Queste elezionidi Angiolo Bandinelli
SOMMARIO: In queste elezioni i partiti concordi nel non dire nulla: si affidano a staff di esperti pubblicitari. La posta in gioco è drammatica. Ci si appresta a spogliare istituzioni e Parlamento di poteri e di diritti, a imbavagliare completamente l'informazione, con l'obiettivo di far pagare al paese il prezzo della crisi. Le elezioni copertura formale alle manipolazioni previste.
(NOTIZIE RADICALI N. 8, 2 maggio 1983)
"Decidi DC". Questo è lo slogan con cui la DC chiederà, il 26 giugno, il consenso degli elettori, cercherà di limitare la disaffezione, combatterà la scheda bianca e nulla. Per concepirlo, staff di esperti e di pubblicitari sono stati ingaggiati, con budget milionari, pagati coi soldi, forse, del finanziamento pubblico. Solo la DC? No. Più o meno, tutti i pratiti hanno fatto altrettanto. Fin dalla sue prime battute, questa campagna elettorale non ha segreti.
Mai forse come in questa campagna i partiti sono concordi nel non dire nulla. Nulla sui programmi, nulla sugli schieramenti di governo che dovranno essere formati dopo le elezioni, nulla sulla scelte ideali da proporre al paese. Mai come in queste elezioni la partitocrazia ha esibito il suo volto unanimistico, la sua incapacità di proporre al paese indicazioni alternative. Mai, come queste, elezioni sono apparse inutili.
De Mita tallona Craxi. Craxi chiede via libera. Berlinguer propone oggi quello che ha respinto per lustri. I laici fanno la sceneggiata delle intese e del rigore. In questi giochi fatui ed elusivi si consuma questa vigilia elettorale. Ma, al di sotto, la posta in gioco è drammatica.
Lo sa bene la classe politica. Profondamente avvertita che il paese è sull'orlo della rovina, essa si appresta a trovare vie d'uscita all'inevitabile. Lo scenario è pronto: le istituzioni, dal governo al parlamento, messe in mora, spogliate di potere e diritti; l'informazione controllata e imbavagliata: vi sono tutte le condizioni necessarie perché sia possibile quell'attacco alle istituzioni e alla democrazia attraverso il quale si possa far pagare al paese il prezzo della crisi e del fallimento economico, produttivo, sociale. Le elezioni del 26 giugno dovranno servire solo a garantire una copertura di formale "consenso" alle manipolazioni previste dal sistema solidale della partitocrazia.
Ma lo sa bene anche il paese, la gente. E' di qui che nasce quella che non è generica "sfiducia", resa e tradimento della democrazia, ma primo e necessario gesto di dissociazione e di dissenso, di non collaborazione e di separazione di responsabilità dalla classe; la minaccia del voto bianco e della scheda nulla di milioni di cittadini di una parte cospicua, sicuramente, di quel 45 per cento di elettori che già oggi dichiarano che non voteranno.
Nello scontro tra la consapevolezza della gente e le paure della classe politica è il senso di queste elezioni; che sono importanti per quello che denunciano, non per le soluzioni che prospettano, e sono - ripetiamo - inesistenti. Esse sono state volute per consentire una provvisoria sistemazione degli equilibri partitocratici; ma, a poche ore dalla loro indizione, ci si rende già conto che non serviranno a raggiungere nessuno degli obiettivi prefissati. Da più parti, già si cominciano a prospettare, per il dopo 26 giugno, nuove provvisorietà, nuovi rinvii. Ecco perché i partiti si presentano vuoti di significato e di prospettiva.