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Teodori Massimo - 24 marzo 1984
(P) DUE STORIE PARALLELE
Eni/Petronim e logge segrete

di Massimo Teodori

SOMMARIO: Uno stralcio dell'intervento di Massimo Teodori svolto il 3 maggio 1984 durante la seduta delle Camere riunite per discutere la proroga all'indagine della commissione inquirente sulla questione Eni-Petronim. E' una requisitoria contro le due associazioni per delinquere costituitesi intorno a questo "affaire" del secolo: la prima, dei piduisti che volevano intascare oltre 200 milioni di dollari per condizionare l'intera vita politica italiana; la seconda, di tutti coloro, in primo luogo uomini di governo, che stanno mettendo in atto manovre di copertura perché non si giunga mai alla verità.)

(NOTIZIE RADICALI n. 62, 24 marzo 1984)

...Credo che perderemmo ancora un'occasione se non affrontassimo per la strada maestra il significato politico profondo che l'affare Eni-Petromin ha avuto nella vita politica italiana dell'ultimo quinquennio, perché non ci troviamo di fronte ad un ennesimo (anche se il più grande) scandalo di questa Repubblica, ma ci troviamo di fronte a qualcosa di molto più grave, di molto più importante, di molto più profondo... Si è incominciato ad indagare - ricordiamolo - perché in quest'aula, nel dicembre 1979, dei deputati radicali, per primi e isolati, denunciarono la questione alla Commissione inquirente, sollevando il problema, poi archiviato e poi risollevato solo grazie a Gelli e al ritrovamento dei documenti gelliani...

E' noto che i protagonisti di questa vicenda tra la primavera del 1979 e i primi mesi del 1980 furono tutti in maniera inequivocabile (coincidenze?) membri della P2. Li vogliamo ricordare per nome, per pura memoria: Gaetano Stammati, tessera 1636; Lorenzo Davoli, tessera 1891; Giuseppe Battista, tessera 1623; Luigi Bisignani, tessera 1689; Francesco Malfatti di Montetretto, tessera 2099; Stefano Giovannone, colonnello del Sismi (non appartenente formalmente alla P2 ma ad altra associazione di stampo analogo: i Cavalieri di Malta o del Santo Sepolcro); il generale Giuseppe Santovito, tessera 1630; Giorgio Mazzanti, tessera 2115; Leonardo Di Donna, tessera 2086; Gioacchino Albanese, tessera 2210; ed ancora Emo Danesi, tessera 1916; Mario Genghini, tessera 1627; Giorgio Zicari, tessera 2124; Vittorio Emanuele di Savoia e Ruggero Firrao, tessera 1609. E la lista potrebbe proseguire.

Non c'è dubbio allora che, al momento in cui questo enorme affare si proponeva di condizione tutta la vita della Repubblica nei suoi aspetti politici e delle comunicazioni di massa, si trattava di un'associazione per delinquere di stampo mafioso.

... Ricordavo che vi era stata un'attività intensa dell'onorevole Andreotti, allora non ministro degli Esteri, vi era stata quella che io ho chiamato una "campagna d'inverno" tra la fine del dicembre 1982 e l'inizio del 1983, una campagna assai intensa di cose dette e non dette, di avvertimenti, di suggerimenti, di indicazioni, dette e non dette, cui non aveva mai fatto seguito alcuna indicazione precisa, alcuna rivelazione precisa, nessun elemento preciso.

... Perché, dunque, parlo di associazione di stampo mafioso? Perché a quella campagna d'inverno dell'onorevole Andreotti, allora fuori dal governo, è succeduto il silenzio. L'onorevole Andreotti diceva delle cose molto puntuali: che c'erano italiani che avevano preso dei soldi, che era stata una complessa trama affaristica, con obiettivi politici, che l'indagine era stata bloccata, che non sarebbero esistiti problemi di diritto internazionale, se ci fosse stata la volontà di non demordere e di andare a fondo. Colleghi, non prendiamoci in giro. Chiediamoci chi blocca l'indagine, perché questo è il problema che è di fronte al Parlamento ed alla Commissione...

... Non sono forse coloro che non azionano gli strumenti che sono nelle mani di un governo affinché ogni elemento utile che sia in Svizzera e a Panama, come i fatti di Vienna, sia messo in luce.

Questa è la nuova associazione mafiosa che si è costituita dal 1979 ad oggi, per mettere in atto una operazione di copertura: perché è questa la seconda operazione, dopo la prima che era quella del ladrocinio e delle tangenti, per inquinare ed influenzare la vita politica italiana...

La seconda operazione corrisponde invece a nuovi equilibri e interessi politici. Davvero non possiamo credere che il funzionario svizzero o quello panamense abbiano bloccato le indagini. Il nodo è qui, il nodo è in questi palazzi, in questi governi; il nodo è nei governi che non hanno dato collaborazione; è nel ministro degli Esteri. E per questo dobbiamo individuare qual è la nuova associazione per delinquere che sta operando da tre, da quattro anni a questa parte affinché, non solo non si arrivi alla verità, ma affinché quegli scheletri dell'armadio, che sono stati messi nell'armadio tra la primavera del 1979 e l'inizio del 1980, seguitino ad avere la loro forza e ad inquinare la vita politica italiana...

... Abbiamo qualche nuovo elemento, che è molto importante e che qui nessuno ha messo in luce in tutti la sua reale portata. Noi sappiamo che un certo avvocato Giordano, di sua iniziativa, funzionario dell'Eni, un bel giorno si sveglia e dice: i pagamenti in Svizzera, i 17, i 18 milioni di dollari in realtà sono transitati attraverso la Montana austriaca, dalla Montana austriaca sono arrivati ad una serie di società, sono andati alla Sidit che è di Di Donna, la quale insieme alla società Alifin, attraverso la società tosco-ligure-lombarda, ha trasmesso soldi all'Acqua Marcia.

... Cerchiamo allora di capire qualcosa in questo rompicapo. Dei soldi arrivano a Di Donna, all'Acqua Marcia; Florio Fiorini portala Montana (Kahane) da Calvi. Ma andiamo a vedere un'altra cosa: che cosa c'è tra Calvi e l'Ambrosiano? Ci accorgiamo allora che la Tradinvest è la società attraverso la quale, per opera di Florio Fiorini e di Di Donna, dal 21 luglio 1978 fino al 1981 l'Eni ha prestato oltre 200 milioni di dollari. E' quell'operazione di cui nessuno si è mai spiegato il senso: 200 milioni di dollari (tra l'altro lasciando il "buco").

Ma allora dobbiamo metterle assieme, queste cose. Cos'è questo signor Fiorini, che fa transitare la tangente a Di Donna, che contemporaneamente porta il signor Kahane per fare una combinazione sull'Ambrosiano nel momento in cui c'è il "buco", e Calvi sta fuggendo; che contemporaneamente fa prestare dall'Eni all'Ambrosiano queste centinaia di milioni di dollari? Dobbiamo cercare di capire tutto questo.

Siamo di fronte ad una nuova associazione per delinquere i cui protagonisti sono in parte gli stessi che hanno creato questo grande imbroglio, e in parte sono diversi. Vediamo quali sono, questi protagonisti, cerchiamo di chiamarli per nome e per cognome. Ma quando io parlo di associazione per delinquere di stampo mafioso non pronuncio un insulto: si tratta solo della registrazione di elementi che non sono altro che atteggiamenti mafiosi.

Come si chiamano gli atteggiamenti di chi non parla, di chi minaccia, di chi fa gli avvertimenti? Come si chiama tutto questo, se poniamo queste persone in collegamento fra di loro?... Lo sappiamo che l'affare Eni-Petromin nel 1979 era un affare, come testimoniato da tutti, che doveva servire ad incrementare, a spingere certi equilibri politici. Era il momento della rottura dell'unità nazionale, il partito socialista poneva il veto contro il governo Andreotti nel luglio 1979; la Dc poneva il veto al tentativo di Craxi: era questo il contesto nel quale questo grande affare del secolo doveva sistemare gli equilibri politici, interferendo all'interno del partito socialista e nei rapporti tra partito socialista e Democrazia cristiana, nei rapporti in particolare tra Craxi e Andreotti, e contemporaneamente sistemare tutta la stampa italiana.

Non dimentichiamo quegli atteggiamenti della stampa che abbracciarono la catena Monti ed il "Corriere della sera", la "Repubblica" e tutto il resto in un fronte estremamente compatto, fino a quando nuovi equilibri si formarono nella primavera del 1980, con il rientro non casuale dei socialisti nel governo Cossiga.

Allora di questa rinnovata associazione mafiosa gli uomini di ieri e gli uomini di oggi - bisogna dirlo - sono gli uomini dell'Eni, gli uomini i quali hanno fatto opposizione a che si conoscessero i bilanci della Sophilau; sono gli uomini che hanno consentito il pagamento ad una società fantasma, sono gli uomini che mandano avanti l'avvocato Giordano; sono gli uomini delle operazioni Mazzanti-Savoldi-Ortolani con i telegrammi di offerta di documenti a trattativa privata, con le operazioni Zicari-Sernia-Di Donna. Potremmo andare avanti sull'analisi dell'Eni, ma di questa operazione mafiosa è parte integrante il ministro degli Esteri il quale ieri diceva quello che diceva ed oggi, che ha la facoltà e la possibilità di rompere tutte quelle barriere che sono frapposte alla conoscenza della verità, in realtà nulla fa per romperle... Sono allora gli uomini dell'Eni che mettono in atto questi giochi ignobili. Di questa associazione mafiosa fanno parte gli uomini del governo, il ministro degli Esteri, il quale non c

onsente che si rompa questa barriera. Dobbiamo dirlo qui, perché questa è una discussione politica, non è una discussione giuridica; è una discussione attraverso la quale si deve capire che cosa ha significato tutto questo nella vita della Repubblica.

C'è un terzo elemento, che è nuovo rispetto a quello del 1979, e questo terzo elemento si chiama Di Donna, si chiama Fiorini; sono i rapporti tra i Calvi e l'Eni, è il "conto protezione". E' questo il nuovo elemento che è stato individuato e che entra a far parte di questa associazione mafiosa! Allora, chi sono i protettori socialisti? Chi sono coloro i quali per due anni hanno fatto della questione Di Donna una questione di Stato? Perché non possiamo dimenticare che per due anni gli equilibri di governo si sono giocati sulla questione Di Donna. Perché questa importanza e questa centralità? Ve lo dovete chiedere, ce lo dobbiamo chiedere.

Questa è l'associazione mafiosa, l'associazione mafiosa sono i Di Donna e i Fiorini, i rapporti ieri tra l'Eni e l'Ambrosiano, il conto svizzero "protezione", tutto questo mondo qui da una parte; dall'altra parte è il ministero degli Esteri e tutte quelle altre parti di governo che frappongono ostacoli, e gli uomini dell'Eni. Questa è la nuova mafia, che si è in parte sostituita ed ha rafforzato la mafia della P2, che oggi come ieri si muove operosamente!

Signor Presidente, la proroga ci sarà, si svolgeranno le indagini, ma non si arriverà da nessuna parte perché l'ostacolo non è nel pretore svizzero o nel segreto bancario, né nel testo spagnolo della Convenzione con Panama, che non corrisponde a quello italiano: l'ostacolo è nel ministero degli Esteri, nel gruppo socialista, che, attraverso Di Donna, attraverso operazione Acqua Marcia ed il "conto protezione", attraverso i rapporti Ambrosiano-Eni, ha chiuso il conflitto di fronte alla vicenda iniziatasi nel 1979. Questa è l'associazione mafiosa! Allora, chi ha il coraggio e la forza di andare a toccare questa nuova associazione mafiosa, che ha sostituito e rafforzato quella precedente?

Colleghi, forse questo è un grido di disperazione, ma credo che in questo Parlamento la speranza e la disperazione siano qualche volta necessarie. Infatti, la vicenda Eni-Petromin non coinvolge solo il 1979, ma tutta la rete di ricatti fra socialisti, democristiani, Andreotti, Martelli, Craxi, Di Donna, l'Eni e tutto il resto; ricatti che hanno condizionato tutta la vita politica italiana.

Il nostro è un grido di disperazione perché sappiamo che tutto ciò ha distrutto le istituzioni... Ortolani e Gelli parlavano di questo affare come di qualcosa voluto e controllato per un fine preciso, per - testualmente - mettere le mani sulla stampa italiana, a coronamento di un'operazione politica più ampia, nella quale facevano intravedere l'alleanza con una parte dei partiti, delle correnti e degli uomini politici. Gelli lo definiva come l'affare più grande della Repubblica italiana. Diceva Ortolani: adesso bisogna che Craxi si metta d'accordo con Andreotti, che è un grande amico dei socialisti, ed insieme andranno avanti. Gelli nella sua famosa intervista diceva: bisogna che Craxi a questo punto si metta anch'egli d'accordo con Andreotti. Ebbene, quell'associazione mafiosa non operava per rubare i 17 milioni di dollari effettivamente passati o i 200 milioni di dollari in programma, bensì per distruggere le istituzioni, la politica, la vita civile di questo paese. A quell'associazione se ne è sostituita

un'altra!

 
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