuale, difficile dire. Questo è un »nodo , fra gli altri, che merita una più profonda analisi.

ALCUNE PRIME IMPRESSIONI CONCLUSIVE

Non ci sono, evidentemente, almeno per ora, conclusioni da trarre. Alcuni elementi interessanti sono sicuramente emersi. Sono risultate confermate molte »impressioni sulla fisionomia socio-politica del PR: l'età media molto giovane, l'alta percentuale di donne presenti nella vita del partito, una forte vicinanza ideologica al PSI e una meno forte, ma comunque consistente, affinità con l'area della »nuova sinistra , il ruolo importante giocato dai movimenti federati, una forte »tensione verso il socialismo.

Altri elementi sono invece molto meno scontati: dall'atteggiamento »ambivalente verso il PCI (molto votato e, contemporaneamente, molto avversato), alla centralità, per la base radicale, di temi come l'anticlericalismo (il più sentito) che rappresentano uno dei principali elementi di continuità rispetto al »vecchio Partito Radicale, agli atteggiamenti antireligiosi e non-religiosi che riguardano la schiacciante maggioranza degli intervistati, alla particolare composizione sociale del partito: la presenza di consistenti settori medio-alto borghesi e proletari, la relativa »compressione della fascia piccolo-borghese e l'assenza, infine di nuclei operai rendono ampiamente anomala, sotto questo profilo, la composizione del PR al confronto della altre formazioni di sinistra. E anche questo è un dato che merita un'ulteriore riflessione.

(*) "Ringraziamo per le preziose indicazioni di carattere metodologico Alberto Marradi e Roberto Cartocci"

 
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