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Pannella Marco - 25 marzo 1984
CHE COSA LASCIA BERLINGUER
Pci e regime

di Marco Pannella

SOMMARIO: In occasione dei funerali del segretario comunista Enrico Berlinguer viene compiuta dai mezzi d'informazione la più smaccata falsificazione della storia del Pci. Dal referendum sul divorzio all'"unità nazionale" la politica del Pci ha espresso la massima settarietà e violenza contro ogni dissenso a sinistra. Ha contribuito ed esasperato il carattere corporativista dell'assetto di fatto del regime, con le sue giungle di leggi e leggine, di retribuzioni, di categorie, e l'incontrollato meccanismo di spese clientelari, assistenziali, pubbliche e para-pubbliche". "La sgangherata sequela di ordini e contrordini strategici, tattici, operativi, ideologici: alternanza, alternativa, governi "diversi", degli "onesti e dei capaci", con il Psi, contro il Psi...Politica costretta ad essere doppia, tripla, con punte di paranoica violenza quando l'elettorato rischiava di essere sfiorato dalle denunce e dalle proposte diverse del Partito radicale..."

(NOTIZIE RADICALI N. 67, 25 marzo 1984)

Inutilmente ci chiediamo a chi e a che cosa serva la smaccata falsificazione della storia della politica comunista dell'ultimo quindicennio, operata da ogni parte e da ogni parte avallata, non fosse che con il silenzio. Ci chiediamo, soprattutto, se serva a quanti nel Pci avvertono la necessità di un rinnovamento radicale, a quanti - ai suoi margini, a cominciare dal prestigioso "Manifesto", o dalla maggior parte della sua redazione - durante questo periodo ne hanno contrastato a lungo la scelta strategica e le azioni concrete per anni.

Poiché la storia di un partito è anche - come per tutto - la sua natura, una spiegazione è certo quella che chi ritiene di aver ormai fallito cercando nuove vie non trova nulla di meglio che di tornare a casa, decantandone le lodi o quanto meno prestandole un "passato" inesistente ma utile ad avallarne il presente, presunto decoro.

Ma ciò non basta. Ci troviamo allora a ricordare, per limitarci all'ultimo decennio, il lancio della formula del "compromesso storico" (deprecata da Longo, da Fausto Gullo, da Terracini) proprio mentre altri erano mobilitati per ottenere la convocazione del referendum sul divorzio, contro cui fino al marzo del 1974 il Pci e "il sindacato" furono mobilitati allo stremo delle forze, accusato di essere foriero dell'attacco all'"unificazione sindacale" che era già convocata (illusione!) per il giugno, a Firenze. E' di quello stesso periodo ogni liquidazione della volontà di attuare la Costituzione in tema di codici e di diritti civili; il partito comunista fu l'unico a non presentare nemmeno un suo progetto di legge per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza. Contro l'"emendamento Valpreda", caldeggiato da Umberto Terracini; contro il rifiuto della legge Reale, deliberato dal Psi in un primo momento, nel quadro di una visione riformista del centro-sinistra; contro le battaglie sull'aborto, già avviate nel

1972.

La direzione del Pci non credette fino alla fine alla vittoria nel referendum sul divorzio, e di conseguenza non credette nemmeno, non previde minimamente la conseguente vittoria nelle regionali del 1975. Si preparò a usare, e usò, la più prevedibile vittoria del 1976 per portare alla Dc e a Giulio Andreotti la massa si suffragi andata alla sinistra (il 47,3% sommato, da Pci, Psi, Democrazia proletaria e Partito radicale), nel quadro di una politica di "unità nazionale" che già conteneva in sé, evidente, l'alleanza fra P2 e P38. Sciupò un momento e una forza immensi, maggioritari, in nome dei rischi cileni di qualsiasi alternativa basta sul 51%. Alzò la bandiera di destra, con violenza e con settarietà infinita, contro i referendum abrogativi della legge Reale e del finanziamento pubblico dei partiti; avendo già operato per chiudere lo scandalo Lockheed in modo da non coinvolgere i servizi di sicurezza e il presidente della repubblica Leone.

Spinse alla revisione del concordato, anche di fronte a "bozze" poi ritirate per decenza dalla stessa Dc e da Giulio Andreotti. Pose l'"eurocomunismo" sotto l'adesione alla Nato, al suo "ombrello" nucleare, e fu all'origine delle scelte riarmiste poi tradottesi nell'esecuzione di Lagorio e dell'installazione dei missili in Nord Italia e in Sicilia. Ha collaborato nei gangli vitali della vita istituzionale e sociale con la genia dei Cefis e dei Rovelli, ha spinto a scelte energetiche folli e sospette come il "quasi-tutto nucleare" (1977 e seguenti), ha convissuto collaborando all'opera nei settori militari e dei mass-media della P2 (sostiene, oggi, senza accorgersene), ha animato e rese possibili le più aberranti degradazioni della giustizia come risposta a "un terrorismo" montato e difeso dagli stessi Servizi di sicurezza dei quali erano responsabili gli Andreotti e i Cossiga, i suoi più stretti alleati. Ha assicurato la "normalizzazione" del Parlamento con le presidenze Ingrao e Jotti, mobilitato la Corte c

ostituzionale, i mass-media di Stato, la Camera e il Senato contro referendum come quelli per l'abrogazione dei tribunali militari, l'Inquirente, il codice Rocco, il Concordato e codici militari, assicurando la "direzione strategica" e la "segreteria soggettiva" dello schieramento partitocratico di "unità nazionale", altrimenti attestato su posizioni moderate di risposta alle opposizioni d'opinione e parlamentari.

Ha contribuito ed esasperato il carattere corporativista dell'assetto di fatto del regime, con le sue giungle di leggi e leggine, di retribuzioni, di categorie, e l'incontrollato meccanismo di spese clientelari, assistenziali, pubbliche e para-pubbliche.

In politica estera basti ricordare che durante gli anni dell'"unità nazionale" l'intervento nel Terzo Mondo scese a livelli ignobili, ad esempio lo 0.023% del Prodotto nazionale lordo, che ci si appiattì sulla politica americana, come non mai, e l'irresponsabile pratica della "distensione", disarmista a lungo per l'Occidente, riarmista per l'Oriente. Continuò a sostenere una politica di decretazione parossistica, malgrado la personale sensibilità dimostrata da Ingrao.

La politica del Pci, in tutti questi anni, fu di massima settarietà e violenza contro ogni dissenso a sinistra, di "pas d'ennemis à droite", poiché aveva piazzato "a sinistra" la vecchia destra dc di Andreotti e di peggiori ambienti ad essa legati.

Poi, cacciati dalla maggioranza di governo, ma installati sempre più saldamente in quella "istituzionale", i comunisti imposero nei settori della giustizia, della stampa, del sindacato le politiche più violente e irresponsabili, sul piano culturale oltre che su quello pratico.

Alla fine, la sgangherata sequela di ordini e contrordini strategici, tattici, operativi, ideologici: alternanza, alternativa, governi "diversi", degli "onesti e dei capaci", con il Psi, contro il Psi...

Politica costretta ad essere doppia, tripla, con punte di paranoica violenza quando l'elettorato rischiava di essere sfiorato dalle denunce e dalle proposte diverse del Partito radicale...

Questa una "grande politica"? Una politica coerente e leale, secondo la definizione di Giorgio Almirante? Questo il "grande lascito", da far tremare le vene e i polsi ad Alessandro Natta? Ma via.

 
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