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Sciascia Leonardo - 21 giugno 1983
ELEZIONI: A COLLOQUIO CON LEONARDO SCIASCIA. "SCHEDA BIANCA NO, VOTIAMO". DIFENDIAMO IL SISTEMA.

SOMMARIO: Al momento di lasciare il parlamento, "fa un bilancio". Domanda: è' stata utile l'esperienza da deputato? Risponde di sì, e consiglia "ad ogni cittadino di buona volontà" di farla. Si rallegra della presenza di intellettuali alle elezioni in corso, anche se teme che essi siano solo un "fiore all'occhiello". Non condivide l'indicazione a "non votare": pensa che vi siano rischi che la società italiana si trasformi in una società "totalitaria". Sulla mafia, ritiene che molti fiancheggiatori stiano prendendo le distanze, perché la mafia di oggi mette in pericolo "la stabilità economica e il prestigio" che essi hanno raggiunto.

Ancora: il mezzogiorno si sta sempre più allontanando dall'Italia a causa dell'"assistenzialismo" della DC. Infine, afferma che mnella sua relazione di minoranza in Commissione egli è arrivato ad una domanda che è anche una risposta:"come hanno fatto a non trovarlo?"

(AGENZIA RADICALE, Notiziario del Movimento Federativo Radicale, 21 GIUGNO 1983)

Roma, 21 giugno 83 - A.R.- "No, innanzi tutto bisogna dire che quando mi sono candidato ho dichiarato che avrei fatto il deputato soltanto per mezza legislatura, secondo la rotazione che era in uso tra i radicali. Invece a causa del prolungarsi dei lavori della commissione Moro, ho fatto quattro anni, fino a questo scioglimento anticipato. Detto questo, chiarisco anche che non ho mai pensato che lo stare nel consiglio comunale di Palermo o nel Parlamento nazionale fosse un modo di essere più impegnato. Il mio impegno è quello di scrittore".

Così risponde Leonardo Sciascia al "Mattino" che gli chiede se la sua rinuncia equivalga a un disimpegno o è dettata da pessimismo.

Domanda: "Lei chiude con il Parlamento e fa un bilancio. Ora ne sa di più . Crede che per ogni uomo o donna che voglia più capire, più sapere, più agire, sua utile esperienza che lei ha fatto da deputato?"

Sciascia: "Si. La consiglierei ad ogni cittadino di buona volontà e capacità, questa esperienza. Mi rallegro, anzi, che vi sono molte candidature, diciamo di intellettuali, in queste nuove elezioni."

Domanda: "Molti di questi intellettuali si candidano come indipendenti. Ci si è resi conto che gli "indipendenti" poco o nulla possono fare contro la logica dei partiti. Non è questo dare ancora una volta agli elettori l'illusione di nuove aperture?"

Sciascia: "Siamo sempre il fiore all'occhiello. Ma direi che ciò dipende più dalla capacità di ognuno di essere veramente indipendente, che dalla volontà dei politici."

Domanda: "Cosa dovrebbe aspettarsi la gente di buona volontà da queste elezioni?"

Sciascia: "Non molto, direi."

Domanda: "Cosa pensa a proposito del non votare, della scheda bianca?"

Sciascia: "Penso che si debba votare."

Domanda: "E perchè?"

Sciascia: "Il non votare, o la scheda bianca annullata, non è un voto. I radicali voglio farlo diventare un voto, ma io credo che non sia che un voto di sfiducia nel sistema. E in fondo, questo è un sistema cui non possiamo assolutamente rinunciare".

Domanda: "Spesso lei ha avuto occasione di dire che il sistema in atto oggi in Italia è l'unico possibile, che bisogna aggrapparvici sopra. E perchè ? Stiamo correndo dei rischi come cittadini liberi?"

Sciascia: "I rischi sono quelli di arrivare ad una società totalitaria. Non brutalmente dittatoriale, ma totalitaria, nel senso che basta essere governati alla meno peggio per rinunciare al corso delle idee."

Domanda: "Lei intende questo quando afferma, polemicamente, che l'Italia è un paese governabile, governabilissimo?"

Sciascia: "Si, questo paese è governabile. Sono gli uomini politici ad essere ingovernabili."

Domanda: "La mafia. Lei ne è sempre stato un osservatore attento. Oggi è giunto alla conclusione che certi ambienti che hanno fatto da humus alla mafia comincino a prendere le distanze. Come mai?"

Sciascia: Bisogna andare ai singoli. I singoli che avevano dei rapporti più o meno diretti con la mafia si sono accorti che con l'avvento della droga la mafia diventava un'altra cosa e che metteva in pericolo la stabilità economica e il prestigio che loro, i singoli, avevano raggiunto. Secondo la tesi di Hobsbawn, che io trovo illuminante, la mafia era la sola rivoluzione borghese che potesse avere la Sicilia. Ora questa rivoluzione è stata fatta e direi, così approssimativamente, che è stata fatta nel momento stesso in cui la Sicilia diventava regione autonoma a statuto particolare. Quindi questa classe borghese mafiosa, aveva trovato il suo assestamento. La droga, il traffico d'armi, e altri interessi rimettono in discussione un tale assestamento."

Domanda: "Dove va il mezzogiorno?"

Sciascia: "Verso un divario più forte rispetto al Nord."

Domanda: "Come mai se lei stesso ha scritto che l'Italia si meridionalizza?"

Sciascia: "Il divario è imputabile principalmente all'assistenzialismo che la DC fondamentalmente ha attuato nei riguardi del Sud. Il Sud non vota DC perchè lo consigliano i preti per devozione ai santi e ai patroni, ma perchè ha interesse a che le cose continuino ad essere gestita con questo criterio di carità cristiana diventata clientelismo."

Domanda: "Lei ha fatto parte della commissione Moro. Ne è venuta fuori una sua relazione di minoranza. Su quella di maggioranza infuriano le polemiche . Cosa sta succedendo?"

Sciascia: "Io non capisco perchè proprio ora vengono fuori queste polemiche, queste differenze. Vale a dire, lo capisco benissimo: c'è il fatto elettorale. Questi dissensi esistevano già fin dalle prime sedute."

Domanda: "Qual'è, a grande linee, la differenza tra la sua relazione sul caso Moro e quella di maggioranza?"

Sciascia: "Io ho sgombrato il terreno di questo dissenso. Ho capito che per andare avanti bisogna non fermarsi al problema se le trattative potevano giovare alla salvezza di Moro, o se l'esistenza di un partito della trattativa era stata controproducente alla salvezza di Moro. Era un pò come il naso di Cleopatra secondo Pascal. Non si può andare appresso ai se della storia. E' sempre un gioco andare appresso ai se. Io mi sono posto semplicemente la domanda delle carenze, delle incapacità e dei disguidi degli organi dello stato nell'"affare Moro". In definitiva, sono arrivato ad una domanda che è anche una risposta: come hanno fatto a non trovarlo?"

 
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