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Sciascia Leonardo - 27 giugno 1980
POLEMICHE: UN ARTICOLO DI LEONARDO SCIASCIA: I TRE RE MAGI DEL COMPROMESSO STORICO. MEDITANDO SU UNA FRASE DI PAJETTA.
di Leonardo Sciascia

SOMMARIO: Articolo scherzoso ed ironico, in cui si analizza l' espressione usata da Giancarlo Pajetta in un intervento su "Panorama", quando afferma che "chi si mette contro di me, Scalfari e Andreotti, finisce sempre male". Si chiede se Pajetta, evocando i tre nomi, pensasse alla Trinità, alla Trimurti o ai tre Re magi, tutte figure, grazie alla loro potenza, intoccabili. Ma, poiché non è pensabile che Pajetta faccia esempi di tipo teologico, c'è solo da immaginare che con la sua espressione egli intenda fare riferimento al "potere reale di cui i tre...dispongono". Si interroga quindi scherzosamente, se lui stesso abbia mai "polemizzato" con Pajetta, così da doverne temere pericolose conseguenze.

(NOTIZIE RADICALI, 27 giungo 1980)

Roma 27 giugno '80 - N.R. - Leonardo Sciascia, scrittore e parlamentare radicale ha scritto il seguente articolo, pubblicato sul "Corriere della Sera" e che riportiamo:

"Sul numero di "Panorama" del 16 giugno alla pagina 40, articolo in riquadro intitolato "Vendetta tremenda vendetta" e in cui appunto si parla della vendetta che Donat Cattin si accingerebbe a studiare e a prendersi sui figli degli uomini politici di parte a lui avversa, ad un certo punto si legge: "Verso di noi, la vendetta di Donat Cattin cadrà nel vuoto, assicurano alle Botteghe Oscure". E Pajetta, rincara pungente, "Chi si mette contro di me, Scalfari o Andreotti, finisce sempre male".

La prima affermazione è impersonale, generica e, nella sua genericità, del tutto legittima; anche se venisse fuori che uno, due, o quarantuno figli di parlamentari comunisti si trovassero a poter essere accusari degli stessi reati di cui è accusato il figlio di Donat Cattin, il PCI non ne sarebbe colpito più di quanto la DC è colpita dalle imputazioni al figlio di Donat Cattin.

Se mai, se mai davvero si arrivasse al numero di quarantuno, si potrebbe muovere discorso sulle responsabilità morali, sul modello educativo vigente nelle famiglie della dirigenza comunista o sul tipo di reazione che tale modello suscita nei figli. Tornare, insomma, sull'album di famiglia: per osservarne la conseguenzialità o la degenerazione.

Ma la seconda affermazione, quella tra virgolette attribuita a Pajetta, è tutt'altro che generica e legittima; e ben più che pungente. E' precisa, grave, preoccupante, allarmante. Pone dogmaticamente agli italiani l'esistenza di un intoccabile trinità: intoccabile nei singoli e ancor più nell'insieme. Sgomentata da una così apodittica affermazione, la nostra mente corre subito al concetto di trinità, al dogma in cui il concetto - appunto perché debole o ineffabile in quanto concetto - è stato fissato dal Concilio di Nicea: "l'essenza unica di Dio consiste nelle tre persone divine del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Ma ci ravvediamo subito: una mente come quella di Pajetta, certo più aliena della nostra da ogni implicazione o reminiscenza teologica, non sarà stata sfiorata, al momento di pronunciare quella frase, dall'idea della trinità, anche se inevitabilmente finisce col risvegliarla nelle tante menti in Italia intrise di dottrina cristiana.

Ci ravvediamo dunque, per scendere, purtroppo, alla superstizione. La trimurti - non chiamiamola più trinità - posta da Pajetta avrebbe a che fare col fascino, volgarmente detto jettatura? Ma ce ne ritraiamo subito, da questa ipotesi, per rispetto a noi stessi, per rispetto a Pajetta. Può una mente come la sua, permeata di materialismo storico, acuta e arguta sulla verità effettuale delle cose, non dico rivendicare per sé, e per gli altri due della trimurti, un potere di pirandelliana patente, ma soltanto essere sfiorata dal sospetto che un tale potere sia tra le cose in terra e in cielo esistenti? Senz'altro impossibile. E quindi è necessario tentare di interpretare la frase in termini appunto di materialismo, di verità effettuale. Difficoltosissima impresa. E la prima difficoltà è data dall'assortimento della trimurti e cioè dalle differenze che, a quanto si sa e a quanto appare, esistono tra le personalità che la compongono; differenze di fede, di ideologia, di temperamento, di formazione, di esperienza,

di intendimenti. Possiamo, tra il faceto e il serio, giocare un analogia: che l'assortimento sia dato dal fatto che i tre, come i re Magi, partendo da punti diversi, e ciascuno portando doni diversi, seguano la stessa stella, la stessa rivelazione; la rivelazione del compromesso storico o, in versione ridotta, del governo di unità nazionale. Ma basta questa comune credenza o questo comune progetto a rendere non solo invulnerabili ma cariche di fulminabile energia, pronti a scaricarsi su chi a quella credenza o a quel progetto si oppone, l'Andreotti cattolico e democristiano, lo Scalfari di provenienza e finora non negata professione radical-socialista, il Pajetta marxista e comunista? Francamente, non ci sembra che una simile credenza o progetto sia sufficiente a stabilire quella specie di campo magnetico della ragione, dell'avere poderosamente e invincibilmente ragione, cui si può pensare Pajetta voglia alludere promettendo mala fine agli avversari. Non possiamo, dunque, rifiutando l'idea di un potere occul

to (da occultismo) e non ammettendo quella di un potere da ragione incontrovertibile o da verità rivelata, che cercare spiegazione alla frase di Pajetta nel potere reale di cui i tre, singolarmente e in solidarietà tra loro, dispongono. E certo di potere ne hanno. Ma tanto e così spaventoso da annientare chiunque osi prendersela con loro?

Dobbiamo confessarlo: siamo in grande confusione. Abbiamo aspettato con ansia, per tre settimane, che su "Panorama" venisse una smentita o una rettifica di Pajetta. Non c'è stata. Non possiamo sperare che in una conferma, ma dettagliata, ma esauriente: con un catalogo di casi, e nominativi, di modo che, vedendo chi è finito male, e conoscendone la ragione, si possa noi prendere una regola se siamo in tempo, o prepararci gli opportuni conforti all'inevitabile finire male. Poiché personalmente, da quando ci siamo imbattuti in questa fatale frase di Pajetta, siamo ossessionati da questo problema: ci è capitato di polemizzare con Pajetta, di polemizzare con Scalfari, di non essere in nulla d'accordo con Andreotti. E' stato dal punto di vista di Pajetta, un prendercela con lui, con Scalfari o con Andreotti? Se così è, possiamo - come dicono i personaggi di Verga - metterci il cuore in pace. Se si finisce male "sempre", prendendosela con uno dei tre, figuriamoci a prendersela con tutti e tre.

Finiremo malissimo.

 
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