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Sofri Adriano - 27 settembre 1981
LA PIU' GRANDE GUERRA
di Adriano Sofri

UNO, NESSUNO, E ALCUNI MILIONI

SOMMARIO: Lunga e dettagliata analisi dell'iniziativa radicale "contro la morte per fame di milioni di esseri umani". L'articolo segue l'intervista realizzata da Sofri a Pannella a Bruxelles, ed è a sua volta seguito dal testo dell'Appello dei Nobel, integralmente riportato con l'elenco delle firme [l'intero servizio - pubblicato sul numero che esce in concomitanza con una importante Marcia Perugia-Assisi - prende tre pagine del giornale, n.d.r.]). Lo scritto è suddiviso in paragrafi ("Il Nord e il Sud, l'Est e l'Ovest", "Il burro e i cannoni", "Il pesce oggi e il pescatore domani", "I problemi di competenza", "Lo sciopero della fame dopo gli irlandesi", "Ma dove vuole arrivare questo Pannella?", "Se uno - o un milione - muore, non importa a nessuno, purché sia sconosciuto e lontano", "Un uomo solo conduce la corsa", "Gli umani, e gli altri animali", "La tortuosa coerenza", "Dalla fame alla guerra e viceversa") e conclude auspicando la nascita "di una generazione dotata di una coscienza ecologica, vaccinata

dal culto della violenza, attenta alle trasformazioni della vita quotidiana, arricchita dal femminismo" e lo sviluppo"di una coscienza diffusa...dei pericoli contro la pace"...

In conclusione, la "marcia Perugia-Assisi può essere una tappa di questo processo..."

(LOTTA CONTINUA, 27 settembre 1981)

"Dal 2 settembre, Marco Pannella sta digiunando contro la morte per fame di milioni di esseri umani. Ne parliamo ampiamente quanto possiamo per due ragioni. La prima, per contribuire a rompere un silenzio intorno a questa iniziativa. Si può star certi che il silenzio lascerà il posto al frastuono se e quando la scelta di Pannella metterà a repentaglio la sua vita: è quello che, più o meno consapevolmente, qualcuno si augura. Intanto questo silenzio è insensato. Dare pubblicità alle informazioni e alle proposte di Pannella sul genocidio per fame significa fare pubblicità a Pannella? Ma via, fosse pure Pannella la persona meno amabile del mondo, si conservi un decente senso delle proporzioni.

La seconda ragione, più sostanziale, è che l'impostazione che il partito radicale ha dato, ormai da tre anni, all'impegno contro la fame, offre anche una organica risposta alla corsa agli armamenti e alla crescente minaccia di guerra. Si può essere in tutto o in parte in disaccordo con questa risposta; a condizione di conoscerla".

IL NORD E IL SUD, L'EST E L'OVEST

"Il punto di partenza di questa risposta è la priorità della contraddizione fra nord e sud del mondo, fra paesi della ricchezza e paesi della miseria e della fame. Ripetendo una affermazione che era già vera per l'Europa del colonialismo nel secolo scorso, Pannella dice che "fra sinistra e destra, fra potere e opposizione, le divisioni sono spesso superficiali, e l'humus comune"; così di fronte all'olocausto per fame del Terzo e del Quarto mondo.

Che il mondo si divida secondo questa barriera fondamentale, lo denunciano da tempo non solo i governi dei paesi non allineati, ma organismi internazionali e nazionali delle stesse potenze dell'ultrasviluppo. Tuttavia di fronte a questa separazione materiale spaventosa, sta l'accentuarsi di una contrapposizione politica che segue, invece, l'asse est-ovest. La crescente gara militare fra le superpotenze fa del terzo e del quarto mondo non il protagonista autonomo della riscossa del sud contro il nord della terra (com'era apparso un tempo possibile con l'auge del movimento dei non allineati e col ruolo terzomondista della Cina) bensì, in larga misura, il campo di confronto e di scontro tra l'egemonia Usa e l'espansionismo sovietico".

IL BURRO E I CANNONI

"Il passaggio successivo della posizione radicale è, salvo errore, il primato logico della lotta contro la fame sulla lotta contro gli armamenti e la guerra. Dico primato logico perché i due aspetti sono strettamente connessi e, in gran misura, interdipendenti; del resto l'impegno antimilitarista e nonviolento dei radicali è noto, e non è in discussione.

Il ragionamento è semplice. Per esempio, con le cifre della commissione Carter: la spesa per i cinque sottomarini Trident in costruzione negli Usa equivale al costo dei cereali necessari a strappare alla morte per fame, per il prossimo anno, trenta milioni di persone".

IL PESCE OGGI E IL PESCATORE DOMANI

"Per il prossimo anno": questa è infatti l'ulteriore caratterizzazione della posizione radicale. Il rifiuto della logica, comune o programmatori neo capitalisti e marxisti, che ignora o sottovaluta l'intervento immediato in nome dell'intervento strutturale, del meccanismo di sviluppo alternativo ecc. Abbiamo tutti condiviso questa mentalità, e ne avevamo convincenti ragioni. Non solo nell'analisi dei meccanismi di dipendenza, ma nel fastidio per la pratica dell'elemosina (e le ipocrisie e le truffe che si trascina dietro), e nel rispetto per la dignità dei "beneficati" - quante volte si sono visti respingere gli "aiuti" dei paesi ricchi, che venissero da governi o dal papa? Si ripeteva la massima confuciana, per cui è meglio insegnare a un affamato come si pesca, piuttosto che regalargli un pesce...

E' un ragionamento che resta giusto. Ma quando, a distanza di anni e di decenni una parte enorme del mondo non solo non è entrata nello "sviluppo", ma è diventata il territorio di riserva di un olocausto senza uguali ben venga l'elemosina anche quando solo di essa si trattasse. Ben venga tutto ciò che riporta alla luce lo" scandalo "della morte per fame, sul quale tanti fattori e magari anche il "discorso dello sviluppo", avevano concorso a far allignare l'abitudine.

Pannella parla di interventi capaci di far vivere per un anno un milione, tre milioni, più milioni di persone. Ne indica le cifre, gli strumenti le modalità. Sostiene la possibilità che da questa inversione di metodo derivi anche uno sviluppo di più lunga lena. Tutto ciò può essere studiato, discusso, accettato o contestato. Ma, ripetiamolo, foss'anche il dono di un pesce, chi vi vorrà obiettare?"

I PROBLEMI Dl COMPETENZA

"Obiezioni "tecniche", naturalmente, ce ne sono. Può darsi che i programmi di aiuti trovino indisponibili gli stessi paesi cui sono rivolti o i loro poteri ufficiali. Può darsi che finiscano per rafforzare gruppi dominanti violenti e corrotti. Può darsi che, mal impiegati, rischino di distruggere il tessuto tradizionale di sopravvivenza dei paesi poveri o di pregiudicarne l'economia attraverso la deformazione dei prezzi. Può darsi che non arrivino neanche ai destinatari, e ingrassino invece ladroni e ladruncoli nei luoghi di partenza. Obiezioni fondate, queste ed altre. Ma, come le obiezioni tecniche, fondate a condizione di essere tecnicamente affrontate e risolte.

E' possibile che la competenza necessaria a valutare nel merito questi problemi si diffonda fra la gente? Lo è. Si conquisti spazio all'informazione su questi problemi e la gente si appassionerà, si farà sentire. Che è già un modo di migliorare l'aria.

(Si sono riaperte le scuole. Non dovrebbe essere impegno di insegnanti e studenti discutere documenti come l'appello dei Nobel, come la risoluzione del parlamento europeo?)".

LO SCIOPERO DELLA FAME DOPO GLI IRLANDESI

Quel po' di maggior sensibilità che nell'opinione pubblica si avverte su questi temi - poca cosa ancora - si deve alla campagna dei radicali oltre che all'azione tradizionale del mondo cattolico. L'appello, senza precedenti, dei 54 premi Nobel (ne ripubblichiamo qui il testo) le prese di posizione di importanti autorità politiche, e dello stesso parlamento europeo, le iniziative assunte o progettate dal governo italiano, pur ancora poco più che simboliche e indolori hanno dato il segno di un situazione in movimento. Lo sciopero della fame attuale di Pannella è il tentativo di cambiare marcia, e di imporre che dai pronunciamenti si cominci consistentemente, a passare ai fatti. La sopravvivenza di tre milioni di persone, dice Pannella.

Pochi ancora, ne hanno sentito parlare. Qualcuno la trova un'operazione di propaganda, tanto più che da qualche tempo il partito radicale è in acque stagnanti e la sua immagine immeschinita. qualcuno avverte che, dopo gli irlandesi di Maze, lo sciopero della fame è un'arma spuntata; e spuntatissima, se non si è disposti a portarlo "sino in fondo".

MA DOVE VUOLE ARRIVARE QUESTO PANNELLA

"Non è vero, però. Pannella stesso farebbe bene a rendere un omaggio più generoso ai giovani di Maze, invece di affaticarsi a segnare una distanza che è evidente a chiunque. Della vocazione autodistruttiva dei militanti detenuti irlandesi può essere più o meno utile parlare. Quanto alla loro eroica dedizione, è impressionante, ma non è un fatto nuovo. Nuova avrebbe potuto diventare, se non avesse avuto di fronte l'orribile crudeltà del governo inglese, una lotta che, attraverso la scelta del digiuno, metteva in causa il primato di un orientamento militarista. Ma la differenza vera, a parte la finalità, tra due decisioni apparentemente uguali - lo sciopero della fame fino alle estreme conseguenze - sta nel carattere collettivo e quasi disciplinare della lotta dei prigionieri di Maze. Non è un caso che, nella memoria pubblica, solo il primo di essi, Bobby Sands, abbia un nome, e gli altri siano diventati numeri ordinati in un elenco, fino a non far più notizia. I soliti irlandesi, che bevono, che mangiano pata

te, che si battono, che si lasciano morire in galera".

Pannella ha messo in gioco la sua vita. E' solo sua. Il capitale di esperienze e di notorietà che ha accumulato, per convinzione o per vanità, per ambizione o amore, le danno una possibilità di efficacia particolare. Non è un detenuto irlandese, e neanche un deputato radicale: è Marco Pannella, che spende se stesso come strumento di comunicazione sociale, di pubblicità di una causa. Anche di se stesso? Ma a chi importa?

Chi gli sta vicino dice che Pannella ha messo nel conto come non mai la possibilità di morire. Sarebbe assurdo, anche se, paradossalmente, la sua vita valesse a salvarne tante altre".

SE UNO (O UN MILIONE) MUORE, NON IMPORTA A NESSUNO, PURCHE' SIA SCONOSCIUTO E LONTANO

"Tuttavia la scelta di Pannella ha una forte potenzialità esemplare. Come ogni forma di autolesionismo, serve ad esprimere una condizione disperata: e disperata è per antonomasia la condizione di quelli su cui incombe la morte per fame. Come ogni forma di autolesionismo, trasferisce a chi sta fuori, o vuole star fuori la responsabilità. E' un ricatto, né più né meno. Mettendo a disposizione la propria vita, Pannella si fa rappresentante singolare, vicino e ingombrante di quella sterminata folla anonima e lontana di condannati a morte il cui destino non riesce a intralciare la nostra vita quotidiana. Non ci commuoviamo per quei milioni di nostri simili - così spaventosamente dissimili da noi? Ebbene, dovremo commuoverci per Marco Pannella. Che, non di vanità, ma è disposto a peccare di una così gigantesca superbia.

Pannella stesso sembra trascurare questa delega che dà un nome, una faccia, una storia, alla popolazione innominata degli affamati del mondo, quando paragona la passione suscitata dalla vicenda del bambino di Vermicino alla tragedia dei milioni di bambini uccisi dalla miseria. E' un equivoco frequente, come nell'impossibile confronto fra la pena di morte, la sua arbitrarietà assolutamente individuale, e altre forme di violenza omicida, come la guerra. E' difficile evocare lo scandalo della morte per fame, senza restituirgli una dimensione personale".

UN UOMO SOLO CONDUCE LA CORSA

"Lo sciopero della fame di Pannella è anche un tentativo estremo, ed estremista, di ristabilire una quotazione decente alla vita dell'individuo, di restituirle un'efficacia, sia pure attraverso il paradosso del suo sacrificio. (Sacrificio è parola che Pannella dichiara di rifiutare). Un tentativo romantico e calcolato insieme in piena società di massa, e inflazione della morte - basta pensare a quanto e come si muore di terrorismo. In altri tempi, facendo magari tanto di cappello a una tale posizione, ne avremmo criticato l'individualismo, le avremmo opposto la superiorità, pratica e anche morale, della coscienza e dell'azione collettiva, "di grandi masse".

GLI UMANI, E GLI ALTRI ANIMA

"E oggi? Disperse, e anche con qualche sollievo, le grandi masse e gli ottimismi democratici siamo puramente e semplicemente liberi di tornare all'individuo? Eppure qualcosa di irrisolto resta. Datemi un affamato, invece che il "problema della fame", rendendomelo prossimo, e saprò agire. Ma senza di questo, c'è nell'individuo un limite, un'ottusità che non rinvia a una parzialità della coscienza, ma, forse, al suo contrario. Non pretendete da me, singolo, che abbia paura della guerra - salvo pretendere che io diventi pazzo. Avrò paura di mille altre cose che mi minacciano, più di quanto riesca ad aver paura di ciò che mi minaccia solo genericamente, anonimamente. L'individuo è tale proprio per tutto ciò che lo rende "diverso", che lo distingue e lo svincola dalla specie animale cui appartiene. Di fronte a ciò che minaccia il genere umano, vede impotenti la sua forza e le sue illusioni, e la sua coscienza non fa che fornirgli schermi e alibi per convivere con la minaccia di distruzione. Non è forse questa una

ragione importante del cinismo omicida e suicida con cui i potenti si occupano di affari come la guerra, secondo pazzesche intenzioni personali e di gruppo?

E allora? E' possibile che sia l'oscura, ottusa animalesca folla degli umani a occuparsi di ciò che la minaccia direttamente, e radicalmente - della guerra e dello pace? Non la "massa" che vagheggiamo, ma la "folla", che aborriamo - quella dentro cui facciamo la fila con cui contendiamo il posto sulle spiagge e sugli autobus, quella da cui abbiamo voglia di stare alla larga?"

LA TORTUOSA COERENZA

"Nell'opposizione alla guerra e al mercato delle armi - ma non è l'unico caso - ci troviamo accanto a buona parte del mondo cattolico militante. Quello stesso che abbiamo avuto contro, poco fa, sull'aborto.

La coerenza del movimento cattolico è a suo modo chiara: la vita è sacra, sia di fronte all'aborto che alla guerra. Quanto a noi siamo convinti che la depenalizzazione dell'aborto sia un passo necessario sulla strada di una maternità liberamente voluta. Sulla strada cioè della liberazione della donna, di ciascuna donna, da un vincolo impostole con la forza di una legge naturale in nome della supremazia della specie sull'individuo. Mai passo verso la formazione dell'individuo ha avuto la profondità che ha l'affermazione della libertà di procreare e di non procreare".

Il primato della madre sulla donna ci oppone ai cattolici; il rispetto per la vita ci affianca nell'opposizione alla guerra. E' un segno fra i tanti della vanità di pregiudizi ideologici e di retaggi di schieramento. Del resto, se un movimento per la pace ci sarà davvero, farà largamente giustizia delle vecchie ragioni che continuano a governare la lotta politica".

DALLA FAME ALLA GUERRA E VICEVERSA

"Nella priorità logica dei radicali - lotta contro la fame - lotta contro gli armamenti - c'è una forte connotazione morale. Forte e benvenuta, di fronte all'abitudine a non far conto di motivi ideali, e a scommettere sui sacri egoismi di nazioni, classi, corporazioni e corpi elettorali. Tuttavia l'"egoismo" non è né un bene né un male. Se oggi da noi cresce la sensibilità ai pericoli di guerra e alla perversione degli armamenti, lo si deve in primo luogo alla crescita della tensione internazionale, al suo concentrarsi in Europa, al concretizzarsi di scenari bellici grandi e piccoli che riguardano paesi europei. Chi vorrà accusare di meschino provincialismo la preoccupazione della popolazione di Comiso, dopo che Gheddafi ne ha minacciato il bombardamento localizzato?

La possibilità che cresca un forte movimento contro la guerra è legata (lo si è già visto nei paesi dell'Europa del nord) a due condizioni. La prima è l'esistenza di una generazione dotata di una coscienza ecologica, vaccinata dal culto della violenza, attenta alle trasformazioni della vita quotidiana, arricchita dal femminismo: essa ne offre la struttura militante. La seconda è una coscienza diffusa, al di là delle barriere di età e anche di schieramento politico, dei pericoli contro la pace. Sono condizioni potenzialmente presenti.

Dallo sviluppo di un tal movimento la lotta contro la fame potrebbe ricevere un forte impulso. Esso potrebbe incontrarsi con la campagna alla quale i radicali si sono impegnati in questi anni. Questa marcia Perugia-Assisi può essere una tappa di questo processo. Anche perciò il nostro giornale vi è eccezionalmente presente, in anticipo su una presenza ordinaria che con questi problemi avrà molto a che fare.

 
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