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Sechi Salvatore - 30 ottobre 1982
Una pericolosa trasformazione
di Salvatore Sechi

SOMMARIO: Il recente congresso del partito radicale sembra aver chiuso il ciclo "movimentista": ormai, accanto al "craxismo", al "berlinguerismo", ecc., "ha preso corpo una sindrome da leadership definibile come pannellismo": "questa parabola è una brutta fine", e non solo per i radicali. All'interno del partito c'è una polemica di "avvilente stalinismo". "C'è - si domanda l'articolista - un'ossessione di tipo egemonico nella volontà di Pannella" a monopolizzare i Congressi, le video-cassette, ecc.?; vengono attaccati e insultati giornalisti, deputati, giornali "un tempo amici diletti" e lo stesso PSI qualificato come "nuovo fascismo"; il finanziamento pubblico viene utilizzato "attraverso la foglia di fico" dei contributi a Teleroma 56, alle radio, ecc.; il principio della rotazione dei parlamentari non ha prevalso sulla volontà di "autoperpetuazione". Di queste contraddizioni, una forza libertaria "può morire". Comunque, finita la stagione dei referendum sui diritti civili, ora "è fiorita quella della moti

vazione etica", la fame nel mondo, ecc., ma allora tanto vale "non presentarsi alle elezioni".

(SECOLO XIX, ottobre 1982)

Il Congresso del Partito radicale sembra destinato a chiudere un ciclo. La figura inedita di movimento capace di dare identità collettiva ai bisogni trascurati delle organizzazioni politiche tradizionali, cede il passo alla figura più banale del partito o peggio alla sua identificazione nella figura fisica di Marco Pannella. Accanto al craxismo, al berlinguerismo, al demitismo, ha preso corpo - molto più del solito - una sindrome da leadership definibile come pannellismo.

Senza mettere in discussione i meriti di Marco Pannella, questa parabola del radicalismo è una brutta fine. Non solo per i militanti del Pr. Quando una speranza di cambiamento, l'abbozzo di un'alternativa (seppure condotta da un partito postal-market o televisivo, come dice Crivelli) al potere degli apparati e delle macchine elettorali rinsecchite, sono i peggiori vizi del nostro sistema politico a uscirne rafforzati se non addirittura nobilitati. L'osso che si disputano i dirigenti radicali in questi giorni sono i 2 mila iscritti. Poiché i sondaggi elettorali attribuiscono al Pr il 3.5 dei voti, siamo di fronte ad un classico partito di quadri. Come il Partito comunista d'Italia a metà degli anni Trenta. Se fosse vero - come ha scritto il vicesegretario Francesco Rutelli - che il problema del Pr è di avere accesso, vincendo un certo strangolamento che fino ad oggi c'è stato, ai mass media, non si spiega l'avvilente stalinismo della polemica interna. C'è un'ossessione di tipo egemonico nella volontà di Panne

lla di monopolizzare i Congressi regionali, ?? diretti, le video-cassette, di riascoltare ?? al pubblico - i discorsi del 1976, di ?? oppositori interni, vecchi e nuovi, di stabilire ?? picchiettando certezze.

Un polemista efficace come Walter Vecellio, è stato liquidato come "lanciatore di sterco". Aveva avuto l'impudenza di rendere pubblica la propria denuncia dei limiti dell'attuale politica della segreteria radicale. Alle volgarità consuete contro Ramadori e Laurini si sono aggiunte la caccia alle streghe contro alcuni deputati "moribondi" (Aiello, Boato e Pinto), contro quotidiani un tempo amici diletti (come "Il Messaggero") e contro il Psi qualificato - non diversamente dal Pci - come "nuovo fascismo".

Il finanziamento pubblico al partito, respinto in via di principio, viene in pratica utilizzato a piene mani dal gruppo dirigente attraverso la foglia di fico (scarsamente pudica) dei contributi a Tele-Roma 56, le radio radicali, i centri collegati ect. Il principio della rotazione dei parlamentari non ha prevalso sulla volontà dell'auto-perpetuazione di deputati senatori. La politica dell'alternativa di sinistra è stata lastricata da una campagna di criminalizzazione di tutti i possibili interlocutori: dal Pci al Psi, dal Pdup a Sinistra Indipendente.

Di queste macroscopiche contraddizioni, una forza libertaria può semplicemente morire. Lo ha rilevato di recente proprio il redattore di "Quaderni radicali", Walter Vacellio: "Al Pr dei diritti civili e delle battaglie laiche, della difesa dell'ambiente e dell'alternativa alla Dc se ne sta sostituendo un altro, una sorta di setta religiosa, intollerante all'esterno e all'interno, che ha come unico prevalente cemento unificante l'identificazione nella figura del leader".

Avendo perso la capacità di essere la cartina di tornasole dei cambiamenti sociali, i radicali non sono più di moda. La loro crisi non è però un loro affare interno, di "ultimi moicani" della non-politica. Ci riguarda in qualche misura tutti. E' entrata infatti in un vicolo cieco la possibilità (l'unica sperimentata in Italia) di sfondare il modello partitocratico di fare politica.

Dopo la stagione dei referendum sui diritti civili (divorzio, aborto, pena di morte, codice Rocco, nucleare ect.), è fiorita quella della motivazione etica: lotta contro la fame, le spese militari, diritto alla vita. Si tratta di fini tutti "non negoziabili", come dicono i sociologi. Ma se non si vogliono commisurare i mezzi ai fini, tanto vale non presentarsi alle elezioni come - secondo Gialuigi Melega - sembra volere Pannella.

L'alternativa di sinistra continua però ad essere la linea - per la verità a giorni dispari - dei radicali. In questo caso sarebbe bene cessare di praticare comportamenti del tipo "molti nemici molto onore" e di demonizzare le armi costituzionali ed elettorali dell'alternativa. L'unità della sinistra ha bisogno delle tematiche universalistiche (pace, qualità della vita, disarmo ect.) dei radicali. Non credo abbia invece alcun bisogno di un partito che scimmiotti quelli grandi nelle lotte interne di potere e nella ricerca plateale del carisma del capo.

 
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