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Pannella Marco - 28 febbraio 1978
Marco Pannella risponde a Biagi
di Marco Pannella

SOMMARIO: Una rettifica di Marco Pannella ad un articolo di Enzo Biagi sul Corriere della Sera, a proposito delle richiesta di dimissioni di Pannella dalla Camera dei Deputati, viene respinta dal Direttore. Pannella chiede dunque ospitalità a "Il Giornale" di Indro Montanelli. Biagi accusava Pannella di aver ritirato le dimissioni per non correre il rischio di vederle accettate. In realtà le dimissioni furono ritirate essendo state soddisfatte le ragioni per la loro presentazione: esse provocarono, per la prima volta, un dibattito parlamentare sulla crisi di governo; consentirono ai gruppi parlamentari di esprimere loro opinioni sull'extra-parlamentarità della crisi stessa; crearono un inedito schieramento parlamentare, con il solo Pci isolato e proteso a cogliere l'occasione di un regolamento di conti con il Partito radicale. Biagi scrive ancora di digiuni con i tramezzini, comportandosi così da vero e proprio teppista della penna: arrivederci in Tribunale.

(IL GIORNALE, 28 febbraio 1978)

Caro direttore,

da sponde diverse e non di rado opposte combattiamo contro un'atmosfera politica ipocrita, vile e violenta, probabilmente convinto tu e convinto io che l'altro sbaglia, per lo schieramento e le scelte di fondo compiute. Ma penso che siamo anche uniti dal gusto dell'indipendenza e del confronto laico e democratico.

Per questo mi auguro che ti interessi, e sia possibile, che interessi i lettori del "Giornale", rompere il cerchio di omertà, ostracismo e censura che (contro il Partito Radicale e le sue azioni, in apparenza e in primo luogo; ma in realtà contro il diritto della opinione pubblica di conoscere per deliberare e giudicare) la stampa di regime ci riserba. Nemmeno più i doveri di legge, se non le tradizioni civili e un minimo di pudore professionale, sono rispettati; il "Corriere della Sera, Il Giorno, La Stampa" sono in prima linea per questo servizio a vecchi e nuovi padroni, dalla Dc a Pci.

Mi permetterò quindi, qualche volta nell'anno, di proporti la pubblicazione di miei interventi, sui temi che risulteranno sotratti al giudizio dell'opinione pubblica per discriminazione politica e timore della verità.

Cominciamo con la mia risposta a Enzo Biagi che, malgrado il diritto di rettifica, il "Corriere" ha rifiutato di pubblicare:

Signor direttore, la legge 8-2-'48 n.47) mi dà un preciso diritto-dovere di rettifica o di replica al »servizio di Biagi dal titolo »Pannella, addio anzi arrivederci ; mentre obbliga lei a pubblicarla con lo stesso rilievo tipografico e nella stessa posizione. I lettori conosceranno in tal modo la verità su un episodio di vita parlamentare, mortificato dalla menzogna di chi ha preteso di usarlo per trarne notizie false e giudizi arbitrari, offensivi e diffamatori.

»Biagi fa mostra di attribuire il ritiro delle mie dimissioni da deputato al rischio di vederle accettate. Se Biagi fosse in buona fede, direi che si sbaglia e aggiungerei che ha mancato all'elementare dovere di informarsi prima di scrivere, e pretendere di informare e giudicare. ``Se...''.

»Basta leggere il resoconto stenografico di mercoledì 6 gennaio della Camera dei deputati per constatare che ho ritirato le dimissioni per l'ottimo e raro motivo che in quella occasione sono state ampiamente soddisfatte le ragioni per le quali le avevo presentate, avendo determinato i seguenti effetti:

»1) hanno provocato, "per la prima volta dopo oltre trenta crisi extra-parlamentari di governo, un dibattito ai massimi livelli parlamentari sulla crisi sottratta al Parlamento, durante la crisi stessa". Nelle pieghe dei regolamenti non abbiamo trovato altro strumento d'iniziativa. Ma l'abbiamo trovato; non dispiacia troppo a Biagi. D'ora in poi, a partire da questa nostra esperienza e ricerca, nessun governo o Parlamento o partito pensi più - dunque - di poter evitare con certezza la sanzione di un dibattito politico immediato e contestuale anche se indiretto, ove si continuasse con il malcostume delle crisi extraparlamentari. E' un "novum" tale da convalidare pienamente l'iniziativa assunta e da superare senza possibilità di discussione gli espliciti motivi per i quali avevo presentato le dimissioni; »2) hanno consentito ai gruppi parlamentari liberale, socialista o socialdemocratico di ufficialmente associarsi o dichiarare di condividere le critiche contro il carattere extraparlamentare avuto dalla crisi;

»3) hanno visto formarsi due schieramenti assolutamente anomali alla Canmera dei Deputati, con l'isolamento pressoché totale del Pci, nel corso di una legislatura nella quale in genere questo partito è la forza trainante e determinante di ogni maggioranza. Ad eccezione dei repubblicani, pure essi contrari alle dimissioni, infatti, tutti i gruppi parlamentari intervenuti nel dibattito prima della mia decisione (cioè Dc, Pli, Msi, Psi, Psdi, Dn, e Si) hanno assunto questa posizione in nome di principi e di giudizi politici e civili pregnanti e tassativi, che democraticamente onorano coloro che sono capaci di praticarli. Inoltre i

colleghi Zanone e Delfino hanno aggiunto un esplicito invito a ritirarle senza porle in votazione. Dall'altra stava il vertice del gruppo del Pci, teso con protervia e arroganza a cogliere l'occasione per regolare i troppi conti in sospeso con il partito radicale (il solo, pare, che tema) e a dimostrare agli altri con la forza del numero di essere il vero padrone dell'Assemblea e a dileggio delle unanimi scelte e dichiarazioni di volontà dei loro gruppi. A tal fine i deputati comunisti erano stati perentoriamente convocati ``senza eccezione alcuna'' ad essere presenti e votanti.

»A questo punto, da parte mia, non ritirare le dimissioni sarebbe stato oltretutto irresponsabile e vile.

»Ma anche i suoni più fessi hanno la loro eco. Alla Camera, quel giorno, i miei compagni comunisti, venuti per suonare e restati suonati, cercavano di impedirmi di parlare urlando:``buffone! spia!''. Un po' violenti ancora, come si vede! Ma bisogna comprenderli: gli avevano promesso lo scalpo dell'indiano metropolitano radicale e se lo vendevano sfuggire.

»E' così arriva il Biagi, che era in giro per il mondo e un amico gli dice: ``Hai visto Pannella?...'' Lui, che non vede, anche se ha gli occhiali, ma che ci sente bene dall'orecchio del potere, e dei potenti, imbraccia pronto l'olivetti, spara una colonna di piombo e fa eco a quelli. Si mette ascrivere: ``mi è piaciuto l'atteggiamneto dei comunisti che hanno ancora una volta dato prova di serietà'' come quel guardiano del portone di via delle Botteghe oscure, distribuiva cazzotti a chi bussava portando fiori, o come magari, il Natta che alla televisione con la manina fa il gesto di scacciare o schiacciare la zanzara, se parla la Bonino.

»Stupido non è, malgrado tutto o non del tutto. E, con il tempo, non c'è poi da stupire se, non avendo niente da dire, i suoi scritti sono frizzanti di volta in volta come un mediocre Lambrusco, la gazzosa del giorno dopo, acqua tiepida o aria fritta. Allora esagera, e lo sa. Sa certamente, quindi, che qui ed ora non intendo affatto rispondere al suo costante linciaggio contro il non violento, contro chi digiuna (``con tramezzini'', ci assicura il nostro eroe) anziché rispondere con violenza alla violenza dello Stato, contro lotte civili esemplari e dolorose che rischiano di divenire letteralmente "mortali" proprio per l'ignobile e pericolosa violenza di certi teppisti della penna e del video. Per le centinaia di donne e di uomini non violenti che sanno vivere digiunando volontariamente e per la vita di tutti contro il teppismo di ogni parte che non possono esser diffamati impunemente senza condannarli a morte, si discuterà di questo e solo di questo in Tribunale. Arrivederci lì, Biagi

 
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