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Spadaccia Gianfranco - 20 settembre 1978
Ancora sul finanziamento pubblico: precisazioni e proposte
di Gianfranco Spadaccia

SOMMARIO: Il risultato del referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti è un grande successo politico; ma dal punto di vista specifico, è una sconfitta dei radicali. Non essendo più soggetto al giudizio del corpo elettorale, esso rappresenterà d'ora in poi per il partito un problema definitivo e una grave contraddizione. Dobbiamo impedire che questa contraddizione diventi elemento di inquinamento e didivisione del partito. Il nocciolo essenziale dev'essere questo: il finanziamento pubblico non può essere usato per l'organizzazione diretta o indiretta e per l'attività del partito. Se individuiamo come centrale il problema dell'informazione, è su questo versante che dobbiamo impegnarci: in questo senso è perfettamente legittimo darci degli strumenti tecnologiacmente avanzati in grado di far uscire le radio radicali fuori dal ghetto per divenire strumento di diffusione di massa e di trasmissione della conoscenza altrimenti preclusa, delle lotte e delle attività radicali, della teoria e della prassi r

adicali. Questo è solo un esempio, e altri potrebbero essere fatti, ma il problema non è di progetti, quanto quello di fare delle scelte semplici e politicamente essenziali. che consentano di risolvere il problema con un'unità consapevole e garantita di tutto il partito.

(NOTIZIE RADICALI N. 121, 20 settembre 1978)

Il referendum dell'11 giugno, se guardato nell'ottica del confronto e dello scontro politico generale con il regime, ha rappresentato innegabilmente un grande successo politico; se guardato dal punto di vista del finanziamento pubblico, cioè del tema specifico del referendum, è invece stata una nostra sconfitta.

I compagni sanno la preoccupazione con cui ho sempre seguito e cercato di prevenire le ripercussioni, i danni, i possibili effetti degenerativi che potevano essere prodotti dall'ottenimento del finanziamento pubblico come effetto del successo elettorale del 1976. Quindi non ho mai sottovalutato e non sottovaluto certo oggi questa occupazione di armi, strumenti possibili, soldi che ci deriva da qualcosa di diverso e di estraneo a quello sforzo di autofinanziamento sul quale esclusivamente dovrebbe fondarsi il partito.

Questa contraddizione ci viene riproposta negli stessi termini del congresso di Bologna, davanti a un congresso che come a Bologna deve decidere di cose ben più importanti e gravi per il partito e per la sua politica. Ma questo problema esiste e non su può pensare di esorcizzarlo.

Nel documento congressuale ho espresso una convinzione di massima, per di più in forma problematica: che la soluzione adottata lo scorso anno, come soluzione eccezionale in vista della scadenza del finanziamento pubblico, non possa essere adottata in via definitiva. Come soluzione transitoria noi potevamo risolvere il problema affidando le prime due "tranches" del finanziamento pubblico al gruppo parlamentare radicale, che era statutariamente un soggetto diverso dagli organi dal partito e autonomo dal partito, ma era pur sempre un soggetto radicale. Era una soluzione semplice e chiara che consentiva lo sblocco di quei fondi, e quindi la loro utilizzazione, e risolveva anche il problema del "non uso a fini di partito" affidandoli a un soggetto radicale diverso e autonomo dal partito.

Da allora ad oggi, c'è un fatto nuovo, ed è il risultato dell'11 giugno: il finanziamento pubblico non è più soggetto a referendum, e quindi non è più per noi un problema transitorio e sub judice (con giudice il corpo elettorale), ma per un periodo difficilmente prevedibile un problema definitivo. E' una grave contraddizione, ma una contraddizione di cui dobbiamo farci carico, un pericolo che dobbiamo impedire travolga il partito trovando nel partito le soluzioni teoriche e programmatiche e le garanzie politiche e giuridiche, deliberative e se necessario statutarie. Questa mia convinzione non esclude, beninteso, la possibilità che, impostato in questa maniera il problema, non si possa e magari si debba ricorrere di nuovo "una tantum" a una soluzione eccezionale come quella dello scorso anno. Ma sono anche convinto che rinvii e procrastinazioni di un problema così importante (i poveri che diventano miliardari e vogliono rimanere poveri) non siano un fatto positivo.

Credo che il nodo centrale, il primo problema che dobbiamo risolvere è nella acquisizione di un concetto fondamentale che fu già alla base delle scelte dello scorso anno: questi soldi che ci vengono dal regime, dobbiamo impedire che diventino una contraddizione per il partito o peggio un elemento di divisione e di inquinamento del partito; dobbiamo rimbalzarli contro il regime, cercare di fare in modo che i soldi del regime diventino un elemento di contraddizione per il regime.

Era ciò che abbiamo sempre inteso dire quando abbiamo parlato di uso "a fini non" di partito. Ma questa definizione può significare tutto e può significare nulla se non viene riempita di contenuti definitori più precisi. Io credo che da questo punto di vista ci sia un nocciolo essenziale: l'uso non può essere per l'organizzazione diretta o indiretta del partito (telefoni, sedi, funzionari, organi di partito, rimborsi spese) e delle attività del partito. Chiarito questo nocciolo essenziale e insuperabile, io credo che per il resto ci si debba affidare da una parte alla chiarezza delle scelte programmatiche e dall'altro alla ricerca di garanzie sostanziali e per quanto possibile anche formali, nell'ambito dello statuto e del funzionamento politico del partito. Intendo dire che, al di fuori di questo nocciolo essenziale che non deve essere in alcun modo superato, il partito non deve perdersi in questioni formalistiche (o peggio moralistiche) ma alla proclamazione e alla pubblicità delle sue scelte.

Così se individuiamo da anni nell'informazione il problema centrale di una minoranza alternativa come la nostra, il problema sarà di sapere quali interventi programmiamo in questo campo e di dichiararlo, non sarà quello di impantanarsi in una discussione astratta. In base alle cose che ho esposto riterrei in contrasto con tutta la nostra prassi la ricerca di strumenti di informazione ghettizzati (cioè necessariamente limitati a una minoranza di lettori radicali e di partito), e in contrasto con le cose che ho detto sul finanziamento pubblico, il finanziamento diretto di organi di partito, di radio radicali come di giornali.

Trovo invece del tutto normale che il partito dei poveri e delle radio povere e autofinanziate si dia dei servizi ricchi di sostegno e di produzione delle radio tecnologicamente avanzati ed adeguati che aiutino le radio ad uscire dal ghetto di un ascolto limitato e che consentano invece alla radio di diventare strumento di diffusione di massa e di trasmissione della conoscenza altrimenti preclusa delle lotte, del partito, delle attività radicali, della teoria e della prassi confinata ad un perimetro culturale e politico estremamente circoscritto. Così, alla stessa maniera, di fronte a censure gravi come quelle sistematiche che siamo abituati a conoscere, il ricorso alla pubblicità come strumento di contro-informazione di massa è uno strumento che dobbiamo considerare perfettamente legittimo. Ma vado più in là in questa esemplificazione: se riteniamo che oggi pr salvare in Italia la possibilità di una prospettiva socialista libertaria e le possibilità stesse di certe garanzie di democrazia politica è necessar

io un nostro rafforzamento che passi attraverso il rafforzamento elettorale, non dobbiamo avere paura di dirlo, di decidere di conseguenza e di farlo, prevedendo stanziamenti elettorali per le elezioni europee e per altre scadenze elettorali, nelle singole realtà con il coinvolgimento di tutto il partito.

Sono solo due esempi di come il partito dei poveri può usare queste armi che gli arrivano, e rivolgerle contro l'avversario anziché lasciare che si rivolgano contro sé stesso o peggio che diventino lo strumento attraverso cui i radicali (i poveri) sparano gli uni contro gli altri alla ricerca della ricchezza.

Altri esempi potrei fare, rifacendomi ai progetti del gruppo, quelli enunciati e purtroppo poi non realizzati, o a quello del centro e della fondazione giuridica che sembra ora prendere corpo. Altri ancora potrei farne pensando alla attivazione di quella democrazia diretta anche regionale che riteniamo essenziale e necessaria in questo paese. Ma il problema non è di progetti. Lo dicevo l'anno scorso. Se ne possono farne a diecine o a centinaia. Invece il problema è di quelle scelte che saranno davvero essenziali, semplici, e alla nostra portata. Se ci muoveremo in questa direzione, io credo che il problema potrà essere risolto nell'unità, e in una unità consapevole e garantita, di tutto il partito.

 
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