di Guido Alpa"IL DIRITTO ALLA IDENTITA' PERSONALE", seminario promosso dal "Centro di iniziativa giuridica Piero Calamandrei", Genova, Palazzo Doria, 21, 22 marzo 1980
SOMMARIO: Le nove domande o temi sul diritto alla identità personale a partire dai quali si sono espressi i partecipanti al seminario. Il diritto alla identità personale come modello di discussione sui diritti della persona; Il diritto alla identità personale tra tipicità e atipicità dei diritti della persona; Il diritto alla identità personale e la creazione giurisprudenziale dei diritti; Il diritto alla identità personale e la tutela della "appartenenza" dei requisiti individuali; Il diritto alla identità personale tra interesse individuale e interesse pubblico; Il diritto alla identità personale nella gerarchia degli interessi protetti dalla Costituzione; Il diritto alla identità personale nella problematica degli status; Il diritto alla identità personale e la sanzione civile; Il diritto alla identità personale come interesse del "gruppo".
(IL DIRITTO ALLA IDENTITA' PERSONALE, CEDAM, PADOVA 1981)
1. - Il diritto alla identità personale come modello di discussione sui diritti della persona. Alcune recenti sentenze - non ancora organizzate in orientamento giurisprudenziale, ma certamente indicative di modelli presenti nella giurisprudenza - tendono ad identificare un nuovo diritto della persona: il diritto alla "identità" personale. Si è infatti affermato che l'orientamento giuridico "tutela il diritto di ciascuno a non vedersi disconosciuta la paternità di azioni non proprie, a non vedersi cioè travisare la propria personalità individuale" (pret. Roma, 6 maggio 1974). E, di recente, il tema è stato rivisitato da una pronuncia che ha ritenuto meritevole di tutela il diritto alla identità personale di un uomo politico, la cui distorta immagine poteva esser lesiva di un interesse protetto dall'ordinamento, l'interesse alla corretta diffusione di notizie idonee a alternare l'identità politica, e quindi personale, del singolo (pret. Torino, 30 maggio 1979).
In confini teorici, prima ancora che pratici, del diritto alla identità personale non sono chiari, nè sembra agevole, in oggi, operare una precisa delimitazione del campo d'indagine. Il diritto alla identità personale può comunque costituire un modello emblematico - quasi un "caso clinico" - dal quale muovere per avviare una discussione sui diritti della personalità nell'ora presente.
2. - Il diritto alla identità personale tra tipicità e atipicità dei diritti della persona. Anche nell'analisi del diritto alla identità personale sembrano riprodursi gli interrogativi che già i giuristi si erano posti con riguardo alla tutela giuridica della riservatezza. E, preliminarmente, si riapre la questione della tipicità dei diritti della persona: la creazione giurisprudenziale di nuovi diritti della personalità costituisce una conferma della tesi della tipicità dei diritti della persona (G. Pugliese, Il diritto alla riservatezza nel quadro, dei diritti della personalità. in Riv.dir.civ., 1963, I, p. 605 ss.) ovvero una conferma del principio di atipicità, documentato dall'ampliamento delle figure nelle quali tradizionalmente si articolano i diritti della persona (M. Giorgianni, la tutela della riservatezza, Riv.trim. dir. proc. civ., 1970, p.13 ss.)?
E, prima ancora, ha significato discutere sul numero chiuso o sul numero aperto dei diritti della persona? Se numero chiuso significa semplice sovrapposizione dei diritti della persona di nuova creazione alla classificazione tradizionale, con il ricorso alla figura del diritto soggettivo, i diritti della personalità sono numero chiuso in quanto non esprimibile se non attraverso un diritto soggettivo; se numero chiuso significa numero "legale", individuato dal codice civile, o dalle leggi speciali, allora la creazione di nuovi diritti (soggettivi) della personalità è indice dell'esistenza di un numero aperto di diritti della personalità.
Si avverte, in altri termini, che spesso le categorie giuridiche cui si affidano gli interpreti possono annidare equivoci; ma il problema rimane: può il giudice creare ex novo diritti della personalità, o questo compito resta avocato al legislatore? E, ancora, la vicenda concettuale che oggi vivono e attraversano i diritti della persona può essere assimilata a quella a suo tempo percorsa dai medesimi diritti - o da diritti di contenuto equivalente - nell'esperienza tedesca (J.Esser, Responsabilité et garantie dans la nouvelle doctrine allemande des actes illicites, in Rev. int. dr. comp., 1961, p. 481 ss.)?
Si deve infine ritenere che - di fronte a modelli non esclusivamente tipici, nè esclusivamente atipici - si sia in presenza di esperienze che, muovendo da postulati diversi, anzi, opposti (numero chiuso, numero aperto, dei diritti della persona) evolvono verso soluzioni uniformi, consistenti nella creazione di un numero chiuso che però di volta in volta viene "aperto" a nuovi diritti, che presentino una veste giuridica precisa (diritto soggettivo, interesse meritevole di tutela, esigenza collettiva di protezione)? Si deve in altri termini ritenere che il settore dei diritti della personalità evolva secondo regole in parte simili a quelle presenti nel settore dell'illecito (P. Trimarchi, Illecito, in Enc. dir., vol. XX, p. 90 ss.)?
3. - Il diritto alla identità personale e la creazione giurisprudenziale dei diritti. Le fonti normative del diritto alla identità personale non sono precise: nelle pronuncie esaminate ora si fa riferimento alla categoria generale dei diritti della personalità, conferendo quindi, al diritto alla identità personale la medesima fonte normativa del diritto alla riservatezza (art. 5 ss. cod. civ.; art. 2 Cost.), ora si fa riferimento alla disciplina penale della diffamazione, richiamando il conflitto tra diritti della personalità e diritto di cronaca. Ma la creazione giurisprudenziale del diritto alla identità personale ha un significato ulteriore, rispetto a quello della soluzione di talune questioni contingenti? Non è piuttosto - come appare essere - una risposta all'esigenza di protezione dell'individuo, una integrazione delle garanzie apprestate dall'ordinamento alla "persona"?
"Nei diritti della personalità il bene che il soggetto mira a difendere o a conseguire non si trova fuori di lui, collocato nella realtà del mondo della natura che gli è estraneo; inerisce invece alla persona medesima, alla sua individualità fisica oppure alla sua esperienza di vita morale e sociale". (P. Rescigno, Manuale di diritto privato italiano, Napoli, 1975, p. 202). L'esigenza che le sentenze in materia intendono proteggere è un'esigenza avvertita dal singolo che non solo vuole assicurarsi una sfera di intimità di vita privata, ma pretende di apparire all'esterno come portatore di principi morali, sociali, politici, nei quali egli si riconosce. Di fronte all'inerzia del legislatore, che trascura questa esigenza, il giudice tende, per via della "creazione pretoria", a colmare il vuoto normativo. Ma quali linee di confine assegnare alla interpretazione giudiziale?
4. - Il diritto alla identità personale e la tutela della "appartenenza" dei requisiti individuali. E' nota la vicenda giurisprudenziale che negli anni recenti ha dato luogo, negli Stati Uniti d'America, ad un serrato dibattito sul fondamento costituzionale della privacy; alcune importanti pronuncie della Suprema Corte, infatti, hanno individuato, quale fondamento del diritto alla privacy, il diritto di proprietà. Come ciascuno è garantito dalla Costituzione nel suo diritto di proprietà, così deve essere garantito da intrusioni di altri nella sua sfera di proprietà, nella intimità dei luoghi nei quali egli vive, lavora, si ritira.
Si trattava di un espediente reso necessario dalla identificazione di basi giuridiche certe, e tradizionalmente protette, da assegnare ad un diritto di confini incerti, e di nuova creazione. Ma la vicenda giurisprudenziale nord-americana tradisce un vizio di fondo: l'esigenza di trasformare in interesse "proprietario" qualsiasi interesse cui si intenda assegnare una forte protezione (Comment: A Reconsideration of the Katz Expectacion of Privacy Test, in Mich. L. Rev., 1077, p. 154 ss.). Può assumersi che il medesimo vizio di origine - in altre parole, il medesimo espediente - è alla base della creazione giurisprudenziale del diritto alla identità personale?
5. - Il diritto alla identità personale tra interesse individuale e interesse pubblico. Nella sua analisi sommaria, ma certamente acuta, delle formule attuali con cui si amministra il fenomeno giuridico, Wietholter osserva: "il diritto generale della personalità si è affermato malgrado e contro il codice civile. E certamente a ragione. C'è solo da chiedersi quale delle tante cose che esso protegge sia veramente degna di tutela? Esso tutela l'uomo come tale. Perciò più la sua sfera umana turbata è "privata" più efficace deve essere la tutela. Viceversa più la sfera turbata è "commerciale" e "politica" e meno si giustifica una tutela che si basa sul diritto della personalità (...). La tutela della personalità non è certo una pia illusione, ma non bisogna nascondere dietro di essa la lotta economica o la libertà di stampa, non bisogna giustificare con essa la commercializzazione della dignità umana". (Le formule magiche della scienza giuridica, trad. L. Amirante, Bari, 1975, p. 122).
All'interesse individuale alla identità personale si contrappone l'interesse pubblico alla circolazione delle informazioni e al controllo sociale. La privacy ha perso i suoi connotati tradizionali per assumere quelli dettati dalla protezione della collettività (S. Rodotà, La privacy tra individuo e collettività, in Pol.dir., 1974, p. 545 ss.). Ma lo stesso individuo ha interesse a che la circolazione delle informazioni sul suo conto sia esatta, rispecchi cioè fedelmente i principi nei quali egli si riconosce (in altro contesto S. Rodotà, Elaboratori elettronici e controllo sociale, Bologna, 1973, p. 21 ss.).
Quali allora i confini del diritto alla identità personale? Attenta protezione delle idee politiche, sociali, morali, e così via, del singolo, rivolta a prevenire qualsiasi indiscrezione, e a garantirgli una sorta di immunità - isolamento dalla società civile, o corretta circolazione (pur tuttavia libera) delle notizie e delle informazioni?
La divaricazione prospettata dal Wietholter tra sfera privata e sfera commerciale o politica riflette una corretta analisi del diritto alla identità personale, o si deve ritenere che questo diritto soffra la violazione più frequente quando attiene alla sfera politica o commerciale? E comunque, assegnare un fondamento giuridico alla identità personale significa limitare od ostacolare la formazione dell'opinione pubblica?
6. - Il diritto alla identità personale nella gerarchia degli interessi protetti dalla Costituzione. Anche nell'analisi del diritto alla identità personale si riproduce il contrasto, a suo tempo segnalato da dottrina e giurisprudenza, tra diritto di cronaca e diritti della persona. Contrasto che apre una serie di questioni di difficile soluzione: è sufficiente, sul piano formale, identificare le norme della Costituzione che tutelano il singolo (art. 2, artt. 13 ss.) e, per contro, il diritto di cronaca (art. 21) e poi operare una sorta di classificazione gerarchica, assegnando al diritto prioritariamente tutelato la prevalenza sull'altro? E poi, quali confini assegnare al diritto di cronaca? Ancora, è corretta la prospettiva tradizionale che vede nel diritto di cronaca e nei diritti della personalità interessi tra loro confliggenti? E' ancora attuale il dibattito sulla applicazione diretta ai rapporti privati dell'art. 2 della Costituzione (Barbera, Commentario alla Costituzione a cura di G. Branca, Pr
incipi fondamentali, sub art. 2, Bologna, 1976; P. Rescigno, in Attuazione e attualità della Costituzione, Bari 1979)? Nella prospettiva aperta dagli accordi internazionali, esiste un fondamento giuridico dell'identità personale?
7. - Il diritto alla identità personale nella problematica degli status. "Gli status sembrano rivivere o nascere in forme nuove nella misura in cui il bisogno di sicurezza prevale sulla tensione alla libertà". (P. Rescigno, Manuale, cit., p. 139). Nella legislazione speciale, la tutela dei diritti della persona è talvolta associata al suo status; il altri termini, il legislatore protegge con particolare attenzione i diritti della persona in talune circostanze nelle quali, per la sua obiettiva debolezza, per la facilità con la quale gli attributi della persona possono essere violati o vilipesi, occorre rafforzare, sul piano normativo, la posizione dell'individuo: è il caso, ad esempio, della posizione dell'alienato di mente, cui si garantiscono, oggi diritti civili (art. 1, l. n. 180 del 1978); la posizione del militare cui si riconosce una difesa dalla assunzione di informazioni da parte dell'Amministrazione (art. 17, l. 11 luglio 1978, n. 382). La posizione del lavoratore, cui si riconosce una difesa
dalla assunzione di informazioni da parte del datore di lavoro (artt. 8, 13, l. n. 300 del 1970).
Il diritto alla identità personale - nei modelli di sentenza - non sembra piegarsi alla articolazione degli status: in un caso, si trattava di semplici cittadini ritratti da un manifesto antidivorzista; nel secolo, di un uomo politico assai noto al pubblico. La differenza di status non ha inciso sulla soluzione dei casi. Ma si tratta di fatto causale, o questa uniformità obbedisce a regole precise? E fino a che punto il diritto alla identità personale non è (o non deve essere) modellato sulla posizione del singolo?
8. Il diritto alla identità personale e la sanzione civile. Una volta definiti i confini giuridici della "identità personale", e la sua rilevanza nell'ambito dell'ordinamento, quale sanzione assegnare alla sua violazione? Le sanzioni praticate riguardano: l'azione inibitoria, l'azione di risarcimento del danno. E' possibile concepire nuovi strumenti di controllo, di reintegrazione e di intervento preventivo? E se la sanzione più efficace dovesse apparire il risarcimento del danno, con quale metro operare la liquidazione? E' poi legittimo introdurre nuove forme di sanzione? E qual'è il costo di questa tutela?
9. Il diritto alla identità personale come interesse del "gruppo". E' assai discusso se sia possibile estendere al gruppo (associazione, società, famiglia, etc.) la medesima protezione che assicura al singolo nel settore dei diritti della personalità. Riconoscere il diritto alla "identità personale" significa però - così come questo diritto è stato definito nelle sentenze recenti - attribuire al singolo la paternità di determinare opinioni politiche e sociali, forse anche identificare il corretto legame che il singolo ha con sindacati, partiti, associazioni diverse. E' possibile compiere la medesima operazione anche con riguardo al gruppo? In altri termini si deve ritenere che la tutela del gruppo sia esclusivamente riferita alla posizione del singolo che, in diversa veste, opera all'interno del gruppo, o si può riconoscere al gruppo in sè considerato una "identità" collettiva, con la quale si attribuisca al gruppo la paternità di determinati principi, di determinate azioni, di determinate linee-politiche?
Si tratta semplicemente di una prospettiva allargata, che stempera nel gruppo un diritto che si dovrebbe riconoscere in capo al singolo, o la estensione crea ulteriori problemi di conflitto con le libertà costituzionali?