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Pannella Marco, Premoli Augusto, Biagi Enzo - 9 gennaio 1978
Signor Presidente mi dimetto perché
Dossier sulle dimissioni da deputato di Marco Pannella, sul loro ritiro, sulle polemiche e le speculazioni che ne sono seguite sulla stampa

SOMMARIO: Sulle dimissioni di Marco Pannella da deputato e sul loro ritiro si è innescata subito una violenta speculazione, iniziata con una generale censura o distorsione della notizia, proseguita con corsivi, attacchi e insulti pubblicati un po' dovunque. Vengono qui riportati: 1) la lettera di dimissioni di Pannella; 2) la sua dichiarazione dopo il ritiro delle dimissioni; 3) La lettera aperta dell'ex senatore liberale Augusto Premoli pubblicata da "Il Tempo"; 4) l'articolo di Enzo Biagi su "Il Corriere della Sera". [Nei testi 1628 e 1879 le repliche di Marco Pannella agli articoli di Premoli e Biagi]

(QUADERNI RADICALI n. 2, gennaio, febbraio, marzo 1978)

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Mozione presentata dal gruppo radicale il 9 gennaio 1978

La Camera dei Deputati constatato che il servizio di stato dell'informazione audiovisiva, la stampa quotidiana di ogni tendenza e natura, hanno concordemente reso noto al Paese che il Governo è di fatto dimissionario;

constatato che i massimi esponenti dei partiti di maggioranza, firmatari del documento detto »mozione fatto

approvare alla Camera stessa il 15 luglio, così come i massimi esponenti sindacali (che si vanno affermando ufficialmente come attori della vita delle istituzioni, pur se non previsti dalla Costituzione repubblicana, al contrario di quella precedente), hanno a più riprese »trattato variazioni o »aggiornamenti della politica governativa e a più riprese e in diversa misura concordato sulla fine dell'attuale formula governativa;

constatato che un gruppo di partiti ha ufficialmente annunciato di dedicarsi a »pilotare la crisi , senza che il Governo in nessun modo abbia ritenuto di dover reagire a difesa della propria immagine costituzionale;

rilevato che il Parlamento è stato tenuto all'oscuro di tutti questi avvenimenti e di questa situazione,

impegna il Governo a immediatamente riferire, esercitando il diritto dovere di autonome comunicazioni, alla Camera su tale situazione, per ricondurre nell'alveo costituzionale e per quanto gli compete lo sviluppo di una grave crisi che altrimenti da crisi di governo si incardinerebbe in modo definitivo come crisi delle istituzioni.

PANNELLA, MELLINI, FACCIO, BONINO

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La lettera di dimissioni

Al presidente della Camera On. Pietro Ingrao

»Signor Presidente,

mercoledì 11 gennaio la Camera ha assunto una decisione che, per le modalità con cui è stata presa, ha un valore assolutamente straordinario.

»Posta di fronte alla mozione radicale che sollecitava formalmente una costituzionalizzazione o un atto formale di superamento della crisi di Governo, che percorreva alvei estranei a quelli previsti e imposti dalla Costituzione, unanime ha deliberato di compiere il solo atto formale a sua disposizione in quel momento, per incardinare in Parlamento il processo in atto. Il Governo, ben rendendosi conto della assoluta fondatezza della iniziativa radicale, anziché opporsi o rinviare a data indeterminata la discussione della mozione, dichiarava la sua disponibilità per questa settimana. Lei stesso, Signor Presidente, interveniva proponendo che si precisasse la data di oggi 16 gennaio. Dopo aver bocciato la nostra richiesta tendente a fissare la data di venerdì 13 gennaio, la Camera si pronunciava unanime per questa scadenza.

Nel corso del mio breve intervento avevo esplicitamente evocato, per respingerla, l'ipotesi di un atto di furbizia e di slealtà del Governo nei confronti del Parlamento, consistente nel mancato rispetto dell'impegno politico e costituzionale, così assunto, da radicare in Parlamento, come la Costituzione prescrive, e non in sedi extraparlamentari, o in sedi parlamentari di parte, lo sviluppo della crisi.

»E' oggi unanimemente riconosciuto, dagli osservatori politici e dagli stessi ambienti di Governo, che le dimissioni del Governo sono state presentate stamane esclusivamente per eludere l'impegno con noi assunto.

»In tal modo, sia per la slealtà del Governo e per la sua pervicacia nel voler privilegiare calcoli personali e di parte, sia per il convergente comportamento dei partiti e dei gruppi che con maggior chiarezza hanno ritirato al Governo la "non sfiducia'' rifiutando di usare gli strumenti prescritti dal nostro regolamento e dalla Costituzione in tali frangenti, il Parlamento repubblicano è stato offeso nelle sue prerogative con un apparente serenità e incoscienza che mai, in passato, s'era manifestata a tal punto priva di pudori e di remore.

»Signor Presidente, lei sa che noi avremmo accettato un qualsiasi, pur minimo gesto da parte del Governo o delle forze politiche di maggioranza che potesse mostrare un accenno di acquistata o riacquistata sensibilità nella direzione di una costituzione materiale e vivente corrispondente a quella scritta e conquistata dalla Resistenza.

»A questa non più provvisoria, aggravata, dicotomia, invece, si risponde oggi con tale superficialità e indifferenza che di fatto si sta preparando, necessariamente, una seconda Repubblica fondata su quel monopartitismo imperfetto che ha bisogno di mortificare ogni moderno e adeguato garantismo per timore di quel momento di contraddittorio democratico che si rivela ineliminabile nella vita costituzionale e parlamentare.

»Ho cercato, signor Presidente, nelle pieghe dei nostri regolamenti, un qualche spiraglio onesto e leale che consentisse oggi di esprimere formalmente e tempestivamente in aula tali pensieri.

»Non v'è invece che la prassi di tolleranza delle interruzioni che potrebbe esser percorsa, come spesso facciamo. Ma troppo gravi sono questi momenti e questi problemi per non ritenere invece opportuno di marcare il silenzio, I'assenza di riflessi garantisti e legalitari, repubblicani che i partiti impongono alla nostra vita politica e alla nostra Assemblea.

»Più che mai, oggi il Parlamento è dinanzi al sequestro delle proprie prerogative e funzioni. Questo accade, me ne rendo ben conto, in modo tale che non consente ai suoi Presidenti, ed in modo particolare a Lei, di intervenire.

»Riconosco d'esser anch'io disarmato. In singolare e eloquente coincidenza, quasi di ore, con l'annuncio della chiusura delle attività politiche del partito al quale mi onoro di appartenere, il radicale, che non intende pagare lo scotto di un continuo eroismo, di prezzi umani che sono in genere richiesti solamente dalle dittature o nelle guerre civili, per assicurare a sé e a tutti i cittadini il pieno e leale rispetto di diritti costituzionali e della lealtà del gioco costituzionale e democratico.

»Per questo, signor Presidente, non trovo altro mezzo per comunicare la mia protesta e anche la nostra angoscia dinanzi al prezzo che la politica ufficiale fa pagare alle nostre istituzioni per perseguire i suoi fini e la sua strategia di sostanziale monopartitismo, che rassegnare le mie dimissioni, visto che le mie idee e le mia capacità sembrano inutili o inadeguate a assicurare al Parlamento o al Paese il compimento del mio dovere. Riceva, Signor Presidente, I'espressione del mio profondo rispetto.

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Dichiarazione di Pannella sul ritiro delle dimissioni

L'unanime indicazione e richiesta di tutti i Gruppi Parlamentari, dalla DC a DN, dal PLI al PSI, dal PRI al

PSDI, dal MSI agli Indipendenti di Sinistra; la dichiarazione del PLI, del PSI, del PSDI, di condividere i motivi che erano alla base della mia protesta; il fatto che si è così avuto, durante la crisi, e non già a crisi risolta, quella opportunità per i parlamentari e i gruppi di esprimersi in tema di violazione o deliberata ignoranza dei dettami costituzionali, sono i motivi che facevano del ritiro della lettera di dimissioni un atto dovuto nei confronti del Parlamento e della nostra stessa iniziativa politica. Certo sembra che molti di coloro che hanno taciuto fino al momento della mia decisione fossero corsi a Roma nella speranza di riportarsi a casa uno scalpo radicale; che siano stati delusi nella loro speranza non è cosa che ci dispiace. Dovranno probabilmente attendere il 5 dicembre di quest'anno, quando, dopo due anni e mezzo di attività parlamentare lascerò immancabilmente la Camera per riversare su altri i loro timori e livori .

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Dimissionari sì, ma »per finta

Caro Pannella,

nel nostro Paese, come tu sai, si ignora, da qualche tempo a questa parte, l'istituto delle dimissioni. E chi, per veri o presunti peccati, sia invitato ad uscire dalla scena pubblica non valuta la popolarità e, in termini elettorali, il profitto che può trarre da un pronto e dignitoso ritiro. Il caso Lattanzio rappresenta, nel mio ricordo, l'ultimo esempio di attaccamento al posto. Il trasloco del parlamentare pugliese dalla poltrona singola (Difesa) al divano a doppia piazza (Poste e Trasporti) ci offre una testimonianza emblematica di soluzione »alla Italiana . La fuga di Kappler offre al Ministro l'occasione di un avanzamento di carriera.

Siffatto malcostume non ti era, in verità, addebitabile. Al contrario, criticando aspramente il »sistema , tu hai offerto di te stesso l'immagine di un politico »diverso , allergico alle cosche mafiose, estraneo alle astuzie dei faccendieri, provocatorio, libero dagli allettamenti del potere. A crisi esplosa, hai scritto al Presidente Ingrao, per comunicargli che abbandonavi Montecitorio, perché a tuo avviso, il Governo Andreotti si era condotto slealmente, recando discredito al prestigio delle Camere. La tua lettera »ha fatto notizia e anche nel polverone delle polemiche che seguono l'eclisse del Governo, ha trovato spazio e rilievo nelle colonne della stampa.

Sul contenuto delle tue doglianze siamo sostanzialmente d'accordo. Anche a nostro avviso, Andreotti avrebbe dovuto tener fede alle dichiarazioni rese ai giornalisti, nella sua ultima conferenza stampa. Le crisi entro le mura di Palazzo Madama o di Montecitorio possono sempre offrire l'occasione per dibattiti e voti, utilissimi al fine di mettere in luce chi fa calare la mannaia sui governi e le ragioni che ne giustificano la decapitazione. I liberali hanno insistito nel sottolineare la opportunità di un'ampia discussione. Le crisi »extra moenia infilano, invece, scorciatoie note ai soli addetti ai lavori, scorciatoie, cioè, che si addicono alle oligarchie. Il »popolo non si sente coinvolto, ma escluso. Gli si offre, in compenso, per dirla con le tue parole, lo spettacolo di una ammucchiata settimanale dei leaders nel rettangolo dei teleschermi, dove, anche per l'avarizia del tempo a disposizione, si sciorinano allo spettatore le solite banalità.

Ciò premesso, caro Pannella, la lezione che impartisci ossessivamente alla nostra classe politica, nei tuoi interventi, nelle tue interviste, negli »show televisivi sarebbe riuscita più credibile se nel »messaggio di congedo ad Ingrao tu avessi detto chiaro e tondo, che le dimissioni erano da considerarsi irrevocabili. L'assenza di questo aggettivo appariva sospetta.

La stagione che stiamo vivendo è drammatica al punto da toglierci sonno e fiato e da non consentirci alcuna profezia sul nostro domani. Ma nel vuoto di questa lunga quaresima, il rituale della crisi e la gestazione di un nuovo Governo si vanno svolgendo nell'alveo delle consuete procedure. L'unica nota imprevista poteva cogliersi nel tuo ritiro da Montecitorio. Ma ora, confermando la fondatezza dei miei sospetti, sei riapparso nell'Aula e hai rioccupato con disinvoltura il tuo seggio. E' vero che a farti recedere dal proposito di lasciare la Camera ha concorso anche il nostro Zanone. Ma Zanone è persona educata. Queste sono cortesie prevedibili, cui non ci si arrende.

E così, alla diffusa ineleganza di quanti non intendono dimettersi a nessun costo, tu, caro Pannella, ora aggiungi l'ipocrisia dei dimissionari »per finta , di coloro, cioè, che si macchiano della colpa (uso ancora le tue parole) »di voler privilegiare calcoli personali e di parte .

Tu ami il teatro. Saprai, forse, che in questi mesi si sta rappresentando a Parigi una commedia tedesca, di grande successo, dal titolo »Gli uomini irragionevoli sono in via di estinzione . Fino a ieri, mi chiedevo se ti si potesse catalogare tra i »ragionevoli o tra gli »irragionevoli . Ora mi sembra che dei primi ti manchi il coraggio della moderazione e dei secondi l'autenticità dei capricci.

Dopo la vicenda delle dimissioni »finte sul palcoscenico resta di te l'immagine di un contabile attento a registrare profitti e perdite. Rendono i tuoi digiuni, rendono le tue provocazioni, rende l'enfasi un po' dannunziana e un po' »liberty delle tue invettive. Rende, forse, la pretesa di avere, con le dimissioni rientrate, indispettito i comunisti. Ma il bilancio, questa volta, chiude in rosso anche per te. Fino a ieri incarnavi, sulla scena, un personaggio irripetibile, un politico, come tu dici, da marciapiede, un ottimo piazzista di emozioni e di angosce. Ora, povero Pannella, ti ritrovi nel ruolo e nei panni di un Lattanzio qualunque.

Augusto Premoli

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Pannella addio, anzi, arrivederci

Ero in giro per il mondo e un amico mi ha mostrato un giornale: »Hai visto? Pannella si è dimesso . Poi, dopo una breve pausa ha commentato: »Certo, in Parlamento mancherà qualcuno .

Non so se ci fu altrettanta emozione quando Churchill si ritirò dalla politica, e Adenauer si trasferì a Rhoendorf a coltivare le rose, ma sono notizie che possono anche sconvolgere.

Anch'io, per un momento, ho pensato a un vuoto incolmabile, poi la vita è più forte e mi sono rapidamente ripreso: »Non ti angosciare - ho detto per consolarlo - vedrai che la sua ultima parola va intesa, come sempre, per la penultima .

Da noi ogni estrema rinuncia comporta, ovviamente, una possibilità di replica, il definitivo ammette di solito qualche riserva; come per le signore al primo approccio, la risposta non è mai »sì o »no , ma un interlocutorio »forse .

Di gesti risoluti la storia patria non ne racconta molti: anche Cesare, prima di trarre il dado, ci pensò per un pezzo, e poi si decise quando fu ben sicuro che il Rubicone non si guada, ma si scavalca. E' difficile, anche nel periodo delle piogge, bagnarsi i piedi.

Mussolini proclama: »Se indietreggio uccidetemi , e dato che gli autobus non funzionavano, salta sul camion dei tedeschi. Non parliamo dell'abbandono delle cariche, inteso come scelta volontaria, il personaggio che meglio esprime questa profonda repulsione per gli onori e gli uffici pubblici è il venditore di bomboloni e canditi che sulla spiaggia di Rimini grida, onde aizzare i bambini alle compere: »Vado, vado via . E resta lì, come inchiodato dalle sabbie della savana.

Mi è piaciuto l'atteggiamento dei comunisti, che hanno dato ancora una prova di serietà, e visto che Marco voleva andarsene, si sono subito dimostrati pronti ad accontentarlo, perché bisogna aprire evangelicamente a chi bussa, come fece del resto anche quel guardiano del portone di via delle Botteghe Oscure.

Pannella, e tengo presente anche i suoi lati buoni, come dicevano una volta le maestre facendo la scheda dei monellacci, ha però delle curiose pretese. Annuncia, ad esempio, un digiuno, poi dopo una quindicina di giorni, il suo medico avverte: »Badate che sta male, il polso batte leggero, la respirazione si fa affannosa, il tramezzino e il latte macchiato possono anche uccidere , e l'infermo si aspetta, anzi reclama, che si alzi un corso sdegnato: »Accontentatelo subito, e avanti con gli antipasti .

Questa sua pacifica prepotenza, è satura di minacce e carica di esigenze: »Se lo sfinimento mi opprime, la colpa è della società, che deve in ogni caso ascoltarmi .

E' rimasto spiacevolmente sorpreso quando alla sua

intimidazione: »O mi date retta, o vi pianto , si è sentito rispondere come capita anche a quelle mogli insoddisfatte che annunciano con troppa insistenza una possibile ritorno dalla madre: »Vai, cara, e salutala anche per me .

Molti sostengono che è un combattente generoso, ed è una tesi che merita rispetto; purtroppo, menando alla impazzata, rischia anche di dare qualche botta in testa ai suoi.

Non si può andare ai funerali vestiti da Pierrot, né fare dell'Happening in continuazione. Pannella è un vecchio ragazzo estroso, ma il cui repertorio degli scherzi e delle trovate si va esaurendo. E ha anche l'esigenza di stare di continuo in scena, è il Gassman dei referendum, la Franca Valeri del dibattito televisivo. L'onorevole radicale fa venire in mente le partite a biliardo giocate da Buster Keaton: fra le palle che si muovevano sul tappeto verde ce n'era una piena di dinamite, e lui continuava a manovrare con disinvoltura la stecca, scatenando un carosello di bocce che sfioravano sempre quella esplosiva.

Disponendo di pochi mezzi, fa l'impossibile per richiamare l'attenzione, ed è anche bravo: guardate Malagodi, la cui presenza si avverte come quella di Quintino Sella, ed è considerato un contemporaneo soltanto in base ad alcune formalità anagrafiche.

Pannella no, si fa sentire, ed ha capito, come Macario, che bisognava dare importanza alle donne, e sotto con le Bonino e le Aglietta, che hanno fatto la loro parte.

Ha trovato una certa comprensione fra i socialisti, per quella componente libertaria che c'è nel partito, spiegano i teorici, e soprattutto per quell'irrefrenabile gusto dello sfascio che domina in via del Corso, dove tutti corrono all'impazzata, senza chiedersi neppure quale cavallo è in testa. Il PCI lo ha scaricato alla svelta: al folclore, si abbandonano appena una volta all'anno, durante il Festival dell' Unità. Si trascinava dietro, più che delle fabbriche, dei salotti; c'è tanta gente che la rivoluzione la vorrebbe servita con un pezzetto di ghiaccio, e che tra gli svaghi contempla anche la firma di qualche manifesto.

Adesso, mi pare, è arrivato alla fase del declino: le sue invenzioni non fanno più scandalo. Danno anzi un

po' fastidio: è come sentire raccontare per la terza volta la stessa barzelletta. Non c'è proprio niente da ridere. Le dimissioni le ha ritirate: le figure magre invece rimangono.

Enzo Biagi

 
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