di Rolando ParachiniSOMMARIO: Chi sono i "nuovi radicali"? Esistono legami tra l'odierno partito e quello degli anni '50? Possiamo trovare oggi linee politiche comuni o addirittura personaggi di allora? L'autore sostiene la tesi della continuità politica ripercorrendo la storia dei radicali dall'Ugi alla costituzione della "Sinistra radicale".
(UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA - FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA
TESI DI LAUREA: Relatore Prof. Renzo De Felice - Candidato
ANNO ACCADEMICO 1978 - 1979)
ALLEGATI -
n. 1: Circolare della "Corrente della Sinistra Liberale" del 5 ottobre 1955
n. 2: Circolare della Sede Centrale del Partito Radicale dell'11 dicembre 1956
n. 3: Circolare della "Sinistra Radicale" dell'ottobre 1958
n. 4: Lettera di Marco Pannella a "Il Paese", del 22 marzo 1959
n. 5: Progetto di risoluzione sulla politica del Partito Radicale (Marco Pannella - Giuliano Rendi) Roma, 19-20 novembre 1960
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Roma, 5 ottobre 1956
Corrente della Sinistra Liberale
Via Vittoria Colonna, 39
ROMA
Caro Amico,
come avrai appreso dalla stampa e come puoi leggere nell'accluso comunicato, il Comitato Esecutivo della "Sinistra Liberale" ha deciso che la corrente di Sinistra non presenti candidati suoi propri alle elezioni provinciali dei provinciali dei delegati al prossimo Congresso Nazionale del P.L.I.. Numerose sono le ragioni che ci hanno indotto a prendere questa decisione, innanzi tutto quelle ragioni di carattere politico che la nostra corrente ha in varie occasione ripetuto, che cioè, attraverso l'attuale Segreteria, il partito è stato fatto strumento di interessi ben specificati ed anzi servo di questi stessi interessi. E' inutile qui ricordare come le accuse precise rivolte al segretario del partito non abbiano non solo ricevuto alcuna smentita, ma siano anzi cadute nel più colpevole silenzio da parte dell'interessato. E del "nuovo corso" impresso al partito è testimonianza, tra le ultime, l'atteggiamento di membri della Direzione, che, senza smentite o deplorazioni, auspicano la trasformazione del P.L.I. in
partito della destra economica e rivolgono un appello a quei monarchici e a quei neofascisti che si affannano a cercare l'Uomo quando l'Uomo già c'è.
Politicamente, l'attuale Segreteria è un corpo estraneo nel partito, ed un corpo estraneo finisce quindi col diventare anche quella parte che lo segue lo appoggia: contro siffatti corpi estranei poco valgono i rimedi consueti e ad oggi non si può rispondere con un'opposizione legalitaria, che finirebbe col dare loro una legittimità che non hanno.
Ma accanto a queste ragioni politiche, ve ne sono altre di quasi uguale importanza: il Comitato esecutivo ha seguito davvicino le prime fasi organizzative del Congresso e, attraverso le sue proprie indagini come attraverso la documentazione che ha ricevuto dalle varie province, ha potuto constatare che è in corso una sistematica falsificazione sia, della reale consistenza delle forze liberali che militano nel partito sia del rapporto di forze tra le varie correnti, allo scopo di prefabbricare una maggioranza. In aperta violazione dello Statuto del partito, la segreteria generale ha, ad esempio, designato una Commissione Organizzativa del Congresso scelta faziosamente, non rappresentativa delle minoranze, e tale quindi da non offrire alcuna garanzia.
Oltre a ciò la stessa Segreteria generale ha provveduto a dar vita ad un nuovo sistema, che è stato quello di assegnare un arbitrario numero di iscritti di vari centri provinciali, in funzione della maggiore o minore arrendevolezza di ciascuno di essi ai voleri degli attuali padroni. Di ciò fa fede l'assegnazione di 30.000 iscritti a Campobasso ( ... ammessa dallo stesso dr. Colitto in una sua lettera al "Mondo"): Campobasso, dunque, da sola, porterebbe ben 143 delegati! Analogamente la Segreteria ha proceduto in altre province, gonfiando o sgonfiando a suo esclusivo vantaggio la forza di ciascuna.
Non c'è bisogno di molte parole per descrivere le conseguenze pratiche di tali procedimenti: un'assemblea di delegati prona ai voleri di chi ha oggi in mano il potere nel partito.
Innanzi alla mancanza di reazione da parte degli organi responsabili, il Comitato Esecutivo della Sinistra Liberale ha deliberato perciò, in virtù del mandato conferitogli nel Convegno di Torino, di invitare tutti gli aderenti alla corrente di Sinistra a non presentare propri candidati all'elezione dei delegati al Congresso.
Con tale atto, che non è di passivo rifiuto, ma di attiva protesta, la sinistra liberale denuncia pubblicamente l'invalidità di un congresso prefabbricato con metodi che violano ogni elementare principio di democrazia nel partito e ogni spirito liberale.
E' oggi che dobbiamo mettere in guardia l'opinione pubblica contro il cattivo uso che si fa del nome "liberale": domani sarà troppo tardi.
In vista della convocazione di un nuovo convegno della corrente, i consiglieri nazionali aderenti alla sinistra liberale sono convocati per il giorno 22 ottobre a Firenze.
Cordiali saluti.
IL COMITATO ESECUTIVO DELLA SINISTRA LIBERALE
Nicolò Carandini - Leone Cattani - Vittorio De Capraris - Giovanni Ferrara - Franco Libonati - Marco Pannella - Mario Pannunzio - Nina Ruffini - Eugenio Scalfari
"COMUNICATO DIRAMATO ALLA STAMPA LA SERA DEL 4 OTTOBRE"
Il Comitato Esecutivo della Corrente della Sinistra Liberale, riunita a Roma il 4 ottobre, preso atto delle gravi informazioni pervenute dalle varie province sull'organizzazione del Congresso Nazionale del P.L.I., considerati i metodi inqualificabili adottati dalla Segreteria Generale per travisare la originaria fisionomia del Partito e per alterarne preordinatamente la composizione e la rappresentanza numerica, fa pubblica denuncia fin d'ora dell'invalidità del Congresso e invita gli aderenti alla Corrente a non presentare propri candidati per l'elezione dei delegati.
Il gruppo dei Consiglieri Nazionali dei Liberali di Sinistra è convocato a Firenze per il 22 ottobre.
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La Colonna Antonina 52
Roma, 11 dicembre 1956
A tutte le Sezioni del Partito Radicale
"Ai Consiglieri Nazionali"
loro indirizzi
A Torino, nella Sede del Partito Radicale, ha avuto luogo l'8 dicembre l'annunciata riunione del Comitato Centrale del Partito.
Alla fine dei lavori veniva approvato e comunicato alla stampa il seguente o.d.g.:
"Il Comitato Centrale del Partito Radicale, riunitosi a Torino il giorno 8 dicembre 1956
rileva che una nuova situazione politica si sta profilando nel paese. In seguito al rapido evolversi degli avvenimenti internazionali, e di fronte al turbamento delle coscienze ed alla incertezza delle opinioni, tutti i vecchi schieramenti politici sono in crisi. Il lungo e irrefrenabile travaglio comunista, la proclamata indipendenza del Partito Socialista Italiano, la disgregazione delle formazioni politiche di destra hanno rotto l'immobile equilibrio degli anni scorsi: masse sempre più numerose di cittadini di ogni ceto e condizione hanno compreso che ogni prospettiva di libertà e di progresso è legata solo a quelle ... non-comuniste e non-clericali, votate - contro ogni sopraffazione ... di privilegi minoritari - alla difesa degli interessi generali, della Costituzione repubblicana e del carattere popolare, liberale e laico dello Stato italiano.
Di fronte all'ansia di rinnovamento generale, che coincide con la ...ana del sistema comunista, confermatosi alla prova dei fatti incapace di intendere le profonde esigenze di libertà e di democrazia delle masse popolari, i gruppi privilegiati oppongono una sempre più insidiosa difesa dei propri interessi, riparandosi dietro la politica conservatrice della Democrazia Cristiana e apprestando per il domani nuovi baluardi attraverso le forze congiunte delle destra monarchica, fascista e pseudo-liberale. A questa chiusa politica di classe è un errore opporre un altro chiuso schieramento di classe in posizione di potenziale rivolta contro gli ordinamenti democratici. Solo una collaborazione tra il ceto medio, svincolato dalla subordinazione ai gruppi monopolistici, e le forze operaie può ridare stabilità e vigore alla nostra democrazia.
Il Partito Radicale è convinto che i tempi siano maturi per una chiarificazione delle forze della sinistra democratica italiana. La stessa unificazione socialista, che ha destato tante speranze, ma che pare ha trovato sul suo cammino tanti ostacoli, non può risolvere da sola i problemi del rinnovamento del nostro Paese. Bisogna allargare i confini a un campo più vasto di forze e di esperienze. Su tutta la vita nazionale incombe la minaccia di una involuzione. Una spinta decisiva verso una nuova politica può essere impressa soltanto dallo sforzo comune di tutta la sinistra democratica che impegni - pur nella piena autonomia di ideali e di tradizioni - i partiti socialisti e i partiti, movimenti e gruppi di ispirazione laica e democratica, capaci di rappresentare gli interessi e le aspirazioni di milioni di operai, di contadini, di artigiani, di piccoli e medi imprenditori, di impiegati, di professionisti, di uomini di cultura.
Al fine di avviare il dibattito per una larga intesa, il Partito Radicale indica alcuni punti per una azione comune intorno alla quale le forze democratiche e socialiste possono incontrarsi.
1) Piena attuazione dei diritti di libertà enunciati dalla Carta Costituzionale ed eliminazione dei residui di legislazione fascista che sottopongono tuttora i cittadini agli arbitrii del potere esecutivo.
2) Opposizione all'invadenza clericale nei più delicati settori della vita del Paese; difesa del carattere laico dello Stato; tutela delle minoranze religiose.
3) Attuazione di una moderna legislazioni antimonopolistica che ponga tutti gli operatori in equivalenti posizioni di partenza per la produzione del reddito e l'acquisizione della ricchezza; nazionalizzazione delle fonti di energia.
4) Politica economica di pieno impiego e di aumento del reddito, specialmente nelle zone depresse del Paese, da attuarsi mediante la soppressione delle spese superflue, la eliminazione dei sopraprofitti di monopolio e di congiuntura, il contenimento degli incrementi di reddito e delle provvidenze dei lavoratori, già occupati a favore di quelli non occupati e sottoccupati.
5) Politica estera di unità europea diretta al rafforzamento ed all'allargamento della solidarietà occidentale.
Il comitato Centrale ritiene che attraverso la intesa di tutte le forze della sinistra democratica, ed in particolare dei partiti Radicale, Repubblicano, Socialdemocratico e Socialista Italiano, si possa pervenire ad una concreta azione politica capace di rispondere alle aspettative che l'opinione pubblica sempre più chiaramente manifesta."
L'UFFICIO CENTRALE DI SEGRETERIA
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Roma, ottobre 1958
Cari amici,
l'avvicinarsi del I· Congresso del Partito Radicale ha indotto alcuni iscritti e Consiglieri nazionali a raccogliere delle considerazione generali sull'attuale situazione del partito e sui problemi sollevati dalla convocazione del Congresso.
Con questa lettera è nostra intenzione di introdurre, con alcune tesi generali ma chiare, una discussione precongressuale, che si concreterà da parte nostra, quanto prima, con due ulteriori iniziative: "la presentazione di una mozione politica generale e di un progetto di statuto".
1) A nessuno può sfuggire la decisiva importanza di questo primo congresso per la sorte del P.R.
Si potrà da esso trarre concrete indicazioni circa "la validità dell'esperimento radicale come esperimento di partito". Si vedrà quanto le sorti future del P.R. interessino le forze politiche italiane, e specialmente quella sinistra democratica, alle cui sorti a sua volta il P.R. ha voluto legarsi fin dalla nascita.
Si vedrà quanto il P.R. è riuscito nei suoi tre anni di vita a maturare e progredire sulla via di un vero e proprio spirito e realtà di partito, al di là delle occasioni elettorali e della libera formazione di quella corrente d'opinione che fa capo al "Mondo" e in qualche misura anche all'"Espresso" e a "Nord e Sud".
Si vedrà, cioè, nelle giornate congressuali ed in quelle che seguiranno, "quel che il P.R. conta nella vita politica italiana, e quel che ha intenzione di contare negli anni futuri".
Ciò non significa, naturalmente, che il Congresso potrà essere valutato dalla formale perfezione della sua organizzazione, o dall'elevatezza politico-culturale del suo dibattito. Il problema del congresso radicale è solo subordinatamente quello di un controllo effettivo - da parte degli iscritti - delle capacità manifestate dagli organizzatori, e della suggestività delle tesi sostenute dagli oratori in quanto tali.
Tutto ciò è bene che risulti il meglio possibile: sarà sempre una buona cosa il riuscire a tenere un bel congresso. Ma il problema vero è un altro, quello di tenere un congresso che riesca a dare il metro della validità politica del P.R., destando l'attenzione duratura del mondo politico italiano ("non solo della stampa", che è altra cosa), e ridestando nei radicali "la coscienza" - se v'è ancora - "di un preciso compito politico da svolgere nel partito radicale", e "impossibile a svolgersi senza di esso".
2) E qui si deve insistere su di un punto: dopo 3 anni di vita, il P.R. più che vivere, vegeta o sopravvive. Le migliori energie, volontà e buona volontà in esso poste dai migliori suoi uomini - in ispecie nelle occasioni elettorali - non sono purtroppo riuscite ad imprimere al piccolo (assai piccolo) numero di radicali iscritti, un'apprezzabile forza espansiva.
La quota iscritti è da lungo tempo praticamente stazionaria. Interessanti e significative novità di iniziative locali e centrali, non si registrano da molto tempo: allargamento delle disponibilità finanziarie, umane, organizzative, non v'è stato. Il P.R. vive, sì, ma immobile, quantitativamente e qualitativamente è fermo. E questo, a soli tre anni dalla fondazione, o dopo aver raggiunto un livello di forza assolutamente insufficiente! La crescita del P.R. si è arrestata non a livello 100, ma a livello 10.
Molti si chiedono infatti se l'esperimento del partito radicale come partito sia riuscito, o no. Alcuni pensano che il P.R., piuttosto che il vivo nucleo di una forza politica in formazione ed evoluzione, abbia finito per essere il bacino di raccolta di una fluida opinione politica già esistente, cui offre di fatto solo un leggero quadro organizzativo, utile - e neppure troppo - ad evitare intempestive dispersioni a destra e a sinistra. Quale che sia la verità di questi apprezzamenti, certo è che il P.R., con la sua tenue presenza politica e con il tendenziale torpore della sua organizzazione, ha reso per lo meno possibile il loro formarsi.
3) E' nostro avviso, in conclusione, che il Congresso ci dovrà offrire "il modo di decidere se il P.R. è in grado di andare avanti, o se dovrà trasformarsi interamente, abbandonando la pretesa d'essere un vero e proprio partito".
Non v'è tra il "trasformarsi" e l'"andare avanti" una terza alternativa. Non si può restare fermi al punto in cui siamo - fra l'altro le elezioni amministrative e le politiche siciliane non rendono neppure formalmente possibile il rinvio delle definitive decisioni.
"Andare avanti", perciò, è l'"antitesi netta del tirare avanti". Andare avanti significa presentare ed assumersi la responsabilità di piani politici ed organizzativi, che consentono di prevedere ragionevolmente una ripresa effettiva del ritmo di ampliamento del partito, sia nel numero degli iscritti e dei nuclei, sia nella energia della sua propaganda e della sua presenza politica.
Sarà possibile ottenere dal Congresso un simile tipo di impegno e un simile assunzione di responsabilità?
Sarà possibile ricreare l'atmosfera morale e politica dalla quale scaturisca la necessaria energia? Se tutto ciò non sarà, si dovrà allora considerare l'ipotesi di conservare in altra forma che quella partitica il giovane radicalismo italiano.
"Ma v'è una condizione preliminare a tutto ciò". Il Partito Radicale troverà la forza di andare avanti, o di trasformarsi, evitando la lenta morte del tirare avanti, "soltanto se finalmente, dopo molto tempo, avrà luogo in esso una chiarificazione politica sui problemi fondamentali".
E questi sono almeno due: "la politica estera" - con tutto quel che significa: europeismo, atlantismo, "colonialismo", ed altro ancora -; "e la sinistra democratica italiana". Di fatto, ciò significa ovviamente una netta presa di posizione sul problema del governo, delle istituzioni italiane ed europee e sulla politica dei partiti democratici italiani, dal socialista al repubblicano.
Su questi problemi il P.R. deve, attraverso il suo congresso, maturare delle posizioni chiarissime ed inequivocabili. Sul problema politico si faranno le maggioranze e le minoranze. Nessuno malinteso spirito di accomodamento dovrà turbare la chiarezza del dibattito e, soprattutto, delle decisioni finali. Nel Congresso, non accadrà ciò che è accaduto (ad esempio) nel Consiglio Nazionale del giugno scorso, quando v'è stato chi ha parlato di patto d'unità d'azione con il PSI, ma su ciò non s'è discusso né s'è votato.
"Il Congresso voterà pro o contro quelli che dovranno essere i principi fondamentali della politica mondiale in Italia, le scelte preliminari ed indispensabili, non vaghe" - tutti sono per l'Occidente o per la libertà - "ma politiche". Vi sono ormai elementi sufficienti nel P.R. per chiarire e decidere; e anche se, in realtà, la discussione si è svolta più sulle neutrali pagine dei maggiori settimanali dell'opinione radicale, che non dentro il partito, impegnandolo e ravvivandolo - queste discussioni ci sono state, vanno raccolte e portate a conclusione politica. "La tesi che prevarrà, assumerà la responsabilità di condurre il partito e di deciderne le sorti".
Noi sappiamo bene che è nelle buone intenzioni di tutti chiarire le posizioni; ma ci preoccupiamo che ciò non rimanga più nel limbo delle contrapposizioni oratorie.
Non si tratta di astratto amore per la discussione come tale e per la chiarezza. Al contrario: "noi abbiamo coscienza del fatto che il Congresso è un punto di arrivo ed un punto di partenza ben concreto". E sappiamo che perciò "l'ipotesi radicale andrà in caso seriamente verificata"; che il Congresso "è l'occasione ultima per decidere" (e ognuno riceverà il giudizio che saprà ricavare) "se veramente l'opinione politica radicale è in grado di farsi forza politica", con quelle precise caratteristiche distinguono la "forza di un partito". Ed è assolutamente necessario sapere chi veramente e non solo formalmente, comanda il partito; vogliamo che al Congresso sia garantito il sorgere di precise responsabilità direttive, gli uomini e i gruppi dovranno qualificarsi ... a tesi e posizioni ... politiche e solo in forza di questa qualifica il Congresso dovrà indicare gli uomini e le energie che dirigeranno il partito.
Non una astratta e dottrinaria, ma una sana chiarezza ed energia nel decidere, fare e condurre, sono l'unica possibilità che si offre al partito radicale per trovare una via di uscita positiva dalla ormai troppo lunga e pericolosa stasi politica ed organizzativa in cui giace e sopravvive alle proprie speranze.
E' nostra certezza che, qualunque ne sarà l'esito, "un tale sforzo compiuto, perché quella speranza non erano vane". E poi viene il discorso sui mezzi e sul modo, e anche questo andrà fatto, con altrettanta serietà e chiarezza.
Tullio DE MAURO
Stefano RODOTA'
Marco PANNELLA
Gianfranco SPADACCIA
Giuliano RENDI
Sergio STANZANI
Franco ROCCELLA
Augusto ZAMPA
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da "IL PAESE" del 22 marzo 1959
"UN ARTICOLO DEL RADICALE PANNELLA: LA SINISTRA DEMOCRATICA E IL PCI" - Motivi di intesa e motivi di dissenso fra le varie forze di sinistra. Iniziare a discutere una comune politica fra comunisti e democratici è comunque urgente.
Sono le cose, in Europa, a porre in modo drammatico l'interrogativo: se sia possibile l'alleanza della sinistra democratica e di quella comunista per la difesa e lo sviluppo della democrazia. Chi come me ritenga di rispondere affermativamente, ha il dovere di non ignorare le difficoltà e i rischi di questa politica e di dichiararli, perché si superino.
Da decenni ormai, poche lotte si sono combattute più aspre e continue di quelle che hanno opposto democratici e comunisti; non furono e non sono dissensi tattici. Chiedetene agli anarchici ed ai repubblicani spagnoli e comprenderete tra l'altro l'avventura, altrimenti incomprensibile, dell'antifascista Pacciardi e degli anarchici di Carrara che lo mandarono in Parlamento; chiedetene ai socialisti di mezza Europa, e tra questi all'on. Saragat, e sentirete operante il giusto ricordo di Benes, di Masaric, di Nagy, della eliminazione fisica della classe dirigente socialista dell'Europa orientale; chiedetene ai socialisti d'oltr'Alpe e ricorderete con loro l'atteggiamento dei comunisti francesi nel '39, chiedetene ai Polacchi, ai socialisti lettoni, estoni, lituani, finlandesi, fino ai comunisti jugoslavi. Sono ricordi ancora vivi nella coscienza dell'antifascismo e sono rispettabili qualunque sia il grado di rinuncia o di debolezza raggiunto da alcune delle forze e degli uomini democratici di sinistra. Debbono c
apirlo i comunisti, e profondamente, quando, come oggi, chiedono in Europa una reale alleanza con i democratici e non più una generica solidarietà frontista.
In Italia la situazione non manca di chiarezza. Prigionieri o decisi nemici del PCI sino ad un recente passato, socialisti, radicali e repubblicani annunciano, con buona pace dell'on. Vecchietti, uno schieramento unitario e tracciano ormai un programma di governo in alternativa a quelli democristiani. Non intendono escludere, né possono, i cattolici dal rinnovamento democratico, ma ne assumono essi l'iniziativa, contro l'attuale DC. Proporre in queto lavoro una corresponsabilità del PCI,. operare senza ipocrisie e senza paura in questo senso, è compito serio della sinistra democratica, cosciente della propria irriducibile autonomia non meno che del proprio diritto a prosi come forza che si candida al potere. Se per edificare in Italia uno stato democratico e moderno, almeno quel tanto che è previsto dalla Costituzione, è necessaria una nuova maggioranza nel paese e nel Parlamento, perché, fra le altre, non verificare l'eventualità di un'azione comune della sinistra democratica, di una parte dei cattolici e d
ei comunisti?
Dieci anni non sono trascorsi invano. Diversa, anche se sempre grave, è la situazione internazionale; ma soprattutto diversa è quella italiana. Allora gran parte della cultura laica sembrava divisa tra la tentazione accademica e la frana su posizioni di sostegno al PCI; il socialismo sembrava destinato ad una funzione subordinata; lo stesso sindacalismo era mobilitato nella ... di guerra fredda; il partito d'Azione era scomparso; ancora convogliate nel frontismo le giovani generazioni intellettuali; il PCI appariva da solo come una reale alternativa di regime, sull'onda di una instaurazione violenta delle "democrazie popolari". Anche se nulla quindi sembra oggi mutato nel comunismo italiano, sarebbe infantile non considerare il diverso contesto storico in cui è chiamato ad operare.
Ma come arrivare ad una proposta, come scavalcare le obiezioni, i timori, i ricordi e lo smarrimento che si sono accumulati persino in chi, come noi, matura i giudizi che andavamo ad esprimere? Diciamo subito che nei confronti del PCI rifiutiamo la via di richiesta di "garanzie" e di "chiarezze" artificiose ed antistoriche, così come, nell'ambito della sinistra democratica, non concordiamo con chi vorrebbe la rottura della CGIL e delle amministrazioni "frontiste": sappiamo d'altra parte che secca perdita di tempo realizzerebbe col chiedere al PCI di rompere preventivamente le proprie alleanze internazionali o di accettare il Mercato comune o di abiurare solennemente i propri dogmi. Possiamo invece rilevare immediatamente che, se nell'ultimo CC del PCI l'intervento dell'on. Amendola avesse tenuto luogo della relazione di Pajetta e la sua posizione costituisse la base principale per un possibile incontro tra noi ed i comunisti, ci riterremmo gravemente scoraggiati in partenza. L'on. Amendola, infatti, propone
al suo partito una politica di alleanze richiamandosi all'atteggiamento che i comunisti assunsero tra il '43 ed il '45 nei confronti della Chiesa e della Monarchia. Vale a dire: compromesso con i monarchici ed i reazionari contro azionisti, socialisti e repubblicani; compromesso con i clericali sul Concordato, contro tutta la sinistra ed i liberali. Con tutta franchezza ci pare quanto meno inverosimile che un responsabile del PCI proponga di saldare legami, oltre che con l'on. Milazzo, con i democratici italiani usando di simili pezze di appoggio. Il valore di una eventuale alleanza politica (non solo tattica) fra sinistra democratica e PCI comporta operazioni e coscienza ben diversi.
Per rafforzarsi, pochi o molti che si sia, nelle nostre convinzioni che andiamo qui accennando, sarebbe sufficiente che i comunisti per il momento mostrassero un più preciso e spontaneo interesse ad un'alternativa democratica di governo, cessando quindi di proporre mirabolanti politiche che nemmeno da soli potrebbero attuare. Essi sanno quanti sacrifici un popolo deve fornire per un avvenire migliore: dove sono al potere ne hanno chiesti, a volte, di immani. E la situazione italiana non richiede per fortuna altrettanto. Il migliore dei governi non potrà non graduare le riforme, non sacrificare interessi anche vasti, non fare "piani pluriennali". Sin d'ora è necessario annunciarlo chiaramente, non illudere alcuno, non confondere la volontà di realizzare uno stato democratico, che è politico, con lo sdegno contro ogni ingiustizia e sofferenza, che è protesta morale. Sin d'ora chi vota per un'alternativa democratica deve sapere cosa può garantire e promettere a sé e all'intero pese. La sinistra democratica ed i
n particolare il Partito Radicale vanno compiendo questo sforzo; la recente relazione dell'on. Pajetta e la risoluzione finale del CC non mostrano questa consapevolezza.
Inoltre il PCI ci sembra adagiarsi su un pericoloso fatalismo (se non è calcolo) nel considerare la situazione europea nel cui contesto esso non può negare che le strutture economiche, il clima culturale e la realtà sociale italiana si muovono. Credere che i grandi monopoli e gli interessi reazionari controllino ormai ineluttabilmente l'economia europea e, attraverso questa, la politica dei vari stati nazionali significa peccare per lo meno di disfattismo nell'ambito delle forze democratiche, operaie e proletarie europee. Riaffiora anche qui l'errore che i comunisti devono superare con maggior vigore; dai laburisti inglesi ai sindacati francesi, compresi quelli cattolici e quelli socialisti, alla socialdemocrazia tedesca, il potenziale democratico esiste. Sono questi gli interlocutori effettivi cui il PCI deve rivolgersi: non gli sparuti gruppi comunisti belgi, olandesi, scandinavi, inglesi, che non rappresentano nessuna posizione democratica e popolare nei rispettivi paesi.
Ecco due elementi immediati per l'utile avvio e per una seria meditazione che ritengo si possano intanto proporre.
Iniziare a discutere una comune politica, fra comunisti e democratici, è, comunque, urgente. Nessuna confluenza, nessuna soluzione è mai scontata nella storia e nella politica. La logica delle cose di per sé non è creatrice: quella degli uomini deve animarla, secondarla, dirigerla.
Marco Pannella
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Ai Consiglieri Nazionali
PROGETTO DI RISOLUZIONE SULLA POLITICA DEL PARTITO RADICALE
presentato dai Consiglieri Nazionali
Marco Pannella
e
Giuliano Rendi
Schema di
"Dichiarazione sui rapporti con il mondo cattolico e per l'abolizione dell'art. 7"
Il consiglio Nazionale del Partito Radicale, avendo considerato le manifestazioni popolari dell'estate scorsa od i risultati della recente prova elettorale, analizzando le cause di questi avvenimenti e rispondendo alla richiesta sempre più pressante e chiara della grandi masse operaie e intellettuali del Paese,
"rivolge" un vivo appello a tutti i partiti di sinistra e ai movimenti antifascisti perché evitino il pericolo di costituire in qualsiasi momento un argine e un freno alle volontà rinnovatrici dei cittadini anziché organizzarle e potenziarle;
"afferma" coerentemente con la battaglia che gli è stata particolare sin dalla sua costituzione, che le forze del progresso e della libertà devono coraggiosamente prendere atto che la Chiesa, con le strutture e le manifestazioni politiche che ne derivano, rappresenta storicamente in Italia l'elemento catalizzatore e promotore di ogni politica reazionaria, autoritaria, fascista, clericale, anticostituzionale in atto o virtuale, come quelle passate.
"Considera" che ogni tentativo, ogni velleitaria illusione, di dare una interpretazione diversa contribuisce ad accreditare il mito della assoluta necessità che in Italia siano le forze cattoliche a dover dirigere, comunque qualsiasi processo di radicale mutamento della situazione, sia in senso fascista che in senso democratico; e avalla l'argomento clericale secondo cui non si può più, oggi, all'inverso di quanto è stato possibile con il Risorgimento, costruire la nuova società italiana ed europea senza la partecipazione, il consenso, il patrocinio della Chiesa. Ha in definitiva origine in un pericolosa tendenza rinunciataria, pessimista che si maschera di realismo politico e che è sostanzialmente disfattista verso le energie popolari e rivoluzionarie.
Il Partito Radicale riconosce che la polemica politica ha a volte portato ad analisi semplicistiche del voto politico che i comunisti hanno espresso in sede di Costituente sui rapporti fra Stato e Chiesa. Certo il voto comunista sull'articolo 7 non fu dovuto solo a calcolo tattico ma anche ad una illusione sul carattere rinnovatore del partito cattolico.
Se nel 1946 era forse possibile pensare a un accordo, o anche ad un incontro tattico di qualche importanza, fra le forze popolari socialiste laiche o comuniste con quelle cattoliche, e su questa ipotesi regolare in modo clamorosamente eccezionale il comportamento di un gruppo popolare, oggi, nel 1960, la tesi dell'incontro fra le masse cattoliche e quelle progressiste e moderne non può essere più ritenuta sufficiente, adeguata e rispondente agli interessi obiettivi del nostro paese, né conseguente con l'esperienza e gli avvenimenti degli ultimi anni. La lotta politica e le masse italiane hanno tutto da guadagnare da una maggiore chiarezza di prospettive e da diagnosi più coraggiose. Ripetere loro che i cittadini, intellettuali, operai e contadini legati alla politica clericale rappresentano un'latra forza con cui l'obiettivo è di arrivare comunque a collaborare, è dannoso e inutile; è inoltre, falso e mostra una inaccettabile tendenza a sminuire il carattere irriducibile di diverse opzioni ideali. Del pari l
'altra posizione che sembra tenda ad ancorarsi all'ambito delle forze di sinistra nel nostro Paese è quella che, partendo dal congresso di Torino e da alcune enunciazioni di Morandi è oggi in modo più peculiare difesa da Nenni. La tesi secondo la quale dall'interno del mondo cattolico al potere possa prevalere e sorgere una classe dirigente capace di attuare una seria e sufficiente svolta a sinistra, sia pure sotto la pressione delle forze popolari, è ingiustificata e ottimistica; ignora il contesto del mondo cattolico, i suoi interessi irrinunciabili nell'attuale momento storico italiano della Chiesa e della classe capitalista e reazionaria che è attorno ad essa e con la quale ha confuso i propri interessi.
Una continua altalena di speranze e di disillusioni, di inviti e di ripulse, di trasformismo e di reazione si stabilisce nel momento in cui si accreditano i gruppi fanfaniani e petrolieri della sinistra di base, ai loro stessi occhi e a quelli del Paese.
Se realmente esiste la possibilità prossima e seria che la Democrazia Cristiana faccia una svolta sostanziale a sinistra, che non sia unicamente mossa parlamentare e di vertice, ma che tocchi le strutture stesse del Paese, non di vede perché tanta parte, e magari una ancora maggiore, dell'elettorato italiano non abbia ragione a continuare a votare per la DC.
Non diversamente errata ci appare la condotta di Saragat e dei repubblicani i quali sperano di mutare il corso della politica italiana con coloro che hanno interesse a non mutarlo.
Il Partito Radicale ritiene che le masse popolari, con le manifestazioni spontanee e dure dell'estate scorsa, con il loro voto del 6 novembre chiedano che infine si torni ad una lotta politica in cui i calcoli e tatticismi non pesino sulla necessità di proclamare apertamente i propri ideali, e di combattere apertamente e lealmente i propri nemici.
I cittadini italiani devono sapere che i partiti che esprimono le volontà del popolo chiedono loro innanzitutto una opzione ideale. Che, senza questa, i cittadini continueranno a nutrire una battaglia politica povera e senza vere ragioni.
Il Partito Radicale riafferam che si debba chiedere ai cittadini del nostro paese la possibilità prossima di affrancare lo Stato e la società dalla più pesante schiavitù che gravi su di essi: la legalizzazione, attraverso l'art. 7 della Costituzione, della sopraffazione clericale e classista; e la vergognosa inserzione in una Costituzione nata dalla Resistenza di un patto iniquo con chi ha in questi anni dimostrato di avere ancora una volta scelto, come sempre, di essere contro la civiltà moderna e le aspirazioni di giustizia e di libertà dei democratici in Italia e in Europa.
Il Consiglio Nazionale del PR dà mandato alla Direzione Nazionale di prendere gli opportuni contatti con tutti i partiti che combattono contro la manomissione clericale e monopolistica dello stato, per illustrare la posizione del Partito sui rapporti fra Stato e Chiesa e studiare la possibilità di superare le differenze esistenti, molto spesso per cause ormai remote o tattiche, che ostacolano ancora una visione unitaria. Invita la Direzione nazionale ad adoperarsi per la costituzione di un Comitato nazionale di difesa dello Stato e per la abolizione dell'art. 7 della Costituzione.
Il Consiglio Nazionale dà ugualmente mandato al Comitato Nazionale di studi, di elaborare un progetto di legge proponente la confisca dei beni ecclesiastici e norme atte a potenziare la possibilità di colpire le vessazioni e i delitti contro la Costituzione e il clero italiano. Il Consiglio Nazionale considera infatti che la enorme potenza finanziaria del Vaticano, la soffocante rete di interessi e di vergognose speculazioni che ne è la conseguenza non sia compatibile con lo sviluppo democratico e liberale delle nostre istituzioni.
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"Dichiarazione sulla politica estera, sul disarmo atomico e convenzionale, sulla politica per la pace".
Dinanzi ai problemi di pace che oggi rappresentano la legittimazione stessa della politica "estera" nel mondo, il Consiglio Nazionale del Partito Radicale afferma che gli obiettivi propri e gli interessi delle masse popolari esigono il perseguimento di una politica che abbia al suo centro la difesa intransigente dell'ONU ed il suo potenziamento progressivo; la costituzione di una federazione europea da perseguirsi immediatamente attraverso elezioni dirette; il disarmo atomico e convenzionale dell'intera area continentale europea con la conseguente abolizione degli eserciti nei paesi di questa area; la pace separata e congiunta con le due Germanie; la conseguente denuncia del patto militare NATO (il non rinvio alla scadenza istituzionale del 1961) e dell'UEC; la proclamazione del diritto all'insubordinazione e alla disubbidienza civile di tutti i cittadini che non accettino la politica del riarmo, di guerra, di divisione, di concorrenza di Stati nazionali che appartengono ai loro nemici di classe e che perseg
uono necessariamente contrastanti con l'unità internazionale delle classi lavoratrici e democratiche; la federazione e comunque la comune organizzazione di tutti i movimenti socialisti, popolari e rivoluzionari che combattono per l'instaurazione di un regime di democrazia e di libertà nell'Europa Occidentale.
Il partito Radicale ritiene che la conquista del potere da parte delle forze popolari e democratiche, la realizzazione di una società libera e moderna, è oggi messa in causa ed in grave pericolo in una situazione di crisi cui non si sottraggono i partiti operai tradizionali. Da una parte nel mondo occidentale riprendono ... movimenti e classi dirigenti, idee e partiti che hanno una profonda vocazione per soluzioni autoritarie e belliciste; coloro che hanno rappresentato per decenni l'idea e la volontà liberali sembrano colpiti da una disperata logica rinunciataria e di abbandono; il mondo occidentale, in una errata preoccupazione di efficacia nella competizione che lo confronta al mondo orientale e afro-asiatico, sempre più cercava di difendersi attraverso una politica di potenza che si esprime con il colpevole sostegno a regimi e classi dirigenti fascisti, clericali e reazionarie. Noi non intendiamo assumere la corresponsabilità di questo processo, ma al contrario ridare alla civiltà della quale indubbiamen
te facciamo parte integrante il coraggio delle idee delle migliori sue aspirazioni: su questo i cittadini dell'Europa occidentale sono tenuti a edificare il proprio avvenire ed a partecipare alla creazione di una migliore pace nel mondo.
I partiti comunisti, che rappresentano un elemento storicamente determinante delle forze popolari, sembrano sclerotizzati in una concezione della vita internazionale che risale al periodo stalinista e della guerra fredda, che implica spesso un vero e colpevole disfattismo verso le classi lavoratrici europee. Ma se siamo certi e decisi in questa constatazione proclamatoria che vi è da parte nostra molto più rispetto e fiducia nei comunisti dai quali quali siamo divisi soprattutto da questo errore che vorremmo superato e contribuire a superare, che verso coloro che mascherano dietro la violenza dell'accusa ai comunisti per le loro attuali posizioni, l'assoluta inconsistenza delle loro.
Il Partito Radicale è sorto e opera nella vita politica italiana con premesse ben precise e con precedenti altrettanto chiari.
Una lunga battaglia storica lo situa nella vita del nostro paese. Nelle loro differenze, sono i radicali lombardi degli ultimi decenni del XIX secolo, i radicali rimani che si espressero attraverso l'opera di Ernesto Nathan, il pensiero e l'azione di Gaetano Salvemini, il Croce della religione della libertà e della polemica contro Luigi Einaudi e della "Critica" antifascista, l'Omodeo, il Gobetti, i Rosselli, Giustizia e Libertà, il Partito d'Azione e la sinistra liberale di Mario Ferrara e di tanti altri amici oggi presenti nelle nostre file questi e numerosi altri punti di riferimento costituiscono un elemento di legittimità della presenza del nostro Partito, della sua opera che deve essere sempre più conseguente nella lotta politica italiana quale espressione delle forze popolari e democratiche, delle masse operaie e intellettuali. Non solo ogni diversa dislocazione sarebbe inutile e priva di prospettive, ma arbitraria e innaturale.
E' quindi a partire da questi dati culturali e storici e sociali, nella continuità con le tradizioni pacifiste e democratiche delle forze popolari e socialiste europee, che il Partito Radicale fonda le sue scelte di politica internazionale.
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"Dichiarazione sul significato dell'alleanza del PR con il PSI e della volontà di proseguire in una politica di "sinistra democratica""
Il Consiglio Nazionale del Partito Radicale, prendendo atto dell'importanza delle reazioni seguite all'alleanza elettorale del PSI e dei radicali, riafferma l'alto valore democratico e il carattere di indicazione per l'intera sinistra di una iniziativa unitaria infine realizzata, di u metodo di mutuo rispetto e di attiva ...., che ancora una volta sono stati combattuti, purtroppo, anche da altre forze popolari.
Dinanzi a interpretazioni arbitrarie e superficiali che sono state date anche in ambienti amici, in modo particolare quella secondo la quale l'accordo radical-socialista sancirebbe l'incontro dei ceti intellettuali e borghesi con le forze popolari e democratiche, il Consiglio Nazionale afferma vigorosamente che il PR fa parte integrante di queste ultime; ne condivide la sorte, le volontà, i problemi; ne interpreta gli ideali e, autonomamente ne elabora gli obiettivi politici in termini di religione della libertà, di rispetto del dialogo, di aspirazione democratica, di volontà rivoluzionaria.
Il Partito Radicale proclama di non volere e non potere .... quei ceti di cui sarebbe menzogna affermare, oggi, in Italia, una concreta volontà di progresso, la fede e la pratica della libertà, ... della giustizia, la coscienza dei problemi grandiosi che incombono sull'umanità e sulla civiltà contemporanea. Solo con false intenzioni stoltamente evoluzionistiche si può affermare, infatti, che i ceti che strapparono il potere, in Europa, alle monarchie assolute alla chiesa, con la Rivoluzione francese e le rivoluzioni nazionali hanno oggi sviluppato in senso democratico le volontà liberali che un tempo proclamarono di voler far proprie.
L'incontro con le forze popolari e democratiche dei ceti borghesi e degli intellettuali è ipotesi cara ed antica, e mantiene in Italia e in Europa tutto il suo valore di grande meta politica ..., appunto, è di una meta che si tratta; non valgono dannose ... pubblicitarie, anche se fatte con le migliori intenzioni ... un "fatto" realizzato.
Quest'incontro è auspicato del PR come dalla totalitarie ... forze popolari; il prossimo Congresso del Partito Radicale ... compito anche quelle di approfondire il senso e la concretezza ... di quest'auspicio.
Ma, sin d'ora, il Consiglio Nazionale del Partito Radicale afferma che questo incontro non potrà mai realizzare attraverso accordi politici. Nessuna organizzazione partitica può infatti pretendere di realizzare una rappresentanza corporativa degli intellettuali e della cosiddetta "borghesia liberale". Il giorno in cui le Università, gli istituti scientifici, gli insestente delle scuole e le ... stesse, i tecnici che ormai hanno la direzione dei processi produttivi della società industriale e le loro organizzazioni, prenderanno coscienza di vivere e di avere delle concrete responsabilità la storia del loro tempo, il giorno in cui questi istituti e questi sceglieranno, "in quanto tali", la compagnia e l'alleanza con le forze popolari e rivoluzionarie della democrazia, del socialismo e della libertà sola allora sarà veritiero affermare che un grande avvenimento si iscrive nelle pagine del nostro tempo.
Il successo che ha coronato ...... popolare comprendono la necessità di un apolitica unitaria delle forze di sinistra e riconoscono nel Partito Radicale una forza particolarmente qualificata a affermarla.
I cittadini di Milano e di Roma, di Torino e di Genova, dell'Aquila e di Udine e di tante altre città italiane, dando la loro fiducia e dei candidati radicali, non hanno inteso "premiare" degli intellettuali un tempo salottieri ed infine particolarmente qualificati per combattere con intransigenza e efficacia la manomissione classista dello Stato, e la politica dei monopoli e del Vaticano, reazionaria e clericale.
Il Consiglio Nazionale interpreta in questo modo il favorevole verdetto dell'elettorato e sottolinea che è l'unico organo qualificato a farlo a nome del Partito Radicale. Respinge definitivamente ogni interpretazione presuntuosa e errata, tendente a fare dei radiali gli attori di una impossibile operazione paternalistica e borghese nei confronti delle necessità rivoluzionarie e socialiste della lotta politica del nostro paese.
FONTI ED ORIENTAMENTO BIBLIOGRAFICO.
"IL MONDO" - Settimanale diretto da Mario Pannunzio. Roma, 1949 - 1966.
"CRITICA LIBERALE" - Mensile diretto da Gian Piero Orsello e, successivamente, da Giovanni Ferrara; Roma, 1953/54.
"GOLIARDIA E' CULTURA E INTELLIGENZA" - Atti de VI e VII Congresso Nazionale dell'UGI - Firenze 1954
"IL VELTRO" - Rivista della Civiltà italiana; Società Dante Alighieri; anno VIII, n. 1/2, febbraio-aprile 1964.
"L'ESPRESSO" - Settimanale diretto da Arrigo Benedetti. Anni 1955-1956 (sulla nascita del Partito Radicale e sulla lotta contro i monopoli); Anno 1959, febbraio-marzo, sul 1· Congresso Nazionale del PR) - Roma
"IL MERCURIO" - Mensile di Cultura e Politica; Roma 1955
"IL MONDO 1949/1966 - Ragione e illusione borghese", di Paolo Bonetti; Bari, Laterza, 1975.
"AGGIORNAMENTI SOCIALI" - Roma, febbraio 1956.
"ATTI DEL CONVEGNO DEGLI AMICI DEL MONDO SULLA LOTTA CONTRO I MONOPOLI" - Bari, Laterza, 1955.
"TEMPI MODERNI" - Roma, 1962.
"CRITICA D'OGGI" - Roma, 1962.
"ANNUARIO POLITICO ITALIANO" - 1963/64; a cura del Centro Italiano di Ricerca e Documentazione. Roma, Edizioni di Comunità.
"TRIBUNA RADICALE" - a cura dell'ufficio stampa del PR Roma, 1961.
"VITA" - Settimanale, Roma 1962. Nel n. 156 del 12/4/62 vedi "Il caso Piccardi".
"SINISTRA RADICALE" - Bollettino mensile di informazione politica. n. 1-8, Roma 1961-1962; direttore Giuliano Rendi.
"I NUOVI RADICALI" - di Massimo Teodori, Piero Ignazi ed Angelo Panebianco. Milano, Mondadori 1977.
"LIBRO BIANCO DEL PARTITO RADICALE" - a cura del PR. Roma, 1967
"LA SFIDA RADICALE" - di Fabio Morabito. SugarCo Se. Ediz.
"LA PROVA RADICALE" - anni 1/2; 1971/72; Roma, Carucci ed.
"ARGOMENTI RADICALI" - Bimestrale politico per l'alternativa, diretto da Massimo Teodori. Anno 1·, Milano 1977.
Sull'Unione Goliardica Italiana, sul VII· Congresso Nazionale del PLI, sulla nascita del Partito Radicale, sul I· e II· Congresso Nazionale del PR, sono state fonte di consultazioni i seguenti quotidiani:
"Corriere della Sera" (Milano)
"Corriere dell'Informazione" (Milano)
"Il Paese" (Roma)
"L'Unità" (Roma-Milano)
"Il Messaggero" (Roma)
"Avanti!" (Milano)
"La Giustizia" (Roma)
"La Voce Repubblicana" (Roma)
"La Stampa" (Torino)
"L'Avvenire d'Italia" (Firenze)
"Paese Sera" (Roma)