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Partito radicale - 15 ottobre 1979
Intervento del Comitato di presidenza del CF
Il documento proposto al congresso

SOMMARIO: In previsione del Congresso ordinario del Partito, il comitato di presidenza del Consiglio Federativo fa il punto della situazione e delle prospettive politiche del Pr. Mai nella storia della Repubblica, in due sole tornate elettorali una formazione politica era giunta triplicare i propri voti, con punte, sul territorio nazionale intorno all'8%. La campagna di linciaggio promossa dal Pci contro i radicali dimostra che essi sono sono l'unica forza politica non riconducibile alla concezione sostanzialmente conservatrice che il Pci ha della società e dello Stato. Per il Pr una grande sinistra non è semplicemente il prodotto di una somma aritmetica, ma il risultato di una rifondazione a partire da valori fondamentali, cpace di produrre libertà, giustizia e pace nei momenti di governo, nella sfera economica, nei rapporti di lavoro e di produzione. Una sinistra con una politica democratica e di classe, e non interclassista, con valori propri che non sono né quelli del socialismo reale Nè quelli neoconcon

coradatari, ma quelli di una concezione federalista della società e dello Stato. Il successo radicale nelle elezioni ha consentito alla sinistra nel suo complesso di non subire un tracollo e conservare il risultato acquisito nel 1976, ma permane il rischio di una sconfitta definitiva. Il Pci continua la sua politica di collaborazione con la Dc; non muta quella del Psi, per cui il richiamo all'alternativa di sinistra non è più nemmeno un richiamo liturgico. Il pericolo più grave che corre il Pr è quello di lasciarsi fagocitare dalle scadenze del regime, di vivere in funzione dei propri insediamenti istituzionali e di accettare al proprio interno logiche elettoralistiche: la stabilizzazione dell'elettorato radicale intorno al 4.5% sarebbe la sconfitta di un'ipotesi di alternativa. Il ruolo del Pr è stato quello di riscoprire e restituire alla politica i problemi della vita, della libertà, della nonviolenza, della felicità, dimenticati dalla realpolitik. Oggi dobbiamo avere il coraggio di un nuovo antagonismo;

a chi propone la pena di morte, opporre l'abolizione dell'ergastolo; a chi parla di "nucleare o lume di candela", rispondere che l'aternativa è tra due modelli di società, l'una gerarchica e centralizzata, l'altra democratica e decentrata. Sul piano organizzativo, il partito deve offire a chi gli ha dato la delega con il voto, un patrimonio di autogestione e di reale partecipazione, il modello di un partito di servizio composto da una pluralità di soggetti. Ma il partito dei 3.500 iscritti non è e non potrà mai essere il partito dell'alternativa: solo a partire da questa consapevolezza ci si può porre seriamente il problema del "che fare". Il Comitato di Presidenza del Cf indica al Congresso i seguenti temi di dibattito: 1)La tenace denuncia di uno sviluppo economico omicida che fa dipendere il benessere di una minoranza dalla miseria della maggioranza, che può risolversi nel varo di campagne per l'intervento urgente del governo italiano e lo stanziamento del 2% del PIL a favore degli aiuti internazionali; 2

)L'indidividuazione di un nuovo progetto referendario, strumento costituzionale, civile e di massa dirompente rispetto agli equilibri ideologici e partitici; 3)L'uso dei referendum a livello regionale; 4)La lotta a livello europeo, emblematizzata dall'elezione di Jean Fabre a segretario e concretatasi nel successo alle elezioni per il Parlamento europeo, può essere intensificata con l'istituzione di un centro di coordinamento in una città europea non italiana, e con la promozione di un convegno sulle libertà e i diritti civili in Europa; 5)La costituzione di un "governo ombra"; 6)In previsione del voto amministrativo in Italia, si tratta di scongiurare il disegno politico che vuol fare delle autonomie locali un semplice oggetto di baratto nella strategia nazionale del compromesso storico; si propone di vincolare la partecipazione del Pr alla presenza di liste alternative che candidino i protagonisti delle lotte ambientaliste, di difesa del territorio, del cittadino e del consumatore, il cui patrimonio rischi

a di andare disperso e di rimanere senza sbocco istituzionale; 7)Intensificare, a seguito delle disobbedienze civili di Fabre e Bandinelli, la campagna per la modifica delle leggi sulla droga, per la liberalizzazione di hashish e marijuana e per stroncare la speculazione legata al traffico clandestino dell'eroina; 8)L'indicazione della soglia minima di 10.000 iscritti per il 1980, e l'adeguamento delle soglie minime per la costituzione di partiti regionali; 9)La necessità di individuare tempestive ed efficaci iniziative di autofinanziamento in mancanza delle quali il deficit risulterà non solo insanabile, ma tale da modificare irreversibilmente i connotati del Pr come partito autofinanziato.

(NOTIZIE RADICALI N. 148, 15 ottobre 1979)

Con le elezioni del 3-4 e 10 giugno il Partito Radicale ha visto rafforzato dal consenso degli elettori il proprio ruolo di opposizione nelle istituzioni e nel paese. Ma nella storia della Repubblica si era dato di un partito che in sole due tornate elettorali arrivasse a triplicare i propri voti sull'intero territorio nazionale, con punte intorno all'8% non solo a taluni grossi centri urbani, ma anche in paesetti di poche migliaia di abitanti. La campagna di linciaggio, di menzogne, di mistificazioni condotte con insuperabile volgarità e rozzezza dal PCI contro i radicali durante le elezioni era, del resto, la prova che questo partito ci considera l'unica forza politica in campo non riducibile alla concezione monolitica, sostanzialmente conservatrice che esso ha dello Stato e della società. Dovunque il paese in questi anni ha espresso in modo realmente alternativo la volontà di rinnovamento, il PCI ha cercato di distruggere il nuovo e il diverso e, non riuscendovi, di inglobarlo, gestirlo secondo la logora

logica gattopardesca del "se vogliamo che tutto rimanga com'è bisogna che tutto cambi". Fa dunque parte della concezione che il PCI ha della "realpolitik" l'operazione sorriso nei riguardi del Partito Radicale varata ai dibattiti dei festival de "l'Unità" ed ora proposta ufficialmente e in modo ricattatorio da Cossutta in relazione alle elezioni amministrative dell'80.

Secondo il PCI una "grande sinistra" sembra essere semplicemente il prodotto di una somma aritmetica, mentre per il PR grande sinistra significa "altra" sinistra, una sinistra, cioè, completamente rifondata a partire dai propri valori fondamentali, capace di produrre libertà, giustizia, pace nei momenti di governo e nelle leggi così come anche nella sfera economica, nei rapporti di lavoro e di produzione, nella società civile. L'altra sinistra è quella capace di imporsi come alternativa alle forze conservatrici, della corruzione, del malgoverno con una politica democratica di classe e non interclassista, con i propri valori che non sono né quelli del socialismo "reale" né quelli neoconcordatari, ma quelli fondamentali della pace, del diritto alla vita, della giustizia in una concezione federalista e non monocentrica della società e dello Stato.

Se il 3 e 10 giugno la sinistra, nel suo complesso, ha mantenuto intatta la propria forza elettorale, conservando il risultato acquisito nel 1976, ciò è dovuto solo al successo radicale, ai referendum sul finanziamento pubblico e sulla legge Reale, alla capacità di valorizzare e diffondere un ventennale patrimonio di lotte, a quelle battaglie di libertà che hanno saputo alimentare nel paese le speranze di cambiamento proprio mentre i gruppi dirigenti delle componenti "storiche" della sinistra dimostravano di non saper produrre altra politica che quella fallimentare e perdente della subalternità alla DC e dei compromessi di vertice con il regime che essa incarna.

Ma se la vittoria radicale è riuscita a contenere quella che altrimenti sarebbe stata una rovinosa sconfitta dell'intera sinistra, è altrettanto vero che questa corre il rischio di essere battuta, e di esserlo definitivamente. Non è mutata, nonostante le indicazioni del voto, la politica del PCI. Comunque mascherata, essa era e resta quella della collaborazione interclassista con la DC. Non è mutata la politica del PSI. L'alternativa di sinistra non costituisce nemmeno più un richiamo liturgico per questo partito che, volendo conservare la proprie caratteristiche di partito di potere, continua ad essere condizionato dal potere e non sa sottrarsi alle ambiguità di una politica di alleanze il cui unico sbocco è la ricomposizione del quadro di unità nazionale, sbocco ricercato dal PSI anche sul fronte delle giunte locali in vista delle amministrative dell'80. Non sono mutati sostanzialmente i rapporti all'interno del parlamento, governato per il 95 per cento da una maggioranza unanimistica sulle scelte di regim

e. Il Partito Radicale ritiene invece che la costruzione di una società socialista e libertaria possa passare oggi in Italia, solo attraverso la costruzione di una sinistra rinnovata e unita che sappia proporsi come alternativa al trentennale governo della Democrazia Cristiana. Consapevoli di ciò riteniamo che il prossimo congresso ordinario di Genova debba individuare le iniziative concrete che pongano in crisi il postulato, mai messo in discussione dai partiti storici della sinistra, della cosiddetta centralità democristiana.

Nell'attuale situazione politica il pericolo più grave che il PR corre è quello di lasciarsi fagocitare dalle scadenze di regime, di vivere in funzione dei propri insediamenti istituzionali, di accettare, anche nel proprio interno, logiche elettoralistiche. Il successo elettorale del PR è stato in parte anche il risultato di un momento di delicatissima congiuntura, dal quale può uscire o un inizio nuovo o la conclusione di una ipotesi: quella del partito federalista e federatore. Ecco perché la stabilizzazione dell'elettorato radicale intorno al 4-5% rappresenterebbe non un consolidamento ma la sconfitta di una ipotesi di alternativa.

Non v'è dubbio che la triplicazione dei voti radicali può essere interpretata solo come il consenso ad un modo diverso di fare politica, il riconoscimento della essenzialità del ruolo di opposizione, l'affermarsi nella coscienza sociale dei nuovi valori - diritti civili, ecologia, pace, difesa del diritto alla vita e alla felicità - capaci, al contrario di quanto accade per i vecchi valori, di attraversare gli schieramenti sclerotizzati dalla politica dei vecchi partiti e di creare nuove aggregazioni, nuovi momenti unificanti. La nostra ambizione di essere non una forza minoritaria ma una forza potenzialmente maggioritaria e realmente alternativa rispetto agli equilibri politici attuali deve continuare a sorreggerci. Abbiamo avuto il coraggio di imporre il divorzio quando il problema era continuamente rinviato dalla sinistra; abbiamo denunciato le stragi di donne, morte o menomate per aborto clandestino quando la sinistra, pavidamente e cinicamente chiudeva gli occhi; abbiamo affrontato per primi i problemi

della sessualità, della droga, della qualità della vita ed abbiamo costretto il PCI e tutta la sinistra a dibatterne, non importa se con intenzioni strumentali. Non abbiamo mai fatto scelte politiche demagogiche o populiste, ma abbiamo riscoperto e restituito alla politica i grandi problemi della vita, della libertà, della nonviolenza, della felicità, dimenticati dalla realpolitik. Ora non dobbiamo temere che altri "occupino i nostri spazi". Se ciò accade, tanto meglio: potremo così scavare più in fondo e arrivare sempre più vicino ai nodi economico-sociali, quelli sui quali la sinistra ha preteso di rappresentare in modo esclusivo e riduttivo, tradendole, le speranze popolari. Oggi noi dobbiamo ancora una volta avere il coraggio di essere antagonisti contro quelle forze che parlano di seconda repubblica quando non hanno ancora attuato la prima; a chi invoca la pena di morte dobbiamo ricordare che la nostra civiltà giuridica ci impone di abolire la pena all'ergastolo; a chi pretende di sottoporci al ricatto:

o nucleare o lume di candela, rispondere che l'alternativa reale non è questa ma quella fra una società centralizzata, gerarchizzata, repressiva, con organizzazione di tipo militare e una società in cui vi sia organizzazione democratica e decentralizzata della produzione e dell'economia. Agli elettori che ci chiedono di intervenire sui mille problemi irrisolti e incancreniti della società italiana dobbiamo avere il coraggio di rispondere che le lotte che abbiamo incominciato, di libertà, di civiltà, di giustizia, non sono purtroppo ancora concluse; che si continua ad andare in carcere per reati di opinione che si continua a morire di "ordine pubblico" e di aborto, che il domani nostro e dei nostri figli sarà sempre più ipotecato da scelte irreversibili se oggi e a partire dal nostro paese non lottiamo per invertire la tendenza.

Come partito dobbiamo agire affinché la delega che ci è stata affidata alle elezioni si trasformi in patrimonio di autogestione e di reale partecipazione. Il modello del partito servizio, della pluralità dei soggetti indicato dal nostro statuto è più che mai vivo ed attuale. Purtroppo, dobbiamo riconoscerlo lucidamente, il partito di 3.500 iscritti, non potrà mai essere il partito dell'alternativa, ma rischia di essere soltanto il partito di se stesso, il partito dei particolarismi anziché delle autonomie. Solo a partire da questa consapevolezza potremo porci seriamente il problema del "che fare".

Il CF del PR nello sforzo di individuare i nodi politici ineluttabili del prossimo congresso ordinario di Genova sottopone i seguenti temi di dibattito congressuale ai partiti regionali, alle associazioni, agli iscritti e a tutti i soggetti politici radicali.

1. - La consapevolezza della interdipendenza e indivisibilità delle sorti del mondo moderno comporta la tenace denuncia di uno sviluppo economico omicida perché fa dipendere il benessere di una minoranza dell'umanità dalla miseria e la morte della sua grande maggioranza. Occorre porre termine a questo sterminio e operare affinché milioni di esseri umani non siano annientati dalla fame e dalla denutrizione. Il CF propone, conseguentemente, che il Congresso di Genova deliberi l'immediato varo di campagne popolari per: a) l'urgente intervento del governo italiano in precise situazioni di volta in volta indicate; b) lo stanziamento nel bilancio preventivo dello Stato del 2% del Prodotto nazionale lordo a favore degli aiuti internazionali; c) l'attivazione di ogni possibile intervento degli Enti locali.

2. - Il CF del PR individua in un nuovo progetto referendario l'unico strumento costituzionale, civile, di massa, autenticamente dirompente attraverso il quale è attuabile una reale politica di opposizione e di frammentazione, nell'immediato, di quegli equilibri ideologici e partitici che rappresentano le fonti della crisi che attraversa il nostro paese.

Il CF ritiene che il progetto referendario potrà avere un ruolo dirompente ed adempiere a tale funzione solo se comprensivo di numerose richieste abrogative. Solo un progetto molto ampio potrà ad un tempo garantire la propria concreta realizzabilità nel 1981 e svolgere un'opera di difesa dell'istituto costituzionale del referendum, contro il quale sarà nuovamente mobilitato tutto l'apparato politico e giuridico del regime. Il CF del PR ritiene inoltre che il progetto referendario debba essere incardinato su: a) difesa ed estensione delle libertà e delle garanzie costituzionali; b) blocco dell'imposizione nucleare e tutela del territorio e dell'ambiente; c) lotta per la vita. Il CF del PR propone inoltre al Congresso di formulare precise richieste per un coinvolgimento nel progetto referendario delle forze politiche della sinistra e democratiche, dei sindacati, di tutti i movimenti e realtà alternative.

3. - Il CF sottolinea l'importanza della raccolta delle firme per i referendum abrogativi e consultivi regionali, per le leggi di iniziativa popolare in Trentino, Sardegna, Lombardia, Campania, Piemonte, Veneto, Sud Tirolo, Puglie e ritiene che essi costituiscano una indicazione centrale per l'attività dei partiti regionali. Per la prima volta, a 30 anni dall'entrata in vigore della Costituzione, sono stati attivi a livello locale gli istituti di democrazia diretta; la diffusione e la moltiplicazione di iniziative popolare dirette a carattere locale può senza dubbio creare nuovi e grandi contraddizioni in seno alle istituzioni rappresentative locali. In questo quadro il CF invita il Congresso a valutare l'opportunità di lanciare una campagna nazionale, coordinata in tutte le città, volta ad ottenere l'istituzione di referendum consultivi comunali.

4. - Il CF ritiene che la lotta a livello europeo sviluppatasi quest'anno con il grande successo alle elezioni per il Parlamento europeo e con la carovana per il disarmo Bruxelles-Varsavia ed emblemizzata nello scorso congresso con l'elezione alla carica di segretario di un radicale non italiano debba essere intensificata: a) estendendo l'attività del neo-costituito segretariato internazionale attraverso l'apertura di almeno una sede parlamentare di coordinamento in una città europea non italiana; b) promuovendo un convegno europeo sulle libertà e i diritti civili in Europa.

5. - Occorre che venga compiuto ogni sforzo perché, in collaborazione col gruppo parlamentare radicale della Camera e del Senato, siano create le condizioni perché sia costituito entro la primavera del 1980 quel "governo ombra" che rappresenta il primo passo per rendere operante e viva la dialettica fra maggioranza e opposizione e creare le basi per una alternativa di governo.

6. - Fra le principali scadenze politiche del 1980 vi sarà il rinnovo delle amministrazioni delle Regioni a statuto ordinario e di quasi tutti i grandi Comuni. A 5 anni dalla grande avanzata delle sinistre il 15 giugno 1975, diretta ripercussione del precedente voto nel referendum sul divorzio, questa scadenza elettorale viene caricata dal PCI dei contenuti di uno scontro politico più generale. L'obiettivo, nella riconferma della strategia nazionale del compromesso storico, è quello di realizzare un recupero dopo la sconfitta del 3 giugno, il ridimensionamento del voto radicale, l'acquisizione dei voti di Nuova Sinistra Unita attraverso la ripresa strumentale di una blanda polemica anti-DC.

E' necessario rispondere a questo preciso disegno politico per scongiurare che le autonomie locali diventino un semplice oggetto di baratto nella strategia nazionale del compromesso storico. Il PR deve avere la forza di fare questa scadenza una occasione di scontro politico per l'affermazione del disegno costituzionale delle autonomie locali contro le logiche dello stato centralizzatore ed il rilancio del suo progetto alternativo. Il PR propone pertanto di vincolare la partecipazione del PR a queste consultazioni alla presenza di liste alternative, in cui siano presenti i protagonisti delle lotte per la tutela dell'ambiente e del territorio, contro l'energia nucleare e per risorse alternative, per la difesa del consumatore e della qualità della vita e nel contempo quanti, in questi anni, in organizzazioni politiche o movimenti di base e autenticamente autonomisti, si sono battuti per l'alternativa alla DC ed il cui patrimonio di lotte rischia di andare disperso o di rimanere senza sbocco politico istituziona

le.

7. - Il CF propone al Congresso di intensificare la campagna, iniziata dagli atti di disobbedienza civile del segretario del PR Jean Fabre, e del consigliere comunale radicale, Angiolo Bandinelli, per la modifica dell'attuale legislazione sulla droga. Le modifiche dovranno comportare la liberalizzazione della marijuana ed efficaci misure per stroncare alla radice la speculazione legata al traffico clandestino dell'eroina, causa principale se non unica delle morti per droga.

8. - Il CF rileva con preoccupazione che al successo elettorale del 3 giugno non ha corrisposto una proporzionale crescita numerica ed organizzativa del partito. Si aggrava in questo modo il divario fra aspettative esistenti nel paese verso il PR e le sue reali possibilità di azione politica. Il CF propone pertanto al Congresso di indicare l'obiettivo minimo di 10.000 iscritti quale traguardo minimo per il 1980. Il raggiungimento dell'obiettivo di 10.000 iscritti è di primaria rilevanza politica oltre che rappresentare il primo e principale mezzo di autofinanziamento del partito. Inoltre, solo una consistente crescita delle iscrizioni potrà assicurare quel necessario ricambio di energie e responsabilità, indispensabili per congiurare sclerotizzazioni e burocratizzazioni. Conseguentemente all'obiettivo indicato, il CF propone che il Congresso deliberi di sostituire la norma transitoria approvata al Congresso di Bologna del 1967 innalzando la soglia minima per la costituzione dei partiti regionali e individuan

do i criteri più adeguati in grado di tener conto delle realtà locali.

9. - Il CF del PR rileva con preoccupazione la pesantissima situazione debitoria in cui si trova il partito sia per la propria attività ordinaria che per le spese sostenute durante la campagna elettorale. Ritiene che se il Congresso non individuerà tempestive ed efficaci iniziative di autofinanziamento, il deficit risulterà non soltanto insanabile ma addirittura modificherà irreversibilmente i connotati del Partito Radicale come partito autofinanziato.

 
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