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Turone Sergio - 14 aprile 1984
NON E' QUESTIONE DI RADICAL-CAMORRISMO
Una risposta di Turone sulla candidatura di Tortora

di Sergio Turone

SOMMARIO: Replicando ad un articolo polemico di Spadaccia a proposito del caso "Rizziconi" (Turone aveva sollevato il "caso" di Rizziconi, un paesino della Calabria, dove i voti radicali erano passati dai poco più di trenta del 1983 ai 317 del 1984: una decuplicazione sospetta, secondo Turone, favorita dal sostegno della famiglia di un noto mafioso incarcerato) Turone afferma che la ragione principale per cui ha ritenuto che aver candidato Tortora sia stato un grave errore politico è d'ordine generale perché il livello di insospettabilità richiesto a un dirigente politico radicale è necessariamente superiore a quello che si richiede a un semplice cittadino. Che la sua non sia una pretesa bislacca è dimostrato, indirettamente, dallo stesso gruppo dirigente del Pr, il quale, dopo l'elezione di Tortora, ha abbandonato la linea - ormai insostenibile - della non scelta fra innocenza e colpevolezza, e ha sposato senza riserve la tesi innocentista, di cui è inevitabile conseguenza la polemica durissima contro i mag

istrati napoletani.

Rispetto a tale posizione, un consigliere federale che non voglia aderire fideisticamente né alla tesi colpevolista né a quella innocentista può esprimere disaccordo senza vedersi accomunato ai calunniatori del partito?

(NOTIZIE RADICALI n. 69, 14 aprile 1984)

Una delle molte ragioni che mi hanno indotto a scegliere il Partito radicale è la sua lunga tradizione di equanimità democratica. Sapendo che, quando ci sono pareri diversi, "Notizie radicali" usa pubblicare le tesi contrapposte, suppongo che la direzione del periodico mi abbia cercato senza trovarmi e sono certo che mi consentirà adesso di rispondere a Gianfranco Spadaccia. Potrò così precisare meglio quanto, a proposito della polemica sulla candidatura Tortora, ho scritto non solo nella lettera a "Repubblica", citata da Spadaccia, ma anche in due articoli apparsi sul "Giorno" (7 agosto) e sul "Manifesto" (8 agosto).

Mi dispiace che il cosiddetto "caso Rizziconi" abbia finito col trasformare in problema giudiziario quello che io avevo sollevato come problema politico. Chiunque abbia ascoltato il mio intervento al Consiglio federale del 6-8 luglio può testimoniare che io primo ho sottolineato la dimensione circoscritta del "caso Rizziconi". Se "Panorama" vi ha "intinto il suo pane", è stato perché un redattore del settimanale ha ascoltato dalla radio uno degli editoriali veementi - e giornalisticamente stuzzicanti - con cui Tortora mi ha attaccato. Non sono dunque stato io ad enfatizzare un episodio in sé marginale. Perciò mi sembra fuorviante l'atteggiamento della giunta che, per difendere la sua decisione di candidare Enzo Tortora, trova comodo focalizzare la polemica su quello che Spadaccia paradossalmente definisce "radical-camorrismo".

In realtà, la ragione principale per cui ho ritenuto e ritengo che aver candidato Tortora sia stato un grave errore politico è d'ordine ben più generale. La dirigenza del Pr, quando annunciò la candidatura dell'ex presentatore, dichiarò che quella scelta voleva essere una positiva provocazione politica (sui rilevantissimi obiettivi della quale è superfluo parlare qui) e che prescindeva dall'interrogativo se Tortora fosse o non colpevole. Senonché, il prescindere da quell'interrogativo era possibile finché Tortora era semplicemente un cittadino candidato. Ora che è stato eletto - e si è tempestivamente iscritto al partito - è di fatto entrato a far parte, quale parlamentare europeo, della dirigenza del partito stesso. Il problema pertanto si è modificato, perché il livello di insospettabilità richiesto a un dirigente politico radicale è necessariamente superiore a quello che si richiede a un semplice cittadino. Tutto qui. Da iscritto al Pr, io desidero che su nessuno degli esponenti del mio partito gravi nepp

ure l'ombra di un'accusa infamante.

Che la mia non sia una pretesa bislacca è dimostrato, indirettamente, dallo stesso gruppo dirigente del Pr, il quale, dopo l'elezione di Tortora, ha abbandonato la linea - ormai insostenibile - della non scelta fra innocenza e colpevolezza, e ha sposato senza riserve (o sono io che ho capito male?) la tesi innocentista, di cui è inevitabile conseguenza la polemica durissima contro i magistrati napoletani.

Rispetto a tale posizione, un consigliere federale che non voglia aderire fideisticamente né alla tesi colpevolista né a quella innocentista può esprimere disaccordo senza vedersi accomunato ai calunniatori del partito?

Se un magistrato incriminasse per spaccio di stupefacenti Pannella, o Spadaccia, o Mellini, o qualche altro esponente radicale che stimo da trent'anni, io crederei subito senza esitazione a un drammatico errore giudiziario o a una losca congiura. Uguale reazione avrei per uno qualsiasi dei dirigenti radicali più giovani, da tempo impegnati nelle generose lotte politiche. Ma di Enzo Tortora conosco soltanto l'immagine che da tanti anni compare in televisione. Ho già detto e scritto che propendo a ritenerlo innocente, però non riesco a trasformare la propensione in certezza assoluta. Che devo fare, autocensurarmi? Autosuggestionarmi per convenienza o per fede di partito?

L'articolo dedicatomi da Spadaccia si chiude con un'appassionata dichiarazione d'impegno a "difendere la verità della nostra storia, della nostra politica e della nostra immagine". Ignoro se Gianfranco nel reiterato aggettivo "nostro" includa anche me, o si riferisca solo al gruppo dirigente storico. In ogni caso, tengo a dire che proprio la difesa della verità è la mia preoccupazione massima. Solo che a volte, nei giudizi politici, le verità non coincidono. Nelle parole di molti compagni, a cominciare da Mellini e Spadaccia, sento la sincerità della piena certezza che Tortora sia vittima di giudici quanto meno scriteriati. Se io manifestassi altrettanta certezza, non sarei sincero: e senza sincerità, non c'è verità. Ammettiamo che esista una sola possibilità su cento che Tortora sia davvero colpevole: io credo che basti quella minima percentuale a preoccuparci che l'immagine del Pr finisca con l'identificarsi in quella dell'eurodeputato Enzo Tortora, rinviato a giudizio.

Se sono il solo, sui 3.041 iscritti, a nutrire questa preoccupazione, o a volerla esprimere, senza dubbio mi si concederà la tolleranza che tradizionalmente il Pr concede ai diversi.

 
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