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Cicciomessere Roberto - 14 marzo 1984
FAME NEL MONDO, FAME IN ITALIA
Sciopero della fame di Roberto Cicciomessere

di Roberto Cicciomessere

SOMMARIO: Le speranze suscitate dalla legge Piccoli si sono arenate per il sabotaggio del Pci e per le resistenze degli interessi costituiti. I continui rinvii del governo per i minimi di pensione nel disinteresse dei partiti e dei sindacati. Sciopero della fame del segretario del Pr per richiamare il governo al rispetto degli impegni assunti davanti al Parlamento. Lettera aperta di Cicciomessere a Craxi: "Non le scrivo per accusarla di decisionismo ma per aiutarla a decidere su due questioni che riguardano milioni di vite nel mondo e la qualità della vita di centinaia di migliaia di pensionati in Italia". Le inadempienze di De Michelis per i minimi di pensione. Le promesse non mantenute di Andreotti. Il governo deve scegliere, deve decidere.

(NOTIZIE RADICALI N. 66, 14 marzo 1984)

Signor Presidente del Consiglio, da cinque giorni ho iniziato uno sciopero della fame di cui lei è - nella qualità di massimo responsabile dell'Esecutivo - l'interlocutore necessario e il destinatario obbligato.

Non mi rivolgo a lei per accusarla di "decisionismo", ma al contrario per sollecitarla, per aiutarla a decidere su due questioni che hanno a che fare con la fame e la più nera povertà: fame in Italia, fame nel mondo. Si tratta, nel primo caso, di alcune centinaia di migliaia di pensionati che vivono - senza altro reddito - di pensioni sociali o minime nella più triste povertà. Ho detto vivono ma sarebbe più giusto dire che, nella migliore delle ipotesi, riescono a sopravvivere a pensioni che sono al di sotto del minimo vitale. Nel secondo caso si tratta invece di milioni di vite umane che in questo momento, nei prossimi mesi e anni, sono e saranno sterminate dalla fame, dalla malattia, dalla denutrizione, ma soprattutto da un disordine economico e politico di cui è responsabile tutto il nord industrializzato.

Non le chiedo di adottare i provvedimenti estranei al suo programma di governo o sui quali i suoi ministri non hanno preso formali impegni. Non le chiedo quindi di uniformare le direttive del governo alle proposte politiche della minoranza che rappresento. Chiedo soltanto che il governo rispetti gli impegni che ha assunto di fronte al Parlamento o comunichi invece di non poterli più rispettare: assicurare la sopravvivenza di almeno tre dei quaranta milioni di persone annualmente sopraffatti dalla morte per fame o rinunciarvi definitivamente; adeguare le pensioni sociali e minime a livelli di sussistenza o invece abbandonare queste persone alla loro sorte disperata. E' grande un governo che sa dire sì o no. Ma deve dirlo esplicitamente, assumendosi tutte le responsabilità.

Dal 14 aprile scorso l'esame della proposta di legge Piccoli, firmata da 160 deputati di partiti di maggioranza e del partito radicale è bloccato in commissione: il ministro Andreotti assicurò infatti che il Governo sarebbe stato in grado di presentare in tempi brevissimi, anche con decreto-legge, un provvedimento per gli interventi urgenti e straordinari contro lo sterminio per la fame. Il 4 maggio, il sottosegretario Raffaelli, assicurò, a nome del governo, che il provvedimento sarebbe stato presentato entro una settimana.

Sono passati quarantasei giorni dalla dichiarazione di Andreotti, più di tre settimane da quella del suo sottosegretario. Il tempo per quei popoli che dovremmo soccorrere significa morte, sterminio di vite umane.

Per pensioni la situazione è altrettanto grave. Il 30 novembre il ministro De Michelis annunciò un provvedimento delle pensioni sociali, "essendo evidente - sono sue parole - che la pensione sociale, oggi di circa 180-190 mila lire, va assolutamente rivalutata". Non ho bisogno di ricordare le parole del suo programma di governo, signor Presidente: si parlava di "aumento dei minimi ad esclusivo beneficio di coloro che non percepiscono i redditi" e di aumento "a livelli di effettiva sussistenza".

Durante la discussione della legge finanziaria, si è scoperto che l'Inps non è in grado di effettuare una rilevazione degli aventi diritto: fra gli otto milioni di titolari di più pensioni, pur disponendo del più complesso e costoso cervello elettronico d'Italia, l'Inps conosce il numero delle pensioni, non il numero dei pensionati. Per questo motivo è stato approvato il 19 dicembre 1983 un ordine del giorno che impegnava il Governo a realizzare questo censimento degli aventi diritto entro il 31 maggio. Per tre mesi non se ne è fatto nulla. Solo a metà marzo il Governo ha cominciato a studiare la questione. E siccome le difficoltà sono le stesse che già si conoscevano a dicembre, emerge con chiarezza che l'individuazione dei pensionati privi di altri redditi (con l'esclusione di quello relativo alla casa di abitazione) potrà essere effettuata solo se ancorata a un provvedimento legislativo che disponga l'aumento e stabilisca con il massimo rigore le condizioni e le modalità per averne diritto.

Non ignoro che sulla fame pesa fortemente l'opposizione del partito comunista che ha buttato a mare due anni di campagna di oltre mille sindaci comunisti. Non ignoro che all'interno della stessa maggioranza pesa la resistenza degli interessi connessi alla cosiddetta politica di cooperazione che si sentono minacciati dalla nuova iniziativa legislativa. Posso immaginare che dall'interno dell'Inps a fare ciò che dovrebbe essere già in grado di assicurare, mettendo così a nudo la vergognosa politica clientelare e corporativa patrocinata da larghi settori sindacali.

Ma questi sono argomenti che dovrebbero rafforzare la necessità di decidere. E' stato lei stesso a dire che i problemi non devono "essere lasciati marcire". La mia umile proposta è che subito le due questioni siano iscritte all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, perché se ne discuta e ognuno assuma le sue responsabilità.

 
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