Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 22 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Branca Giuseppe - 1 settembre 1979
I nostri radicali e l'unità delle sinistre
di Giuseppe Branca

SOMMARIO: Il referendum contro il finanziamento dei partiti ha mostrato quanta "avversione" provi nei loro confronti buona parte del "popolo". Non si tratta di qualunquismo, che possa essere ignorato. Però, curiosamente, i radicali che hanno proposto il referendum ora si stanno "più decisamente" organizzando in partito: allora il referendum è stato "un'astuzia"? una "contraddizione"? No: i radicali condannano tutti gli altri partiti ma non il loro, che è il partito della "assoluta intransigenza" e delle "mani nette", che non "scala" il potere.

Il loro comportamento, anche alla Camera, è "severo" ma apparendo "pittoresco e improvvisato"... Sono "organizzati" ma sembra che si muovano ciascuno per conto suo". Infine, spiace l'"inimicizia tra Pci e radicali": ma è necessario che continuino "a darsi o a tentare frustate"? Le sinistre tradizionali "hanno bisogno di compagni" che ne "movimentino la corsa con strappi e con allunghi".

(»Messaggero 1 settembre 1979 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)

Cose note: il referendum contro la legge di finanziamento dei partiti ha rivelato una speciale avversione per essi in una buona parte del popolo. La quale ha dato voto negativo non tanto preoccupata per il destino di quelle somme: miliardi a formazioni politiche che ne fanno cattivo uso (così si è pensato) come cattivo uso fanno della propria organizzazione nel gestire la cosa pubblica o le loro dosi di potere. Qualunquismo? Eh, no: l'avversione per i partiti è troppo diffusa perché la si possa liquidare con questa parola tralaticia ed ambigua. I partiti non hanno interesse a ignorare il fenomeno o a cavarsela con una immotivata scomunica: appunto, 60 anni fa, la stanchezza nei confronti dei partiti fu uno dei motivi che spinsero alla dittatura o indussero a tollerarla. Però è strano. A promuovere il referendum, che era chiaramente diretto contro i partiti, sono stati i radicali: e, dopo averlo quasi vinto, anche loro da movimento d'opposizione si sono più decisamente organizzati a partito; anzi si ripromett

ono di moltiplicare il numero degli iscritti. Alle prime occhiate la cosa sembra contraddittoria: promuovere un'azione popolare contro ciò che si sta per divenire!

E alla contraddizione non si sfuggirebbe rispondendo che il referendum non voleva condannare i partiti in sé ma la partecipazione dello Stato al loro mantenimento: alla lettera la richiesta della consultazione popolare aveva quell'etichetta; ma i radicali sapevano bene che il referendum presso i »sì sarebbe stato più che altro una condanna dei partiti. Forse si è trattato d'un'astuzia, soltanto d'un'astuzia? Togliere il finanziamento agli altri per metterli in difficoltà e indebolirli a proprio vantaggio? Può darsi; ma non è stato questo il motivo dominante.

In verità, la contraddizione è solo apparente. Il discorso radicale, somiglia un po' a quello del critico cinematografico che, interrogato sulla differenza tra erotismo (consentito) e pornografia (vietata), rispondeva: uno stesso atto se compiuto da me è solo erotico, compiuto dagli altri e pornografico; insomma pornografia è l'erotismo degli altri. Per i radicali la condanna dei partiti tradizionali e il referendum indetto contro di essi ha l'aria di significare qualcosa di simile: »Il partito politico è una cattiva cosa se è diverso dal nostro . Ho parlato scherzosamente. In realtà il movimento radicale non condanna il partito politico in sé, che sarebbe antistorico, né in sé i tradizionali partiti viventi in Italia. Li condanna per la politica che fanno e che esso ritiene gretta ed ingorda. La superiorità che i radicali rivendicano o potrebbero rivendicare su ogni altra formazione politica è la loro assoluta intransigenza (guerra ai compromessi) e le »mani nette (nessuna scalata a frammenti di potere): i

l tutto, dentro un recipiente il cui fondo è coperto dall'insofferenza per ogni vicino statale e dal consanguineo bisogno di giostrare quotidianamente con qualunque forma anche macchinosa di democrazia popolare, diretta. Forse sbaglio; ma certi loro ammiccamenti rivolti ai missini sono stati ispirati oltreché dal culto dei diritti civili »uguali per tutti , dall'essere anche il Msi fuori dei cerchi del potere ufficiale.

In questa loro cultura, in questa stessa allergia per ufficialità e paramenti sacro-laici sta e vive comodamente un altro dato del loro carattere: l'antimoralismo un po' sevizioso e un po' scanzonato, apprezzabile e godibile di alcuni ceti di questo paese. I loro discorsi alle camere sono meditati, capziosi, insistenti, senza ricerche di consensi, volutamente severi: e però ti lasciano un sapore di pittoresco e di improvvisato, che giova alle loro tesi e alla loro credibilità. Sono interminabili spesso e rompiscatole, sempre con qualche Cartagine da distruggere: ma è raro che i colleghi degli altri gruppi abbandonino l'aula per non ascoltarli. Insomma li vediamo come un fenomeno diverso da quello che rappresenta in sé ogni altro partito: sono meno partitici fra i partitanti.

Appariscono tali anche chi di superficialità e di istrionismo spesso li accusa. Sono organizzati, certo lo sono ma tu li vedi come se ciascuno pensasse e parlasse per ispirazione propria e tuttavia si trovasse sempre d'accordo cogli altri per affinità naturali. I partiti tradizionali assomigliano a quadrate legioni rispetto a loro, che invece sembrano cavalieri di ventura o paladini di Francia. Tutti generali e tutti soldati, anche se Pannella, colla sua statura da pivot, sta sempre lì con la palla in mano pronto a metterla in canestro.

Dispiace l'inimicizia tra Pci e radicali: differenza, se così posso dire di dimensioni, di temperamento e di retroterra.

Ma è proprio necessario che continuino a darsi o a tentare frustate come se l'uno usurpasse i ruoli dell'altro? I radicali sappiano che un'organizzazione come quella del Pci, con tanta storia dietro il collo, non può muoversi se non con prudenza: meno anticomunismo per favore! Il Pci non dimentichi che la difesa radicale dei diritti civili e dell'onestà amministrativa è azione di sinistra: e all'unità delle sinistre i comunisti non possono rinunciare, anche se sono o vogliono essere amici della vecchia Dc. La preoccupazione è però che i radicali, divenendo partito di una qualche consistenza, perdano molta parte della loro franchezza, necessaria anch'essa all'unità delle sinistre italiane. Le sinistre tradizionali assillate da problemi di rigenerazione sociale e avide di certezze quasi democratiche, sono necessariamente un po' monotone. Hanno bisogno di compagni che fra l'altro ne movimentino la corsa con strappi e con allunghi.

 
Argomenti correlati:
vecellio valter
referendum
partitocrazia
pci
stampa questo documento invia questa pagina per mail