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Sciascia Leonardo - 4 luglio 1980
Le chiare spiegazioni di chi non ha capito

SOMMARIO: Leonardo Sciascia aveva ironizzato, in un precedente articolo sul "Corriere della Sera", a proposito di una affermazione di Giancarlo Pajetta, sul caso Donat Cattin, che era stata riportata dal settimanale "Panorama": "Verso di noi, la vendetta di Donat Cattin cadrà nel vuoto" ... "Chi si mette contro di me, Scalfari o Andreotti, finisce sempre male". Sciascia si era dichiarato preoccupato per i poteri jettatori di questa "trimurti" contro la quale aveva spesso polemizzato. Alla replica di Scalfari, risponde ancora Sciascia, con questo articolo, affermando che Scalfari "travede. Travede a tal punto che ritiene io abbia perso quota tra i giovani e che, facendo il deputato tra i radicali, stia alla briglia di Pannella e della Aglietta. Non ha ancora capito che per i radicali non ci sono briglie."

(Corriere della Sera, 4 luglio 1980)

Su "la Repubblica" del 2 giugno, Scalfari risponde alla mia noticina pubblicata il 27 maggio dal "Corriere". Ha voluto essere leggero, divertito: ma non ce l'ha fatta. Forattini sì, nel disegno che accompagna la sua risposta.

Scalfari è un personaggio maupassantiano (Savino direbbe malpassantiano): piuttosto greve, nonostante l'apparenza. E a quale dei personaggi di Maupassant più rassomiglia, lo lascio da indovinare ai lettori.

La leggerezza, la sottigliezza, l'ironia non sono dunque tra le sue doti. La chiarezza sì, innegabilmente: e specialmente quando spiega le cose che non capisce. Credo poi abbia il piccolo difetto di arrabbiarsi, di prender fuoco subito: il che nuoce alla riflessione e impedisce quel distacco che genera l'ironia. Dovrebbe prender lezioni da Pajetta, in quanto a battute di spirito. Il quale Pajetta, riferisce Scalfari, parlando di quella mia noticina, se l'è cavata con la battuta che dicendo quella frase a "Panorama" appunto si augurava che io scrivessi un articolo. Non sapevo di stare, come si suol dire, in cima ai pensieri di Pajetta fino a quel punto: che per dar modo a me di scrivere un articolo, non si cura della preoccupazione che può suscitare in tanti altri italiani; ma gliene sono grato, comunque. Spero anzi che continui a pensarmi, sicché in me torni a fluire quella vena che Scalfari ritiene esaurita.

Da quando ho scritto "L'affaire Moro", Scalfari è molto preoccupato nei miei riguardi. Da prima che lo pubblicassi, anzi. Non so proprio cosa fare, per rassicurarlo. Posso raccomandargli una rilettura de "L'Affaire Moro"? Credo che si offenderebbe: lui l'ha giudicato prima di leggerlo, e i giudizi più assoluti e inamovibili sono appunto i pregiudizi. Mi proverò a scrivere altri libri: ma temo non gli piaceranno. Niente ormai di quello che io scrivo o faccio può piacergli. Dice che gli è piaciuta la noticina pubblicata venerdì scorso dal "Corriere", quella che gli ha ispirato l'articolo di cui sto parlando. Ma non ci credo. Dice: "Un buon articolo, dopo parecchi altri fiaschi e disadorni". Parecchi altri! Non mi pare di averne scritto più di cinque o sei, in circa due anni. E' il caso di dire che Scalfari per me travede. Travede a tal punto che ritiene io abbia perso quota tra i giovani e che, facendo il deputato tra i radicali, stia alla briglia di Pannella e della Aglietta. Non ha ancora capito che per i ra

dicali non ci sono briglie.

In quanto poi al mio portar vasi ai democristiani del preambolo, credo voglia alludere a certe mie dichiarazioni sul caso Donat Cattin: e le avrei fatte senza la minima remora anche se si fosse trattato di un fascista. A Scalfari, evidentemente, il problema della giustizia non interessa. Gli interessa il preambolo: e che chi l'ha formulato riceva il meritato castigo.

Non gli credo, dunque, quando dice - a suo nome e anche per conto di Pajetta e Andreotti - che io sono perdonato. Ritaglierò il suo articolo e me lo porterò in tasca come salvacondotto: ma continuerò a sperare che non venga il tempo in cui, appunto come salvacondotto, io debba mostrarlo. "In fondo le vogliamo bene", dice Scalfari.

Molto, ma molto in fondo: temo.

P.S. - Scalfari sostiene che uno della trimurti è stato sempre contrario al compromesso storico. Io non riesco a individuarlo. Forse c'è un quarto. Del resto, anche i tre moschettieri erano quattro.

 
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