di Angiolo BandinelliSOMMARIO. L'uomo politico vuole avere la "convinzione" di essere "partecipe" di una "Ragione che affondi le proprie radici in una necessità reale" e, al limite, "metafisica".
(QUADERNI RADICALI, ottobre-dicembre 1980 - Ripubblicato in "IL RADICALE IMPUNITO - Diritti civili, Nonviolenza, Europa", Stampa Alternativa, 1990)
L'agire politico ha bisogno di sentirsi compreso di una sua moralità, oltreché di una sua specificità. Di questa l'uomo politico è perfettamente consapevole, tanto che riesce a farne strumento per sfruttare passioni, ideali e interessi. Ma se può illudersi di dominarla e disinnescarne gli effetti perversi con la sua virtù più classica, la prudenza, non è poi invece più sicuro sul significato etico, vale a dire universale, del suo agire. La sua moralità non vuole tanto essere una forma di ''utilità", seppur potenziata. Nel fare politica, a qualunque livello, si vuole avere la convinzione di essere partecipi, parte, di una Ragione che affondi le proprie radici in una necessità reale: al limite, "metafisica".