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Calogero Guido - 4 luglio 1978
CHE C'INSEGNA MARCO PANNELLA
di Guido Calogero

SOMMARIO: Contro l'idea che l'individuo nulla possa fare contro il corso delle cose imposta da tutte le Chiese politiche dominanti in Italia, Marco pannella c'insegna invece a non rassegnarsi, a fare qualcosa, magari anche con il rischio di sbagliare. Ma non sbaglia, sostiene Calogero, quando digiuna per "restaurare" la legalità repubblicana.

(PANORAMA, 4 luglio 1978)

Tra poco andrò anch'io a sentire quel che Marco Pannella avrà da comunicarci nella sua conferenza stampa: ma intanto vorrei provarmi a dire quel che in generale penso di lui. Il discorso che nasce da sue singole prese di posizione può fare infatti più o meno notizia: e in genere, proprio per un difetto intrinseco a un certo aspetto del sostrato dottrinale della nostra cultura, ne fa poca. Ma ciò che fa (o dovrebbe fare) notizia è il suo generale atteggiamento di fronte alla vita, il quale ha ormai dietro di sé un quarto di secolo, da quando egli era ragazzo a oggi.

NON RASSEGNARSI

Per dire la cosa in modo brutale, in un Paese di preti come l'Italia Marco Pannella è il più conseguente degli eretici. Né suoni ciò offesa per tutti coloro (ancora oggi probabilmente la maggioranza degli uomini e delle donne di tutto il mondo) i quali hanno sincero spirito di religione, e appartengono all'una o all'altra delle tante Chiese esistenti. S'intende solo constatare il fatto che nel nostro Paese, al di sopra di ogni divergenza di ideologie e di filosofie e di fedi, un idea è sopra tutte dominante: quella che il singolo individuo nulla o quasi può fare contro il corso delle cose, qualunque sia il supremo potere che lo governa.

In prima fila vengono i cattolici, i quali, di fronte al fondamentale dilemma di ogni religione, sospesa fra i due poli della totale provvidenzialità dell'accadere e della individuale responsabilità del singolo, dimenticano, quasi tutti, che la più profonda verità del cristianesimo consiste nel riconoscimento del diritto e del dovere della propria coscienza, di non affidarsi mai solo al presunto potere onniprovvidente di Dio, ma di accettare o di contrastare l'andamento delle cose a seconda che ciò appaia giusto o ingiusto a lei medesima in quanto coscienza individuale. La formula "Sia fatta la volontà di Dio", che può servire di conforto dopo la morte di una persona cara, diventa così la bandiera della "ignava ratio", della pigra rassegnazione a qualsiasi evento.

In seconda fila vengono i marxisti, in tutto quell'aspetto del loro comportamento per cui, dalle loro centralizzate gerarchie non solo politiche ma anche culturali, essi vengono sempre più gregalmente condotti a studiare una inesistente filosofia di Marx al fine di non scindersi in correnti discutendo le sue più concrete indicazioni ideologiche e politiche; e così ci trovano Hegel, il quale, con la peggior parte del suo cervello teologizzando circa lo Spirito del Mondo, e asserendo che perciò "tutto il reale è razionale", li mantien convinti della teologale razionalità di tutto quanto è ordinato dalle Botteghe Oscure.

In terza fila, dopo questi dialettici del materialismo, vengono i superstiti dialettici dell'idealismo crociano e gentiliano, ben più ricchi, al confronto, di idee e di indicazioni nuove, ma purtroppo anch'essi succubi dell'idea hegeliana dello Spirito Assoluto, autore della storia del mondo attraverso quei suoi delegati che ne sono i cosiddetti protagonisti "cosmico-storici".

Vero è che, di fronte agli impreveduti esiti fascisti di queste e di altre concezioni del genere, un genio come Croce si ridestò in tempo per esortare, in un suo scritto famoso, a non chiedersi mai in generale "dove va il mondo?", ma sempre individualmente dove dovesse andare l'interrogante stesso, secondo il sovrano responso della propria coscienza. Più tardi però, di fronte alla sognata esigenza di una collaborazione fra liberali e democristiani, ne scrisse un altro intitolato "Perché non possiamo non dirci cristiani:" e la lode fu e durò universale per tutta la penisola, nonostante che esso fosse il più equivoco e confusionario di tutti i suoi innumerovoli e quasi sempre mirabili scritti.

Infine, disseminati per tutti gli interstizi di questi tre grandi schieramenti intellettuali, ci sono i devoti della dea Scienza, quelli convinti che le nozioni "scientifiche" siano ben distinte dalle "non scientifiche", e solo esse debbano governare l'uomo, anzi per prima cosa dirci, in quanto "scienze umane", "che cosa l'uomo sia", giacché, se non ce lo dissero loro, come faremmo a sapere che nessuno di noi deve pretendere per sé più di quanto per sé possa pretendere ogni altro? Questa è la forma più recente del conformismo contemporaneo; e per quanto sia molto di moda non è certo la meno antiquata delle quattro.

In mezzo a questo immenso esercito di marmotte, ognuna ferma in attesa che Qualcun Altro faccia qualcosa, o dica loro di far qualcosa, quale sorpresa se a un certo punto un impaziente si alza in piedi, e grida: "Basta! Preferisco magari sbagliare, ma fare, subito, almeno qualcosa da me?".

Tale è oggi, in questo nostro sonnolente Paese, primo fra tutti Marco Pannella, degno continuatore di Aldo Capitini e di Dino Dolci; e, se talora sbagli, ci sono poi anche le volte in cui non si sbaglia affatto. Quanto all'introduzione e al mantenimento delle possibilità di divorzio in Italia egli ha dimostrato più fiuto politico di tutti i barbassori della politica italiana, papa compreso, il quale avrebbe potuto risparmiare al suo Padre Eterno una figura ancora più magra di quella dei calciatori nazionali all'estero.

Né sbaglia, nel suo insieme, Pannella quando - come ha fatto oggi nella sua conferenza stampa - ripropone imperterrito (parlando per un'ora e mezzo, con foga travolgente, pur dopo un mese e mezzo di quasi totale e non ancora smesso digiuno) all'intera classe politica e intellettuale italiana il vasto mazzo di richieste politico-costituzionali che egli ha da tempo loro rivolte.

Sono troppe perché possiamo qui ricordarle, anche solo coi loro titoli: d'altra parte è sperabile che almeno questa volta radio e Tv e giornali e riviste politiche italiane si siano vergognate dei loro silenzi e delle loro censure, e ne abbiano dato già notizia al loro pubblico, magari traendo perciò coraggio dell'avvenuto ricevimento dei radicali pannelliani al Qurinale (dopo che, ci giurerei, l'on. Leone ha finalmente perso la pazienza di fronte alla solita prepotenza del parlamento e dei suoi partiti, arrogantisi un potere di controllo costituzionale che a loro non appartiene affatto).

SPLENDIDA FORMULA

Perché qui, in fondo, torna sempre il problema. Pannella, concludendo, ha benissimo definito l'insieme delle sue proposte "un pacchetto di richieste di restaurazione della legalità, che non comporta vittorie di nessuno contro nessuno".

Ecco una splendida formula più organica e solida per quella "costituzionalità democratica", di cui tutti gli Stati del mondo hanno bisogno, se non vogliono finire prima o poi sotto il tallone o di generali fascisti o di generali comunisti. E a me, sentendola, è venuto in mente: - Posso ben consolarmi di essere, per la nuova costituzionalità democratica, una "vox clamantis in deserto", se nello stesso spirito in fondo opera anche questa "vox ieiunantis in deserto", tanto più giovane e vigorosa della mia! (D'altronde in questo caso il deserto non c'era: la sala era piena e acclamante).

 
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