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Granchi Danilo - 27 gennaio 1981
Come i radicali cavalcano la crisi
di Danilo Granchi

SOMMARIO: Si accendono "le lampade puntate sulla faccia di Pannella per l'interrogatorio di terzo grado", si sentono le invettive di Giorgio La Malfa, del Ministro della giustizia Adolfo Sarti, ecc., che accusano i radicali, mentre la Commissione di vigilanza sulla Rai è "vogliosa di mettere alla gogna i radicali" che hanno portato sui teleschermi "la figlia di D'Urso prigioniero a leggere prosa brigatista". Ma tra i radicali c'è euforia. I "centri d'iniziativa" del partito "pulsano di vita frenetica", i dirigenti "fanno vita da cani", tra le mille cose da fare...

Le "membra slegate dell'inafferrabile" Pr "sono tornate a saldarsi", come un "efficientissimo robot" uscito dal letargo di uno "stato di marasma e di crisi", messo in luce da vari sintomi: molti degli ultimi aggregati del gruppo parlamentare se ne sono andati o hanno operato dei "distinguo", ecc... E' la "vecchia guardia pannelliana" che gestisce "la straordinaria attitudine a cavalcare l'emergenza", in questo caso il "blitz" al carcere di Trani. "In ogni caso il Pr è di scena e lì intende rimanere".

(»Giornale Nuovo 27 gennaio 1981 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)

All'improvviso si sono accesi i proiettori a inquadrare il pugno con la rosa. Sono luci della ribalta che esaltano i trionfi del balletto radicale o sono lampade puntate sulla faccia di Pannella per l'interrogatorio di terzo grado? Le circostanze avallano di preferenza la seconda ipotesi. Il coro canta a mezza voce invettive simili a quelle che il ministro del Bilancio, Giorgio La Malfa, intona a gola spiegata chiamando Pannella e i suoi amici »una banda di sciacalli, fiancheggiatori e megafoni dei terroristi . Il ministro della Giustizia, Adolfo Sarti, non resiste alla tentazione - e gli costerà caro - di consegnare ai salotti gli scherni dei carcerieri del giudice D'Urso che parlavano di Pannella come di »uno sciocco demagogo .

L'indice accusatore inchioda i radicali alle tesi di un temerario manifesto fregiato della rosa nel pugno, affisso sui muri di Molfetta, secondo le quali »le Br, oggi, sono un partito in tutti i sensi e raccolgono »consenso politico fra »gli emarginati, gli sfrattati, i disoccupati, gli intellettuali dissidenti, i giovani stanchi di battersi invano e via enumerando i soggetti sociali cui anche la predicazione radicale si rivolge: e i responsabili nazionali del Pr si fanno venire il cuore in gola nella corsa affannosa a chiarire, distinguere, sconfessare. Contemporaneamente, in commissione di vigilanza sulla Rai si salda un largo fronte voglioso di mettere alla gogna i radicali, che hanno portato sui teleschermi di »Tribuna flash la figlia di Giovanni D'Urso prigioniero a leggere prosa brigatista con insulti al padre.

Eppure fra i radicali non è certo lo sgomento che regna, ma l'euforia febbrile: »Dicano quello che vogliono, ma sono costretti a parlare di noi . I centri d'iniziativa di questo strano partito pulsano di vita frenetica. Le stanzette del gruppo alla Camera, al sesto piano dall'ingresso di Via degli Uffici del Vicario; lo studiolo per i due senatori Spadaccia e Stanzani a Palazzo Madama, accesso da Via della Dogana Vecchia; Radio Radicale, con ufficio per l'agenzia quotidiana »Notizie Radicali di Valter Vecellio, al quinto piano in via Principe Amedeo, a un passo dalla Stazione; la sede della segreteria, della tesoreria e del Consiglio federativo, in Via di Torre Argentina. Gli uomini chiave non fanno cerimonie e accettano appuntamenti sul tamburo: ma è facile toccare con mano la vita da cani che fanno, un panino, una seduta, i telefoni, l'intervento in commissione da preparare, la manifestazione per le vie di Roma.

E' stato Pannella con la vecchia guardia del gruppo parlamentare a »inventare le sceneggiate per il caso D'Urso, è stata la segreteria di Francesco Rutelli a spalleggiare Mauro Mellini nella fase cruciale della battaglia per la omologazione dei referendum, ma è stato il Partito regionale del Lazio di Angelo Tempestini a innescare il meccanismo delle pressioni sul governo per la chiusura del carcere dell'Asinara, con una manifestazione a metà gennaio in via Arenula davanti al ministero della Giustizia. Le membra slegate dell'inafferrabile e intermittente Pr sono tornate a saldarsi e a formare come nei disegni animati giapponesi di fantascienza l'efficientissimo robot. Il riacquisto della funzionalità, per ciascuno degli organi, ha coinciso con il risveglio da un pericoloso letargo o con il superamento di uno stato di marasma e di crisi.

Che fosse in crisi il gruppo radicale, nello scorcio dell'80, si vedeva a occhio nudo. Se n'è andata - emigrando verso gl'indipendenti di sinistra filocomunisti - Maria Luisa Galli, l'ex suora delle Oblate approdata alle sponde radicali dopo le prese di posizione aperte in favore del divorzio del '74. Gianluigi Melega prende di frequente posizione per conto suo. Alessandro Tessari, già deputato del Pci, si è eclissato al momento di votare la sfiducia al governo Forlani. Da Parigi, Maria Antonietta Macciocchi, ex comunista anche lei, si dissocia dalla campagna »umanitaria del partito. Sono, queste ultime, vecchie cambiali che arrivano a scadenza. Gli »aggregati del gruppo alla Camera: Melega, Tessari, Ajello, Pinto, Boato, Baldelli e - caso a sé - Leonardo Sciascia, non si sono mai iscritti al Pr. La buona volontà del capogruppo Adelaide Aglietta non è riuscita a ridurre le frizioni. Il mandato di Adelaide è scaduto da settembre: ma una successione di generale gradimento non si è trovata e la relativa votaz

ione si è dovuta rinviare.

Sta di fatto che la gestione del »caso D'Urso , che ha riportato il Pr in mezzo alla mischia da protagonista, nella agognata posizione di bersaglio mobile esposto ai colpi di un ampio schieramento - molti nemici molto onore - è stata presa in mano dalla vecchia guardia pannelliana, il duro nocciolo dei gruppi parlamentari. La crisi interna diventa subito irrilevante accanto a Marco, ora ex deputato ma onnipresente nei corridoi di Montecitorio, menano la danza i senatori Gianfranco Spadaccia e Sergio Stanzani, e i deputati Massimo Teodori e Franco De Cataldo. Ed è Massimo Teodori il teorico per eccellenza della »diversità radicale, cioè del carattere nuovo e inventivo del modo radicale di fare politica, a sottolineare compiaciuto uno dei caratteri essenziali del Pr: l'incapacità di vivere l'ordinaria amministrazione, la straordinaria attitudine invece a cavalcare l'emergenza.

»Il Pr , dice Teodori, »si appoggia e cammina sui fatti, non sulle strutture. Diamo l'impressione di improvvisare ma non è vero. Quando siamo partiti per la visita al supercarcere di Trani non avevano in mano nulla, nessun progetto preciso. Sono anni però che frequentiamo prigioni, secondini, direttori e giudici di sorveglianza. Ci siamo mossi noi del gruppo parlamentare, ma l'idea c'è venuta dalle telefonate a Radio Radicale: perché nessuno va a vedere cos'è successo dopo il blitz dei reparti speciali che ha stroncato la sommossa? Sì, quando il radicale trova la corrente aerea portante, vola. E tutto si mette a funzionare . Ma non può accadere anche di guadagnarsi il berretto di postini delle Br? »Beh lo sappiamo che i prossimi mesi saranno duri. I radicali vanno incontro a un risoluto tentativo di criminalizzarli: comunisti e repubblicani sono mobilitati, ci sono certi giornali che sparano a zero. Staremo a vedere .

E l'investimento che avete fatto per i referendum? »Quello è un tema permanente della nostra politica. Ora in Parlamento raccoglieremo ciò che il partito ha seminato con la raccolta delle firme. Perché o si fanno i referendum, o si cambiano le leggi vigenti nel senso chiesto da noi, oppure i partiti determinanti scelgono la fuga nelle elezioni anticipate . In ogni caso il Pr è di scena e lì intende rimanere.

 
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