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Pannella Marco - 16 luglio 1977
Il P.R. di sua maestà il regime
di Marco Pannella

SOMMARIO: Marco Pannella scrive che il Partito radicale dell'alternativa socialista, autogestionaria, laica e libertaria, antifascista e popolare, continua a vincere ed a marcare in senso civile il volto della nostra società. Per questo si cerca da vent'anni, sempre più inutilmente, di contrapporgli i "rivoluzionarI" e pefino gli stessi "radicali".

(NOTIZIE RADICALI n. 163, 16 luglio 1977)

Il regime che sempre più deve tentare ormai l'assassinio, non solamente morale politico, metaforico, per difendersi da questo nostro partito e movimento che è l'unico che mostra di saperlo colpire, forse, ha un bisogno disperato di "radicali" per occupare lo spazio del Partito Radicale.

E' una storia cominciata 17 anni fa. Il Partito Radicale era, dalla sua costituzione, per "l'alternativa laica" alla DC. Con Gronchi, Mattei, il SIFAR, l'ENI, il PCI - in crisi ormai il centrismo - il regime tenta la carta del "centro-sinistra" per dividere la sinistra, spazzar via gli ideali unificanti e alternativi, popolari e vincenti a sua disposizione: quelli laici e libertari radicalmente socialisti e democratici di classe, antifascisti e antidemocristiani, di attuazione della Costituzione nelle sue novità caratterizzanti sul piano dei diritti, delle libertà, del sociale, dell'economia. Su questa strada incontra ovviamente il togliattismo, il riformismo minimalista, l'opportunismo di una Classe dirigente schizofrenica e idealmente ormai corrotta, oltre gli interessi oggettivi di ceti emergenti, di settori capitalistici e di tutto l'apparato burocratico e parassitario di uno Stato ormai costruito su solide strutture corporativistiche e autoritarie. V'erano, su questa strada, due nemici da battere: l'"

autonomismo" socialista dei Nenni e dei Lombardi, degli antimorandiani, e l'intransigenza azionista, giellina, anticlericale, anticorporativista, antiDc del Partito Radicale.

Gli autonomisti socialisti passano ben presto nell'altro campo: Nenni proclama che con il centrosinistra si spaccherà la DC e s'affermerà la sinistra unita: raccoglie la scissione del PSIUP e la spaccatura e la neutralizzazione del fronte di classe e di ogni speranza di alternativa a medio termine. Entra nel meccanismo di ricatto e di cedimento che lo porteranno nel luglio 1964 a cedere alla minaccia morotea del colpo di stato, e poi fino al 1974, delle stragi di stato. Lombardi scambia nazionalizzazioni e socializzazioni, e anche lui, in cambio della nazionalizzazione dell'Edison e della creazione dell'ENEL.

Restano i radicali: aggregandosi a gruppi di intellettuali lamalfiani o "autonomisti" credendo che il new-deal in Italia potesse essere fatto con il partito della conservazione e della reazione, molti di loro, a cominciare da Eugenio Scalfari, spaccano il partito, credendo di poterlo ammazzare e portarne lo scalpo al proseguimento del centrismo, alla DC ed ai nuovi "condizionatori" e ai potenti che da ogni parte attaccavano e odiavano il Partito Radicale, dopo aver colto il primo pretesto per cercare di espellere apparentemente Piccardi, in realtà Ernesto Rossi e il suo anticlericalismo e antistalinismo feroci. Il vecchio gruppo dirigente si rompe, Scalfari e Pannunzio escono, il primo scegliendo la via del PSI, l'altro quello del PRI, Cattani quello del PSDI per aggregarsi al potere (Pannunzio, nella sua onestà, per anticomunismo).

Restano Piccardi e Rossi, e noi. Da allora "il partito è morto": per la stampa, per la Rai-Tv, e i corvi e i becchini sono naturalmente gli Scalfari e gli "ex" come lui. Dopo poco restiamo soli e comincia la storia del rinnovamento radicale, socialista, unitario, libertario, dei diritti civili, anticlericale, antimilitarista, antiautoritario. Siccome siamo vietati diventiamo "vieti" con i nostri temi.

Per quindici anni siamo totalmente censurati: a "L'Espresso" Scalfari vieta ai redattori anche solamente di nominare il Partito Radicale. Per i primi due anni della battaglia del divorzio, "L'Espresso" ignora la LID e il Partito Radicale: non ci crede. Solo dopo che Scalfari se ne va a fare il deputato socialista, per il peso che acquistano gli Jannuzzi e i Gregoretti, i Catalano e i Lefebvre, si arriva, due anni fa, alla campagna sull'aborto.

I Barbato e i "laici" radiotelevisivi sono oggi, come erano ieri, i maggiori e più violenti contro il Partito Radicale: a lungo, e ancora oggi, si cerca di accreditarli non solamente come socialisti, ma anche come i veri successori dei "radicali" di ieri, dopo esser stati i becchini del partito e i nemici di Rossi.

Ora, questa gente, a cominciare da Scalfari, è politicamente morta, senza autonomia, senza altro gioco che il gioco di potere e di "fronda" (qua e là) nel regime. Il Partito è cresciuto. Ha guidato e vinto battaglie che hanno segnato il paese, la società italiana, in positivo, più di ogni altra, negli anni sessanta. Abbiamo ormai raggiunto l'obiettivo, enorme, incredibile, degli otto referendum, dopo tre anni e mezzo di lotta continua, accanita, rigorosa: non dimentichiamo che gli otto referendum sono stati decisi dal Congresso di Verona nel novembre del 1973, e già annunciati da quello di Torino, nel 1972.

La DC, il "centro-sinistra", la generica, velenosa ma finora imprecisa ostilità del PCI non sono dunque bastati a sconfiggere una linea di alternativa, anno dopo anno, battaglia dopo battaglia, "miracolosamente" condotta, impostata, tenuta dal PR, fino alla preziosa e fraterna, efficace e ricca adesione dei compagni di "Lotta Continua" e del MLS.

Per questo, da un anno, il PCI si sta mobilitando con tutta la durezza e la violenza che in anni non lontani usava contro ogni posizione non stalinista nella sinistra e soprattutto nel partito.

Un ultimo rigurgito o un preannunzio di come sarà difesa la sempre più grave incarnazione storica della scelta interclassista, antiliberale, antisocialista, antirepubblicana, del togliattiano "compromesso storico"? non so. Ma quel che è certo è che contro di noi si muovono ormai le artiglierie pesanti. Il vertice del PCI, coi suoi nuovi aggregati sono gli iloti, dell'"ingraismo" di ieri, come gli Aniello Coppola) stanno insegnando, in questi giorni, in questi mesi, alla DC, alla polizia, al governo, alla stampa "borghese" come si fa per schiacciare ad ogni costo "il pidocchio nella nobile criniera del destriero" dell'ex-rivoluzione stalinista e ora dell'involuzione trasformista del compromesso storico con la DC e il mondo del privilegio interclassista.

Così i giornalisti comunisti, e i loro servi (servi di due padroni, servi "ideologici" e "pratici") o i loro simili e omogenei, i Quaranta di "Panorama", quelli dell'"Europeo" quelli dell'"Espresso", e in primis, da un anno, quelli di "Paese Sera", e poi perfino i buoni Jacobelli, quasi inavvertitamente, son tutti contro, rabbiosamente, il 12 maggio, il 26 maggio.

Cosa fanno? Quasi tutto gli va male. Gli va bene solo (e fino a quando? quando ci ammazzano fisicamente e possono dire che la colpa è nostra. Allora devono cercare anche di trovare "radicali" del PR, come nel 1960; dar loro tutto lo spazio televisivo possibile, spazio a iosa, subito, al posto degli attacchi e linciaggi diretti e più scoperti. Se ne accorsero, con sdegno, anche i compagni Ercolessi, Teodori, Ramadori. Altri, anche, se ne sono accorti. E poiché non gli basterebbe andare sul Colosseo, o digiunare perfino con l'acqua, per trovare credito e ascolto, mentre, attaccando (oltre che me) il "vertice" del PR in questi giorni e ore in cui il Coppola è verde di paura a rabbia perché continuiamo a raccoglier firme da ogni parte, gli si dà più spazio di quanto non ce ne abbiamo dato a noi in dieci anni, ne approfittano. E' un loro diritto, dicevo ieri. Ma è anche un diritto mio e nostro nell'accettare al limite un contraddittorio con Coppola, e con Scalfari, e non con loro, se non dopo averlo fatto con tut

te le migliaia di compagni anch'essi raccoglitori di firme (e, anche di danaro per conto del Partito) ai tavoli, con i quali urgono tante cose da dirci e da fare.

Anche Scalfari continua. Oggi, Repubblica si schiera con il suo collaboratore "rivoluzionario" compagno Corvisieri, con Castellina e Goria, contro Lotta Continua: i compagni LC riscotreranno quanto sia gradita, nel regime e nei suoi zeloti di "sinistra", l'"unità" di Democrazia Proletaria se è alternativa a qualsiasi collaborazione con il PR. Il Manifesto, e anche il Quotidiano dei Lavoratori, non sono stati che contro i referendum; il primo in modo massiccio e smaccato, il secondo con qualche contradizione. Sono, insomma, gli "Scalfari" dell'era "rivoluzionaria": annessi e connessi di regime si danno una mano, sulla testa dei compagni militanti, come un tempo si fece con il Partito Radicale, e, poi, in misura più decente, con il PSIUP.

"Paese Sera", "Repubblica" scalfariana: questi speculatori e azionisti delle società per azioni antipopolari dell'"antifascismo dell'arco costituzionale" accattano quel che possono.

Quel che si accatta da noi, come accadde per il Congresso di Napoli, i prossimi giorni e settimane, lo mostreranno.

 
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