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Pannella Marco - 2 aprile 1979
Giustizia rinnegata
Marco Pannella

SOMMARIO: Il 12 maggio 1977 la polizia carica migliaia di manifestanti che partecipano a Roma ad una manifestazione nonviolenta del Partito radicale per la raccolta delle firme sugli "8 referendum contro il regime" (abrogazione del Concordato, dei tribunali militari, dei reati d'opinione contenuti nel Codice penale, di parti della legge manicomiale, della legge che attribuisce alla polizia poteri speciali in materia di arresto, perquisizione e intercettazioni telefoniche, della legge che attribuisce ai partiti un consistente finanziamento pubblico, della "Commissione inquirente" - lo speciale "tribunale" composto da parlamentari per il giudizio preventivo sui reati compiuti dai ministri). Una giovane, Giorgiana Masi, è colpita a morte da colpi di pistola e molti altri manifestanti vengono feriti. Il Ministro degli interni nega che la polizia abbia mai fatto uso d'armi da fuoco. Il Pr dimostra invece, attraverso un filmato che riprende un agente di polizia mentre spara ripetutamente contro la folla e centinai

a di fotografie che riprendono agenti armati, travestiti da "autonomi" che il Ministro dell'interno Francesco Cossiga aveva mentito.

Attraverso la pubblicazione di un "Libro Bianco" che raccoglie le testimonianze di tutti coloro che avevano assistito alle brutali aggressioni della polizia, il Partito radicale dimostra che c'era stato un tentativo di strage e presenta una denuncia.

Il 15 gennaio 1979, il Pubblico ministero Giorgio Santacroce chiede la chiusura del processo e l'archiviazione del procedimento per l'uccisione di Giorgiana Masi "per essere rimasti ignoti gli autori dei fatti".

Nelle conclusioni del "Libro Bianco", Marco Pannella critica duramente il comportamento della magistratura che ha omesso di svolgere qualsiasi seria indagine e, di fronte alle prove fotografiche e testimoniali che dimostravano la premeditata aggressione da parte della polizia nei confronti dei manifestanti, si è fermata davanti alla "ragion di Stato".

(Libro Bianco del partito radicale sull'uccisione di Giorgiana Masi e sui fatti del 12 maggio 1977: "Cronaca di una strage" - a cura del Centro di iniziativa giuridica Piero Calamandrei - aprile 1979)

Vi sono evidenze, vi sono accecanti soli sulle vie di Damasco, che rendono i vili alle tenebre della menzogna e del tradimento anziché alla luce della verità e del coraggio.

Un giudice che "ceda" (non che "abbia"!) paura delle verità da scoprire e proclamare è un magistrato che bestemmia contro la giustizia e contro se stesso.

Egli è letteralmente un rinnegato, servitore volontario e responsabile della violenza, quindi della morte. Egli assassina in sé e negli altri il culto della possibile giustizia per precipitare tutto nell'orrore della disperazione, della rabbia, della rivolta, della distruzione di ogni umana e civile convivenza. Egli finisce per immolare l'ordine e il potere, che vuol salvare e dal quale vuole salvarsi, sull'altare dove si è illuso di poter invece sacrificare "solamente" la giustizia e la verità. Egli nega così quella onesta "pietas" verso le vittime delle vicende sociali che è poi l'unica ragione umana e civile per cui un nonviolento può accettare la spada di pubbliche sentenze contro un qualsiasi suo simile.

Già un giudice che preferisca obbedire a una legge ingiusta - e che tale in coscienza egli ritenga - non è altro che un funzionario del potere. Ma quando un giudice disprezzi la legge stessa, la violi o la raggiri, per seppellirne la verità o negare la giustizia, per ragion di Stato, o di Chiesa, o di Partito, o politica, o per viltà, o per accidia, o per fellonia, nessuno al pari di lui colpisce a morte vita e pace.

Ve ne sono, di questi giudici. Accade che vengano preferiti, diventino dei "favoriti". Essi avranno d'ora in poi processi sempre "migliori", "più delicati"; non rischieranno la reazione dei violenti, non faranno rischiare nulla ai violenti colpevoli, in diretta proporzione con la gravità e l'orrore dei loro crimini.

La nozione che essi esistono arma coloro che trucidano gli Occorsio e gli Alessandrini.

Se tutti i giudici fossero come gli Occorsio del momento in cui fu assassinato, come gli Alessandrini, che varrebbe eliminarli, se i loro successori non fossero diversi?

In questo processo, un giorno, un "giudice" mi disse: "Ma cosa faccio? Mando un preavviso di reato a tutta la polizia romana, anzi italiana? Al ministro degli Interni, al questore, a tutti i commissari e gli ufficiali dei carabinieri di Roma e del Lazio? Ma come faccio?". Non gli risposi; attesi che si rendesse conto di quel che aveva già affermato, compreso, presupposto. Ma un'evidenza già l'acciecava; la verità gli era già chiara, e ne aveva paura. E io ho avuto paura ascoltandolo.

Quel giorno, quel 12 maggio, doveva dar luogo ad una strage senza limiti.

Un miracolo l'ha impedita, che hanno compiuto assieme decine di migliaia di cittadini e di militanti ben determinati, per motivi diversi e anche contraddittori, alla più assoluta, attiva nonviolenza. Un miracolo compiuto anche dall'immensa, immensa maggioranza dei quasi duemila poliziotti e carabinieri, ingannati, spaventati, terrorizzati, liberi dall'odio che si tentava di inculcare loro. Sono stati compiuti da loro centinaia di reati; ma è nulla rispetto a quello cui li si voleva ridurre. Anche fra di loro dovevano esserci caduti, trucidati. Invano erano state armate le mani assassine nelle settimane e nei giorni precedenti, che avevano consentito al governo (ed al Parlamento) di imporre (e di subire) l'escalation degli "opposti" ma anche "identici" terrorismi di Stato e "privati", e di tentare di usarli contro la Repubblica. Dopo ore di questo miracolo voci schiumanti di rabbia, di incredulità angosciata, alla fine urlavano dalle Radio "di servizio" l'ordine che doveva esser invece taciuto: "Sparate, spar

ate, ammazzateli!". Non lo sapevamo. Ce lo dicono ora gli atti ufficiali del processo. Sono, oggi, questi atti ufficiali a gridarci che qualcuno alla fine ha "obbedito", ha assassinato. E l'assassino di Giorgiana Masi, e l'organizzatore della strage non potrebbe - dice il giudice - esser scoperto?

E' stato invece già trovato. E' lì, negli atti già acquisiti. Ha un nome. Hanno dei nomi. Esistono. Operano. Sono potenti. Sempre più potenti.

Il giudice sa. Ha paura. Condanna ancora la verità, la giustizia, la vita, ad esser sepolte.

Poiché ci sono degli assassini, poiché è provato, poiché sono trovati, è inutile fare indagini, si archivi!

E' uno solo - questo - dei fatti che emergono dal processo. E' uno solo - questo - degli almeno venti fatti che lo equivalgono e che sono stati ugualmente trattati; "ugualmente", cioè in modo ignobile.

Non andrò oltre questo esempio. Gli altri, ciascuno li trovi, li faccia, li soppesi. Questo libro è già di difficile lettura e di insopportabile verità e chiarezza. Una strage è in corso, incombe, da interrompere. Peggiore, infinitamente peggiore di quella fisica, del 12 maggio 1977, poiché rischia di essere nuova strage di legalità da parte della "giustizia". L'infernale macchina è di nuovo in moto. Ora altri, un altro potere dello Stato deve essere divorato, dopo l'esecutivo, dopo il legislativo, perché gli assassini siano salvi e più potenti, perché Giorgiana Masi sia davvero morta per sempre, anche nel ricordo, anche - se necessario - in coloro che ricordano e attendono.

Abbiamo ripreso a salutarci, anche a conversare. "Ciao, Pannella!", "Ciao, Cossiga!", "Ciao, Marco!" "Ciao, Francesco!". Gli anni dell'Università; questi quasi trent'anni, o ventotto, più i due ultimi. Meglio così. Ora so, ora sappiamo che non mi muove l'ira, il rancore o l'odio; ma questo tempo in cui troppo spesso l'intelligenza è dolore, aver ragione è strazio e bisogna salvare la giustizia e la legge. La giustizia e la legge esigono la verità sul 12 maggio, e noi con loro. Finché vi sarà un solo deputato radicale in Parlamento non potrà, non dovrà dimenticare in una sola grande, grave occasione, apparentemente la più estranea o lontana, di far risuonare nell'aula e nelle coscienze il nome di Giorgiana Masi, finché giustizia non sia fatta. A costo di una catena senza fine di processi, contro di noi e contro i mandati della strage, gli esecutori dell'assassinio, i complici di allora, di ora, di domani.

Per questo, questo libro va letto, studiato, diffuso, ricordato, integrato, aggiornato: perché si sia sempre di più, in tanti e in tanti ancora.

 
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