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Trombadori Antonello - 1 aprile 1979
Il divieto era "democratico e di lotta". E' vostra la responsabilità della tragedia
di Antonello Trombadori

SOMMARIO: Il 12 maggio 1977 la polizia carica migliaia di manifestanti che partecipano a Roma ad una manifestazione nonviolenta del Partito radicale per la raccolta delle firme sugli "8 referendum contro il regime" (abrogazione del Concordato, dei tribunali militari, dei reati d'opinione contenuti nel Codice penale, di parti della legge manicomiale, della legge che attribuisce alla polizia poteri speciali in materia di arresto, perquisizione e intercettazioni telefoniche, della legge che attribuisce ai partiti un consistente finanziamento pubblico, della "Commissione inquirente" - lo speciale "tribunale" composto da parlamentari per il giudizio preventivo sui reati compiuti dai ministri). Una giovane, Giorgiana Masi, è colpita a morte da colpi di pistola e molti altri manifestanti vengono feriti. Il Ministro degli interni nega che la polizia abbia mai fatto uso d'armi da fuoco. Il Pr dimostra invece, attraverso un filmato che riprende un agente di polizia mentre spara ripetutamente contro la folla e centinai

a di fotografie che riprendono agenti armati, travestiti da "autonomi" che il Ministro dell'interno Francesco Cossiga aveva mentito.

Attraverso la pubblicazione di un "Libro Bianco" che raccoglie le testimonianze di tutti coloro che avevano assistito alle brutali aggressioni della polizia, il Partito radicale dimostra che c'era stato un tentativo di strage e presenta una denuncia.

Il 15 gennaio 1979, il Pubblico ministero Giorgio Santacroce chiede la chiusura del processo e l'archiviazione del procedimento per l'uccisione di Giorgiana Masi "per essere rimasti ignoti gli autori dei fatti".

Viene qui riportata l'intervento del deputato comunista Antonello Trombadori a cui è stata offerta la possibilità di esprimere la sua opinione sui fatti del 12 maggio sulla base della nuova documentazione raccolta in questo libro. Il suo intervento è stato naturalmente pubblicato anche se il deputato comunista non ha modificato la posizione presa, subito dopo gli incidenti, di aperta condanna all'operato del Pr.

(LIBRO BIANCO DEL PARTITO RADICALE SULL'UCCISIONE DI GIORGIANA MASI E SUI FATTI DEL 12 MAGGIO 1977: "Cronaca di una strage" - a cura del Centro di iniziativa giuridica Piero Calamandrei - aprile 1979)

Quel giorno vi era il divieto di manifestare mediante assembramenti, comizi. cortei. Questo è il punto di partenza e se ci si distacca da questo punto non si comprende più nulla della situazione e del clima che hanno reso possibile la tragica morte di Giorgiana Masi.

Io ho conosciuto, nel corso della mia vita di militante comunista, almeno tre tipi di divieto di manifestare ai quali mi sono opposto facendo il contrario assieme ai miei compagni: sotto il fascismo, nel 1937 1941 all'Università e nelle fabbriche di Roma, e finì col carcere e il confino di polizia (ma poi con la caduta del regime); sotto il nazismo, durante l'occupazione militare di Roma, nelle vie, nelle piazze, con armi e esplosivi, e finì ancora col carcere e i lavori forzati (ma poi con la liberazione d'ltalia); sotto il governo scelbino tambroniano quando, in assenza di ogni minaccia armata e terroristica, si tentò di usare il terrore contro chi lottava democraticamente in difesa dello Stato costituzionale chiedendo lavoro, pace, libertà. Ed è finita col rovesciamento della tendenza autoritaria del monopolio politico della Democrazia cristiana (almeno fino a quando l'odio e la paura della democrazia, l'estremismo e la forzatura dei processi storici non daranno luogo a nuovi spostamenti a destra e a mina

cciose prospettive di catastrofe).

Il divieto di manifestare, quel terribile giorno di Giorgiana Masi, non ha nulla in comune con i divieti che ho descritto. Esso si colloca nella direzione opposta. Nella direzione di scongiurare scontri che generalizzandosi avessero potuto dar esca a ogni sorta di provocazione e di violenza. Da qualunque parte provenienti: anche dalla parte delle forze dell'ordine. Un divieto democratico e di lotta condiviso dalla stragrande maggioranza del Parlamento e delle forze sociali.

Perché infrangere quel divieto? Rafforzarlo si sarebbe dovuto, prima di tutto con il suo rispetto, e con la collaborazione, poi, con le forze di polizia. Ha ragione Aldo Bozzi, da liberale. quando interrompendo Pannella in Parlamento sottolinea che tutte le violenze fino all'assassinio serale di Giorgiana Masi vengono »dopo : dopo la »violenza" della forzatura dei blocchi in piazza Navona e del mancato rispetto del divieto dovunque.

Vi era questa precisa e deliberata volontà di innesco nelle direttive dei radicali? Non lo penso e non lo credo. Forse in alcuni di essi ma non tra i più noti (è così difficile per chi voglia infiltrarsi nelle file radicali?). Dai più noti fu data, a mio avviso, un'ulteriore dimostrazione della loro inesperienza nelle lotte di strada e di massa. Della loro inesperienza di come scherzando col fuoco della »violenza non violenta si possa dar luogo a un indomabile incendio. E' il momento infantile di ogni posizione, appunto, »radicale .

Queste osservazioni non attenuano la gravità del fatto che nelle forze dell'ordine italiane vigono tutt'ora usi che possono dar luogo, nell'ambiente adatto, a degenerazioni non soltanto illegali ma cariche di pericoli per la vita dei cittadini e per la tenuta delle istituzioni. Di quegli usi, intendiamoci, mi fa paura non l'inevitabile aspetto coercitivo, poliziesco, ma la clandestinità e la non responsabile attuazione. Ad esempio che, dato il modo come la provocazione armata si insinua nelle manifestazioni di massa, le forze di polizia possano servirsi in modo militarmente controllato e responsabile di agenti in borghese capaci di sorprendere e di smascherare i provocatori, anch'essi in borghese, se non erro, che introducono la violenza armata nei cortei e nei comizi, mi pare cosa che ogni democratico e ogni non violento debba approvare e auspicare.

Comincino tutti assieme i partecipanti a cortei e comizi dell'ultrasinistra a individuare e isolare i violenti e gli armati, invece di considerarli come compagni più coraggiosi o »diversi", e li indichino alla polizia perché metta loro le manette o, all'occorrenza, rivolga contro di essi la loro stessa violenza. Ma è mai accaduto questo? E' stato mai gridato questo dai microfoni radicali come direttiva di massa? Chi è in grado di dare questa direttiva è democraticamente forte contro tutte le violazioni dei diritti democratici. Non ha bisogno di forzare blocchi e di violare divieti di polizia.

E' accaduto invece il contrario: che, come io gridai in Parlamento a Emma Bonino, piazza della Cancelleria, quale io personalmente la vidi, fu tutta disselciata e al lancio di selci contro la polizia fecero ricorso sia le infiltrazioni dei violenti sia i nonviolenti della manifestazione scatenata dai radicali e poi da essi non più controllata fino al suo tragico e oscuro epilogo.

Antonello Trombadori

 
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