SOMMARIO: Davvero crede - domanda a Sciascia l'intervistatore - che per questi decreti la democrazia in Italia sia in pericolo? Lo scrittore risponde che sì, la legge in discussione è "pericolosa per l'avvenire della democrazia". Gli ostruzionisti vengono accusati di "prevaricare" sulla maggioranza, di impedire che si assumano misure efficaci contro il terrorismo. Ma è esattamente il contrario, e comunque vi sono momenti in cui le minoranze debbono assumersi certe responsabilità e anche "il peso della possibile sconfitta". Dichiara di non aver mai scritto quello slogan - "Né con lo Stato né con le BR" - che gli è stato imputato. Richiesto cosa pensi del parlamento, dice di aver sempre stimatoo che esso fosse esattamente come lo ha poi trovato.
(NOTIZIE RADICALI, 30 gennaio 1980)
Roma 30 gennaio '80 - N.R. - A proposito dell'ostruzionismo che i deputati radicali stanno conducendo contro le cosiddette norme antiterrorismo, Leonardo Sciascia ha risposto ad alcune domande di "Panorama":
Domanda: "Ostruzionismo: la sola parola evoca un clima drammatico, una questione di vita o di morte per il gioco democratico. Ma è davvero in gioco la democrazia con i decreti antiterrorismo?"
Risposta: "Credo proprio di sì, che questa legge sia pericolosa per l'avvenire della democrazia. Non riesco a concepire un sistema democratico che si ripari dal diritto, dalla giustizia. Quando una legge arriva a contemplare una detenzione di una dozzina d'anni prima che si arrivi a una sentenza definitiva di condanna o di assoluzione, non so dove sia andato a finire il diritto, dove la democrazia".
D.: "L'accusa agli ostruzionisti è questa: prevaricazione della minoranza sulla maggioranza..."
R.: "L'ostruzionismo è il forzare le regole del gioco, non il negarle, da parte di una minoranza che sta per essere sopraffatta dalla maggioranza. Da una maggioranza che ha torto: che ha torto di fronte al diritto. In questo caso: il diritto, i diritti che la Costituzione sancisce".
D.: "Non credete però che la vostra campagna trovi scarsa eco nell'opinione pubblica? Ormai c'è gente che chiede perfino la pena di morte..."
R.: "Lo credo senz'altro. Ma ci sono momenti in cui le minoranze debbono assumersi penose e impopolari responsabilità; e anche il peso della possibile sconfitta. E' bene non dimenticare che così è stato in Italia tra il 1922 e il 1925".
D.: "Non teme che, semplificando al massimo, il messaggio che arriva da Montecitorio alla gente sia questo: il governo vuole fare qualcosa contro il terrorismo; i radicali glielo impediscono; quindi i radicali sono amici dei terroristi?"
R.: "Sì, lo temo. Me ne dispiace. L'importante è che non sia vero. E che anzi è vero il contrario".
D.: "Sottoscriverebbe ancora lo slogan: "Né con lo Stato né con le BR?"
R.: "Ha mai visto in un mio scritto questo slogan? E non crede, rileggendo i miei scritti dalla polemica con Giorgio Amendola in poi, che quel che volevo dire non aveva niente a che fare con questo slogan? La mia polemica non è stata, né è, contro le istituzioni: ma contro quello che le istituzioni contengono di marcio".
D.: "Al di là della vicenda dei decreti, c'è un'impressione crescente di impotenza del Parlamento, di paralisi. Si immaginava così Montecitorio, prima di diventare deputato? Non si è pentito della sua decisione?"
R.: "La immaginavo così, la Camera: e non era poi difficile immaginarla. In quanto alla mia decisione: ero pentito nel momento stesso di prenderla".