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Ippolito Felice - 15 ottobre 1981
Il club del Coccodrillo e l'unità dell'Europa
di Felice Ippolito

SOMMARIO: Con il voto del 9 luglio [1981, n.d.r.], il Parlamento europeo, approvando la mozione del "cosidetto Club del Coccodrillo", "ha compiuto l'atto politico decisivo di assumersi... un ruolo costituente", approntando per la ratifica dei parlamenti un "nuovo trattato... tendente a costituire l'Unione Europea".

L'iniziativa non è sfuggita né ai Governi né alle burocrazie nazionali, ma giunge opportuna anche di fronte al rilancio politico voluto dal ministro degli esteri tedesco Genscher. Purtroppo il suo progetto è privo di "contenuto economico"e l'articolista invita il ministro degli esteri Colombo a volerlo rendere "più concreto": dalla crisi europea di disoccupazione non si esce senza una ristrutturazione di "tutto il comparto industriale". Ma per far questo occorre revisionare la politica di "approvigionamento di materie prime". L'industria europea è troppo "energivora": bisogna quindi realizzare una "diversa politica unitaria dell'energia e delle materie prime" istituendo nuovi rapporti con i Paesi produttori: rilanciando cioè il dialogo "Nord-Sud".

(LA REPUBBLICA, 15 ottobre 1981)

La stampa quotidiana e periodica, in genere così larga nel propalare le notizie inerenti ai traffici del banchiere Calvi o alle inconcludenti indagini sugli affiliati alla P2, ha dato pochissimo o nullo risultato al voto dello scorso 9 luglio col quale il Parlamento europeo ha compiuto certamente l'atto politico più notevole dei suoi primi due anni di vita: l'approvazione della mozione del cosiddetto Club del Coccodrillo, di cui si è data più volte notizia su queste colonne, certamente più attente di altre ai problemi europei.

La mozione chiede al Parlamento di assumersi la completa iniziativa di dare un nuovo slancio alla creazione dell'Unione Europea e di procedere alla creazione di una commissione permanente per i problemi istituzionali, incaricata di elaborare una modifica agli attuali trattati. Tali proposte di riforma, che dovrebbero riflettere una certa convergenza delle forze politiche di tutti gli Stati membri, una volta che saranno state votate dal Parlamento di Strasburgo, dovranno essere inviate direttamente per ratifica ai competenti organi costituzionali in ciascuno Stato membro.

In altri termini questo Parlamento europeo, rappresentante legittimo del popolo europeo in formazione, ha compiuto l'atto politico decisivo di assumersi, per la seconda metà del suo mandato, un ruolo costituente. Certo non di un'assemblea costituente e deliberativa, ma di una sorta di costituente "ad referendum" perché non potrà imporre, ma solo sottoporre a ratifica nei Parlamenti nazionali un nuovo trattato tendente a sostituire e ampliare i vecchi e a costituire l'Unione Europea.

Se questo atto politico è sfuggito all'attenzione di molti, non è peraltro sfuggito all'attenzione dei governi, gelosi custodi del loro potere, che si esplica attraverso il Consiglio dei ministri della Comunità e il cosiddetto Consiglio europeo dei capi di Stato o di governo (a seconda delle singole costituzioni) della Comunità. E segnatamente non è sfuggito all'attenzione delle diplomazie e delle burocrazie nazionali, più dei loro governi gelosi di non farsi sfuggire dalle mani i loro effimeri poteri; effimeri, ma tali peraltro da insabbiare e mettere nel dimenticatoio tutte le iniziative serie volte a creare una maggiore sopranazionalità. Né è sfuggito, l'atto di cui dicevamo, all'attenzione della Commissione esecutiva della Cee che, pur nella sua intrinseca debolezza, sta tentando di rilanciare iniziative europeistiche sia nel settore della ricerca che in quello dell'energia, come risulta tra l'altro dalla frenetica attività del Commissario Davignon, sempre pronto a sbracciarsi e a parlare di Europa, ma s

empre pronto ad aprire le braccia sgomento di fronte alla minima difficoltà burocratica.

Comunque sia, quest'iniziativa politica del Parlamento europeo giunge opportuna anche di fronte al recente rilancio politico, privo peraltro di contenuto sostanziale, fatto dal governo tedesco per bocca del ministro Genscher, cui si è opportunamente associato quello italiano, rappresentato dal ministro degli Esteri Colombo.

Ma a quest'ultimo vorremmo suggerire che, nell'aderire alla proposta tedesca, sarebbe opportuno renderla più concreta e darle anche un contenuto economico che essa non ha. E' fuori di dubbio che dalla crisi europea di disoccupazione (i disoccupati della Cee toccheranno quest'anno i 10 milioni) non si esce senza una profonda ristrutturazione di tutto il comparto industriale. Non basta perciò parlare solo di energia e di crisi energetica se non si parla contemporaneamente di crisi di approvvigionamento di materie prime e di crisi industriale.

Tutta l'industria europea è troppo "energivora" e quindi il costo dell'energia si riflette su tutta l'economia industriale che è in perdita di competitività sui mercati mondiali (così come in particolare la nostra industria è in perdita di competitività all'estero).

Un processo di profonda ristrutturazione non può realizzarsi che attraverso una diversa politica unitaria dell'energia e delle materie prime e quindi istituendo rapporti nuovi con i paesi produttori di materie prime e di energia: in una parola rilanciando il dialogo Nord-Sud. Solo su questa via è pensabile di trasformare l'industria europea in un'industria a basso contenuto energetico e ad altro contenuto di manodopera, riassorbendo la disoccupazione e rendendo competitiva l'esportazione.

Quanto qui appena accennato ci conferma dunque che l'azione del Parlamento europeo giunge opportuna e tempestiva mentre tanti nodi vengono al pettine e non solo quelli politici tra Est e Ovest, relativi alla folle politica del riarmo delle superpotenze. La Comunità europea è una delle maggiori aree economiche del mondo, il cui reddito è stato negli ultimi anni lievemente superiore a quello degli Usa e nettamente superiore a quello dell'Urss. E' possibile che non sappia trarre da ciò l'insegnamento politico?

 
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