SOMMARIO: Il resoconto della seduta della Camera (22 marzo 1977) nel quale vengono discusse le dimissioni della deputata radicale Emma Bonino (presentate per il mancato rispetto da parte del Governo e del Parlamento degli impegni presi in ordine alla riforma del Corpo degli agenti di custodia).
(NOTIZIE RADICALI N. 85, 31 marzo 1977)
Nel dibattito sulle dimissioni di Emma Bonino intervengono tutti i gruppi politici e si creano due schieramenti: da una parte comunisti e la maggior parte dei democristiani (nonostante che la D.C. si rimetta alla libertà di voto dei suoi deputati) che chiedono l'accoglimento delle dimissioni; dall'altra socialisti, liberali, repubblicani, la maggioranza del gruppo misto, demonazionali e missini che, si pure con diverse motivazioni ritengono che debbano essere respinte.
Il dibattito assorbe una intera seduta pomeridiana della Camera: vi intervengono, oltre ad Emma Bonino, il dc Costamagna a titolo personale, il comunista Cossia, il liberale Bozzi, la repubblicana Agnelli, l'indipendente di sinistra Napoleoni a nome della maggioranza dei componenti del gruppo misto, il democristiano Berardi, il radicale Pannella, il demonazionale Delfino, il missino Santagati e l'indipendente del gruppo comunista Codrignani a titolo personale.
A parte la netta posizione comunista, chiaramente rivolta a negare la validità della lotta non violenta del Partito Radicale e a stroncarne la riuscita attraverso la decapitazione della rappresentanza parlamentare, dietro e attraverso questi due schieramenti si esprimono tuttavia argomentazioni, umori, valutazioni politiche che esprimono in larga misura la radicale estraneità della Camera ai reali motivi e ai metodi della lotta radicale. Si manifesta una incomprensione profonda che rivela una difesa che il Parlamento, le sue maggioranze ed unanimità, fanno di sé stesse, della loro politica, e del loro lavoro legislativo.
Queste considerazioni non tolgono nulla alle differenziazioni sostanziali e importanti che si sono verificate soprattutto fra comunisti e socialisti a sinistra, ma anche all'interno dello stesso gruppo democristiano (con l'intervento di Costamagna) e prfino del gruppo comunista (con l'intervento di Codrigiani). Ma vale la pena di richiamarle e di commentarle una per una.
Le dimissioni della deputata radicale nascono da scoramento e da sfiducia sulla possibilità di portare avanti le battaglie in Parlamento. Su questo punto insiste particolarmente Coccia che contrappone a questo "scoramento" il "senso di modestia e di umiltà", la "tenacia diuturna dell'azione", "l'esercizio della professione, e anche della pazienza", il "diverso grado di resistenza esistenziale", evidentemente dei comunisti. Ma con diverse argomentazioni vi fanno riferimento il liberale Bozzi, che contrappone a questo atteggiamento radicale, i lunghi anni della sfortunata opposizione liberale, il socialista Testa che parla delle sconfitte subite per decenni dai rappresentanti dei partiti della classe operaia, e perfino il compagno Pinto che fra tutti fa il discorso più vicino alle motivazioni radicali.
L'atto politico di denuncia di un gruppo viene quindi con queste argomentazioni ridotto a un atto di rinuncia e di scoraggiamento di un gruppo di radicali non sufficientemente "resistenti", per usare l'espressione di Coccia. La tesi, parlando di gente come Emma Bonino, Marco Pannella, Mauro Mellini e Adele Faccio, è notevolmente ridicola.
L'altra tesi che ritorna spesso nelle dichiarazioni in aula e fuori dell'aula è quella di un tentativo, fatto dall'interno delle istituzioni, di screditare in toto l'istituzione parlamentare. Lo afferma Bozzi (combattente in Parlamento con metodi che sono extraparlamentari); il comunista Natta più esplicitamente in una dichiarazione d'attacco diffusa alla stampa la mattina successiva al dibattito mentre sono in corso le trattative per risolvere politicamente il problema delle dimissioni; l'indipendente di sinistra Napoleoni, in un intervento in cui pure si differenzia nettamente dall'atteggiamento dei comunisti; ricordando la positività di un dibattito e di un lavoro che può apparire logorante e vischioso, lo stesso socialista Testa che pure dichiara di condividere le motivazioni delle dimissioni.
L'impressione che si ha è quella di rappresentanti di forze politiche che difendono non l'istituzione parlamentare, ma il modo con il quale tutte insieme con sostanziale unanimità hanno gestito il funzionamento dell'istituzione parlamentare. Difendono cioè sé stesse e la loro politica, la loro assuefazione a un lavoro legislativo sistematicamente svuotato e paralizzato dalla D.C. e dal regime. Ma non è solo un'impressione. Basta riflettere sul fatto che la motivazione centrale delle dimissioni di Emma Bonino è proprio il mancato rispetto da parte dell'esecutivo di sue deliberazioni parlamentari, approvate dalla quasi unanimità del Parlamento, con la eccezione dei radicali che non le condividevano o le condividevano solo parzialmente.
Un'altra accusa che viene rivolta dai comunisti ai radicali e ad Emma Bonino fa parte dell'armamentario della polemica antiradicale del PCI: Coccia in aula e Natta fuori dell'aula accusano i radicali, il primo implicitamente, il secondo esplicitamente, di tentare una manovra propagandistica. La lunga lotta condotta dai radicali dall'agosto scorso fino ad oggi, le precise proposte, i numerosi colloqui con i rappresentanti del governo, i progetti di legge presentati, settantatré giorni di digiuno e di lotte non volente naturalmente non esistono. Esiste solo la pubblicità, come se non fosse un dovere di ogni forza politica dare pubblicità, cioè "rendere pubbliche", per comunicarle alla gente, le proprie lotte politiche.
Il comunista Coccia, il democristiano Bernardi, il missino Santagati criticano e lamentano il fatto che si imponga al Parlamento "in forma surrettizia", questa è l'espressione usata dai diversi oratori, un dibattito sulla politica penitenziaria del governo, invece di limitare il dibattito alle dimissioni. Ma come sarebbe possibile altrimenti? Come si potrebbe ritagliare il dibattito sulle dimissioni, senza discutere le motivazioni che le hanno determinate? E le motivazioni sono proprio nella urgenza e drammaticità del problema carcerario, negli adempimenti governativi, nella incapacità e mancanza di volontà del Parlamento di far rispettare dal Governo la propria volontà e le proprie deliberazioni.
Questa difesa della "prassi" legislativa del Parlamento, che è poi quasi sempre la difesa dell'immobilismo e della paralisi legislativa del Parlamento, stesso ha trovato così la sua espressione più piena nel discorso del vice capogruppo democristiano Bernardi. Infiorato di riferimenti a Santa Caterina di Siena e ad aneddoti di parroci di campagna, il discorso di Bernardi ha praticamente accusato la minoranza radicale di intolleranza nei confronti della e delle maggioranze. Da questa proterva difesa del regime e del suo "paziente e diuturno" per usare aggettivi dell'on. Coccia) lavoro di svuotamento della sovranità e della funzionalità delle istituzioni repubblicane, Bernardi ha ritenuto di poter spendere qualche parola in difesa anche degli altri gruppi politici, degli altri che in Parlamento hanno saputo starci, a differenza dei radicali, pur essendo per tanti anni in minoranza. Loro sì, questo era il senso delle parole di Bernardi stavano al gioco. Gli aveva risposto poco prima Marco Pannella: siamo dispos
ti ad osservare le vostre regole del gioco, ma al tavolo con dei bari non ci stiamo. E questa è forse la vera differenza fra i radicali e gli altri. e questa è la vera ragione dello scatenarsi dell'intolleranza.