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Peppini Giulio - 20 settembre 1977
IL PARTITO RADICALE VERSO IL CONGRESSO (11)
Giulio Peppini, Parma,

del Partito Radicale dell'Emilia Romagna

SOMMARIO: C'è una crisi di identificazione perchè, dopo la morte di Giorgiana Masi abbiamo riconsiderato la prassi nonviolenta. Non si può sopravvivere senza strutture di servizio. E' necessario migliorare l'informazione e la stampa. Il congresso deve essere, e di fatto è, di delegati.

(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Agosto-Novembre 1977, n.3-4)

Rinunciando ad una risposta esclusivamente individuale, quasi da addetto ai lavori, ho preferito analizzare il vostro documento, senza dubbio assai stimolante, assieme ai compagni dell'associazione di Parma, cercando poi di ricucire la fila dei vari interventi.

La considerazione di carattere generale uscita dal dibattito è quella di una profonda crisi di identificazione, non solo personale, ma anche collettiva, come gruppo, con l'immagine del partito radicale; e che questo malessere ha avuto il suo significativo riflesso nella difficoltà di militanza. Cercando le cause di questa apatia, abbiamo creduto di individuarne l'origine in una caduta della credibilità del partito a livello nazionale che si è ripercossa, a livello locale, in una perdita di coscienza, o di quella che voi giustamente chiamate omogeneità politico-culturale. Il 12 maggio, con la morte di Giorgiana, ci ha costretto per un attimo, tutti, a riconsiderare la nostra prassi non-violenta, sorgendo in noi il dubbio che, per ragioni tutte da scoprire, si sia giunti allo scontro fisico senza valutare appieno la capacità del regime non solo di criminalizzarci, ma di vanificare, di colpo, il risultato delle nostre lotte di questi anni, togliendoci le adesioni e i consensi raccolti ovunque. Di qui il rigetto

, o la fuga in avanti, convinti di non poter più influire sulla società civile con gli strumenti sino ad ora adottati. E qui l'insufficienza del dibattito all'interno del partito, la mancanza di un reale corpo politico e di un progetto generale, si sono fatte pesantemente sentire, facendo ricadere sui militanti stessi, incapaci di dare risposte adeguate, la responsabilità di scelte difficili e totalizzanti.

Non è un caso se non siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi previsti per l'autofinanziamento, se dalla fine di giugno in poi non si è presa, a livello locale, una benché minima iniziativa e, quel che è più grave, se non una voce, se non quella dell'informazione di regime, ci è giunta su cosa il partito (segreteria, CF, gruppo parlamentare e federati) stava facendo o dicendo dei referendum, della repressione, della politica energetica e di tutto il resto, in termini di confronto con le altre forze politiche all'interno del movimento di opposizione al regime, e di elaborazione di pratiche realmente alternative e non subordinate o marginalizzanti.

Un partito laico e libertario non può sopravvivere se fa mancare le sue strutture di servizio, senza dare ai militanti quanto abbisognano, come qualità di informazioni e quantità di strumenti operativi. Soprattutto la carenza di informazioni impedisce la crescita nella società civile di quell'adesione indispensabile alle proposte radicali, che sola può far nascere nuovi militanti, se ed in quanto questi stessi trovano nel partito, a livello locale e nazionale, motivazioni più articolate ed omogenee al loro nuovo interesse In questo modo i militanti, crescendo politicamente, possono farsi promotori di iniziative politiche e darsi carico degli impegni organizzativi, superando il falso problema del funzionariato a tempo pieno, che, anche se ci fosse, con semplici accorgimenti limitativi perderebbe il ruolo che ha nei partiti tradizionali.

Che fare dunque? Quali le nostre proposte per migliorare l'informazione? Per quanto riguarda la stampa, scartata l'ipotesi di un quotidiano, per mancanza di mezzi sia finanziari che tecnici, quelle di "PROVA RADICALE" a settimanale, con una redazione di professionisti, con meno pagine ma più informazioni sui dibattiti parlamentari, note e commenti sui fatti politici più "freschi", colonne e rubriche di controcultura: "NOTIZIE RADICALI", con redazione nominata dal consiglio federativo, a periodicità non fissa, ma stabilita dagli avvenimenti, come organo interno del partito, aperto ai contributi degli iscritti, per le proposte operative e il dibattito sui progetti politici. A questo dibattito la rivista bimestrale "ARGOMENTI RADICALI" darebbe il supporto di una più approfondita analisi politico-culturale e soprattutto l'apporto di voci anche esterne al partito. L'utilizzazione di altri mezzi di comunicazione come radio, audiovisivi, propaganda diretta e strettamente legata alle possibilità finanziarie e quindi

, al finanziamento pubblico.

Che fare del finanziamento politico? In molti di noi si fa sempre più certa la convinzione che occorrà sbloccarlo a breve, impegnandolo non direttamente per il partito (che a livello locale riesce abbastanza ad autofinanziarsi per sede, telefono e spese varie) ma in attività dalle quali il partito potrebbe, anche a livello di costi, ricavare un vantaggio, come convegni, libri bianchi, partecipazioni in tipografie e radio libere fornendo macchinari e attrezzature, ecc. Allo scopo andrebbe benissimo una fondazione "Ernesto Rossi" con una presidenza prestigiosa ma non legata necessariamente al partito, un comitato di garanti di diverse provenienze politiche e uno statuto rigoroso, reso pubblico, che ne stabilisca le funzioni come strumento alternativo al finanziamento pubblico.

Parlando successivamente delle caratteristiche del congresso, ci è sembrato scontato che, crescendo il partito e quindi il numero degli iscritti e delle associazioni, si debba prima o poi giungere al congresso per delegati che, d'altra parte, è già nei fatti tale; almeno per la nostra associazione.

Non abbiamo molto compreso i problemi della Tesoreria e della Segreteria. Al segretario e al tesoriere devono andare tutte le responsabilità della gestione del mandato congressuale: che questi si facciano coadiuvare da giunte ci sembra giusto, ma allargare a queste giunte i compiti esecutivi ingenera confusione e rischia di paralizzare il partito. Piuttosto al Consiglio Federativo Nazionale debbono fare riscontro consigli regionali in cui siano presenti tutti i segretari delle associazioni costituite a livello regionale e due di questi, delegati dal C.F.R., devono essere nominati in quello nazionale, perché meglio siano rappresentate le esigenze delle realtà periferiche.

Tutte queste considerazioni potranno sembrare banali e confuse: d'altra parte vengono da un primo timido tentativo di discussione collettiva e di analisi dello statuto, per il quale dobbiamo ringraziare l'iniziativa della redazione di A.R.

 
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