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Spadaccia Gianfranco - 3 aprile 1978
UNA RISPOSTA A BETTINO CRAXI
di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: Gianfranco Spadaccia replica all'intervento di Bettino Craxi al congresso socialista di Torino [41· congresso del PSI, Torino, 29 marzo - 2 aprile 1978], quando ha definito ormai "improduttive" le forme di lotta del partito radicale. Ma sopratutto si rivolge ai socialisti "che hanno votato per le liste radicali..., che hanno firmato il referendum per l'aborto e gli otto referendum". Se si deve parlare di "crisi" questa riguarda il grande progetto referendario alternativo, sconfitto anche dal PSI che ha firmato gli accordi di governo con la DC. Questa non è dunque la crisi del partito radicale, è la "sconfitta della democrazia", e "dell'unica inizitiva politica realmente alternativa al regime". Collaborando alla sconfitta, il PSI si è comportato come forza subalterna. Si contesta poi l'atteggiamento del PSI per le elezioni, quando il suo rifiuto di accordi al senato ha impedito che vi fossero almeno 11 senatori in più. Ricorda quindi tutte le occasioni in cui il nuovo PSI "dei quarantenni" ha assunt

o posizioni sbagliate e perdenti sui temi dei diritti civili.

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Il segretario del PSI, Bettino Craxi, nella sua replica al Congresso socialista di Torino, parlando del Partito Radicale ha detto:

"Noi non badiamo solo ai maggiori partiti della sinistra; certo ci guardiamo intorno e approfondiamo alcuni temi. Abbiamo seguito con simpatia la nascita del movimento radicale nel paese; meglio se fosse rimasto movimento. Oggi assistiamo alla sua scomposizione e alla sua crisi evidente. I compagni del Partito Radicale non possono pensare che per molto tempo ancora noi accetteremo una sorta di loro rivendicazione monopolistica delle grandi battaglie che portano la firma di parlamentari socialisti in tema di aborto e di diritti civili, delle buone cause in difesa dei diritti dell'uomo e dell'ambiente. Chiameremo alla collaborazione compagni generosi ed attivi che non possono confondersi nè perdere altro tempo dietro forme che appaiono sempre più improduttive".

Non ci interessa rispondere a Craxi. Non lo abbiamo mai incontrato come non abbiamo mai incontrato i dirigenti e i gruppi parlamentari del PSI nelle nostre lotte per l'alternativa, per i diritti civili, contro la politica del regime e contro i compromessi di vertice e di regime.

Ci interessa invece rivolgersi ai compagni socialisti, ai tanti che ci hanno fraternamente sostenuto e aiutato nelle nostre lotte, che hanno votato per le liste radicali il 20 giugno 1976, che hanno firmato il referendum sull'aborto e gli otto referendum radicali.

A cosa si riferisce Craxi quando parla di "scomposizione e crisi evidente" del Partito Radicale? Se si riferisce a crisi interne del partito, si tratta di un'affermazione semplicemente ridicola. Egli non può dunque che riferirsi alla crisi delle lotte radicali, alla sconfitta che prima la Corte Costituzionale e poi i partiti dell'emergenza e del cosiddetto arco costituzionale hanno decretato del grande disegno referendario, alternativo, antifascista, costituzionale e nonviolento proposto dal Partito Radicale e sostenuto da quasi cinque milioni di firme, fra le quali quelle di centinaia di migliaia di elettori comunisti e socialisti. Il PSI, firmando gli accordi di governo, è stato parte attiva in questa sconfitta, al pari della DC, del PCI e degli altri partiti che li hanno sottoscritti.

Questa però non è la crisi e la sconfitta del Partito Radicale. E' la crisi e la sconfitta della democrazia, della Costituzione, della sovranità popolare a cui è stato sottratto il diritto costituzionale al referendum. E' la crisi e la sconfitta dell'unica iniziativa politica realmente alternativa al regime e ai compromessi di vertice e di potere, che sia stata espressa con vastissimo consenso di massa nel paese.

Collaborando a questa sconfitta il gruppo dirigente del PSI si è comportato come una forza subalterna agli interessi della DC e del PCI e come un cane da guardia degli equilibri del regime.

Craxi dice che il PSI ha avuto simpatia per il "movimento radicale", e aggiunge "meglio se fosse rimasto movimento". Il Partito Radicale è sempre stato, ha sempre voluto chiamarsi partito, cioè ha sempre rivendicato il diritto di costituirsi come "parte politica", rifiutando di lasciare il monopolio della parola "partito" ai partiti-apparato, centralistici e burocratici. Evidentemente Craxi, contestandoci questo diritto e questa realtà, lamenta che il Partito Radicale abbia presentato proprie liste elettorali e ottenuto una sua rappresentanza parlamentare.

Ma l'abbiamo fatto dopo 20 anni di lotte extraparlamentari, e dopo aver tentato tutto per impedire che, almeno al Senato, i due partiti si presentassero con liste concorrenti. Fu il PSI, per mediocri calcoli di apparato, a impedire quell'accordo che, anche limitato al Senato, sulla base della sola somma aritmetica dei voti, avrebbe portato a Palazzo Madama 11 senatori socialisti in più.

Il segretario del PSI dice che il suo partito non ci lascerà il monopolio dei diritti civili e delle "buone cause" dei diritti dell'uomo e dell'ambiente. Non abbiamo mai preteso alcun monopolio. Abbiamo anzi sempre richiesto e atteso che il PSI si impegnasse senza riserve in queste lotte.

Dobbiamo invece constatare:

1) che senza le lotte extraparlamentari dei radicali nessuna battaglia per i diritti civili si sarebbe vinta in Italia. L'unico contributo socialista sarebbe stato quello di firmare progetti di legge che non sarebbero mai stati approvati;

2) quanto al presente e al futuro, il PSI oggi firma (primo firmatario l'on. Balzamo) la legge-truffa sull'aborto, in contrasto con la posizione socialista e radicale per l'aborto libero e gratuito, e approva, firma e vota le nuove leggi speciali del governo d'emergenza;

3) quanto ai compagni generosi che dovrebbero smettere di perdere tempo appresso alle "improduttive" forme di lotta radicali, ce ne sono anche nel PSI, da Benzoni e Ballardini, da Gianfranco Amendola a Vittorini, ma sono all'opposizione.

Il vecchio PSI di centro-sinistra, che non rimpiangiamo, aveva tuttavia in sè delle contraddizioni positive, dei margini di libertà che potevano consentire le battaglie dei radicali e di Loris Fortuna. Il PSI rinnovato dei quarantenni non ha più neppure quelle contraddizioni e, nei nuovi stringenti equilibri del compromesso istituzionale e dell'emergenza, non ha più alcun margine di libertà.

Loris Fortuna ha detto che il PSI non è un'armata in fuga sul fronte dei diritti civili. Purtroppo il PSI-apparato (non i compagni socialisti) è un'armata rimasta a lungo nelle retrovie che, quando si è decisa a scendere in campo, si è unita agli eserciti nemici.

 
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