I GIORNI DELLA DISPUTASOMMARIO: Lo "scandalo" della pubblicazione da parte dell'"Europeo" di un articolo sui beni del vaticano. La scandalosa speculazione a Roma dei frati e delle monache e della stessa Santa Sede, la proliferazione di società fantasma vaticane. Le reazioni della stampa.
(PROVA RADICALE, marzo 1977)
Dopo il primo dibattito alla Camera sulla revisione del Concordato svoltosi ai primi di dicembre, l'ultimo giorno dell'anno (ironia della sorte) non sarà ricordato con gioia negli ambienti vaticano. Cosa era successo di tanto clamoroso? La pubblicazione sull'"Europeo" diretto da Gianluigi Melega di un lungo e documentato articolo dal Titolo: "Vaticano S.P.A.".
Il servizio a firma di Paolo Ojetti, lo stesso giornalista che qualche mese prima aveva condotto un'analoga inchiesta sui palazzi della capitale intestati a società ombra svizzere, panamensi o del Liechtenstein, ha reso di pubblico dominio la scandalosa speculazione a Roma dei frati e delle monache e della stessa Santa Sede, e facilitata dal permissivismo di amministrazioni democristiane, dalle vantaggiose clausole fiscali nate dal Concordato, dagli inesistenti controlli dalle autorità in materia urbanistica, dalle colpevoli carenze legislative in materia di controllo sugli atti di donazioni (le autorizzazioni del presidente della Repubblica sono concesse troppo disinvoltamente e sono ormai ridotte al rango di inutili formalismi burocratici) e di compra-vendita di immobili, nonché dalla proliferazione di società fantasma vaticane. Il dossier del settimanale milanese di Rizzoli proseguiva con un elenco di nomi di banche a tradizione cattolica, di assicurazioni, di società immobiliari e di società di comodo di
rettamente o indirettamente legate alla Santa Sede, tanto che la conclusione che se ne traeva era che il Vaticano è un vero e proprio impero finanziario, proprietario di un quarto, forse il migliore degli immobili di Roma.
L'articolo in questione aveva vasta eco sia in Italia che all'estero. Il primo gennaio di quest'anno i quattro deputati radicali Emma Bonino, Adele Faccio, Mauro Mellini, Marco Pannella nonché il socialista Loris Fortuna presentavano una mozione alla Camera sull'uso scandaloso che il Vaticano fa dei propri beni e sulla frenata speculazione immobiliare fatta ai danni della città di Roma. Inoltre i 5 deputati chiedevano che il Governo si impegnasse ad intervenire immediatamente sia nel quadro delle trattative in corso per la cosiddetta revisione del Concordato, sia con le opportune iniziative diplomatiche, legislative, regolamentare e politiche, oltreché giudiziarie, per colpire, prima che realizzare le sue nefaste conseguenze, il disegno criminoso.
Appena due giorni dopo, il 3 gennaio (per pura coincidenza), si aveva lo storico incontro in Vaticano tra Paolo VI, e il sindaco comunista Giulio Carlo Argan. Il discorso del sindaco, già concordato da tempo, veniva modificato all'ultimo momento, col riferimento specifico al terzo Sacco di Roma, perpetrato dal Vaticano con la complicità delle amministrazioni capitoline democristiane che per trent'anni avevano consentito tanto scempio. I quotidiani e i settimanali italiani ed esteri (americani, inglesi, francesi, tedeschi e addirittura giapponesi) nonché la radio e la televisione davano ampio risalto al discorso del primo cittadino di Roma. Contemporaneamente lo stesso giorno i quattro deputati radicali presentavano in Parlamento un'interpellanza al presidente del Consiglio, a ai ministri delle Finanze, dei Lavori Pubblici, del Commercio Estero e delle Partecipazioni Statali, per sapere; se il governo avesse seguito con la dovuta attenzione il complesso delle operazioni immobiliari compiute dagli enti ecclesi
astici nella città di Roma; se fosse stata controllata, un sede amministrativa, la regolamentazione delle licenze di costruzione e di ristrutturazione ottenute da enti ecclesiastici nella città di Roma; se fosse stato accertato il motivo dei doppi passaggi di immobile da ordini ed enti religiosi, originariamente proprietari, ad altri enti religiosi che, a loro volta, avevano ceduto gli immobili a società commerciali, ed in particolare, per sapere se i doppi passaggi avessero consentito forme di evasione fiscale o esportazione dei capitali ricavati; infine se e in quale misura fossero stati effettuati accertamenti degli uffici fiscali sugli atti di compra-vendita e quali misure fossero state prese per controllare il movimento dei capitali ricavati da tali compra-vendite.
Sempre il 3 gennaio il "Corriere della Sera" portava un altro attacco al Vaticano con un articolo di Silvano Villani dal titolo "L'opera di carità non teme il Fisco", in cui si affermava, tra l'altro, che una delle principali molle che fanno funzionare il meccanismo di accumulazione dei beni ecclesiastici nella Chiesa fosse la necessità per i fedeli di provvedere alle anime del Purgatorio con "messe perpetue" da celebrare fino al giorno del giudizio in suffragio delle anime, una volta al giorno o una volta all'anno o una volta ogni tre anni a seconda di quanto rende alla Parrocchia il patrimonio che le viene lasciato in eredità.
A questo punto, per la prima volta dopo almeno un decennio, "L'Osservatore Romano" del 6 gennaio in prima pagine sferra un duro attacco all'"Europeo" e al "Corriere della Sera", accusati di disinformazione, di stravolgimento degli elementi obiettivi di verità, di aggressione morale, gretta, meschina, al limite anti-culturale, nonché di scandalismo e di aver carpito la buona fede dei lettori. L'articolo firmato da Don Virginio Levi vicedirettore dei quotidiano vaticano ma con "l'imprimatur" della Segreteria di Stato, sotto il titolo "Ancora sui beni della Santa Sede", se la prende pure con i radicali rei di aver presentato una troppo precipitosa quanto sorprendente interrogazione parlamentare.
La polemica divampa. La stampa cattolica si schiera compatta e spalleggia l'"Osservatore". Il sei gennaio "L'Avvenire" esce con due articoli "Scandalismo a buon mercato" e "Le speculazioni e la vera carità"; il "Gazzettino" con "Il Vaticano non specula sui beni immobiliari"; il "Giornale" di Indro Montanelli "La Chiesa possiede beni ma paga le tasse dovute"; la "Gazzetta di Vicenza" con "Anche il Vaticano paga le tasse". Altri quotidiani come il "Piccolo" di Trieste "Il Vaticano smentisce di possedere un impero"; "Il Resto del Carlino" (del petroliere Monti): "Sono tutte calunnie - dice l'"Osservatore"; la "Gazzetta di Parma" "Il Vaticano non è un impero". Il "Corriere della Sera" pubblica tre articoli: uno del vaticanista Fabrizio De Santis sulla replica del Vaticano alle critiche sui beni immobiliari che possiede; uno dell'urbanista Antonio Cederna dal titolo "Dovuto a protezioni politiche lo sfacelo edilizio di Roma"; e l'ultimo infine di Natalia Ginzburg "Fra sindaco e Papa difficile un dialogo chiaro".
Questo articolo susciterà poi una serie vivacissima di polemiche perché Paolo VI veniva tra l'altro definito: "Un vestito, un muro, un'impalcatura di costruzioni...".
La polemica continua il 7 gennaio con tre articoli de "La Repubblica": il primo di Beppe Lopez "San Pietro e il Sacco di Roma", il secondo dello storico Alberto Caracciolo "Come ai tempi dello Stato Pontificio", e il terzo contenente un'intervista al vice-sindaco di Roma, il socialista Alberto Benzoni che propone "Verde pubblico invece che ville religiose". Lo stesso giorno i radicali presentano un esposto al Ministero delle Finanze e alla procura della Repubblica di Roma sulle speculazioni vaticane a Roma e nello stesso tempo chiedono al sindaco Argan il censimento di tutte le proprietà della capitale appartenenti al Vaticano e agli enti ecclesiastici. L'8 gennaio in prima pagina il "Corriere della Sera" pubblica "Un Papa per ogni stagione" a firma del vicedirettore Michele Tito. Il giorno dopo interviene sulla questione lo scrittore Roberto Gervaso con un articolo sul "Resto del Carlino" dal titolo "San Pietro val bene un'Immobiliare".
L'11 gennaio esce una nuova replica dell'"Osservatore Romano" contro il "Corriere della Sera": "Sacco di Roma e senso della misura". "La Stampa" di Torino (di proprietà di Giovanni Agnelli) per mezzo del suo vicedirettore Carlo Casalegno interviene a sostegno dell'"Osservatore" con un delirante articolo, ma viene attaccata da Giorgio Bocca sull'"Espresso" che titola "Roma città aperta ai traffici".
La polemica si riaccende il 13 gennaio con il secondo articolo de "L'Europeo", sempre a firma di Polo Ojetti, dal titolo "I mercanti di San Pietro", in cui oltre a ribattere le sterili tesi difensive dell'"Osservatore" si elencano le proprietà ecclesiastiche di Verona, censite dai radicali della città veneta.
Nuove replica, questa volta dei parroci-prefetti della capitale, in un articolo su l'"Avvenire" del 16 gennaio dal titolo "Pubblica utilità dei beni religiosi". Nella tenzone si lancia anche "Panorama", settimanale di Mondadori, che pubblica in copertina (n. 561) una vignetta di Forattini che mostra Paolo VI nei panni di un muratore con in testa la cupola di San Pietro ornata dalla testata dell'"Osservatore Romano". Contemporaneamente su "La repubblica" appare, insieme ad un finalmente a Cesare...", un'altra vignetta che vede Paolo VI piccolo in mano intento a stare in bilico su una gru di cantiere. Immediata reazione dell'"Avvenire" sulle due vignette e dell'"Osservatore Romano", il 22 gennaio, chiaramente indirizzata contro "L'Europeo", evitando questa volta (intelligentemente) di farne apertamente il nome, per far cessare una polemica che rischia di farsi troppo pressante.
Anche un settimanale di Rusconi, "Gente" si allinea sulle tesi vaticane, con un articolo dal titolo "Rispondiamo a chi insulta il Papa" contenente un'intervista con Don Giovanni Baget-Bozzo, un ex politico dc divenuto sacerdote a 41 anni. "Il Messaggero" di Roma che dall'inizio ha appoggiato le tesi laiche conclude, per il mese di gennaio, la polemica con una serie di articoli sulla storia del Sacco di Roma, sotto il titolo "Sacro e massacro" di Vittorio Emiliani.
Uno strascico si ha ancora con il licenziamento, per motivi politici, di Gian Luigi Melega da direttore de "L'Europeo". Angelo Rizzoli non ha evidentemente digerito l'attacco del suo giornale contro il Vaticano. Ulteriore prova di questo è che sul "Corriere della Sera" appare un articolo, i primi di febbraio, a firma di un misterioso alto personaggio vaticano nascosto dallo pseudonimo di "Odoskopos", con cui sotto forma di satira si tenta, ma senza troppa convinzione, di smantellare le tesi laiche sulle proprietà vaticane. Tale articolo, anche se appare sulla tribuna aperta (che ospita voci delle più diverse tendenze, che non sempre rappresentano quella del quotidiano) non è per nulla gradito alla maggioranza dei giornalisti del "Corriere", ma evidentemente è imposto dagli alti vertici della direzione, non escluso lo stesso Rizzoli.
Questa è la cronistoria, così come si è andata via via sviluppando, di uno scandalo che cattolici, politici dc, e ora anche quegli editori che sembravano propensi ad alimentarlo, cercano invece con ogni mezzo di far insabbiare e di far rientrare nella più assoluta oscurità, durata almeno per un trentennio abbondante. Siamo certi che ciò non accadrà anche perché, come più volte ribadito nei recenti congressi di Roma e di Bologna, la bozza attuale sulla revisione del Concordato è assolutamente inadeguata, inaccettabile nella sua totalità e nei suoi motivi di fondo, e in molti punti del tutto carente sotto il profilo legislativo, in quanto rappresenterebbe, addirittura un peggioramento delle norme ora esistenti. Dovrà essere il legislatore a decretare la fine di accordi presi quasi 50 anni fa senza alcun beneficio per lo Stato italiano ma a solo ed esclusivo vantaggio della Santa Sede. Il Parlamento non potrà continuare a temporeggiare senza risolvere nulla come ha fatto sino ad oggi: bussa ormai alle porte il
referendum abrogativo del Concordato.