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Fabre Jean - 18 maggio 1979
Un voto internazionalista, pacifista, ecologista
Elezioni europee. Bloccare il plutonio, imporre il disarmo, difendere le autonomie

di Jean Fabre

SOMMARIO: Europa di berufsverbot e della legge Reale, del nucleare civile e militare, dei grandi interessi multinazionali, o Europa della pace, del rispetto delle libertà civili, della tutela dell'ambiente? Dc, Pci, Psi sono per la prima Europa.

(NOTIZIE RADICALI N. 75, 18 maggio 1979)

Il 10 giugno si terranno le prime elezioni dirette al parlamento europeo. Se per molti si tratterà di un primo appuntamento con l'Europa, per noi invece si tratterà di ampliare le iniziative intraprese negli ultimi anni sui marciapiedi di diversi paesi europei, e di fare contemporaneamente del gruppo parlamentare europeo un punto di riferimento per la forze alternative emergenti in tutta Europa. Siamo sulla soglia di una nuova sfida che dobbiamo, da radicali, affrontare con umiltà e decisione. All'eurocomunismo e all'eurosocialismo, ormai bandiere vuote di contenuto e soprattutto di prospettiva, dobbiamo contrapporre con i fatti, con le lotte concrete, con la disobbedienza civile, con la democrazia diretta, con la non violenza, un'eurosocialismo radicato nei contenuti, nei metodi, nell'esperienza del partito radicale. L'Europa degli emarginati, degli sfruttati, delle minoranze e dei marginalizzati ne ha un urgente bisogno.

E ciò perché siamo di fronte ad una fallimento delle sinistre in Europa, e ancor peggio ad uno slittamento a destra dei partiti di sinistra ammucchiati in un socialdemocrazia la cui politica non si contrappone sostanzialmente nei fatti alla gestione della Democrazia Cristiana europea e dei suoi equivalenti.

All'inizio del secolo, con lo sviluppo della società industriale e dello sfruttamento che ne risultava, la sinistra era profondamente internazionalista, e individuava negli eserciti il "nemico di classe". Oggi la sinistra nella maggior parte dell'Europa è diventata militarista, tutt'al più professa un'internazionalismo solo verbale. Questi cambiamenti sono accaduti proprio allorché si sono organizzate e estese le multinazionali che dominano tutta l'economia mondiale, le alleanze militari internazionali che condizionano il quadro politico e hanno anch'esse un'incidenza enorme sull'economia, e quando siano ormai tutti legati nello stesso quadro ecologico.

Ovunque, mentre l'Onu annunzia che questa nostra società ucciderà quest'anno per fame e denutrizione 17 milioni di bambini, le sinistre votano i bilanci militari. Quella francese, che ha peraltro sposato la scelta nucleare militare, ha chiesto e ottenuto il raddoppio nel giro di cinque anni delle spese militari. La sinistra tedesca inventa, vota, organizza il Berufverbote con il quale centinaia di persone hanno perso il loro lavoro per il solo reato di avere determinate convinzioni politiche. La medesima sinistra manda poliziotti armati e cani addestrati contro le popolazioni civili che si oppongono alla costruzione di centrali nucleari. La sinistra inglese gioca sui sentimenti nazionalisti più arretrati per limitare la perdita del suo elettorato.

E' con queste sinistre che sono allineati il PSI e il PCI. Il PCI si accinge a realizzare un compromesso internazionale con gli Schmith e tutta la socialdemocrazia europea. Delle sinistre che non esercitano più il loro ruolo di cambiamento radicale, che sono logorate, invecchiate, fossilizzate.

In altre parole delle sinistre che, assieme alle forze del conservatorismo e degli interessi privati, portano la responsabilità della nascita e dello sviluppo del cosiddetto teppismo degli autonomi, del terrorismo rosso, della esasperazione sociale. Fino a che le sinistre rimarranno tali, avremo bisogno di uno, cinque, dieci partiti regionali radicali in tutta Europa per gettare le basi della grande forza socialista europea capace di creare un'autentica alternativa di sinistra.

Non è un caso che i movimenti antimilitaristi, antinucleari, ecologisti, femministi, libertari nonviolenti di tutta Europa seguono con interesse l'esperienza radicale in Italia. Non è un caso che il partito radicale si è dato uno statuto che non richiede una cittadinanza particolare per l'iscrizione e che non limita la sua azione all'interno delle frontiere di un paese.

Oggi proponiamo sul piano europeo lo statuto radicale come alternativa da partire dalla quale possono articolarsi e vincolarsi in piena autonomia le forze emergenti portatrici di proposte nuove che devono essere capaci di trovare uno sbocco politico sociale e istituzionale.

Non vogliamo andare al parlamento europeo con degli slogan. Ci dobbiamo andare con delle lotte da portare avanti. Come con il divorzio, l'obiezione di coscienza; l'aborto, la lotta sulla droga, il finanziamento pubblico, il diritto all'informazione, abbiamo inciso fortemente sulla vita politica dell'Italia, ci proponiamo di caratterizzare l'Europa dei prossimi anni.

Ai compagni comunisti e socialisti che in Italia hanno codificato, limitato, imprigionato e snaturato l'aborto, annunciamo che riprendiamo la lotta per la depenalizzazione conducendola in tutta Europa. Per noi radicali, il diritto della donna a decidere da sé, come e quando assumere la maternità non deve avere frontiere e va conquistato in tutti i paesi. Terremo già in autunno un primo convegno di lotta su questo tema a Bruxelles, in un paese caratterizzato da una delle leggi più repressive dell'intera comunità europea. Ci impegniamo a sradicare in tutta Europa i tribunali militari. Ci batteremo ovunque per i diritti civili, contro i Berufsverbote, contro l'Europa dei cittadini schedati, opponendoci con la lotta nonviolenta a tutte le leggi repressive simili al codice Rocco o alla Legge Reale. Riprenderemo per gestirla sul piano europeo la lotta per il disarmo e per sconfiggere la morte per fame ogni anno nel mondo di un numero di persone equivalente all'intera popolazione dell'Italia, contribuiremo alla lot

ta per un'autentica liberazione sessuale come lo facciamo da anni nel nostro paese.

Dobbiamo creare un'Europa democratica e ecologica, opponendoci alla scelta nucleare civile militare. Dobbiamo bloccare gli investimenti nelle centrali nucleari e riuscire a farli trasferire per la ricerca di fonti alternative di energia. Sapendo che la crescita industriale com'è concepita oggi implica lo spreco di risorse sempre più scarse, la distruzione dei sistemi naturali, l'inquinamento dell'ambiente, il logoramento delle relazioni umane, lo schiacciamento del terzo mondo, non possiamo sfuggire alla nostra responsabilità, e abbiamo perciò il dovere di impegnarci per un cambiamento che non può realizzarsi in un solo paese ma richiede un'azione su scala europea.

Il parlamento europeo non può limitarsi a dibattere se l'Europa dovrà costruire 100 invece di 60 centrali nucleari, se 3 milioni di contadini dovranno abbandonare la terra invece di 1 milione.

Deve rimettere in questione le scelte fondamentali, quella energetica, del disarmo, della liberazione dall'oppressione delle burocrazie, dei rapporti con il resto del mondo.

Il parlamento europeo non può essere l'unico luogo dove saremo impegnati. Ci ritroveremo sulle piazze e sui marciapiedi belgi, tedeschi, francesi o olandesi, come l'abbiamo fatto nel '76 con la marcia antimilitarista internazionale a Verdun, con lo sciopero della sete di Marco Pannella a Madrid nel '77 per il riconoscimento nella costituzione spagnola del diritto alla obiezione di coscienza, come continueremo quest'estate con una manifestazione per il disarmo da Bruxelles (sede della NATO) a Varsavia (sede del patto di Varsavia).

La migliore garanzia che possiamo dare su quello che potremo fare in Europa risiede in quello che abbiamo fatto fino ad ora in Italia.

Per noi la vita è politica. In politica sono i fatti che contano, in Europa come in Italia. Non si può far fiducia ai partiti che hanno fatto e continuano a fare il gioco della DC. Oggi per cambiare l'Europa bisogna cambiare voto, come il referendum per il finanziamento pubblico dei partiti senza il quale Leone sarebbe ancora presidente.

Esiste un solo voto internazionalista, ecologista, di opposizione: quello del partito dei referendum, della nonviolenza. Il voto radicale.

 
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