SOMMARIO: La tv al centro del problema di come difendere e affermare il "conoscere per deliberare". Il tentativo dei partiti e in particolare del Pci: comprimere al massimo la campagna elettorale, soffocare il dibattito, imporre un voto acritico e un'adesione fideistica dell'elettorato alle indicazioni dei partiti di regime. Le scelte della Commissione parlamentare di vigilanza: 1/3 dei tempi al SI, 2/3 al NO, nessun confronto diretto tra SI e NO, nessuna conferenza stampa, trasmissioni spezzettate di dieci minuti. I radicali rispondono con lo sciopero della fame e con un'iniziativa clamorosa: una tribuna elettorale "imbavagliata".
(NOTIZIE RADICALI N. 121, 20 settembre 1978)
Se quello dell'informazione è un problema con cui ci troviamo sempre a dover fare i conti, durante la campagna elettorale è stato assolutamente il nodo centrale e prioritario da affrontare. Il problema era quello di una campagna elettorale corretta, di una campagna elettorale che fosse degna, per un minimo, di questo nome. La questione centrale era, ancora una volta, la Tv.
Il tentativo dei partiti della maggioranza-unanimità del parlamento e, in particolare del Pci, era chiaro: non avendo potuto evitare tutti i referendum, dovevano comprimere al massimo la campagna elettorale, soffocare il dibattito politico per poter imporre un voto acritico e una adesione fideistica dell'elettorato alle loro indicazioni.
La decisione della commissione parlamentare sulla Rai-Tv, artefici i commissari comunisti, era semplicemente scandalosa: un tempo complessivo di trasmissioni inferiore a quello dedicato per il solo referendum sul divorzio, ripartizione dei tempi con criteri di proporzionalità tra i partiti così da assegnare alle forze del SI' solo 1/3 o 1/5 del tempo complessivo, nessun confronto diretto tra i sostenitori del SI' e quelli del NO, nessuna conferenza stampa con i giornalisti, trasmissioni spezzettate di dieci minuti.
Contro questo durissimo scoglio lo sciopero della fame e della sete di Gianfranco Spadaccia e di altri 13 compagni, lo sciopero della fame di moltissimi altri, l'"imbavagliamento" nella prima trasmissione televisiva, la marcia degli imbavagliati e le altre iniziative nonviolente risultavano particolarmente efficaci. Non solo riuscivano a guadagnare due ore circa di trasmissioni televisive integrative concentrate proprio nell'ultima settimana prima del voto, ma proprio grazie al tanto discusso imbavagliamento riuscivamo a recuperare almeno una settimana in più di campagna elettorale effettiva, elevando subito il livello e il tono dello scontro politico.
Se i risultati dei referendum sono stati clamorosi (soprattutto se raffrontati ai voti di cui poteva disporre lo schieramento del SI' in base alle elezioni del '76), possiamo essere certi che con una campagna elettorale più corretta e più lunga, anche di una sola settimana, avremmo potuto sicuramente vinto il referendum sul finanziamento pubblico dei partiti.
Se il 43 per cento del SI' è riuscito a provocare le dimissioni di Leone (a dimostrazione che queste battaglie pagano) con una vittoria avremmo certamente eretto una barriera più forte e duratura contro i meccanismi corrotti e le degenerazioni del potere e del regime.