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Cicciomessere Roberto, Galli Maria Luisa, Santi Ermidio, Aglietta Adelaide, Ajello Aldo, Boato Marco, Bonino Emma, Crivellini Marcello, De Cataldo Franco, Faccio Adele, Melega Gianluigi, Mellini Mauro, Pinto Domenico, Roccella Franco, Sciascia Leonardo, Teodori Massimo, Tessari Alessandro - 24 novembre 1981
Norme per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza alla produzione bellica
Proposta di legge d'iniziativa dei deputati:

CICCIOMESSERE, GALLI MARIA LUISA, SANTI, AGLIETTA, AJELLO, BALDELLI, BOATO, BONINO, CRIVELLINI, DE CATALDO, FACCIO, MELEGA, MELLINI, PINTO, ROCCELLA, SCIASCIA, TEODORI, TESSARI ALESSANDRO

Presentata il 24 novembre 1981

SOMMARIO: La proposta di legge presentata dai deputati del gruppo parlamentare radicale e dal deputato socialista Santi prevede la possibilità per il lavoratore di "rifiutare la propria opera nelle attività di produzione, commercio e trasporto di armi o parte di armi" e di essere utilizzato in altre attività lavorative non connesse a produzioni militari.

(CAMERA DEI DEPUTATI - VIII LEGISLATURA - DOCUMENTO N. 2992)

COLLEGHE DEPUTATE, COLLEGHI DEPUTATI ! -- La vicenda di Maurizio Saggioro, attrezzista della fonderia MPR di Baranzate, che ha rifiutato di prestare la propria opera nella produzione di materiale bellico, ripropone l'urgenza di un riconoscimento giuridico di questa forma di obiezione di coscienza. Lo stesso problema fu sollevato nel 1971 in occasione di un'altra obiezione dell'operaio Achille Croce di Condove.

Non è infatti ammissibile non prevedere una particolare tutela per i lavoratori che non intendano essere complici della produzione, commercio e trasporto di mezzi bellici, proprio nel momento in cui appare sempre più chiaro che uno degli ostacoli maggiori al disarmo è rappresentato dagli interessi connessi a questa attività industriale che in Italia occupa circa 90.000 persone con un fatturato di circa 4.000 miliardi.

Del resto il principio dell'obiezione di coscienza in relazione a determinate attività lavorative è già entrato nel nostro ordinamento giuridico con la legge 22 maggio 1978, n. 194, contenente »norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza . A questo punto sarebbe incoerente riconoscere solo il diritto all'obiezione di coscienza del medico che non intende sopprimere una ipotesi di vita e abbandonare al ricatto del licenziamento il lavoratore che non intende essere diretto complice di una produzione di mezzi destinati con certezza ad uccidere non feti ma persone.

Una riflessione più approfondita di questo problema dovrebbe portarci anzi ad affermare che l'obiezione di coscienza a tutte le attività connesse alla preparazione della guerra è un diritto dovere del cittadino. La responsabilità della creazione dell'immenso e tremendo arsenale bellico esistente nel mondo appartiene infatti non solo ai governanti ed ai rappresentanti politici, sindacali e imprenditoriali, ma anche ad ogni singolo cittadino che nell'esercizio della sua sovranità, nel lavoro come nella espressione della volontà politica, contribuisce a determinare la politica nazionale e quindi le scelte militari.

In questo filone di pensiero si inseriscono le posizioni espresse sia dall'area politica radicale e nonviolenta, sia da quella autenticamente cristiana. Nel preambolo allo statuto del partito radicale è, per esempio, contenuta la proclamazione del »dovere alla disobbedienza, alla non-collaborazione, alla obiezione di coscienza, alle supreme forme di lotta nonviolenta per la difesa, con la vita, della vita, del diritto, della legge e la dichiarazione di conferire »all'imperativo cristiano e umanistico del "non uccidere" valore di legge storicamente assoluta, senza eccezioni, nemmeno quella della legittima difesa . La responsabilità del singolo viene quindi esaltata e la giustificazione storica delle violenze individuali o collettive, cioè la difesa, viene respinta.

Rilevanti anche nell'area cristiana sono le affermazioni relative al dovere del singolo di attivare le sue responsabilità, obiettando, rifiutando di collaborare con tutte quelle attività preparatorie della guerra.

Giovanni Paolo II ha parlato di incompatibilità per lo scienziato cristiano della ricerca militare. Monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, si è posto, sul settimanale diocesano "Il risveglio", l'interrogativo relativo al diritto dovere del cristiano chiamato a lavorare alla costruzione di armi di compiere un'obiezione di coscienza. Bettazzi risponde affermativamente sostenendo che i cristiani devono operare »pressioni perché »quella posizione sia riconosciuta non solo legittima, ma doverosa e perché favorisca »giudizi più netti del magistero ecclesiastico.

Prendendo poi spunto dalla vicenda di Maurizio Saggioro, monsignor Bettazzi nota che solo i primi secoli della storia della chiesa nei quali »era praticamente una legge , successivamente l'obiezione di coscienza al servizio militare e al »culto pagano della vita militare è stata vista dagli stessi cristiani con sfavore e addirittura condannata. Il vescovo a questo proposito ricorda che nel 1965 don Lorenzo Milani e padre Ernesto Balducci furono processati per »avere esaltato l'obiezione di coscienza e alcuni ambienti cattolici parlarono addirittura di »insulto alla patria e ai suoi caduti e definirono l'obiezione di coscienza »estranea al comandamento cristiano dell'amore ed espressione di viltà . Ma »il nocciolo della questione secondo monsignor Bettazzi è il »giudizio cristiano della guerra . A questo proposito il vescovo fa notare come il messaggio evangelico sia oltremodo esplicito e cita quanto affermò don Sturzo già nel 1928: »non vi è più alcuna distinzione tra aggressione e difesa... per consegue

nza il rifiuto del servizio militare è un dovere obiettivo per ogni cattolico che voglia mantenersi fedele all'insegnamento di Gesù e consapevole della criminale assurdità della guerra .

Sul problema della pace, prosegue poi monsignor Bettazzi sempre sul settimanale diocesano, »non devono spaventarci almeno non devono spaventare il magistero le conseguenze politiche, così come non ci hanno spaventato di fronte al grave problema dell'aborto: devono soltanto spingerci a cercare sempre maggiore chiarezza e coerenza . »Vorremmo conclude Bettazzi che l'esempio del Saggioro fosse seguito da molti. Ma intanto facciamo

pressioni sui sindacati, sui responsabili politici, sull'opinione pubblica perché sia riconosciuto il diritto all'obiezione di coscienza per la costruzione delle armi. Ma facciamo più ancora pressione sull'opinione pubblica cristiana, sulla nostra stessa coscienza, perché quella posizione sia riconosciuta non solo legittima, ma doverosa per ogni cristiano, e perché essa favorisca giudizi più netti del magistero e impegni più coerenti da parte dei credenti .

Come è poi possibile conferire agli eserciti e alle armi sempre più distruttive una capacità difensiva quando ormai la stessa concezione della difesa comporta l'eliminazione fisica del difeso ?

Come è possibile prestare la propria opera per la costruzione di armi che oggi, dopo essere state esportate, saranno con certezza usate per uccidere altri lavoratori o per conculcare i loro diritti civili, politici essenziali?

Da queste premesse nasce la proposta, seppur limitativa, di riconoscere per via legislativa il diritto all'obiezione di coscienza del lavoratore alla produzione bellica.

La proposta di legge che portiamo all'attenzione di tutti i colleghi, riproponendo le stesse modalità di riconoscimento della obiezione di coscienza dei medici non abortisti, non predeve alcuna »commissione che accerti la fondatezza dei motivi del rifiuto, e cioè che inquisisca nella coscienza del lavoratore, né forme di penalizzazione dell'obiettore.

La normativa proposta, inserendosi organicamente nello »statuto dei lavoratori , riconosce e garantisce l'obiezione del lavoratore su sua semplice dichiarazione. L'obiezione è poi estesa a tutte le attività connesse alla produzione bellica prevedendo anche la possibilità di rifiutare la propria opera nella attività di produzione, commercio e trasporto di mezzi che, con certezza, saranno utilizzati per finalità belliche.

Rappresenterebbe infatti il massimo delI'ipocrisia non garantire l'obiezione di coscienza nel caso, per esempio, della produzione di veicoli da trasporto come elicotteri o aerei che, successivamente alla vendita, vengono armati e utilizzati praticamente nella guerra.

Il problema più complesso si è posto per i dipendenti delle aziende che operano esclusivamente nel settore militare. E' sembrato ai presentatori che fosse necessario incentivare forme di conversione e diversificazione civili delle aziende e che, quindi, potesse essere riconosciuto, in linea di principio, anche il rifiuto del dipendente di tali attività produttive, penalizzando, anzi, quegli imprenditori che non avessero neppure tentato esperimenti di conversione e di diversificazione produttiva dal settore militare a quello civile.

Auspichiamo quindi una particolare attenzione da parte dei colleghi ad una proposta di legge che vuole rappresentare innanzitutto un segno, una testimonianza di pace, capace di invertire, almeno nel diritto positivo, il riflusso militarista e la complicità culturale con la corsa al riarmo e alla guerra.

PROPOSTA DI LEGGE

ART. 1.

Dopo l'articolo 1 della legge 20 maggio 1970, n. 300, contenente norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento è aggiunto il seguente:

»ART. 1 bis. -- Il lavoratore può rifiutare di prestare la propria opera nelle attività di produzione, commercio e trasporto di armi o parte di armi.

Il lavoratore può altresì rifiutare di prestare la propria opera nelle attività di produzione, commercio e trasporto di manufatti o comunque beni che, con certezza, saranno utilizzati per finalità belliche e nelle relative attività di servizio.

L'obiezione di coscienza può essere comunicata al datore di lavoro in ogni momento dell'attività lavorativa ed esonera il lavoratore dalla prestazione delle attività di cui al comma precedente. Il datore di lavoro è tenuto ad utilizzare l'obiettore di coscienza in attività lavorative non connesse a produzioni militari.

Nel caso in cui la dichiarazione di obiezione di coscienza viene presentata da un dipendente di una azienda che opera esclusivamente nei settori di cui al primo comma del presente articolo, l'obiettore può recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso gli viene concessa l'integrazione salariale ordinaria, secondo le modalità di legge.

L'obiettore di coscienza deve essere reintegrato nel posto di lavoro nel caso in cui l'azienda realizzi conversioni parziali o totali dell'attività produttiva dal settore militare a quello civile .

ART. 2.

L'ultimo comma dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, contenente norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, è sostituito dal seguente:

»Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano altresì ai patti o atti diretti a fini di discriminazione politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, nonché ai patti o atti diretti a vanificare il disposto di cui all'articolo 1 bis della presente legge .

 
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