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Barile Paolo - 1 marzo 1978
REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE: (28) Sui limiti della discrezionalità del legislatore in materia di attuazione delle modalità del referendum abrogativo e di disciplina dell'ordine pubblico
di Paolo Barile

SOMMARIO: Due questioni vengono essenzialmente affrontati nel corso del convegno, quella dell'istituto del referendum che progetti di legge comunisti, socialdemocratici, democristiani sottopongono a revisioni più o meno decise e il disegno di legge governativo in tema di ordine pubblico. Questi due temi vengono affrontati in relazione ai principi stabiliti dalla Carta Costituzionale.

("REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE", Rispondono i giuristi. Atti del convegno giuridico organizzato dal gruppo parlamentare radicale - A cura di Ernesto Bettinelli e Luca Boneschi - Tascabili Bompiani, marzo 1978)

Io mi sento in minoranza in questa sede, a dire il vero ed è bello sentirsi in minoranza in un partito come quello Radicale. La mia replica sarà un intervento contro corrente. Attendo quindi interruzioni e fischi. E' un poco strano che siano stati accusati quelli che la pensavano diversamente da quello che è l'orientamento della maggioranza, che siamo stati accusati noi di essere nemici delle libertà costituzionali, di non voler rispettare la Costituzione, che si è ricordato più volte nata dalla Resistenza e dall'antifascismo. E' abbastanza sgradevole, per quelli di noi che in questo campo, se mi permettete, non hanno da vergognarsi (quando in epoca di cospirazione, quando eravamo in pochissimi e si cominciavano a trattare queste idee e quando successivamente negli anni dopo la liberazione, dopo il cinquanta, si cominciano a scrivere i primi saggi e libri sulle libertà costituzionali), sentire ora improvvisamente che atteggiamenti diversi da quelli qui prevalsi o prevalenti sarebbero atteggiamenti di conflit

to con la Costituzione nata dalla Resistenza. Avrei piacere che venissero messi da parte certi anatemi.

La verità è che questi problemi sono di difficilissima soluzione, di angosciosa soluzione, di angoscioso confronto, di impossibile semplificazione, come del resto avete inteso tutti dalle relazioni dei giuristi, che sono state tutte ad un livello elevato. Io non ripeterò queste argomentazioni, non le ricorderò; mi limiterò semplicemente a dire ciò che mi ha colpito maggiormente di queste argomentazioni sul primo e sul secondo punto, cioè in tema di referendum e di ordine pubblico...

In tema di referendum: innanzitutto; di tutte le proposte che interessano il futuro, in sede di replica non mi voglio occupare, poiché, come ho già detto, non hanno un interesse concreto. Preoccupiamoci viceversa solo di quelle proposte che possono, o potrebbero astrattamente, far cambiare le condizioni degli otto più uno, nove referendum, che stanno per essere effettuati qui in Italia. Ora l'unica fra queste proposte delle quali occorre quindi occuparsi è quella che si divide in due parti. La prima parte tende a spostare la data del referendum, nell'ipotesi che nel 1978 si faccia luogo alle elezioni del Parlamento europeo (ipotesi, come sapete, della irrealtà, perché c'è una opposizione inglese, ben netta, al fatto che si voti nell'anno prossimo per tale Assemblea). La seconda parte prevede lo spostamento di questi referendum per effetto dell'annata elettorale, quale dovrebbe diventare e diventerà il 1978 quanto meno per le elezioni amministrative che sono appunto già state spostate, da questo anno all'ann

o prossimo. E' costituzionalmente legittimo o meno un discorso del genere? Sarebbe illegittimo solo se, a mio parere, si accettasse quella tesi che avete sentito esporre con tanta chiarezza e con tanta incisività, stamattina, da Sergio Fois, secondo cui la Costituzione vieta al legislatore di dettare ostacoli, anche soltanto temporali, al referendum. Fois sostiene che la norma costituzionale vuole che la legge determini soltanto le modalità di attuazione del referendum. Questa disposizione deve essere intesa, afferma Fois, in modo estremamente restrittivo, per cui la legge ordinaria deve semplicemente limitarsi ad attuare questo referendum dettando le modalità esecutive. Tutto ciò che è al di là costituirebbe una violazione all'art. 75 ultimo comma. Ecco, io su questa interpretazione restrittiva dell'ultimo comma dell'art. 75 farei qualche riserva, proprio perché l'Assemblea Costituente non ha parlato di esecuzione, ma ha parlato di "attuazione" del referendum e, soprattutto, ancora di più perché la norma c

ostituzionale si è limitata a dettare cinque righe e poco più per il referendum, stabilendone alcuni limiti, in maniera ben chiara, ben tassativa. Indubbiamente, però, secondo me, ha lasciato al potere discrezionale del Parlamento ancora un certo limite. Ma la questione non può certo essere liquidata in quattro battute. Deve essere evidentemente dibattuta, valutata anche sotto il suo profilo di costituzionalità. Non si può dire che sia una questione pretestuosa, questo sarebbe certamente uno sbaglio. Occorrerà fare un'indagine comparata; per esempio si dovrà vedere che cosa succede negli altri Paesi dove il referendum funziona da secoli, come in Svizzera, conoscere l'ambito di regolazione di questo referendum. In ogni modo il problema è aperto.

Sul tema dell'ordine pubblico, per me è stato più convincente Neppi Modona di Bricola, ma questo è un discorso di carattere personale, ciascuno può essere più convinto dell'una, molti altri potranno essere più convinti dell'altra soluzione. Delle cose che ha detto Neppi Modona, mi ha colpito soprattutto questo. Egli ha affermato: facciamo anche un discorso politico, non facciamo soltanto un discorso giuridico, non ci dimentichiamo dell'attacco della grande criminalità in questo momento, non ci dimentichiamo delle evasioni, dei collegamenti fra criminalità politica e criminalità comune, non ci dimentichiamo, quindi che siamo al limite dell'emergenza. Anche noi giuristi non dobbiamo dimenticare tutto ciò. Egli ha poi aggiunto che l'accordo programmatico di emergenza prevedeva ( e l'avete sentito, l'ha ripetuto successivamente), molte cose insieme; cioè: la contestualità dell'adozione di questi provvedimenti sull'ordine pubblico con una serie di altri provvedimenti. Alcuni sono già stati emanati, altri sono in

corso di elaborazione: la depenalizzazione, i provvedimenti sulle nullità, sulle notificazioni, sulle sanzioni sostitutive, sulle riduzioni dei collegi, e così via. Era tutto un quadro generale quello contenuto nell'accordo programmatico? Compresa la riforma dei servizi di sicurezza. Dunque, allora quello che occorre, sostiene giustamente Neppi, è valutare questi provvedimenti, nel contesto di queste riforme. Quanto agli atti preparatori, il discorso secondo cui occorrono degli strumenti antiterrorismo e che questi strumenti non possono essere altro che strumenti di prevenzione di polizia, è un discorso che francamente sembra convincente. Fra le due ipotesi di estensione del tentativo agli atti preparatori o dell'inclusione degli atti preparatori nella prevenzione di polizia, è stata scelta la seconda, ma con una certa ragionevolezza, allo scopo di evitare l'estensione del concetto di tentativo a tutte le fattispecie, e non soltanto a quelle di esecuzione, che, secondo la giurisprudenza e la dottrina penali

stica configurano appunto l'ambito del tentativo. Egli quindi ha spiegato perché si è rinunciato a seguire questa strada che sembrava la via maestra e si è scelta invece l'altra della prevenzione. Si aggiunga che, a differenza di quello che è accaduto delle cinque categorie della legge del 1956 più la sesta (l'antimafia del 1965) non ci troviamo in questo caso di fronte ad una pena del sospetto, ma di fronte ad un fatto costituito dagli atti preparatori, fatto che dovrà essere constatato in flagranza, fra l'altro. Su questo, mi pare che c'è stato un accordo generale, anche da parte di quelli che sostengono la triste necessità di queste misure. Dunque, c'è una misura di prevenzione, derivante dalla scoperta di un determinato fatto (un fatto che è a metà fra il tentativo e l'intenzione). Sul punto dell'arresto: esso deve essere disposto in flagranza, e su ciò, ha detto giustamente Neppi occorre essere inflessibili, occorre che le sinistre siano inflessibili. La flagranza, egli ha affermato, è la prova fondame

ntale, su cui è possibile il controllo del giudice.

Certo è, e con questa osservazione mi avvio alla conclusione, che io sono perfettamente d'accordo con lui, nel senso che non ci si può limitare a dire di no, a dire che queste misure sono di dubbia costituzionalità, occorre proporre qualche altra cosa in loro vece. Considerate come Bricola ora abbia avanzato qualche idea. Ebbene, siano tirate fuori le altre soluzioni; ma rendetevi conto che c'è un'opinione pubblica che ha bisogno di una maggiore sicurezza di fronte a quello che succede. Teniamo conto dell'opinione pubblica, non limitiamoci a dei piccoli clubs dove tutti sono d'accordo. A chi gioverebbe il non agire, a chi gioverebbe il non far nulla, a chi gioverebbe l'inerzia del Parlamento, ancora una volta, se non ai partiti dell'eversione, al partito fascista e al partito della P 38?

Ho visto che qui è stato distribuito un opuscolo che porta per titolo, sia pure con un punto interrogativo: "Assassinio della Costituzione?" Ci rendiamo conto a chi vogliamo alludere con questa frase, chi sarebbero gli assassini, quanto meno potenziali, della Costituzione? Sarebbero, per esempio, le forze che appoggiano queste disposizioni sull'ordine pubblico, le stesse forze (delle sinistre tradizionale) che in trent'anni hanno tenuto in piedi la Costituzione? Questo ce lo dimentichiamo improvvisamente, perché ci infastidisce, ad esempio l'idea dell'arresto preventivo. Tutto ciò si dimentica molto facilmente, con estrema superficialità. Di questo sono profondamente indignato e ve lo dico con schietta franchezza. A questo punto, quindi le forze che stanno per assassinare la Costituzione non sarebbero quelle che sparano contro la Costituzione, e non metaforicamente. Ma la radicalizzazione delle posizioni, secondo me, ha un limite di credibilità e di coerenza. Siamo in un momento molto vicino all'emergenza;

in occasione dell'emergenza i costituzionalisti sono tutti d'accordo nel ritenere che per salvare la Costituzione possano anche essere sospese le libertà costituzionali, addirittura tramite decreto legge, naturalmente da sottoporre al Parlamento e con atti del Parlamento. Siamo vicinissimi all'emergenza: se non si adottano alcuni provvedimenti e se su questi non si collabora con le forze sicuramente democratiche, con le forze che hanno sorretto la costituzione materiale in questi trent'anni, non si fa il bene del Paese.

 
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