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Cicciomessere Roberto - 1 luglio 1982
L'ITALIA ARMATA: Capitolo 17 - Servitù militari (cap. 2808)

SOMMARIO: Il maggior danno provocato dalle servitù è il mancato sviluppo di attività agricole, industriali e turistiche. - La maggiore potenza dei mezzi bellici porterà ad un aggravamento della situazione. - L'aumento degli indennizzi per gli espropri è una tattica instaurata per mettere a tacere l'opposizione degli enti locali. - I pesi gravanti sulle popolazioni restano sostanzialmente immutati, con tendenza semmai ad aggravarsi. - I comitati misti paritetici, istituiti con la legge 898 del 1976, non hanno modificato il regime delle servitù militari, soprattutto perché in essi predominano i militari, che tra l'altro negano le informazioni fondamentali agli altri membri civili, impossibilitati così a valutare le proposte sulle quali dovrebbero pronunciarsi. Prevale così la volontà dei militari, anche quando contrasti con gli interessi della regione. - Stridenti le incompatibilità tra esigenze delle forze armate e civili. 23 dei 46 poligoni militari del Friuli-Venezia Giulia in contrasto con il piano urbanis

tico regionale, approvato dal governo nazionale. - Apparenti i dati sulla riduzione delle aree sottoposte a servitù militare, anche perché i territori dismessi in una regione sono recuperati dall'ampliamento dei poligoni di tiro in altre regioni. - Gli operatori locali vorrebbero la cessazione delle servitù, ma non dei benefici concreti che queste arrecano. E' una contraddizione che favorisce il militarismo e l'ampliamento delle servitù. - Gli amministratori locali, rifiutando pregiudizialmente di ridiscutere l'utilità degli eserciti, contribuiscono a far fallire le lotte delle popolazioni contro le imposizioni militari. - Solo per l'ostruzionismo radicale il ministro della Difesa ha consegnato al Parlamento le prime informazioni sui territori sottoposti a limitazioni. Inattendibili però molti dei dati forniti: così, ad esempio, l'area laziale occupata dai poligoni sarebbe, secondo l'autorità militare, di 6360 ettari, mentre secondo un documento della Regione sarebbe di 42.358 ettari. - In Sardegna, Lazio e

Campania raddoppiate le servitù e le aree poligonali".

("L'ITALIA ARMATA" - Rapporto sul ministero della guerra - di Roberto Cicciomessere - Gammalibri, Milano, luglio 1982)

Monetizzazione dei disagi per vincere l'opposizione

E' difficile quantificare il costo sostenuto dal Paese a causa delle servitù militari imposte in vaste aree del territorio. Anche perché, nella maggior parte dei casi, bisognerebbe parlare di mancato guadagno, di mancato sviluppo di attività agricole, industriali, turistiche. L'insediamento di Enti e poligoni militari, a fronte dei minimi vantaggi procurati agli esercizi commerciali per la presenza dei militari, ostacola infatti lo sviluppo produttivo di regioni che solo da alcuni anni hanno iniziato il loro decollo economico. E' il caso della Sardegna, il cui territorio è vincolato per un terzo da servitù militari, e dello stesso Friuli dove gli amministratori locali hanno avviato una lotta con l'Amministrazione militare per il recupero produttivo di aree indispensabili per lo sviluppo economico della regione.

La situazione è destinata ad aggravarsi sia in relazione alla maggiore potenza e gittata dei nuovi mezzi bellici che richiedono più vaste superfici per le attività addestrative, sia in conseguenza delle norme contenute nella legge del 76 che obbligano la trasformazione dei poligoni stagionali in poligoni permanenti. Vengono così eliminate le pur precarie possibilità di »convivenza fra attività militari e civili e, d'altro canto aumentano i disagi delle popolazioni che vivono in prossimità di quei poligoni permanenti dove sono concentrate, 365 giorni all'anno, le attività addestrative condotte con strumenti bellici ad alto rischio.

Gli stanziamenti iscritti nel capitolo 2808 per gli indennizzi conseguenti all'imposizione delle servitù militari coprono quindi solo una parte dei danni procurati all'economia del Paese.

Come per gli altri capitoli analizziamo lo sviluppo decennale delle previsioni di spesa iscritte, per competenza, nel capitolo 2808.

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TABELLA N. 46

In milioni di lire

%

1973 * 635 -

1974 * 635 -

1975 635 -

1976 635 -

1977 635 -

1978 1.500 136,2

1979 2.000 33,3

1980 2.000 -

1981 3-000 50

1982 4.500 50

% = percentuale di incremento annuo.

* Negli stati di previsione della spesa degli anni 1973 e 1974 il Capitolo di spesa era il 2410.

- Legge di copertura n. 898 del 1976: »Nuova regolamentazione delle servitù militari .

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La lettura delle cifre contenute nella tabella precedente è molto semplice: l'incremento del 1978 corrisponde alla prima applicazione della »riforma del 1976, che ha elevato il valore degli indennizzi per gli espropri e i danni conseguenti all'imposizione delle servitù militari: l'aumento del 50% degli stanziamenti per gli anni '81 e '82 fa seguito alla politica del Ministro Lagorio tendente a ridurre l'opposizione degli Enti Locali alle limitazioni imposte dai militari, attraverso la monetizzazione dei disagi. Il trasferimento nelle casse comunali di rilevanti fondi è la strada seguita con successo anche dall'Enel per vincere le resistenze popolari alla installazione delle centrali nucleari.

Non sono mutati con la »riforma i pesi che gravano sulle popolazioni

Affrontiamo adesso il problema delle servitù militari così come oggi pesano sulle varie regioni d'Italia, tenendo in evidenza in particolare quelle regioni (ci riferiamo al Friuli-Venezia Giulia, alla Sardegna e al Lazio), che più hanno subito e subiscono i gravami che le servitù impongono. Infatti la legge 898/76, riassumendo le diverse leggi precedenti esistenti in materia, ha tentato di modificare in positivo il regime delle servitù militari, introducendo:

a) i comitati misti paritetici;

b) la programmazione delle esercitazioni e i poligoni permanenti;

c) l'automaticità ovvero la maggiore snellezza negli indennizzi che spettano non soltanto ai proprietari delle aree e degli immobili asserviti, ma anche ai comuni con territori asserviti.

La legge ha tenuto in parte conto - ad esempio per quanto riguarda la costituzione dei comitati misti paritetici - di quella che era una prassi già introdotta nella regione Friuli-Venezia Giulia, dove ancora prima dell'entrata in vigore della legge, si tenevano riunioni tra militari e funzionari regionali per risolvere il problema della dismissione di aree asservite.

Oggi, a oltre cinque anni dall'entrata in vigore della legge, non si può dire che sostanzialmente siano mutati i »pesi che gravavano precedentemente sulle popolazioni. Si è sviluppato infatti un continuo dibattito, in varie sedi, sull'applicazione di questa legge, il che da un lato testimonia che il problema è ancora vivo e quindi seguito dalle popolazioni interessate e dalle istituzioni, dall'altro dimostra che in cinque anni non si sono risolti quei nodi per i quali la legge era stata approvata.

Nel proporre altre osservazioni sui risultati dell'applicazione della legge e sulla attuale situazione delle servitù militari, terremo presente il dibattito che si è svolto nei due più importanti convegni tenuti sull'argomento:

- Bologna, 17 novembre 1979, convegno organizzato dalle regioni Toscana, Emilia Romana e Friuli-Venezia Giulia sul tema »I problemi delle servitù militari e la riforma del demanio militare ;

- Roma, 5/6 maggio 1981, »conferenza nazionale sulle servitù militari , promossa dal Ministero della Difesa di intesa con le Regioni.

I »pesi , per quelli che nella precedente come nell'attuale legislazione sono definiti »comuni militarmente importanti , sono rimasti pressoché identici.

Per esempio nel Friuli-Venezia Giulia, in provincia di Udine, 21 comuni sono ricompresi ancora in questa categoria, due in provincia di Gorizia e uno in quella di Trieste: resta inalterato quindi il loro numero rispetto alla precedente legislazione.

Il totale della superficie asservita - ci riferiamo ancora al Friuli-Venezia Giulia - è sceso da 38.287 ettari del 1/10/73 pari al 4,9% (provincia di Gorizia 17,7%) della superficie complessiva a 18.231 ettari del 1/10/80 pari al 2,3% (provincia di Gorizia 8,2%).

Le riduzioni sono state però realizzate lì dove le autorità militari hanno voluto e su terreni che già prima erano relativamente poco gravati dalle stesse servitù.

I comitati misti paritetici dominati dai militari

Questa considerazione ci consente una prima verifica sulla innovazione principale della legge e cioè sui comitati misti paritetici regionali. E' stato da tutti rilevato che questi organismi hanno funzionato poco, per una serie di motivazioni:

- lo stato di non pariteticità effettiva dei rappresentanti civili, all'interno del comitato;

- la presidenza militare del comitato;

- l'imposizione dell'ordine del giorno delle sedute da parte dei militari;

- la presentazione degli argomenti da discutere direttamente nel corso della riunione, senza la preventiva presentazione dei documenti ai membri civili che risultano così impossibilitati a valutare preventivamente le proposte avanzate dai militari;

- il fatto che i membri civili del comitato, pur se nominati dal Consiglio regionale, non dispongono degli strumenti indispensabili per consultare la Giunta e il Consiglio regionale e neppure le comunità locali e le organizzazioni sociali e culturali.

Accade così che i rappresentanti civili del Comitato, in presenza di tali difficoltà, tendano ad adeguarsi alle proposte dei militari, anche se contrastanti con le esigenze e gli interessi della regione che rappresentano, per assoluta mancanza di informazioni. Molto spesso accade che non possano neppure verificare la esattezza delle informazioni fornite dai militari. Per esempio il Comitato peritetico della regione Lazio ha approvato l'estensione del poligono di Foce Verde sulla base di mappe predisposte dalle autorità militari nelle quali non era indicata l'esistenza, a poche decine di metri dal poligono, di una centrale nucleare.

Altro elemento di confusione è dovuto al fatto che i comandi territoriali militari non corrispondono alle giurisdizioni regionali e quindi hanno una giurisdizione sovraregionale, oppure che la regione è sottoposta alla competenza di due regioni militari diverse, come la Lombardia che è divisa, per competenza, fra la regione militare nord-est e la regione militare nord-ovest.

Sono stati poi completamente ignorati o sottovalutati alcuni dei più importanti compiti attribuiti dall'art. 3 della legge 898/76 ai comitati misti paritetici: la programmazione e definizione delle più importanti esercitazioni (periodo, luoghi, durata).

Il Comitato dovrebbe poi definire la localizzazione e il numero dei poligoni. Ma dalla relazione tenuta al convegno di Roma del 5/6 maggio '81 dal Gen. C. A. Luigi Poli, si rileva che l'esercito avrebbe bisogno di altre 800 giornate/poligono per le esigenze di addestramento, e che l'attuale disponibilità di 2.000 giornate/poligono annuali, tra permanenti, semipermanenti e occasionali, sarebbe insufficiente.

Contrasti stridenti tra esigenze militari e civili

Esistono però incompatibilità stridenti tra le esigenze delle Forze Armate e quelle civili. Ad esempio in Friuli-Venezia Giulia, su 46 poligoni permanenti, semipermanenti, occasionali, demaniali e non, ben 23 si pongono in contrasto con il Piano Urbanistico Regionale, approvato nel 1978 dal Governo nazionale. Non abbiamo del resto motivi per non ritenere attendibili le richieste del Gen. Poli in relazione alle accresciute esigenze addestrative delle Forze Armate conseguenti all'acquisizione di nuove tecnologie militari. In particolare le esigenze di ampliamento dei poligoni per le artiglierie sono conseguenti all'aumento di gittata dei nuovi sistemi d'arma. E' anzi prevedibile che nel futuro queste esigenze aumentino. Non è un caso che il presidente della regione Friuli-Venezia Giulia abbia colto »realisticamente in pieno l'ineluttabilità di questa linea di tendenza delle Forze Armate, rimuovendo, nel corso del convegno sulle servitù militari del maggio '81, tutti gli elementi di opposizione che sono cresci

uti, in maniera spontanea o organizzata, in questi ultimi vent'anni di storia politica di quella regione. Ha chiesto infatti, senza mezzi termini e subito, sostanziose »compensazioni finanziarie così come è previsto, seppur in modo limitato, nella legge 898.

Bisogna perciò prendere atto che il problema delle servitù militari non potrà essere risolto dalle presunte razionalizzazioni delle attività addestrative o dalla redistribuzione nel territorio italiano dei poligoni, ma solo da un ripensamento sulle dimensioni e sulle funzioni dello strumento militare.

Anche i dati sulla riduzione delle aree sottoposte a servitù militari rischiano di divenire solo apparenti: i territori dismessi dai militari in una regione sono infatti immediatamente »compensati dall'ampliamento dei poligoni in altre regioni. E' il caso, per esempio, del Lazio nel cui territorio è prevista la occupazione di 42.000 ettari per nuovi poligoni (vedi allegato n. 17.2). Anche nel Friuli vi è la fondata prospettiva di vedere assoggettata a servitù una superficie pari alla metà delle aree dismesse, per asservirle alle esigenze di sicurezza dei quattro depositi avanzati, di cui abbiamo trattato nel capitolo n. 10 (S. Vito al Tagliamento, Morsano al Tagliamento, Teo-Ronchis di Latisana e Osoppo - l'ultimo forse annullato). E' necessario precisare che l'Italia ha concordato in ambito Nato la costruzione di 16 depositi avanzati »per l'accantonamento delle scorte e dei prevedibili quantitativi di materiali per i rinforzi esterni .

E' necessario poi rilevare che la dismissione di alcune aree non ha modificato i modelli di vita e di sviluppo determinati dalla ingombrante presenza militare. E ci riferiamo a quelle implicazioni economiche, sociali, culturali, psicologiche determinate dalla forzata convivenza con la preparazione della guerra, dalla rassegnata accettazione alle limitazioni imposte - per esempio nel Friuli - sul presupposto che queste regioni siano permanentemente il »retrovia di un fronte costantemente minacciato dal »nemico . L'esercito rischia così di divenire componente insostituibile di una economia locale fondata sui consumi individuali di alcune migliaia di militari e sugli indennizzi e sulle »compensazioni elargite dalla Difesa. Sempre riferendoci al Friuli, proviamo a pensare all'incidenza dei circa 110 miliardi, percepiti annualmente dai 54.000 militari italiani, sull'attività commerciale locale.

Bisogna precisare a questo proposito che questi trasferimenti incidono in maniera irrilevante sull'economia locale, perdipiù interessando solo il settore del commercio. Ma il potere politico connesso alla gestione dei mille rivoli di spesa militare, sostenuto dai molti usufruttuari dei profitti »patriottici , amplificato dai vari clubs o clientele di nostalgici, ex combattenti, militari, è in grado di condizionare le scelte strategiche in modo assolutamente sproporzionato alla sua rappresentanza di reali interessi economici.

Le comunità interessate dalle servitù militari si dibattono quindi nella insanabile contraddizione di voler contestualmente, ridurre i fastidi procurati dalla presenza dei militari, senza peraltro rinunciare ai »benefici . L'aspirazione, insomma, sarebbe quella di avere molti militari che spendano generosamente i loro stipendi in loco, che dipendano, per gli approvvigionamenti, dall'economia locale, ma che non provochino danni con le loro fastidiose esercitazioni belliche.

E' il caso, per esempio, del poligono di Persano, da tutti osteggiato perché impedisce la cultura di terreni fertilissimi. Con la stessa forza tutti si oppongono però al trasferimento delle truppe carriste di stanza a Caserta.

Hanno a questo punto buon gioco i militari nel contrastare queste resistenze alle servitù militari, sia dichiarandosi disponibili ad ogni altra alternativa che gli Enti locali fossero disposti ad offrire per le esigenze addestrative, che prospettando una maggiore monetizzazione dei disagi sofferti dalle popolazioni.

Il rifiuto pregiudiziale di ridiscutere la stessa utilità della esistenza di eserciti armati, che gli amministratori locali »vantano nei convegni pubblici per non rischiare di confondersi con gli antimilitaristi radicali, destina al fallimento ogni pur sacrosanta lotta delle popolazioni locali contro le imposizioni militari. La prova del velleitarismo dell'azione condotta dagli amministratori per ridurre i danni delle servitù militari sta tutta nell'analisi delle cifre che dimostrano la progressiva e più rigida militarizzazione di ampi territori italiani.

Scomparsi 91.000 carabinieri e 20.000 militari delle altre armi

Prima di passare all'analisi dei dati disponibili, bisogna ricordare che fino al gennaio del 1980 il Parlamento non era riuscito ad ottenere dal Ministro della difesa gli elementi informativi indispensabili per valutare il »peso delle servitù. Solo l'ostruzionismo del gruppo radicale che si era opposto ad ogni attività legislativa sulla materia, in assenza degli elementi conoscitivi richiesti, ha costretto il Ministro a consegnare al Parlamento le prime notizie dettagliate sui territori sottoposti alle limitazioni militari.

La prima voce della tabella (n. 47) che segue (ettari asserviti prima della legge n. 898/76 è stata compilata sulla base dei dati forniti nel gennaio 1980 dal Ministro della difesa. Dalla stessa fonte informativa provengono le cifre degli ettari asserviti nel 1979, contenute nella tabella riportata dall'Annuario dell'ISTRID (allegato n. 17.1). Nella tabella che proponiamo (n. 47) abbiamo invece preferito confrontare i dati del periodo precedente alla emanazione della legge 898 del 1976, con quelli risultanti da un documento dello Stato maggiore della difesa distribuito nel corso della Conferenza nazionale sulle servitù militari del maggio 1981, che sono aggiornati al 1980 e meglio articolati in relazione ai diversi tipi di asservimento del territorio, alla presenza dei militari nelle diverse regioni e agli indennizzi effettuati.

Come spesso accade per le informazioni fornite dall'Amministrazione della difesa, dobbiamo avanzare serie riserve sull'attendibilità dei dati riportati in tabella. Dobbiamo precisare che nel citato documento dello Stato maggiore della difesa non era contenuto lo schema riassuntivo che abbiamo elaborato, ma solo i dati relativi ad ogni regione.

Sommando infatti le singole presenze regionali di militari indicate dallo S.M.D. risulta la cifra di 366 mila persone. Poiché il documento precisa che le cifre sono »riferite al personale - Ufficiali, sottufficiali e Truppa - presente nella Regione (il dato è arrotondato al migliaio) , non è chiaro dove siano scomparsi i 91 mila carabinieri e i circa 20 mila militari che concorrono a formare la »forza di 474 mila uomini dichiarata nel 1980.

Così come per gli indennizzi che, viene precisato, »sono riferiti alle attività svolte nel 1980 , non è facilmente spiegabile come abbia potuto l'Amministrazione militare pagare circa 10 miliardi a fronte di una autorizzazione di spesa di 2 miliardi contenuta nel bilancio di previsione del 1980.

Ulteriori sospetti sulla sottostima delle servitù emerge dal confronto degli ettari di territorio laziale utilizzati per i poligoni, indicati nel documento dello Stato Maggiore, con quelli riportati nel documento n. 17.2 allegato, del VII Comando militare territoriale. Mentre infatti nella tabella si afferma che i territori occupati dai poligoni, riferiti alle aree demaniali e non, assommerebbero a 6.360 ettari, nel documento della Regione Centrale si comunica al Presidente della Regione Lazio la »determinazione di utilizzare aree/poligono per complessivi 42.358 ettari. Anche sottraendo le aree a mare (ma in questo caso sarebbe alterato il confronto con i dati relativi alla situazione delle servitù nel periodo precedente all'approvazione della legge), il conto non torna.

Se si sommano quindi tutte le aree sottoposte alle diverse limitazioni militari, tenendo presente che i poligoni occasionali non solo sono stati trasformati, in gran parte, in poligoni permanenti, ma che si è proceduto ad una estensione delle zone in cui viene svolta attività di fuoco, risulta che non vi è stata riduzione nella militarizzazione del territorio ma solo una diversa ridistribuzione dei »pesi che gravano su ogni singola regione.

La Sardegna, il Lazio e la Campania hanno visto infatti raddoppiare le loro servitù militari e la estensione dei poligoni.

Sono quindi confermate le considerazioni svolte precedentemente sulla ovvia impraticabilità di una azione di riduzione del peso sulla collettività dell'apparato militare in presenza di un processo di rafforzamento e di riarmo delle FF.AA. Ma la necessità di dimostrare questa scontata proposizione, attraverso gli stessi documenti dell'Amministrazione della difesa nasce esclusivamente dal fatto che, non solo il Ministro della difesa, ma anche i »padrini politici della legge 898 del 1976, e cioè i partiti della »unità nazionale , continuano a sostenere, senza essere smentiti, che si sarebbe proceduto ad una riduzione della militarizzazione del territorio, in forza di una grande legge riformatrice.

Per ultimo solleviamo alcuni interrogativi sulla distribuzione degli indennizzi fra le varie regioni, premettendo che il relatore di minoranza non è in grado di fornire alcuna risposta.

Ci riferiamo alla »stranezza costituita dalla sproporzione fra gli indennizzi concessi alla regione Emilia Romagna che, con circa 7 mila ettari sottoposti a servitù e un numero limitato di poligoni, ha ottenuto la erogazione (a privati e Enti locali) di circa 2 miliardi nel 1980, mentre il Friuli o il Lazio, con una superficie asservita di molte volte superiore, sono stati beneficiati da cifre sensibilmente inferiori.

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TABELLA N. 47

N. ettari asserviti prima della Dati forniti dal Ministero della Difesa nel maggio 1981

legge n. 898/76 alla Conferenza nazionale sulle servitù militari

---------------------------------------- --------------------------------------------------------------------------------

POLIGONI

--------------------------- Presenza Inden-

Regione Esercito Marina Aero- Totale Servitù Dema- Even- Aree militare nizzi

nautica militari niali in tuali Occa- adde- (ufficiali, (1980)

tutto o sgom- sionali strative sottuff., in mi-

in parte beri truppa) lioni

VAL D'AOSTA 37 - - 37 41 60 390 2.300 - 2.000 1

PIEMONTE 1.558 - 18.140 19.698 1.539 1.510 100 16.640 120 29.000 340

LIGURIA 892 500 12.485 13.877 264 30 800 1.200 480 17.000 50

LOMBARDIA 6.051 - 26.192 32.243 5.601 20 - 3.580 740 22.000 940

TRENTO PROV. 295 - 276 20 - 24.050 400 3.000 2

1.478 6.990

BOLZANO PROV. 5.217 - 2.199 20 - 9.170 50 12.000 50

VENETO 13.071 1.212,4 69.018 83.301,4 12.359 50 50 31.026 2.320 39.000 3.460

FRIULI V. G. 37.916 - 42.065 79.981 19.161 3.766 4.710 17.040 12.300 54.000 1.100

EMILIA ROM. 6.755 - 22.470 29.225 6.978 180 220 1.860 80 19.000 1.960

TOSCANA 988 18.600 93 19.681 2.357 40 1.480 9.300 450 23.000 150

MARCHE 10 1536 5.900 7.446 1.316 2.410 300 1.710 - 8.000 180

UMBRIA 323 32,8 - 355,8 565 10 720 4.500 - 4.000 20

LAZIO 7.931 1.006,3 4 8.941,3 16.172 6.360 4.590 2.780 1.990 57.000 880

ABRUZZO 65 - 2.700 2.765 227 4 2.410 15.470 700 5.000 230

SARDEGNA 2.290 4.359,56 80 6.729,56 11.243 21.660 4.350 1.100 - 11.000 110

MOLISE - - - - - - - 1.800 - 1.000 40

CAMPANIA 475 516,1 112 1.103,1 3.519 580 2.370 780 450 22.000 490

PUGLIA 377 11.161 12.227 23.765 10.330 460 4.010 17.500 1.190 20.000 220

BASILICATA 139 - - 139 140 40 1.760 9.756 - 1.000 60

CALABRIA 177 - 750 927 751 10 10 1.800 - 2.000 10

SICILIA 589 3.232 8.296 12.117 8.026 490 20 5.800 20 15.000 320

TOTALE 85.156 42.156,16 222.010 349.324,16 103.064 37.720 28.290 179.162 21.290 366.000 10.613

 
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