La riforma della carcerazione preventivaSOMMARIO: Grazie all'iniziativa del Partito radicale, in particolar modo con la candidatura di Tony Negri, il disegno di legge sulla carcerazione preventiva arriva finalmente in Aula. Esso rappresenta un ottimo inizio per rimediare ai guasti della civiltà giuridica.
(NOTIZIE RADICALI n. 1, 31 gennaio 1984)
Superate le difficoltà che quasi fino alle ultime battute della discussione in commissione avevano rischiato di rimettere in discussione parecchi punti basilari della riforma della carcerazione preventiva, il disegno di legge va in aula. Dopo anni di riforme forcaiole e restrittive dei diritti del cittadino, dell'imputato, della difesa, sta dunque per muoversi un passo nella direzione opposta. Un anno fa un avvenimento del genere sarebbe stato impensabile. E sarebbe anche oggi impensabile se un'iniziativa come quella presa dal Partito radicale con la candidatura di Toni Negri non avesse dato corpo e dignità politica all'allarme che pure si manifestava nel paese per lo sprezzo che leggi e comportamenti dei giudici ad esse e da esse ispirati quotidianamente ostavano in maniera sempre più intollerabile. Certo, c'è stato il caso Tortora. Ma su Tortora non si è imbastita alcuna vera operazione politica. Anche se Toni Negri ha creduto di non dover portare fino in fondo un'azione secondo le possibilità che gli eran
o state offerte, preferendo essere "oggetto" più che protagonista di tale operazione, possiamo essere soddisfatti del bilancio di essa.
La legge che esce dalla Commissione giustizia della Camera è soddisfacente. Che cosa dobbiamo attenderci dalla sua applicazione? Non dobbiamo nascondere che la maggior parte delle forze politiche sembrano voler realizzare le proverbiali "botte piena e moglie ubriaca", vogliono cioè termini ragionevoli o almeno non scandalosi di carcerazione preventiva, ma vogliono essere ben certi che nessuno debba uscire dal carcere per la nuova normativa. Eppure è certo che se non sarà pagato il "prezzo" di alcune scarcerazioni anche "scandalose", e se non si riconoscerà che è comunque un prezzo "giusto", difficilmente potrà avviarsi un processo di trasformazione della prassi che vuole la pena applicata prima del processo ed i processi condotti in funzione di tale applicazione preventiva anziché della rapida e definitiva decisione.
Restano pesanti ipoteche: la macchinosità dei termini, la conseguente minore efficacia a tutela di chi è privo di "solide" difese. Restano le tentazioni per nuovi leggi speciali di fronte a sempre nuove "emergenze". Restano, soprattutto, processi mostruosi e certamente mostruose condanne, frutto di costruzioni basate sull'abuso della carcerazione preventiva, sull'uso di essa come mezzo di tortura per estorcere "pentimenti" premiati poi con le impunità, sulle megainchieste garantite dalla pratica assenza di limiti di tempo per accertare se vi sia motivo di mantenere in galera chi vi è stato cacciato nella "speranza" che poi le prove vengano fuori. Restano carceri speciali e disapplicazione della riforma penitenziaria.
Non ci siamo mai illusi che i guasti alla civiltà giuridica arrecati dal terrorismo e dal contro-terrorismo, dalle leggi speciali e dai processi speciali potessero essere rimediati con facilità ed in breve tempo. Ma occorre almeno cominciare.