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Fabre Jean - 31 ottobre 1979
RELAZIONE DEL SEGRETARIO JEAN FABRE
22 CONGRESSO NAZIONALE DEL PARTITO RADICALE - GENOVA, 31 OTTOBRE, 1,2,3 E 4 NOVEMBRE 1979

SOMMARIO: Relazione pervenuta al Congresso "per vie traverse e non ufficiali". Fabre saluta "dal carcere di Fresnes" i congressisti del partito che "ha fatto il più grosso balzo in avanti che un partito abbia mai fatto in Italia". Ci si potrebbe congratulare per i successi conseguiti, ma sarebbe "trionfalismo". Esamina la situazione in Europa, dove va deplorata l'estradizione dalla Francia di Franco Piperno, nonstante le accuse contro di lui fossero "infondate": purtroppo, nessuno ha protestato. Il processo a T.Negri, Piperno e Scalzone va fatto subito. La giustizia del governo Cossiga è quella degli assassini di Giorgiana Masi e di altri, mentre sono liberi criminali dei servizi segreti, della "Rosa dei venti", dei furti di Stato e delle tangenti. Purtroppo il Parlamento protegge, con l'immunità parlamentare ecc., l'intera classe politica. L'immunità parlamentare va abolita. Così come vanno aboliti i tribunali militari.

Per i radicali "si apre la sfida degli anni 80: fare delle lotte radicali il polo di aggregazione...dell'altra sinistra europea". Segue un'analisi pessimista della situazione europea, dove l'unica novità positiva è l'emergere del voto ecologista. Il voto ecologista esprime una grande potenzialità in tutta Europa. In Italia, i risultati elettorali in Trentino e in Sud Tirolo mostrano quanto le "ambiguità" della sinistra siano perdenti: segue una dettagliata, ampia analisi degli errori del PCI e del PSI. L'obiettivo del partito radicale resta invece sempre, dal 1963, battere la D.C. Ma per questo le elezioni amministrative non servono. Occorre un grande, nuovo, "enorme" referendum, per "adeguare" le leggi alla Costituzione e per "unire" la sinistra. Per le elezioni amministrative occorre grande responsabilità, e comunque ribadire che a livello regionale il partito deve perseguire un grande disegno regionalista e federalista. Per sviluppare tale progetto, il partito radicale deve sviluppare la sua presenza a li

vello regionale: "non si può parlare di partiti regionali di 100 iscritti..." Invece, il partito risulta inadeguato, a livello di strutture e di finanziamento e di autofinanziamento. "Stiamo diventando un partito cone gli altri". Mancano strutture di lavoro a livello regionale, tutto il peso grava su poche persone. In campo italiano ed europeo, molti sono stati i successi radicali, e Fabre elenca le iniziative assunte ma per avvertire che "molte sono quelle da portare a termine". Tra queste, Fabre ricorda l'impegno, non mantenuto, di tenere a Bruxelles il convegno sull'aborto deliberato a Bari.

Si avvia alla conclusione deplorando il silenzio degli organi di informazione sulle battaglie nonviolente e ricordando che l'impegno prioritario deve restare la lotta contro lo sterminio per fame nel mondo. Propone infine a breve scadenza un grande convegno internazionale giuridico sui tribunali militari da tenersi a Parigi.

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(abbiamo avuto per vie traverse e assolutamente non ufficiali un testo di Jean Fabre. Non abbiamo ancora, infatti, avuto la possibilità di incontrarci in carcere con Jean ed è stato perfino rifiutato all'ambasciata il diritto di ricevere la sua relazione nelle mani di un rappresentante diplomatico dello stato italiano)

"Non c'è bisogno di dirvi quanto avrei voluto essere presente fisicamente in mezzo a voi tutti in questo momento vitale della formazione della volontà politica del partito che è il congresso ordinario. E' particolarmente significativa la vostra presenza a Genova dopo il successo elettorale del 3 e del 10 giugno che non solo ha visto il Partito Radicale fare il più grosso balzo avanti che un partito abbia mai fatto in Italia, ma soprattutto marcare il suo successo a partire dai luoghi fino ad allora considerati roccaforti elettorali del Partito Comunista. Porgo dal carcere parigino di Fresnes un caloroso saluto a tutti i compagni congressisti, agli elettori genovesi e a tutti gli elettori italiani che hanno creato le premesse di una svolta politica storica in Italia votando radicale. Questo saluto non è solo un dovuto ringraziamento ma è anche un invito. Abbiamo mutato in una certa misura il quadro politico, tale mutamento non è stato ancora seguita da una crescita interna reale del Partito, che si trova ad e

ssere oggi una forza organizzativamente sproporzionata al suo peso politico e che deve porsi quindi con chiarezza e determinazione obiettivi per l'anno 80 che gli permettano di fare fronte ai suoi nuovi compiti e alle sue nuove responsabilità. Ci sarebbe da congratularsi per i numerosi successi che hanno caratterizzato l'anno della riapertura delle attività nazionali del Partito, dal Congresso di Bari fino ad oggi, però vorrei invitare tutti i compagni ad esaminare molto attentamente le nostre carenze, quali sono e dove sono, perché i successi futuri non possono nascere dal trionfalismo, ma soltanto dall'analisi critica che ci permette di fare più e meglio. Non possiamo non adeguare con la necessaria umiltà ma anche con la dovuta testardagine il partito alle dimensioni dello scontro politico attuale. Siamo oggi in una Europa che si fa sempre più reale, ma che si esprime attraverso le sue opere di morte e di repressione, piuttosto che per la difesa della vita e della libertà. L'ultimo episodio di questa trist

e realtà è stata l'estradizione dalla Francia di Franco Piperno, nonostante tutti sapessero, anche i giudici ed il governo francese, che le accuse contro Piperno erano infondate e non provate, sporche invenzioni fabbricate da un giudice italiano bugiardo che pretende di sostituirsi allo stato di diritto. Poche e deboli sono state le reazioni dei partiti "responsabili", ma a questo gioco al massacro che avvilisce la nostra società e le nostre istituzioni noi radicali non ci stiamo.

Chiediamo che si faccia subito il processo a Piperno, Negri, Scalzone, Pace e gli altri. Se sono colpevoli siano puniti. Ma non tollereremo che siano tenuti in galera per far credere che il governo Cossiga è capace di mantenere l'ordine pubblico. L'ordine pubblico dei Cossiga e dei Dalla Chiesa è quello degli assassini di Giorgiana Masi, di Luigi di Sarro, di Alberto Giaquinto, e degli altri innumerevoli morti innocenti assassinati quest'anno ai posti di blocco dalla legge Reale. Muoiono Terranova, Alessandrini, Ambrosoli, Varisco, i depositari dei segreti sull'inchiesta Sindona, e per farci credere che funziona la giustizia e l'ordine pubblico si sbattono dentro intellettuali per reati d'opinione, qualche piccolo ladro, l'ultimo degli agenti dei servizi segreti e una massa di piccoli spacciatori e di distributori di sostanze bianche o di "erbe". Viene denunciato Roberto Vecchioni, dopo averlo scarcerato, perché ci sono ancora giudici ossessionati dallo spinello, come Salmeri era ossessionato dal sesso. Corr

ono liberi nel frattempo veri ladri e criminali, quelli dei servizi segreti, della "Rosa dei Venti", dei furti di stato, delle tangenti, dei fondi neri distribuiti non solo a destra ma anche a sinistra. Escono i Tanassi e i Lefevre, affidati alle cure di buone assistenti sociali, mentre il Parlamento può continuare il suo gioco cinico di rinviare di anno in anno la riforma del codice di procedura penale e di rinviare di aula in commissione, di commissione in aula, per anni, la riforma della giustizia e della politica. Tanto esiste il carcere per i piccoli (quelli con la p minuscola, naturalmente) come giustificazione di un sistema che pretende di funzionare ma non funziona. E' il sistema che permette di non perseguire i Sindona, i Crociani, i loro protettori politici, i segretari di Tanassi,lo smemorato Rumor, del quale c'è da chiedersi che non si sia anche dimenticato di essere stato presidente del consiglio... Ma è vero che c'è un Parlamento che rende intoccabili con la Commissione inquirente, con l'immun

ità parlamentare tutta questa classe politica che si è coperta di merda. Perché non si è data la autorizzazione a procedere contro Rumor, se davvero era innocente, non c'era nulla da temere e oggi si vedrebbe più chiaro nei torbidi risvolti dell'affare Lockheed e dell'affare Crociani.

La battaglia per l'ordine pubblico passa più che mai attraverso l'abolizione dell'immunità parlamentare. Tutti davanti al giudice ogni volta che è necessario. E per l'inchiesta, perché hanno opposto tanta resistenza alla presenza dei radicali nella Commissione? C'è da chiedersi cosa Claudio Vitalone vuole nascondere, lui che sa che l'unica cosa che può temere dai radicali è che dicano tutta la verità dovuta alla gente, o almeno quella che sarà concessa ai parlamentari di conoscere strappandola ai limiti che hanno voluto di nuovo porre con il segreto di Stato. Questi sono i veri nodi attraverso i quali si affronta la questione dell'ordine pubblico. Ecco perché è importante battersi oggi per ottenere che tutte le garanzie previste dalla legge siano date nel processo a Negri, Piperno, Pace ecc.. Come occorre battersi contro i metodi utilizzati dal procuratore De Matteo con la sostituzione del PM nel processo che mi vede imputato assieme a Bandinelli.

Ecco perché i tribunali militari vanno aboliti ovunque, in Italia come in Francia, dove fra poco sarò giudicato da chi si ritiene leso dalla mia non-collaborazione. Ecco perché nel progetto politico che il partito si darà per l'anno '80 ci deve essere la dovuta attenzione ai problemi dell'ordine pubblico, che nessun altro partito affronta in modo adeguato. Nel porre come uno dei problemi centrali da risolvere quello dell'ordine pubblico non mi limito al quadro italiano ma mi riferisco al quadro europeo. Mentre le forze del capitalismo che sono quelle che oggi assassinano per fame milioni di persone ogni mese, si sono organizzate sul piano internazionale, le forze politiche, per miope interesse o per arretratezza culturale, hanno confinato i meccanismi delle decisioni politiche dei cittadini all'interno di frontiere nazionali che ogni anno perdevano un po' più del loro senso e della loro funzione.

Oggi al margine dei dibattiti che si svolgono nel Parlamento europeo si costruisce lo spazio giudiziario europeo. Avrebbe dovuto essere lo spazio delle libertà e dei diritti fondamentali. Invece ne stanno facendo lo spazio della repressione e della lotta all'opposizione politica.

La situazione è grave e per noi radicali si apre la sfida degli anni 80; quella di fare delle lotte radicali il polo d'aggregazione non solo dell'altra sinistra italiana, ma dell'altra sinistra europea: una grande sinistra di pace e di libertà, di ecologia e di difesa della vita, una sinistra che sappia affrontare i problemi economici senza mai dimenticare cosa significa amore e felicità. Ma la strada, compagni, sarà lunga e dura. Tutta l'Europa è dilaniata dalla crisi economica che accanto alla sovrapproduzione produce disoccupazione, che dopo aver creato il mito del consumo chiede i sacrifici. Dappertutto si sono consolidate le posizioni dei conservatori. In Inghilterra la vittoria di Margaret Thatcher ha gettato i laburisti nella posizione più scomoda che hanno occupato negli ultimi 10 anni e aperto una vera crisi a sinistra. In Francia, comunisti e socialisti non riescono a superare le divisioni che hanno portato alla rottura dell'union de la gauche, e gli scandali finanziari che macchiano la presidenz

a della repubblica di Giscard d'Estaing non sembrano scuotere una maggioranza che si avvale di una legge elettorale truffa e dispone come in Italia e peggio che in Italia del monopolio dell'informazione radiotelevisiva. Il sotterraneo compromesso di fatto fra comunisti e gollisti continua a funzionare nonostante i violenti affronti verbali. Nessun cambiamento di fondo si profila in Belgio e in Olanda, in Danimarca e in Svezia, si conferma la ripresa della borghesia di fronte a socialdemocrazie logorate ed incapaci di proporre progetti rinnovatori. La Germania è più che mai in preda ad uno slittamento a destra mostrata dall'elezione del nuovo presidente della repubblica Carstens e dalla progressione del neonazista Franz Joseph Strauss che rende problematica la prossima consultazione elettorale. Ma esiste un fatto nuovo, emergente ed è il voto ecologista. Sbarramenti elettorali antidemocratici hanno impedito finora alle liste verdi e agli ecologisti tedeschi e francesi di avere una rappresentanza parlamentare

a Strasburgo, pur avendo raccolto il 10 giugno una percentuale di voti che supera nei rispettivi paesi quella del PR in Italia. A Brema, più recentemente, gli ecologisti sono riusciti a superare il 5% e fanno ormai parte del parlamento regionale.

Se si tiene conto che, come è stato per noi nel'76, una campagna elettorale punisce i nuovi partiti, si può affermare che c'è in partenza un consistente elettorato potenziale di elettori ecologisti. Se si tiene conto di tutti coloro che hanno votato subendo il ricatto della dispersione del voto è probabile che esista oggi almeno un 20% di elettori antinucleari in Europa. Dobbiamo farci carico di dare uno sbocco politico a questa grande forza non in modo strumentale ma perché la scelta nucleare condanna in partenza qualsiasi possibilità di sviluppo verso una società libertaria, autogestita, realmente democratica. Un tale progetto ha poco a che vedere con i viaggi di Berlinguer in Spagna e in Portogallo, dove si è recato a predicare quella unità a sinistra che rifiuta di prendere in considerazione in Italia.

Eppure usciamo da un anno che ha dato indicazioni politiche abbastanza chiare. Dopo il congresso di Bari, il risultato elettorale ottenuto in Trentino e in Sud Tirolo, dove la DC ha perso la maggioranza assoluta ed il PCI è stato sconfitto, aveva già dimostrato come le ambiguità della sinistra, oltre ad essere perdenti nei confronti della DC, erano destinate ad incontrare il giudizio giustamente severo dell'elettorato. Dopo aver provocato le elezioni anticipate, per cercare di limitare il crollo dei voti comunisti, provocato dai referendum dell'11 giugno 78, il PCI, come gli altri partiti, ha dovuto fare i conti con i risultati del 3 e del 10 giugno. La politica del compromesso storico è stata severamente giudicata dall'elettorato. Io mi domando, oggi il PCI è veramente cambiato nei nostri confronti? La politica dei sorrisi che ci viene rivolta ed il tentativo di recuperare alcune lotte di cui siamo stati portatori non deve illuderci. Se non andiamo fino in fondo nelle battaglie di libertà, per i diritti civ

ili, per il disarmo, per l'ecologia,contro il nucleare, contro la violenza, lasceremo libera la strada che ha condotto e conduce i partiti della vecchia sinistra nelle braccia della DC. Il vertice del PCI rimane il peggior nemico dell'alternativa di sinistra. Si potrebbe dire oggi che il PCI vive di compromesso storico come fa da anni il PC francese: pretendendo di fare l'opposizione, ma essendo di fatto alleato con le forze conservatrici.

Già sin dall'apertura del nuovo parlamento italiano, con l'elezione dei presidenti e dei vicepresidenti, abbiamo visto come il PCI e PSI non sono usciti dalla politica dell'ammucchiata. La realtà è allora peggiore: come avevamo detto durante la campagna elettorale, il PCI dall'opposizione non propone una politica diversa, chiede solamente di entrare a far parte del governo. Quanto ai socialisti, sempre più si dimostrano vuote di contenuto le loro pretese si creare le premesse di un governo di alternanza o di alternativa. Quanto alla proposta Cossutta, non siamo disposti a lasciarci ingannare nè a ingannare gli elettori subendo i falsi ricatti del salvataggio delle giunte di sinistra. Non è possibile pretendere di allearsi con la DC in parlamento e pretendere di condurre una politica di alternativa alla DC nei comuni e nelle regioni. Noi radicali vogliamo innanzitutto battere la Democrazia Cristiana e il partito della conservazione: quello di Zaccagnini e di Piccoli, di Andreotti e di Donat Cattin, come quell

o di Tindemans, di Giscard d'Estaing, di Kohl e di Strauss. Ecco l'obiettivo principale del Partito radicale: battere la Democrazia Cristiana. E' su questa prospettiva che si è costruito ed è cresciuto il nuovo partito radicale, sin dal 1963. Le nostre responsabilità, aumentate dopo i risultati elettorali non possono che rinforzare questa nostra convinzione e determinazione. Con o senza la sinistra istituzionale, ma con il paese, faremo di tutto per sconfiggere la DC e per mandarla all'opposizione. Non si può governare con un partito le cui iniziali potrebbero ben tradursi con Democrazia Corrotta! Ed ecco il senso reale della nostra polemica con i partiti della sinistra: per battere la DC bisogna battere i disegni sbagliati e perdenti del PCI e del PSI.

Compagne e compagni,

siamo molto attenti! Lo scontro elettorale delle amministrative dell'80 è di poco rilievo. Non è andando a contare le frazioni di percentuale che riusciremo a mettere in crisi il regime dell'unità nazionale e della intoccata centralità democristiana. Questo obiettivo richiede un livello di scontro ben più elevato, un progetto più ampio, un confronto sui contenuti che non sia solo teorico o vissuto con difficoltà, mese dopo mese, nella giungla degli oscuri dibattiti consiliari.

Oggi che abbiamo un gruppo parlamentare che sarà capace di difenderlo con una forza che può essere determinante, dobbiamo essere noi a proporre lo scontro, e ad imporlo con un grande, un enorme, un unico referendum. Un referendum che riassuma le grandi battaglie radicali non ancora portate a termine, le scelte fondamentali che orienteranno la nostra società, i valori di una società centrata sulla difesa della vita. A Bettino Craxi diciamo che siano d'accordo: c'è una grande riforma da fare. Ma non è la riforma che lui si propone. La grande riforma deve consistere nell'adeguare le leggi italiane alla Costituzione della prima repubblica, nell'abolizione delle norme più violente, autoritarie e arretrate della legge Reale e del Codice Rocco, nell'abolizione dei tribunali militari, nella revisione dei codici militari, nell'abolizione dell'ergastolo, cioè della condanna alla morte civile, nella smilitarizzazione della PS e della Guardia di Finanza, nella riconversione e nella riduzione delle spese militari, n

ell'abbandono dei piani nucleari, nella riappropriazione da parte della donna dei propri diritti sul proprio corpo, nella attivazione di strumenti di democrazia diretta anche a livello regionale e comunale. La grande riforma è quella dei referendum.

E se a sinistra c'è un partito che vuole uscire fuori dal suo ruolo di partito di regime, ben venga: potremo raccogliere insieme le firme durante la primavera dell'80. Questo grande referendum sarà quello costitutivo dell'altra sinistra, quella vincente e non rassegnata, la sinistra dei contenuti che si oppone a quella delle formule di governo. Dovremo promuovere i referendum assieme a tutti i soggetti radicali che esistono nella società, aprendo per questo il partito a tutta la sinistra autentica come nel '79 abbiamo avuto il coraggio e la lucidità di aprire le liste radicali ai compagni socialisti, comunisti, di Lotta Continua, e agli indipendenti che si riconoscono nelle nostre lotte di sinistra, e come abbiamo saputo farli eleggere invece di cedere alla troppo facile tentazione di rinchiuderci in un atteggiamento da piccolo partitino. I momenti di lotta radicale sono i momenti dell'aggregazione dei soggetti radicali, e portano quindi alla formazione del partito libertario e grande dell'alternativa l

ibertaria, laica e socialista. Dovremo fare dell'anno 80 il momento della crescita anche numerica e qualitativa del partito per adeguarlo non solo a quello che i risultati del giugno scorso hanno messo in rilievo, ma alle indicazioni che venivano dal paese nei prossimi mesi.

Il pericolo più grande per noi radicali sarebbe di cadere nella trappola delle illusioni sulla vittoria elettorale di giugno. Abbiamo fatto un passo avanti. Certo. Ma non abbastanza per pretendere a tutto, meno che mai ad essere un partito di gestionari e di piccoli notabili. Non è solo perché ce lo diceva Pier Paolo Pasolini, ma perché è veramente l'unico modo per non svuotare di senso quindici anni di lotte radicali: bisogna "dimenticare i grandi successi e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, ad identificarci col diverso, a scandalizzare, a bestemmiare! "Non dobbiamo salvare giunte di sinistra che sono in pericolo più per la politica che hanno messo in atto che per la nuova ripartizione dei voti verificatasi nelle ultime elezioni. Lo scontro reale dell'80 sarà quello della raccolta delle firme per i referendum, o sarà irrilevante.

L'appuntamento delle amministrative dovrà essere vissuto con responsabilità politica e con la sensibilità necessaria per adeguare l'impegno radicale alle esigenze delle situazioni particolari e dello scontro su temi fondamentali che deve portarci per esempio a farci carico della presenza antinucleare nei consigli regionali e comunali. Una presenza nelle istituzioni in questo caso sarà utile al progetto radicale solo se e dove accompagnata da una vera capacità a condurre battaglie rilevanti fuori delle sedi istituzionali. Se c'è una cosa che deve differenziarci dagli altri accanto all'ecologia, e all'opposizione antinucleare è la centralità della riforma dello Stato. Già più volte nel passato l'abbiamo ribadita. Oggi occorre compiere passi avanti in tale direzione. Non vi può essere un accordo, soprattutto in sede regionale, se non è imperniato sulla volontà reale di decentrare le decisioni e le competenze, lasciando allo stato centrale il solo compito di definire i grandi orientamenti generali per dare

il massimo di potere legislativo e politico delle regioni, veri centri di una società federale e federalista, modello per tutta l'Europa. La domanda che si pone è quella di sapere se gli altri partiti saranno capaci di rinunciare ai modelli centralizzatori che li caratterizzano da sempre e se dall'altra parte saremo capaci di costruire un partito che corrisponda a tale progetto.

Abbiamo proposto e riproposto il nostro statuto come modello organizzativo. Ma l'abbiamo fatto senza mai essere stati capaci di attuarlo veramente. Non dimentichiamoci che il nostro statuto non è lo statuto di un partito di 4000 iscritti, bensì lo statuto del partito grande, federale, federalista dell'altra sinistra, del 30% e del 50%. Mentre ci potevamo accontentare di una certa media di iscritti per la realizzazione delle nostre battaglia, oggi il tesseramento e la costruzione di autentici partiti regionali diventano obiettivi politici importanti e sui quali bisogna lanciare una grande campagna di spiegazione. Precisamente nel momento stesso in cui la gente diffida più che mai dei partiti politici. Non si può parlare di partiti regionali di 100 iscritti e pretendere di giocare un ruolo istituzionale a livello comunale o regionale. Non si può pretendere di contribuire alla rifondazione di una sinistra autentica e rimanere un partito di pochi iscritti. Non basta, anche se è necessario, identificare le r

esponsabilità degli organi federali nella situazione attuale; un partito regionale che funziona è un partito che aggrega gente, e se l'iscrizione è e rimane al partito federale, il luogo dove si esprime l'attività militante è la struttura regionale.

Attuare lo statuto oggi significa creare in ogni regione un partito forte, capace di iniziative politiche di rilievo nazionale ed interlocutore di peso della regione, un partito aperto che cresce a partire dalle battaglie radicali, aprendosi alle componenti nuove che si sono rivelate nelle ultime elezioni con i voti operai e quelli dei pensionati. Solo attraverso la crescita numerica e qualitativa di questo tipo potremo essere il partito dello statuto e rivendicarne l'applicazione nei momenti decisivi, come quello della formazione delle liste elettorali.

E' opportuno, credo, riflettere di più sullo stato del partito. Quest'anno il dato dell'autofinanziamento è quasi sparito. L'esistenza del finanziamento pubblico, il suo uso durante la campagna elettorale e per gli organi di informazione gestiti indipendentemente dal partito ma ovviamente non senza connessioni con esso ha dato luogo a confusioni che non sono state abbastanza chiarite, sia a livello federale, sia nelle sedi regionali, portando ad un disinteresse del militante radicale per l'autofinanziamento che è però un obiettivo politico centrale e caratterizzante del progetto radicale.

Stiamo davvero diventando un partito come gli altri. O riusciamo a rovesciare la tendenza nell'anno 80, o condanniamo davvero il progetto radicale. La decisione del Congresso di Bari di dividere per tre la quota d'iscrizione di partito ha [...] del tesseramento: il numero degli iscritti non solo non è aumentato rispetto al 1976, ma se paragoniamo i risultati elettorali del 76 e del 79 possiamo dire di aver fatto marcia indietro. La quasi totale assenza di tavoli quest'anno se si esclude la raccolta di firme per alcune iniziative regionali, può spiegare solo in parte, ma solo in parte, questa situazione. Un dibattito congressuale serio su questo mi pare necessario, a condizione che sia uno sfogo di lamentele ma che punti alla fissazione di obiettivi di lavoro legati alle scelte politiche che verranno decise in questa sede. Lascio al tesoriere il compito di sviluppare questi problemi che come segretario del partito non potevo passare sotto silenzio per le ovvie dimensioni politiche che hanno assunto. Sono

anche molto preoccupato per il modo con cui l'iniziativa politica è di fatto concentrata in poche persone. Non si può rimproverare ai compagni che lavorano a livello federale di farsi carico delle proposte politiche e dei risultati dell'attività del partito. E' assai grave però il fatto che l'iniziativa politica non nasca e non venga presa innanzitutto a livello regionale. I Consigli federativi regionali dovrebbero essere i centri dai quali nascono proposte ed iniziative non solo per il lavoro regionale ma per tutto il partito. La dimensione federale del partito ha senso se è sentita e vissuta direttamente da ogni militante, se ognuno si fa carico non solo della sua associazione, del funzionamento del suo partito regionale, ma dell'insieme del Partito, della sua politica, della sua strategia, della sua immagine e dei mezzi di cui esso si pone.

Solo così daremo pieno senso ai partiti regionali che invece di essere riduttivi diventeranno motore di tutta l'azione radicale. Purtroppo, i dibattiti che si svolgono in Consiglio federativo denotano troppo spesso la carenza di proposte e di consapevolezza politica e non possono non ripercuotersi sullo stato d'animo dei singoli militanti. Sembra ugualmente che i Consigli federativi regionali non servano a raccogliere le proposte da portare a livello federale e neppure a riportare l'informazione alle associazioni della regione. C'è da migliorare la comunicazione interna al partito. Quali che siano gli sforzi che potremo fare utilizzando un mezzo o l'altro non posso non ricordare che il luogo privilegiato per esaminare lo stato del partito fra due congressi è il Consiglio Federativo che peraltro, secondo lo statuto, ha il compito di far circolare l'informazione nel partito. Devo rilevare, accanto ai notevoli successi elettorali, come quelli di Trieste, Trento, Bolzano, della Sardegna, la sproporzione corrispo

ndente per quanto riguarda la realtà organizzativa del Partito. Possiamo rallegrarci per la costituzione di un nuovo partito regionale in Trentino e sud Tirolo, e della crescia recente del numero degli iscritti a Trieste. La capacità organizzativa e militante non è cresciuta però in modo proporzionale alla crescita elettorale. L'intervento del partito, limitato in Sardegna, più forte e impegnativo in Trentino, è stato necessario per assicurare il successo delle iniziative referendarie regionali. Sono dati che avevo il dovere di portare all'attenzione del congresso essendo il nostro un partito che deve avere la forza di fare una autocritica pubblica per superare le sue presenti difficoltà.

Certo, bisogna ricordare il nostro impegno internazionale: la denuncia dell'eurofurto, cioè del finanziamento pubblico assicurato esclusivamente ai partiti già rappresentati nel precedente parlamento europeo; la partecipazione internazionale al nostro congresso straordinario di fine marzo; l'iscrizione al partito quest'anno di alcune decine che non sono italiani; l'occupazione dell'ambasciata polacca e lo svolgimento della carovana per il disarmo Bruxelles-Varsavia che registrò il più grosso successo, in termini di comunicazione attraverso le radio e le televisioni europee, nella storia di tutte le marce antimilitariste del Partito Radicale; la prima pubblicazione di un bollettino internazionale in varie lingue; la rappresentanza in parlamento europeo con le prime battaglie per la difesa delle minoranze e contro procedure antidemocratiche; la proiezione europea della lotta contro lo sterminio per fame e denutrizione. Si può ricordare inoltre il rilancio della battaglia per la depenalizzazione dell'hashish e

della marihuana; la richiesta che feci al Comitato Droga in aprile di preparare un piano di lavoro sul quale mi ero impegnato ad intervenire a cominciare dal 15 giugno; l'annuncio a giugno della coltivazione della canapa indiana nella sede del Partito Radicale a Roma; i recenti arresti di Bandinelli, di Silvestri e mio, con il processo che non si è ancora concluso e con grandi manifestazioni in diverse città e l'inizio di un dibattito parlamentare. Si può parlare ancora del lancio di un Notizie Radicali rinnovato a cui Giovanni Negri ha dato un taglio più adeguato alla diffusione delle nostre idee fra i simpatizzanti radicali; del lancio di una campagna per 8 referendum bloccata poi dallo scioglimento anticipato delle Camere, del confronto duro con il PCI, attraverso il congresso straordinario , con il mio imbavagliamento al congresso dell'EUR, con la polemica su via Rasella che bisogna riprendere e sviluppare fino in fondo, nel momento in cui il PCI si candida al governo, poichè non lo può fare senza rimett

ere in questione la storia della violenza di cui è stato anch'esso protagonista e di cui le Brigate Rosse portano oggi l'eredità. C'è stata una campagna elettorale dura che ha visto il PR al centro di feroci attacchi in particolare del PCI, che non ha risparmiato menzogne e calunnie nei nostri confronti. Noi chiediamo che luce sia fatta su ogni singola menzogna utilizzata contro di noi, non per vendetta, non per puntiglio, ma perché questo è l'unico modo per dare dignità al progetto nel quale si riconoscono milioni di compagni comunisti. C'è stata la dura battaglia per l'informazione, con l'occupazione della Commissione di Vigilanza da parte dei membri del vecchio gruppo parlamentare, con nuovi scioperi della fame e della sete in aprile che hanno conseguito risultati non trascurabili ma certamente insufficienti, con la costituzione di una rete nazionale di radio radicale durante la campagna elettorale, una utilizzazione delle televisioni private per far conoscere i nostri programmi. Vi sono state le iniziati

ve di Marco Pannella che è riuscito a richiamare l'attenzione non solo dell'Italia ma anche di molti altri paesi sullo sterminio per fame che ha fatto solo quest'anno più di 17 milioni di vittime fra i bambini al di sotto del 5 anno, iniziative marcate dai digiuni, dalla marcia di Pasqua, dalla delegazione ad Ottawa, dalla convocazione del Senato, dal dibattito a Montecitorio, dai nuovi impegni (anche se chiaramente insufficienti) del governo italiano, dal dibattito al parlamento di Strasburgo. Ci sono state le azioni con fermi al tribunale militare di Palermo e a quello di Padova; e ci sarà tra poco il confronto con i tribunali militari francesi. C'è stata la battaglia per la difesa della libertà di stampa, l'arresto di Valter Vecellio, che dopo la elezione di G.Spadaccia si era assunto la responsabilità della direzione del "Male". Ci sono state le raccolte di firme per progetti regionali di democrazia diretta in Piemonte, Lombardia, Puglia, Trentino, Sardegna e in altre regioni, per attivare per la prima v

olta lo strumento del referendum sul piano regionale. Ci sono state le iniziative antinucleari degli Amici della terra, il convegno sulle energie dolci per l'Europa, lo studio per un progetto per l'energia alternativa per la Sardegna.

I compagni mi perdoneranno di non menzionare altre iniziative di uguale importanza.

L'anno della ripresa delle attività nazionali oltre ad essere un anno di grande vittoria politica è stato un anno molto ricco di iniziative che attesta delle potenzialità delle lotte radicali. Molte sono state le cose fatte, però numerose ancora sono quelle da portare a termine. Molto rimane da fare per dare al partito la sua piena dimensione europea. La presenza a Genova di compagni belgi e francesi che salutiamo fraternamente non deve illudere su quello che quanto è stato fatto, ma indurci ad un maggiore impegno per appoggiare questi compagni nei loro sforzi in condizioni difficili rivolti a costituire i partiti regionali di lingua francese. La commissione incaricata di sviluppare lo statuto del partito in questa direzione non è riuscita a portare delle proposte elaborate a questo congresso. Il cosiddetto segretario internazionale non ha potuto funzionare pienamente negli ultimi due mesi ed abbiamo accumulato di conseguenza alcuni ritardi.

Per quanto mi riguarda, non propongo per il prossimo anno una giunta di segreteria nazionale e una internazionale ma una unica più ampia di quelle nominate negli anni precedenti, con la partecipazione di persone che possono assicurare anche il lavoro internazionale. Mi pare che questa formula sia più adeguata allo spirito dello statuto. C'è un punto della mozione di Bari che riguardava un impegno del segretario e che non è stato portato a termine: il convegno sull'aborto da [...] effettuarsi a Bruxelles nell'anno del 79. Rimane una iniziativa di primaria importanza come abbiamo anche verificato nell'incontro che il PR ha avuto con il Movimento dei Radicali di sinistra francesi. Sarebbe la prima iniziativa concreta sulle libertà ed i diritti civili in Europa. Non abbiamo concluso la battaglia per l'aborto in Italia. Mi auguro che proporremo un referendum per concluderla vittoriosamente. Ma il diritto della donna a disporre del proprio corpo va affermato in tutta Europa e sarà conquistato se necessario con la

disobbedienza civile della quale sapremo ancora una volta pagare il prezzo. Altre due iniziative non sono state portate a compimento pur essendo state oggetto di un lavoro preliminare: la prima di competenza del Consiglio Federativo è il convegno su "Liberazione della donna, liberazione sessuale e nonviolenza". La seconda riguarda i rapporti federativi, in particolare con il FRI. Due discussioni importanti si sono svolte a questo proposito; la prima in Giunta consultiva il cui testo può essere messo a disposizione di tutti; la seconda in Consiglio Federativo. Tali riflessioni, che sono un patrimonio di tutto il Partito, hanno messo in rilievo ancora una volta la distanza che ci separa ancora dalla attuazione dello statuto. Prima di concludere vorrei aggiungere alcune considerazioni.

Chiedo scusa per essere così lungo, ma è questo purtroppo l'unico contributo che posso dare al Congresso.

Vorrei rivolgere un saluto alle delegazioni degli altri partiti che hanno risposto positivamente all'invito a partecipare al nostro Congresso; vorrei rassicurarli che se a volte trovano parole dure nei confronti della politica seguita dai loro partiti, esse sono parole rivolte a sollecitare un confronto serrato ma contro la lottizzazione della Rai-Tv e per il diritto dei cittadini all'informazione. La censura pressoché totale e il modo vergognoso con cui è stato trasmesso dalla Rai Tv il doveroso gesto di disobbedienza civile che mi ha portato a raggiungere Bandinelli a Regina Coeli, il silenzio totale sul digiuno di Marco Pannella, ma in realtà sul problema della fame nel mondo, sono gli ultimi atti di un vero e proprio teppismo di stato realizzato con metodi terroristici da giornalisti che si chiamano Barbato e Rossi. Relegano in fondo ai telegiornali i gesti nonviolenti, quando non li passano sotto silenzio, per mettere al primo posto il sangue e la violenza o le dichiarazioni prive di senso dei fossili d

ella politica tradizionale.

Compagni, sappiamo che basta la vigilanza della Commissione parlamentare. Ci vuole la vigilanza nostra, di militanti nonviolenti per non lasciarci prendere in giro da pezzettini di spazio televisivo che ci sono a volte concessi per dare alla Rai una immagine democratica. Vedete come riportano l'aspetto di piccola cronaca di quello che facciamo per poter meglio ignorare il merito e il contenuto delle questioni che solleviamo e delle lotte che affrontiamo.

Alle delegazioni degli altri partiti chiedo di risponderci qui e subito sugli impegni che sono disposti a prendere nella lotta per il diritto dei cittadini all'informazione. Su questo giudicheremo la serietà dei saluti che ci saranno portati.

Ringrazio Geppi Rippa per l'enorme lavoro che ha svolto con competenza, senso di responsabilità e grande capacità politica come Presidente del Consiglio Federativo facendosi pienamente carico dei problemi del partito e anche delle carenze del consiglio federativo. Ringrazio tutti i compagni che hanno concorso quest'anno a tendere possibile il lavoro del partito federale, superando problemi che si ponevano dopo il congresso di Bari e portando con lealtà il loro contributo al successo delle lotte radicali, fuori di qualsiasi logica di piccolo potere e di concorrenzialità che porterebbero in sè la morte del progetto radicale a prescindere dalla legittimità dei disegni di cui ciascuno è portatore.

Non credo inutile ricordare a tutti noi e a me stesso il significato profondamente politico della affermazione che è stata sempre al centro del modo radicale di fare politica: "I fini sono nei mezzi". Mi auguro laicamente che internamente ed esternamente il partito ne sia sempre consapevole. Invito a non lasciare solo il tesoriere nel difficile compito di rifare del PR il partito dell'autofinanziamento. Dopo l'elezione di Adelaide Aglietta, è Paolo Vigevano che ha di nuovo la responsabilità di renderci conto della gestione finanziaria politica di quest'anno. Rimango convinto che il bilancio che presenterà non riflette solo le conseguenze della gestione federale, ma una mancanza di consapevolezza politica collettiva del partito. In questo momento il partito ha bisogno di compattezza e di unità per affrontare con la nonviolenza, con la disobbedienza civile, con i referendum lo scontro con il regime, la crescita interna e l'apertura a nuovi radicali ponendosi l'obiettivo di raddoppiare il numero degli iscritti

del 1980.

Concludo con quello che considero essere per noi radicali la grande sfida degli anni '80: la lotta contro lo sterminio per fame che apre un grande fronte di scontro di classe che sia mai stato aperto e che deve portare a riconcepire aspetti fondamentali dell'organizzazione sociale in Italia, in Europa e nel mondo.

Ricordo quando nel 1966 in piena guerra del Vietnam, con Joan Baez, Marco Pannella, la Ward Resisters International, riuniti a Roma lanciammo un appello alla diserzione e all'obiezione di coscienza a tutti i giovani soldati americani, perché il loro rifiuto di collaborare potesse contribuire a porre fine a distruzioni ingiustificabili e intollerabili. Oggi si compie con lo strumento della fame un olocausto che supera ogni anno il numero delle vittime di Stalin e Hitler. Non so se saremo costretti un giorno ad assumerci la gravissima responsabilità di lanciare di nuovo [...] considerando l'assurdo delle spese militari. Per quanto mi riguarda, non ho ritenuto di non poter fare a meno di un doveroso gesto di disarmo unilaterale che era l'unica via che poteva seguire da cittadino responsabile e da socialista libertario. Tale gesto è nella logica di un impegno ormai portato avanti da anni che mi ha fatto svolgere un lavoro e una lotta nonviolenta sul piano internazionale e in particolare in America latina, cercan

do tra l'altro soluzioni politiche e sociali alla strage per fame organizzata con freddezza scientifica e cinica dalle multinazionali, dalla borghesia "Compradora", da un sistema nel quale si ritrovano uniti i regimi capitalisti, i socialisti del carro armato e i governi complici che fondano sugli eserciti il disordine costituito.

Formulo un giudizio severo sul modo con il quale, al di la delle buone intenzioni il partito ha dimostrato di non assumere con l'urgenza che era richiesta le sue responsabilità, lasciando quasi solo in questa lotta Marco Pannella. Avevo già cercato di lanciare un appello al partito a fine settembre. E' stato poco sentito. Sono lieto delle adesioni dei radicali di sinistra francesi e del PSU. Credo che di fronte alle mezze misure del Parlamento e del governo non rimane altro che la via della nonviolenza attiva per impedire alle forse politiche tradizionali e allo stesso nostro partito radicale di trasformare in una operazione di salvataggio delle buone coscienze quella che doveva essere una mobilitazione straordinaria per la difesa della vita.

Ribadisco l'appello che dal carcere ho mandato al presidente della Repubblica Pertini contro l'installazione di missili americani in Italia, perché sarebbe ipocrita parlare della difesa del paese oggi se non fossimo capaci di organizzare quella di milioni di vite umane che in questo preciso momento sono in pericolo.

Infine invito il partito a portare a compimento la mozione di Bari decidendo a Genova un grande impegno volto a sradicare da tutta Europa la violenza dei tribunali militari. Propongo l'organizzazione a Parigi a breve scadenza di un grande convegno internazionale giuridico sui tribunali militari e dò appuntamento nel frattempo il 27 di novembre al tribunale militare di Parigi, dove mi presenterò imputato di obiezione di coscienza e per utilizzare la parola del codice francese, in quanto sono e rimango un "insommis": "non-sottomesso". Un caloroso abbraccio a tutti e auguri fraterni di buon lavoro.

 
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