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Benzoni Alberto - 8 giugno 1981
Sono essenziali per chi vuole la sinistra diversa e vincente
di Alberto Benzoni

SOMMARIO: Ha firmato e votato per quasi tutti i referendum radicali. Ma ora "la sconfitta appartiene a tutti". Sull'ergastolo e l'ordine pubblico il "sì" è stato però "minoritario e di principio", dunque "rassegnato". Contro la Legge Reale, la "nuova sinistra" raggiunse il 23%, oggi si è scesi al 15%. Perché?

Il difetto di questa campagna sta sia "nella sua concezione esclusivistica in chiave Pr", come anche in "questioni di sostanza": c'è stata sottovalutazione della reazione della opinione pubblica "corrosa nell'intimo da anni di terrorismo", e inoltre "estrema debolezza di conduzione". Il Pr ha oscillato tra la linea di unità della sinistra e quella della contestazione della sinistra stessa, con un comportamento "autolesionistico", che è conseguenza del "processo di involuzione avviatosi dopo il grande successo del 1979", quando si è avuto "il passaggio da una visione ottimistica... al moralismo minoritario e passabilmente piagnone" ecc. Oggi, nonostante la sconfitta, dobbiamo difendere l'istituto referendario da chi vorrebbe "liquidarlo", ma anche "dire la nostra" al PR "sulla strada percorsa e ancora da percorrere".

(»Il Messaggero 8 giugno 1981 - ripubblicato in "I RADICALI: COMPAGNI, QUALUNQUISTI, DESTABILIZZATORI?", a cura di Valter Vecellio, Edizioni Quaderni Radicali/5, 1981)

Così come moltissimi socialisti (e comunque non radicali) di mia conoscenza ho firmato - ed ho votato - per quasi tutti i referendum indetti dal Pr. Credo dunque si possa affermare che il modestissimo risultato raggiunto non delimiti affatto l'area di un partito specifico; o, meglio ancora, che la sconfitta appartenga a tutti...

Ora, essere partecipi di un insuccesso dà, credo, il diritto di discuterne le ragioni insieme; e quindi di praticare, nei confronti degli amici e dei compagni radicali, lo stesso diritto di critica e di intromissione che essi hanno giustamente praticato nei confronti della »sinistra storica .

Cominciamo con il dire che il nostro sì sulle questioni dell'ergastolo e dell'ordine pubblico è stato un sì - come dire? - minoritario e di principio e, quindi, sostanzialmente rassegnato.

Effetto del riflusso su caratteri non temprati? Può darsi. Debolezza di una »sinistra storica che, senza arrivare ad essere il »nuovo blocco conservatore caro ad una certa demonologia mistica, ha certamente perso i fili di una strategia complessiva in materia di ordine pubblico e di riforma penale e carceraria? Certamente. Ma anche assenza, dal nostro orizzonte, dell'azione di stimolo, di provocazione e di aggregazione alternativa tradizionalmente esercitata dall'area radicale.

Tre anni fa la »nuova sinistra raggiunse il 23% nel referendum contro la legge Reale. Oggi si è scesi sotto al 15%. Colpa del violento sbarramento di propaganda contraria della informazione mistificante dei »partiti del regime ? Per la verità questo dato fu presente nel 1978: e in misura assai consistente. Oggi, invece il »fronte del no non è andato al di là di una cortese, anche se ostile, disattenzione.

In realtà il difetto di questa campagna referendaria è stato nel manico. Nella sua concezione esclusivistica in chiave di Pr innanzitutto (nessuno dei comitati promotori è stato realmente ed autonomamente attivato): ma su questo punto hanno già scritto altri, da Boato a Sechi. Ma anche in altre questioni di sostanza. C'è da chiedersi innanzitutto se non fosse particolarmente rischioso affidare questioni assai rilevanti in materia di ordine democratico ad una pubblica opinione che si sapeva corrosa nell'intimo da anni di terrorismo (dopotutto i referendum si fanno per vincerli, numericamente o almeno politicamente; e ad ognuno era presente il successo, limitato e raggiunto con estrema fatica, nella raccolta delle firme). In ogni caso all'errore di valutazione iniziale ha corrisposto una estrema debolezza di conduzione.

La strategia referendaria del Pr ha oscillato, storicamente, tra i due poli della provocazione unitaria della sinistra (1974) e della contestazione radicale della sinistra stessa e della sua logica di regime (1978). Non entro nel merito di queste due linee (salvo a ricordare che la seconda sembra oramai del tutto prevalente: è ormai il Pci e non la Dc il Nemico Principale; e lo stesso concetto di alternativa sembra oramai posto nel dimenticatoio).

Voglio solo sottolineare che, nell'ultima tornata, il Pr non ha perseguito efficacemente né l'una né l'altra, oscillando tra una versione, eccessiva ai limiti del caricaturale, della seconda (»fermali con una firma ; legge 194 come »legge nazista ) e una presentazione timida ai limiti dell'evanescenza della prima (offerte di intesa alle »forze laiche nel corso e alla fine della campagna referendaria). In tal modo i partiti di sinistra hanno potuto di fatto concentrare la loro attenzione sul fronte del »movimento per la vita , sicuri di non pagare alcun prezzo sull'altro versante. Così come in effetti è stato.

Alcuni potranno vedere in questo comportamento autolesionistico del Pr le conseguenze di una intesa subalterna con l'attuale maggioranza del Psi. Per parte mia ritengo invece si debba guardare più lontano: ad un processo di involuzione avviatosi dopo il grande successo del 1979.

I segni ne sono manifesti. Il passaggio da una visione ottimistica, spregiudicata e volutamente »maggioritaria della realtà italiana al moralismo minoritario e passabilmente piagnone di un piccolo gruppo di eletti; il pratico abbandono della analisi e della provocazione libera e »laica , sostituiti dalla ripetizione di stereotipi tanto più sostanzialmente vacui quanto più solenni (»il regime ; »la fame nel mondo ); la rinuncia alle azioni esemplari in quanto coinvolgenti (ben riuscita la marcia di Pasqua del 1979; ma quanta gente ha coinvolto nel profondo il tema della fame nel mondo? Numerosa anche la gente alla marcia antimilitaristica del 1981; ma da quali azioni comuni, italiane ed europee, preceduta e seguita?); l'assorbimento della logica di movimento nella forma partito senza alcun vantaggio per quest'ultima.

Occorre oggi contrastare duramente quanti dall'esito del 17 maggio traggono l'autorizzazione a liquidare l'istituto referendario. Ed è altrettanto ovvio che la forza radicale rimane essenziale a servizio di una sinistra diversa, e vincente. Ma è proprio perché la sorte del Pr è troppo importante per dipendere soltanto dai radicali che, come fedeli compagni di viaggio, vorremmo poter dire la nostra sulla strada percorsa e ancora da percorrere...

 
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