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Il Messaggero, Baget Bozzo Gianni, Henry-Levy Bernard, Fortuna Loris - 23 marzo 1980
Fame nel mondo (3) Adesione da ogni parte per la Pasqua contro lo sterminio

SOMMARIO: Le adesioni all'appello di Marco Pannella per fermare lo sterminio per fame in atto nel sud del mondo e alla marcia di Pasqua. Gianni Baget Bozzo, Bernard Henry-Levy, Loris Fortuna

(IL MESSAGGERO, 23 marzo 1980)

(Continuano a giungere a "Il Messaggero" messaggi, telegrammi e adesioni alle manifestazioni di Pasqua indette da Marco Pannella con una lettera-appello che abbiamo pubblicato martedì. Culmineranno un ulna seconda "marcia della vita, della pace, del disarmo" in piazza San Pietro per stimolare i governi a devolvere una piccolissima parte del reddito nazionale lordo di ogni Paese alla lotta contro lo sterminio per fame. Si tratta di salvare dalla denutrizione milioni di esseri che abitano nel mondo sottosviluppato: un problema che non può non toccare ogni cittadino al di là della sua collocazione politica e della sua posizione nella società.)

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Baget-Bozzo

Siamo tutti violenti

Il problema della fame del mondo è una delle tante spie di una realtà che dobbiamo guardare in faccia: cioè che l'essenza del nostro esistere è la violenza, ad un livello mai realizzato prima. Nel secolo XX l'Europa ha avuto come legge interna la guerra: ogni guerra ne ha causato un'altra. Abbiamo rischiato nei tardi anni quaranta anche la terza guerra mondiale come effetto della seconda. Sino a che S.M. la Bomba ha imposto il suo regno. La violenza totale della Bomba ha obbligato l'Europa e i due grandi imperi che da essa sono nati alla pace. Ma ciò non togie che la Bomba sia la Violenza nella sua Essenza: e che nel regno della Bomba, la violenza è la forma dominante, a cui tutte le altre si riducono del rapporto dell'uomo.

Non esiste perciò un problema italiano della violenza. La violenza è unica nel mondo ed assume solo diverse forme nei vari paesi. Il terrorismo è il punto di manifestazione, la vetta di un iceberg di una violenza verso sé, e verso gli altri che invade gli stadi le autostrade, investe i luoghi di lavoro, si nutre dell'indifferenza reciproca, conduce alla morte volontaria e solitaria sponge verso il sogno appagante e dolente della droga. La verità è che non sappiamo più concepire un rapporto umano che non sia di potere. Come il generale ateniese nell'isola di Eubea, siamo governati dal principio che chi ha un potere deve esercitarlo sino ai limiti del potere, e che quindi si deve distruggere una città nemica, solo per in fatto che lo si può.

"Dove è morte il tuo pungiglione?". Ovunque. La violenza come forma dei rapporti vuol dire la morte come essenza della vita.

Il problema della morte è centrato nel nostro mondo, perché si vive dimenticandolo. So o credo al tempo stesso che l'uomo, creato a immagine di Dio, è senza morte. Bergson chiedeva, cinquant'anni fa, che cercassimo di impegnare alla ricerca delle radici del nostro essere, una parte della energie che avevamo dedicato al possesso del mondo. Credo che non si possa vincere la violenza se non si affronta il problema della morte e dell'immortalità.

L'immortalità non è una questione di fede, non è un patrimonio riservato ai credenti. E' un problema di tutti gli uomini.

Ma oggi è impossibile affrontarlo intellettualmente. E del resto l'insignificanza spirituale, culturale e storica della chiesa consente facilmente l'alibi per trattare questo problema come inutile, visto che esso non conduce a cambiamenti significativi tra gli uomini.

Anzi, una specificità dei credenti è dire infine che i violenti sono gli altri, e che essi, perché redenti sono innocenti. Questo è il contrario di ciò che la Bibbia dice sul peccato.

No, violenti siamo tutti, perché non sappiamo quale misura costituire alla violenza, non sappiamo nemmeno cogliere la violenza dei benpensanti, che amano usare i violenti espliciti come il capro espiatorio della loro violenza ed esaltare piamente perché essi "non sono come gli altri uomini".

Tu hai scelto un argomento, quello dei bambini morti per fame, questo emblema della realtà della violenza e della morte come essenza della nostra presente condizione storica. Ti sei appellato alla compassione. Caro Marco, la compassione è un sentimento violento, perché esalta la propria superiorità. Ma il problema è giusto. E tuttavia mi domando se i metodi valevoli nell'India dei primi decenni del secolo valgono in Italia negli anni '80. Tu credi che il messaggio di questa impresa che tu proponi sia leggibile? Non lo credo.

Non credo nemmeno alle marce esse di riducono kermesse, il potere sfila con te. Ho aderito al comitato per il disarmo, la pace che tu hai fondato, ma mi domando se i suoi metodi di lotta, in un popolo che è figlio della cultura razionale, e non afferra il simbolismo dei gesti, ma solo i messaggi delle parole, come il nostro, siano adeguati. Ho solo un dubbio, non una proposta. Ma io sento che il problema della violenza come essenza del nostro tempo potrebbe oggi avere la durezza e la forza di un messaggio profetico, perché il regno di S.M. la Bomba sta vacillando e la violenza chiusa in Acheronte, la violenza statale e privata, imperiale o nazionale, sta riemergendo.

Cosa vuol dire non-violenza per i singoli, per la comunità, per i popoli? Per l'Italia oggi? E' una via per non finire schiacciato tra la violenza degli opposti imperialismi? E' in questo contesto che possiamo comprendere quanto siamo solidali con il terzo mondo e i suoi bambini. La fame è unica, la sazietà è unica. L'unico principio morale possibile oggi come principio di politica e di prassi è che non vi è nessun motivo per morire. Gli eroi sono un cattivo esempio, se la vita è misurata su sé stessa e non sul suo sacrificio, ancora una volta sulla morte. Ma questo è, appunto, un rovesciamento morale. Ho amato Moro nei giorni della prigionia appunto perché non era un eroe.

Approvando la tua iniziativa, domando solo se essa è sufficiente.

Con antica amicizia.

Gianni Baget-Bozzo

Henry-Levy

Lettera al Papa

Vi ricordate, Santità, del predecessore al Vostro augusto seggio, che mentre esplodeva il grande rumore dell'olocausto copriva col suo silenzio la voce degli assassini?

L'olocausto è nuovamente esploso, discreto come d'abitudine, a stroncare milioni di uomini vittime della fame: e il mondo intero si domanda se nuovamente Voi sceglierete la strada del silenzio e del disimpegno.

Ricordo Vostre recenti affermazioni e l'incredibile ardore con cui condannavate, che dico, scomunicavate gli "abortisti" e altri "assassini" della "santa vita". Non posso non chiedermi allora se Voi, con la Vostra autorità spirituale, coprirete gli affamatori che ogni giorno condannano a morte certe immense folle di derelitti che muoiono di morte lenta piangendo in silenzio, nella generale indifferenza del mondo. Il 6 aprile prossimo, a piazza S. Pietro in Roma, Marco Pannella e i radicali italiani saranno là, in ogni caso, per richiamarVi al vostro dovere. Io sarò là con loro, io, l'ebreo, il non credente, uomo di poca fama e di poca fede, per unire la mia voce alla loro. Sarò là al loro fianco, in quel giorno di Resurrezione per ricordarvi la sorte di tutti quelli che mai resusciteranno e la cui carne è viva ancora di tante atroci sofferenze.

Il Papa - diceva Stalin - quante divisioni? Ebbene sappiate, Santità, che noi saremo in molti, quel giorno, credenti e non credenti, a ingrossare le divisioni della vita contro gli squadroni della morte: possiate prodigarVi per essere, per qualche ora almeno, quel "profeta in mezzo a noi" che talora, secondo la Bibbia, basta a riscattare la dignità dell'uomo.

Bernard Henry-Levy

Fortuna

La strage continua

E' vero. La strage continua. La vita ormai è considerata un di più rispetto alla sacralità dell'ideologia, della potenza, dell'allargamento delle "sfere di influenza".

La morte data per fanatismo, l'odio per l'intolleranza, l'oppressione per la prepotenza: a tutto ciò si aggiunge, con dimensioni mondiali, la morte di milioni di persone, di bambini, di giovani, per indifferenza, per la vittoria dell'ottusità morale su ogni slancio generoso che dia un senso al nostro comune impegno civile.

E' necessario ormai che si reagisca alla morte di uno e alle stragi di molti: sfidando l'isolamento ed il compatimento per noi inguaribili utopisti.

Bene perciò all'appello per la mobilitazione con il digiuno di massa del 30 marzo e alla marcia della Vita, della Pace, del Disarmo il giorno di Pasqua in S. Pietro.

Laici, idealisti non violenti: non mancheremo agli appuntamenti.

Loris Fortuna

I Telegrammi

- Partecipo per la logica della vita, della pace, della non violenza, contro la morte delle armi, dello sfruttamento - Piernicola Simeone, segretario Partito Radicale Sardo

- Come socialista democratico, come sindacalista, penso che non possiamo rassegnarci alla dilagante disgregazione che colpisce il mondo e l'Italia. Marcerò con voi nel giorno di Pasqua - Antonio Izza, segretario confederale Uil.

- Aderisco pienamente all'appello contro lo sterminio per fame nel mondo. In un momento cosi difficile per l'intera umanità credo che questa iniziativa (né demagogica o utopistica come qualcuno afferma) possa riaffermare e rafforzare i valori di vita, pace, speranza e solidarietà tra tutti i popoli - Nunzio Carbonara, Roma.

 
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