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Negri Tony - 20 gennaio 1983
Toni Negri: perché sì alla candidatura radicale
Dagli scritti dei detenuti "7 aprile"

di Antonio Negri

SOMMARIO: La candidatura offerta dai radicali sul caso "7 aprile" riprende la tradizione socialista di affermare la libertà politica. Il partito radicale ha tenuto alte bandiere che noi pure abbiamo portato, ma per impazienza, per mancanza di lucidità, per colpevole ambiguità abbiamo tollerato che fossero infangate. Non esistono scorciatoie: solo una democrazia radicale può rispondere ai bisogni della gente di essere libera e di rimanere viva.

(NOTIZIE RADICALI n. 3, 20 gennaio 1983)

("Toni Negri accetta la candidatura nelle liste radicali. Insieme ai suoi compagni, detenuti del 7 aprile, lo motiva in due lunghi articoli che compaiono questa settimana sulla rivista radicale "La Pallacorda", unitamente ad un ampio dossier sull'affare 7 aprile, dei quali pubblichiamo qui alcuni stralci:")

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"E' un'offerta che accetto, che accettiamo - scrive Toni Negri - per infinite ragioni. Molte le avete già espresse voi motivando la mia presentazione: essa deve rappresentare la ripresa della tradizione socialista di affermare la libertà politica davanti ai processi liberticidi, essa deve significare la protesta contro procedure eccezionali di persecuzione politica e giudiziaria, essa deve costruire un rapporto di forza anche all'interno del processo 7 aprile... Ma vorrei aggiungerne alcune altre che si legano alle posizioni politiche mie e di alcuni miei compagni, e che spiegano la non-contraddittorietà di aderire alla proposta... Non voglio fare un'apologia del Partito Radicale... mi basta affermare che il PR ha sempre tenuto diritte bandiere che noi pure abbiamo portato ma che talora per impazienza, per mancanza di lucidità, per colpevole ambiguità abbiamo tollerato che fossero infangate. Si tratta di battaglie di libertà, di battaglie di comunità, di battaglie contro un destino di distruzione e di miseri

a che il sistema di potere ogni giorno ci costruisce e ci promette per l'avvenire... Ma è avvenuto che molti di noi, vivendo un'ansia di trasformazione che pur rivendichiamo come fatto che abbiamo organizzato nelle masse e fatto vivere in alcune grandi vittorie, pure abbiamo man mano perduto la capacità di riprodurre quest'ansia e questa forza in forma politicamente corretta. Non così è avvenuto a voi. Da quel che ne capisco, fra l'infinite difficoltà, fra innumerevoli e sempre ripetute provocazioni, siete comunque riusciti a costruire un partito: una forza aperta a tutto quel che correttamente si organizza e vuole esprimersi. Le battaglie referendarie, la battaglia contro la fame nel mondo, i vari grandi episodi della presenza radicale nella lotta contro lo sfascio politico, contro l'emergenza fascistizzante, per tutte le libertà e per una prospettiva riformatrice, costituiscono un patrimonio che difficilmente potrà essere disperso... credo fermamente che sul piccolo motore della politica radicale possano a

gglomerarsi molte delle istanze di trasformazione che i miei compagni ed io, e le generazioni delle quali siamo il prodotto, nutrono. Dentro la crisi del modo di produzione, dentro la terribile prospettiva di guerra che da questa crisi emana, noi troviamo così il primo moltiplicare di una proposta unitaria. E' una forma generale del sentire politico, questa, di un sentire la trasformazione come necessità. E, in secondo luogo, di vederla come cosa che vuole essere direttamente gestita dalla gente: dalla gente che soffre, dalla gente che lavora duramente e che ha ormai compreso che solo la soluzione di alcuni problemi fondamentali che attengono alla riproduzione della vita può permettere alla democrazia stessa di vivere, in forme non mistificate...

No, non esistono scorciatoie: solo una democrazia radicale può rispondere ai bisogni della gente di essere libera, e di rimanere viva...

Io credo che si tratta di camminare assieme su questa strada. Certo, non voglio confondere la mia posizione, che resta e resterà sempre collegata al progetto della costruzione di un nuovo movimento operaio, con la vostra, cari amici e compagni radicali. Né credo che voi vogliate in alcun senso confusioni. Sono convinto che la specificità della mia esperienza non sia contraddittoria con lo spirito di trasformazione e con il metodo politico che vi caratterizza. Anzi. Se mi è possibile, aggiungo una speranza: ed è che quanto io ed alcuni miei compagni sentiamo non sia un episodio ma un indice di quello che sentono e vogliono le generazioni delle quali siamo prodotto, nella nostra fetta di esperienza. E che quindi la forza radicale possa essere aumentata e possa proporsi come coagulo e nuova possibilità di apertura politica per molti, molti compagni. La mia è speranza che si dia nuova speranza. Che la gente la smetta con tutti i settarismi, che capisca come oggi si possano rompere l'attesa ed il silenzio, come s

i possa riprendere a lottare. E che molti compagni capiscano che il Partito Radicale non ci offre libertà se non nella misura nella quale noi agiamo per l'unità, per la ripresa delle lotte, per la ricostruzione collettiva di un orizzonte di trasformazione. E' in questo modo, portando nell'adesione la consapevolezza e l'autocritica per molti errori compiuti, la simpatia per le battaglie di libertà riformatrici dei radicali, la speranza che un largo fronte di rinnovamento possa unificarsi e svilupparsi attorno alle prossime scadenze di lotta anche istituzionale - bon, è in questo modo che mi sembra si possa utilizzare la candidatura del Partito Radicale. Naturalmente la battaglia non aspettiamo che si sviluppi alla scadenza elettorale: ma già ora la facciamo, sempre e continuamente, soprattutto nel carcere e nei processi. I risultati della nostra battaglia non sono stati irrilevanti: anzi, la sconfitta del terrorismo passa soprattutto attraverso la campagna di dissociazione politica, contro l'infamia del penti

mento e contro l'irriducibilità armata, non basta davvero: è di una forza nuova, giovane, sincera, che abbiamo bisogno - il programma di libertà lo abbiamo nel cuore.

 
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