SOMMARIO: Intervenendo nel dibattito precongressuale (XXX Congresso del Pr - Roma - 31 ottobre/4 novembre 1984) Mikaela Buonfrate si rivolge a tutti i compagni radicali sparsi per l'Italia impegnati negli anni passati nelle iniziative contro lo sterminio per fame e che, in questo momento, non trovano la forza di tornare fra la gente, nelle strade con i tavoli e le altre iniziative. La necessità di riprendere il dialogo con la gente a partire dai problemi di ogni giorno, in attesa che si trovi una strada che porti alla salvezza di almeno tre milioni di persone nel sud del mondo.
(NOTIZIE RADICALI N. 70, 24 aprile 1984)
Ciao Adriano,
mi è molto difficile scriverti questa lettera dopo quasi un anno di silenzio. Dovrei chiederti scusa, ma non è neanche giusto che lo faccia rivolgendomi solo a te, perché non è solo a te che io devo le mie scuse.
Devo parlare a tanti compagni, i compagni che sono sparsi in tutti i piccoli paesi d'Italia. C'era una consuetudine negli anni passati, una consuetudine fatta di piccole cose ricorrenti. Ognuno di noi ha la sua storia, e sono tutte le nostre storie che unendosi, mescolandosi, riescono a creare quella che io credo sia la vera struttura di questo partito, un partito così diverso ma nello stesso tempo così importante.
Io vorrei che tutti coloro che in questo momento leggono la mia lettera pensino di chiamarsi Adriano. Perché Adriano significa "lavoro", il lavoro vissuto giorno per giorno per dare corpo alla nostra battaglia, la lotta contro lo sterminio per fame nel mondo.
Se vado indietro nel tempo devo dire grazie, ma voglio che ognuno di voi si dica grazie. Grazie per le tante giornate passate a parlare con la gente, la gente che si conosceva. Grazie per le lunghe telefonate fatte ai sindaci, agli amministratori di piccoli paesi, chiusi nei problemi del quotidiano e spesso lontani dall'immaginare che esistesse questo problema nel mondo. Grazie per averli convinti attraverso le vostre parole, le parole di voi, Adriano. Grazie per la coscienza che avete dato loro nel momento in cui hanno scelto di unirsi a noi in questa proposta di vita dopo secoli di consuetudine, di morte.
E voi, Adriano, andavate su e giù per le scale dei condomini del nord, uscivate nelle piazze del sud con dei tavoli poveri, sgangherati, perché, è vero, noi molto spesso siamo riusciti a raggiungervi in tempi utili con i nostri giornali ed i nostri volantini. Ma contro tutte le nostre carenze c'erano, a supplire le vostre parole, la vostra sensibilità, la vostra possibilità di far capire a tutti che questa, solo questa era la lotta che poteva essere vincente di tutte le lotte.
Io vi amo, Adriano. Io continuo ad amarvi anche se in quest'anno ho parlato poco con voi. Mi è stato chiesto di essere diversa. Mi è stato detto che talvolta i numeri, le cifre, il denaro sono più importanti, perché servono, in assoluto, per mandare avanti la lotta politica. Un miliardo quattrocentosettantaduemilioni ottocentoventiduemila quattrocentoquarantaquattro... ma voi dove siete, Adriano?
Io vi vedo seduti, seduti dinanzi ad un televisore. Perché in questo momento, Adriano, io so che non riuscite a trovare in voi alcuna motivazione che vi faccia tornare tra la gente.
Credo che dire la parola autocritica sia essere un po' diversi nel contesto del nostro partito; d'altra parte, ho detto all'inizio e ripeto, ognuno ha alla spalle un suo passato ed una sua cultura.
Vedete, Adriano, io penso di essere tra quelli che, secondo me, hanno dei torti, mentre penso che voi, Adriano, siate la parte più vera, la parte migliore in questo nostro essere insieme.
Io so, Adriano, che ogni giorno siete sollecitati da cose diverse: la disoccupazione, le carceri, gli ospedali, la casa, la scuola... Ma voi avete un po' paura, Adriano, forse paura di tradire la coerenza degli ultimi cinque anni.
Io non credo che questo sia giusto. E' sicuramente un momento difficile, ma è necessario tornare ad essere aggreganti. C'è un'area enorme di scontento, che certamente non è radicale ma che in fondo cerca, attraverso le battaglie che i radicali hanno sempre portato avanti, oltre che il valore della vita anche quello della qualità della vita.
Credo dunque che tutte queste persone che aspettano qualcosa da noi vadano da noi avvicinate. E allora, Adriano, ricominciamo a parlare. Se nel vostro paese l'acqua viene erogata in modo insufficiente, se a pochi chilometri dalla vostra casa si continuano assurde ed impietose gare di tiro al piccione, se nell'ospedale più vicino mancano le più elementari norme di assistenza per la salute dei cittadini, se le scuole che i vostri figli frequentano sono affidate a maestri incompetenti o lottizzati, se dinanzi al vostro municipio c'è un'automobile in cui dorme da un mese una famiglia di sfrattati, se le carceri mandamentali che avete visitato sono obsolete ed invivibili, se... se... se... ebbene, Adriano, fatevene problema.
La persona, il rispetto della persona, il diritto della persona. Abbiamo dimenticato forse anche noi, strada facendo, alcuni valori che credo sia giusto recuperare. Tutti. Ed a voi Adriano, a te, Adriano, in attesa che qualcosa cambi, che si trovi una strada nuova che porti alla salvezza di almeno tre milioni di persone subito, a te chiedo di tornare tra la gente, di riaprire il tuo tavolo sotto i portici della piazza centrale. Ti sono vicina, Adriano, ma ti prego, non mollare.