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Di Lalla Manlio - 16 maggio 1979
Radicali di ieri e di oggi
di Manlio di Lalla

SOMMARIO: Rifacendosi alla nota tesi sul "bipolarismo imperfetto" di Giorgio Galli, l'a. analizza le ragioni che hanno impedito il formarsi in Italia, nel dopoguerra, di un forte partito di destra. Secondo l'a., se questo non è accaduto, lo si deve non alla Democrazia Cristiana, ma al mancato appoggio della Chiesa ad una formazione di questo tipo, e sopratutto all'"intima debolezza strutturale, di costume etico, di programma che ha caratterizzato quell'area". Per quanto riguarda la sinistra, è vero che la presenza del Partito Comunista ha sempre ristretto i margini per la formazione di un forte partito di "sinistra democratica" che, a differenza della destra, avrebbe avuto tutti i numeri culturali e di tradizione per poter aver successo. Molti si sono provati, dal Partito d'Azione ai radicali del "Mondo" e di Pannunzio, ma l'operazione non è mai riuscita. Riuscirà oggi Marco Pannella? L'a. ne dubita: un autentico "depositario della tradizione del miglior radicalismo l'Italia l'ha avuto...in Ugo La Malfa." P

er parte sua, Pannella, oltre ad avere idee confuse, persegue in realtà un preciso e pericoloso obiettivo, "tentare di sottrarre voti a Craxi per mettere il PSI in difficoltà nella sua rinnovata autonomia".

(IL GAZZETTINO, 16 maggio 1979)

Il politologo Giorgio Galli ha sempre sostenuto che i due maggiori partiti dello schieramento politico italiano, la Democrazia cristiana e il Partito comunista, hanno perseguito l'obiettivo costante, dopo aver confiscato il monopolio del governo e l'altro dell'opposizione, di dividere le formazioni intermedie allorché si è presentato per essi il concreto pericolo che queste ultime ampliassero l'area dei loro consensi. Alla tesi di Galli ci siamo riferiti più volte e ne abbiamo colto i limiti per cui reputiamo inutile insistere. Ma ciò che ci interessa sono le sue conclusioni. In Italia, dal dopo-guerra ad oggi, mentre la Democrazia cristiana sarebbe stata impegnata a servirsi prima di una certa destra per poi ridimensionarla, il Partito comunista, a sua volta, avrebbe sempre impedito la formazione di partiti o di cartelli di partiti di sinistra democratica che avrebbero potuto fargli seria concorrenza non solo sul piano della riduzione del suo spazio di consensi ma sul terreno di una seria alternativa ideale

e programmatica.

Per quanto riguarda l'incapacità che ha avuto la destra in Italia di essere un serio polo di aggregazione dell'elettorato in questo secondo dopoguerra, abbiamo ritenuto di dimostrare in più di un articolo dedicato all'argomento che non si consolida un area di consensi che non sia transitoria se non si hanno un saldo retroterra culturale e ramificati supporti sociologici. L'impossibilità di creare un valido retroterra culturale e sociologico fu dovuta a una constatazione di fondo che la storiografia ha pacificamente ammesso alla mancanza dell'appoggio della Chiesa a qualsiasi tentativo di collaudare una destra dal periodo postunitario fino agli ultimi decenni. Naturalmente non consideriamo come destra classica il fascismo che ebbe caratteristiche particolari.

Se così si è sciolta la prassi della vita pubblica italiana a destra, è chiaro che partiti come quello dell'Uomo qualunque di Guglielmo Giannini del 1946-48 e successivamente la coalizione monarchico neofascista del 1953 non potevano non avere le armi spuntate: dopo aver riportato parziali successi, hanno successivamente ceduto in credito e in presa elettorale. Ma la colpa del ridimensionamento dei tentativi di rilancio della destra in Italia non è della Democrazia cristiana, di un partito che nella sua collocazione di perno del nostro sistema politico rivendica a giusto titolo il diritto di operare le necessarie mediazioni e di ottenere il consenso dell'elettorato se altre formazioni politiche non tengono, bensì dell'intima debolezza strutturale, di costume etico, di programma che ha caratterizzato quell'area. Se la destra in Italia avesse avuto le carte in regola, non ci sarebbe oggi Giorgio Galli a sentenziare sul presunto machiavellismo della Democrazia Cristiana.

Ma si dà il caso che nel passato tentativi di creare nuovi poli di mobilitazione di consensi si sono avuti anche nell'area della sinistra democratica, con ben diversa dignità politica e culturale, s'intende, di quelli della destra. I risultati sono stati comunque disastrosi ed è convinzione comune degli osservatori della vita pubblica che uno spazio tra i partiti di centro democratico e quello comunista non solo non è facile ma è quasi impossibile trovarlo. Senonché alla vigilia delle elezioni e dopo iniziative estemporanee e contraddittorie, il Partito Radicale di Marco Pannella, a sentire certe indagini previsionali sui risultati delle elezioni, potrebbe avere un lusinghiero successo, contribuendo a realizzare il miracolo di una possibile sinistra democratica, un miracolo che prima non era mai riuscito.

Si è parlato a proposito di tale partito di qualunquismo oppure di una nuova forma insidiosa di insediamento politico e sociale, di una forma di conversione di un elettorato potenzialmente di destra a sinistra. Ma non sarà male rispondere a qualche interrogativo sia sul retroterra culturale del Partito radicale che sulle sue attuali proposte per verificare se si può fare su esso lo stesso tipo di ragionamento, sia pure su un piano diverso, che abbiamo mandato avanti per la destra. Alle accuse di qualunquismo che gli muovo costantemente i comunisti, di insidiare addirittura il futuro della prima repubblica, e agli attacchi che partono dai socialisti, ad attacchi che imputano al Partito radicale di essere portatore solo di confusione politica, Marco Panella risponde che egli è l'erede della tradizione di Piero Gobetti, di Carlo Rosselli, di Gaetano Salvemini, di Guido Calogero, di Mario Pannunzio, di Leopoldo Piccardi. Ma è sufficiente, ci chied

iamo, richiamarsi a questi nomi, perché il Partito radicale, nell'attuale edizione pannelliana, possa accreditarsi sul serio con un tale retroterra culturale di serietà? Tra i richiami ai filoni culturali di alta dignità e certe formulazioni attuali ci può essere un abisso. Quale partito in Italia non ha fatto suoi nomi illustri? Il problema è quello poi di rendere attuale il loro messaggio oppure di smentirlo nella pratica.

In sede storiografica il Partito radicale italiano, quello della sinistra post-risorgimentale, dei Bovio, dei Bertani, dei Cavallotti, dopo aver dato vita alla formazione dell'irredentismo postunitario, è diventato con Giolitti un partito costituzionale in tutti i sensi, stabile supporto di ogni coalizione governativa. Durante la lotta al fascismo, dopo la rottura del quadro postunitario, le formazioni di Giustizia e Libertà di Carlo e Nello Rosselli sono state protagoniste di una nobile lotta contro il regime di Mussolini. Nel dopoguerra, prima il Partito d'azione e poi quello radicale di Carandini, Pannunzio, Cattani, hanno tentato di dar vita, sia pure in momenti diversi, a un moderno partito di sinistra democratica richiamandosi all'eredità di pensiero di Croce, di Einaudi, di Salvemini. Ma quei due partiti non sono riusciti a creare un'area di consensi che avesse un minimo di consistenza per la semplice ragione che l'Italia delle grandi trasformazioni industriali, con nuovi ceti sociali sempre emergenti

, non permetteva un partito di soli intellettuali. Non era colpa né della polarizzazione del quadro politico né di specifiche responsabilità del Pci.

Il depositario della tradizione del miglior radicalismo l'Italia l'ha avuto in questi ultimi anni in Ugo La Malfa. Ma qualunque cosa si possa pensare dell'uomo, e noi ne abbiamo detto tutto il bene possibile in punto di morte, il leader repubblicano, con il suo programmismo, era sul serio l'erede del liberalsocialismo dei Rosselli e del concretismo salveminiano.

Ma nel caso di Pannella cosa dobbiamo dire? Dove stanno le sue battaglie sui grandi problemi della vita economica del Paese, sui rapporti tra industria pubblica e privata, sulla moralizzazione, sull'alternativa liberismo-dirigismo? Niente di tali benemerenze si possono registrare al suo attivo ma solo un confusionismo pletorico e contraddittorio sul tema dei cosiddetti diritti civili prospettati con spirito manicheo. E allora come fa Pannella a richiamarsi a tradizioni culturali dignitose? Si è parlato nei suoi riguardi di ondata qualunquistica. Ma noi rettificheremo il tiro e andremmo più in là. Pannella sta facendo un gioco molto pericoloso: quello di tentare di sottrarre voti a Craxi per mettere il Psi in difficoltà tallonandolo nella sua rinnovata autonomia. Una cosa è certa: se Pannella crede di fare il Mitterrand italiano si sbaglia. Bisognerebbe averne la stoffa. Nel suo caso si può parlare di insorgenza populistica. Sarebbe una grave iattura se quest'uomo dalle idee così confuse allargasse l'area dei

consensi per il suo partito. Aggiungerebbe solo confusione a confusione.

 
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