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Pannella Marco - 29 luglio 1978
Per quale amnistia lottare
di Marco Pannella

SOMMARIO: Solo un provvedimento di amnistia chiaro, efficace e conclusivo può impedire il protrarsi di un'amnistia strisciante, quella dovuto all'impossibilità per la Magistratura di celebrare effettivamente decine di migliaia di processi gravi ed importanti. I responsabili del degrado della Giustizia sono le maggioranze vecchie e nuove che hanno "sgovernato" per trant'anni. Inconsapevolezza della situazione da parte di Pci e Psi, che alla Camera difendono i limiti del provvedimento con maggior foga di quanto non facciano la stessa Dc o il Partito repubblicano. Esclusi dall'amnistia i reati d'opinione, i reati militari e reati come l'oltraggio a pubblico ufficiale, perseguito dal codice in modo abnorme e perverso. Esclusione caldeggiata probabilmente da ambineti militari e ottusamente reazionari, ma, incredibilmente, sostenuta dal Governo.

(CORRIERE DELLA SERA, 29 luglio 1978)

Si tratta di scegliere: o l'amnistia generale, strisciante e quotidiana, incontrollata o inconfessata che da anni si concede a milioni di imputati, e ai più potenti fra di essi, un provvedimento chiaro e conclusivo di amnistia che solo può consentire alla magistratura italiana di celebrare "d'urgenza" alcune decine di migliaia di processi, i più gravi.

La terza soluzione, quella di una simile amnistia per lo più limitata a reati di Pretura, non costituisce altro che un mero e gratuito atto di clemenza "in aggiunta" al fatale proseguirsi di quanto abbiamo evocato come »amnistia continua a favore dei più pericolosi imputati, nei più gravi processi.

Si tratta di scegliere: o sgraviamo lo Stato dal carico giudiziario e dal carico carcerario, che sempre più lo paralizzano e squalificano, per conquistare un perimetro delimitato ma sicuro di certezza della legge e delle sanzioni o paghiamo, comunque, il prezzo sociale altissimo, ma senza corrispettivi, di un atto di liberalità giuridicamente immotivato nei confronti di migliaia di persone il cui delinquere ha cause obiettive non rimosse e che non tarderà in ogni modo, per questa sua natura, dolorosamente, a manifestarsi. Nell'un caso o nell'altro.

I responsabili di questo stato di cose in cui è precipitata la giustizia italiana non siamo certo noi radicali, non gli altri gruppi della estrema libertaria socialista. Sono le maggioranze vecchie e nuove che governano o sgovernano, ieri come oggi, con demagogia e prive di vero senso dello Stato. Ma questo non ci consola e non ci esime dalla responsabilità di indicare una via d'uscita per tutti. Si tratta di guadagnar tempo, ad ogni costo, per invertire il corso delle cose e la politica del loro governo. Si tratta di guadagnar tempo per porre mano a quelle riforme radicali dell'amministrazione e dei codici in mancanza delle quali non si percorrerà che la via obbligata quando le istituzioni sono fatiscenti e la classe dirigente si conferma incapace e cieca: la via della interruzione della continuità giuridica dello Stato, »rivoluzionaria o eversiva, di »sinistra o di »destra .

La classe dirigente ha - con l'amnistia - un'ultima sua arma, un'ultima valvola di sicurezza. Noi ci auguriamo che non voglia sprecarla. Se, ad amnistia fatta, il carico giudiziario dei Tribunali e quello carcerario resteranno qualitativamente tali quali sono oggi verrà a mancare anche l'attimo di respiro indispensabile per realizzare le previste e pronte riforme del codice di procedura penale e quella dell'amministrazione giudiziaria, senza le quali non v'è salvezza.

Stupisce ed addolora che proprio il PCI e il PSI non sembrino in questi giorni (ci auguriamo di sbagliare!) del tutto consapevoli di questa situazione e si attardino alla Camera, ben più della Democrazia Cristiana, del Partito Repubblicano e del Governo a difendere i limiti di un atto di clemenza che, come tale, sarebbe comunque ingiustificabile o inopportuno (se non per averlo lasciato, da due anni, sperare). Occorre infatti portare qui testimonianza che alla Camera, al di là delle prese di posizione ufficiali e formali, nella DC - speriamo non per calcoli inconfessati - troviamo in questi giorni una più vasta consapevolezza dell'opportunità di un provvedimento di amnistia che risponde alle preoccupazioni e motivazioni che abbiamo qui espresso.

V'è poi il problema delle esclusioni dall'amnistia dei reati di opinione e dei reati militari, o di reati, come l'oltraggio a pubblico ufficiale, perseguiti dai nostri codici in modo abnorme e perverso, spiegabile con la politica repressiva, giudiziaria e criminale, del fascismo, coi l'attuale loro disciplina direttamente risale. Che qualche ambiente militare o ottusamente reazionario, magari con pretesti »antifascisti , abbia tentato di proporre queste esclusioni non stupisce. Stupisce, invero, perfino noi oppositori libertari e liberali della attuale maggioranza che va dalla DC al PCI, che il governo, segnatamente i Ministri della Difesa, della Giustizia (e degli Interni?) abbiano fatto proprie, non fosse che per un momento, tali anacronistiche e ottuse pretese.

Taciamo ogni motivo umanitario, ogni considerazione sulla realtà carceraria, ogni recriminazione sul carattere classista e violento di una giustizia che fa scoppiare le carceri con l'anticipata espiazione di pena di 27.000 detenuti in attesa di giudizio, con presunzione costituzionale di non colpevolezza.

Taciamo - noi radicali! - sulle cause, sulla natura, sulle prospettive della »delinquenza detenuta di contro a quelle della grande criminalità libera e impunita.

Chiediamo a noi stessi, al Parlamento, in queste ore, in questi giorni, senso dello Stato e fiducia nella maturità e nella intelligenza dei cittadini. Non vogliamo né vincere né convincere le altre forze politiche e parlamentari. Non chiediamo di meglio che di essere corresponsabili pienamente e gratuitamente di un severo, austero ma razionale e responsabile atto di giustizia.

Altrimenti lotteremo come dobbiamo, da legislatori convinti che una cattiva legge è una mina vagante contro lo Stato e la società, nel caldo d'agosto e d'una battaglia forse persa nel Palazzo ma che nel paese sarebbe - come già altre - viva e vincente.

 
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