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Pannella Marco - 1 giugno 1982
Perché chiediamo le elezioni a ottobre
di Marco Pannella

SOMMARIO: Uno stralcio della conferenza stampa tenuta lunedì 12 luglio 1982, dopo l'ultimo consiglio federale, dal segretario del Partito radicale Marco Pannella, nella quale ha illustrato il significato della proposta politica di elezioni anticipate ad ottobre.

(NOTIZIE RADICALI N. 7, 1 giungo 1982)

(L'8 luglio il segretario del Partito, Marco Pannella, dava notizia dell'inizio di uno sciopero della sete (oltreché della fame) "a sostegno delle buone volontà, degli impegni che non riescono a concretarsi, per ottenere un decreto di vita anziché di sterminio".

Già a 65 ore dall'inizio, l'équipe medica che seguiva il leader radicale lo invitava a desistere, emanando prognosi riservata sulle sue condizioni di salute. Pannella sospendeva lo sciopero della sete l'11 luglio, guadagnando così qualche ora alla sua iniziativa, per riprenderlo il 12 alle ore 22. Il 15 luglio, decideva di passare dallo sciopero della sete a quello della fame, "per eludere pericoli immediati e irreparabili", ma il 17 annunciava che sabato 24 avrebbe ripreso lo sciopero della sete più rigoroso.

Non è possibile, ad oggi, prevedere quali sviluppi avrà la rischiosissima azione nonviolenta di Marco Pannella, spintasi già una volta, col digiuno totale della fame e della sete, al limite del rischio della vita.)

La decisione del consiglio federale credo che sia di straordinaria importanza. Nell'ordine, oggi il partito è mobilitato, primo, perché sia il Paese a decidere fra due linee di ricostruzione dello Stato e della società civile e della situazione economica del nostro Paese; meglio sarebbe a dire, da una parte nel proseguirsi dell'attuale linea di distruzione (della quale il pentapartito in tutte le sue componenti è pienamente responsabile), e dall'altra per continuare giorno dopo giorno, ora dopo ora, la lotta - che è lotta umanista, umanitaria, internazionalista, democratica di classe - di salvaguardia delle conseguenze dell'olocausto.

Questa lotta noi la continueremo giorno dopo giorno: in crescendo, tanto è vero che per quello che mi riguarda avendo, come sapete, deciso di passare dallo sciopero della sete a quello della fame un'ora dopo l'annuncio della proposta di compromesso Andreotti che sia pure non soddisfacentemente, ma riprendeva buona parte delle esigenze dei sindaci, riprenderò invece domani il digiuno della sete.

Secondo punto, la mobilitazione elettorale. Di questo si tratta: non riscontriamo che la bancarotta fraudolenta da caratteristica dei centri di potere dello Stato periferici e dei centri del parastato, della industria e della finanza parapubblica, pubblica eccetera, si è trasferita ufficialmente nel cuore stesso dello Stato: il presidente Spadolini ha dichiarato che lui stesso tuttora ignora quale sia l'ammontare del debito complessivo dello Stato, che noi cifriamo ad oltre cinquecentomila miliardi di lire.

Solo l'anno prossimo, solo per interessi passivi dei Buoni del Tesoro si raggiunge il tetto che Spadolini e il pentapartito aveva indicato come il tetto per quest'anno; si raggiungono forse 40-45.000 miliardi solo di interessi passivi sui Buoni del Tesoro! Quando il capo del governo non è in condizioni di comunicare al paese le cifre e la realtà della sua situazione economica parlare di bancarotta fraudolenta - insisto sul fraudolenta - è necessario.

Noi riteniamo che quanto è accaduto anche nei giorni scorsi a livello di cosiddetto superamento della crisi e adesso di proposta di assestamento di bilancio dimostra che quest'anno, fra marzo, aprile, maggio e ora, il pentapartito è riuscito a portare lo Stato a rifiutare la necessità della "ricostruzione" (di questo si parla dopo un dissesto: "ricostruzione" dello Stato stesso nel suo complesso, delle sue intenzioni, ma innanzitutto ricostruzione economica e sociale).

Noi chiediamo che sia chiamato il Paese, che siano chiamati i disoccupati, i sottoccupati, i pensionati, i senza casa, le vittime di questo regime di corruzione e di dissesto, a compiere una scelta, piuttosto che continuare ad essere subalterni nel lamento, nella rabbia, nella disperazione: questo è il quadro all'interno del quale nascono le ribellioni violente, quella terroristica compresa.

Sicché rivolgo un appello a queste categorie, che rappresentano decine di milioni di famiglie di questo Paese. Queto Paese ha al massimo dieci milioni di persone non toccate dalla crisi, dieci milioni di persone che consentono di ignorarla, perché il cuore, il centro della città moderne non è altro che la Città-spettacolo che opera e vive nei centri storici, vetrina ancora delle nostre città. Dietro le vetrine, poi, ci sono i retrobottega delle evasioni fiscali, delle somme all'estero, delle barche con bandiera panamense e via dicendo...

A questi milioni di famiglie va il nostro appello a rendersi conto che solo loro possono scegliere: e la scelta è fra il lasciare centomila miliardi di spese in armamenti per il prossimo triennio (più altri centomila che reperiremo e preciseremo entro trenta giorni) o se questa cifra debba essere spesa investendola nella crisi sociale, per le pensioni, per la casa, per la disoccupazione, per creare cioè occupazione e il diritto all'occupazione, per dare quella riforma qualitativa e quantitativa delle pensioni senza la quale non si esce dalla stretta della mancanza del companatico e dell'ipoteca sul pane, per frange non marginali di pensionati.

All'Italia del giusto lamento e della pericolosa disperazione il Partito Radicale dice: "Sta a voi indicare dove si reperiscono le volontà politiche e dove i denari, perché quello che voi volete e di cui avete bisogno sia assicurato".

Il contesto di questa proposta elettorale del Partito Radicale è, reste e resterà, quella di un'alternativa di governo della sinistra. Da questa piattaforma di deresponsabilizzazione dei ceti proletarizzati del nostro paese - gran parte dei ceti medi, non poca parte della stessa borghesia (perché essere sottoproletarizzati significa semplicemente essere oggetto di politica e non soggetto di politica ad ogni livello) - noi passiamo la mano, e diciamo che la scelta devono farla loro e diamo loro la possibilità: diciamo e ribadiamo che il programma di governo che verrebbe a delinearsi deve marciare sulle gambe dell'unità democratica, laica, socialista, umanista, internazionalista della sinistra nelle sue componenti, ma soprattutto nelle sue ispirazioni e aspirazioni libertarie, democratiche, socialista, laica e cristiana.

Quindi elezioni nuove, nuovo tipo di elezioni. Cifreremo i costi dei posti di lavoro; prepareremo da qui a ottobre, a novembre, tutto questo; ma adesso la scelta elettorale è già posta. I ceti proletarizzati devono dire dove si devono trovare le volontà politiche, e i denari per quello che chiedono; e allora già diciamo che ci sono i centomila miliardi, in lire '83 a "dollaro fermo", che devono essere strappati alla loro destinazione che non solo Giovanni Paolo II dichiara folle (i folli armamenti) per essere riportati nell'investimento produttivo e sociale capace di "ricostruire" lo Stato, perché la classe dirigente postfascista sta lasciando il Paese, come quella fascista, in rovina.

 
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