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Sircana Laura - 20 settembre 1977
IL PARTITO RADICALE VERSO IL CONGRESSO (15)
Laura Sircana, Roma,

del Partito Radicale del Lazio

SOMMARIO: C'è il problema della circolazione interna delle informazioni. Fondamentale lo statuto. Bisogna ricomporre il rapporto Radicali-opinione pubblica anche attraverso i "media" ed il linguaggio.

(ARGOMENTI RADICALI, BIMESTRALE POLITICO PER L'ALTERNATIVA, Agosto-Novembre 1977, n.3-4)

Alcuni temi, come quello della circolazione interna di informazioni, o della militanza retribuita a tempo pieno, non sono nuovi e in particolare penso che la mancata soluzione del primo sia per lo più da attribuirsi alla nostra cronica mancanza di mezzi e poi alle frenetiche e periodiche scadenze militanti, che finiscono per assorbire ogni energia disponibile. E' certo che la chiusura, in questi giorni, di Radio Radicale Roma aggiunge nuova drammaticità ad un problema che finora ha riguardato piuttosto il rapporto Roma - periferia.

Concordo pienamente sulla denuncia della spirale militanti a tempo pieno - burocrati di partito, e penso che sia giunto il momento di fare chiarezza su questo, sapendo però che tentiamo, unici tra le forze politiche, una strada nuova, anche se doverosa e che alcune contraddizioni possono essere inevitabili.

Ritengo infine fondamentale il vostro appuntarvi su temi statutari, credo che mettiate in luce problemi reali e che le vostre proposte siano, anche se non tutte accettabili, tutte da discutere molto seriamente. Però se è vero che alcune scelte di concreta attuazione dello statuto - che non si ponevano prima, nel partito dei pochi amici e compagni - sono ora improrogabili, è anche vero che il nodo principale che questo Congresso ha da sciogliere, e forse non è in grado di fare, è appunto il "che fare". E allora le discussioni statutarie, che sono appassionanti, che rivelano il giurista nascosto in ciascuno di noi e che permettono a tutti di dire la loro, possono rappresentare il ripiegamento del partito in se stesso, possono coprire comodamente manovre di potere (perché no, anche a noi può accadere, per esempio se alla formulazione di un organismo manca solo, ma tutti lo sanno, la designazione nominativa di chi deve coprirlo) e insomma su questo tipo di discorso può morire il movimento radicale e nascere il "

partitino".

Quindi in Congresso parlare dello statuto. Si deve comunque farlo. Ma poi cosa devono fare i radicali, a qual fine riferiscono la loro organizzazione sui tempi brevi e medi? Deciderlo non sarà facile e so che i conigli dal cappello, quando anche ci siano, a voi piacciono meno che a me, però intanto si può già indicare un obiettivo, minimo, ma vitale alla realizzazione di qualsiasi progetto, complessivo o parziale che da altri, o da tutti noi, potrà essere individuato.

Dobbiamo ricomporre il "rapporto radicali-opinione pubblica", che mi sembra mostri taluni segni di notevole deterioramento. I radicali, sappiamo, hanno quasi sempre ragione. Io ne son convinta e sempre pronta a difendere il nostro operato, però mi accorgo che sovente è difficile, che la gente "non capisce". Saranno sciocchi, o perfidi, o ipnotizzati dal Compromesso Storico? Può essere, tuttavia è irrilevante per un partito votato alla vittoria e non alla mistica del sacrificio. Dunque abbiamo ragione, ma non ci sappiamo far capire: come mai quelle uscite, quelle prese di

posizione, quei gesti che magari facevano ridere - ma non di noi, con noi: "però che bravi quei radicali, hanno proprio ragione..." - o non ci sono o non funzionano più? E sì che diversamente da altri gruppi della nuova sinistra per noi il rapporto con l'opinione pubblica e il conseguente uso dei mezzi di comunicazione (per quel che potevamo conquistarceli) è sempre stato oggetto della massima attenzione. Paradossalmente oggi abbiamo un certo spazio di informazione, qualcosa su di noi passa, ma passa nel modo peggiore. Certo abbiamo nemici, certo l'informazione è lottizzata. Ebbene, forse che non lo sappiamo? Alla altrui perfidia dovremmo opporre un maggior rigore, una chiarezza che non consenta equivoci e speculazioni maligne e una semplicità "che tutti possano capire subito".

Ecco allora che il problema dell'opinione pubblica e dei "media" va affrontato di nuovo e collettivamente dal partito; sappiamo dei gesti e delle immagini (Eco dixit) che colpiscono più delle dichiarazioni, sappiamo che un'ora di una televisione libera è diversa da 5 minuti alla RAI TV e che occorre tecniche differenti, e conosciamo poi benissimo la favola di Pierino e il Lupo, almeno nel senso che il linguaggio va dosato, e che se è vero che la situazione delle libertà civili è grave, e si compiono pericolose deviazioni dal dettato costituzionale, le parole però si deteriorano e qui va a finire che al prossimo squallido intrallazzetto illibertario DC-PCI non ci basteranno più i termini e dovremo tirare in ballo Hitler e Stalin e allora ahimè faremo ridere, ma non con noi, di noi!

Quello che è più mortificante in queste perdite di presa nell'opinione pubblica (vorrei sbagliarmi, è un po' che non si sente parlare di statistiche) è che in effetti abbiamo ragione, i pericoli che denunciamo sono reali e c'è di più; paradossalmente si potrebbe dire che, se le nostre analisi sono giuste, se è vero che la sinistra, PCI in testa, correndo verso un equivoco potere, oltre a svendere quote di libertà e di conquiste sociali perde di vista il paese reale e i suoi bisogni, creando un vuoto e una soddisfazione, allora il nostro problema potrebbe consistere solo nel convincere il famoso iceberg che noi siamo la sua punta.

Naturalmente non è così semplice, e quindi il nostro interrogativo primario resta il "che fare", e non dico in termini di iniziative (non facile tra l'altro, e comunque del Gruppo) quale il nucleare, ma come nuovo progetto complessivo su cui articolare il resto, e poi il come organizzarci per quel "che fare", quindi statuto, però, proprio perché non siamo un gruppuscolo chiuso in se stesso col suo programma perfetto e la sua organizzazione ideale, ciò che ho accennato è uno dei problemi "del partito" - questo tengo a precisare dal momento che nei fatti l'immagine del PR all'esterno è stata data in prevalenza dal gruppo Parlamentare - e non è solo un problema di tecnica delle comunicazioni (è anche questo) ma attiene al complesso del fare politica.

Non vedrei quindi inutile, e qui lo propongo, che in Congresso si tratti in commissione, "dei modi e mezzi di comunicazione esterna del partito", sicura che ciò non si tramuterà in sciocchi atti d'accusa da parte di chi non saprebbe comunque far nulla di diverso o di migliore, ma potrà servire ad una crescita e ad un rilancio unitario del Partito Radicale.

 
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