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Lettera Radicale - 10 maggio 1984
Diritto di....
La vicenda »Repubblica -Pannella

SOMMARIO: La ricostruzione della vicenda politica e processuale che trae origine da un articolo diffamatorio di Giorgio Rossi, pubblicato da "La Repubblica", sulla conferenza stampa tenuta da Marco Pannella e da altri radicali in merito al filmato sull"interrogatorio" di Ciro Cirillo (l'assessore democristiano sequestrato dalle Brigate Rosse il 28 aprile 1981) fatto pervenire a Teleroma 56.

(LETTERA RADICALE n.9, 10 maggio 1984)

I fatti. Nel luglio del 1981, nel corso del sequestro dell'assessore dc Ciro Cirillo da parte delle Brigate Rosse, i brigatisti fanno pervenire alla televisione radicale "Teleroma 56" un filmato contenente il cosiddetto »interrogatorio di Cirillo. I radicali consegnano il materiale alla polizia e - subito dopo - convocano una conferenza stampa (cui partecipano Marco Pannella e altri parlamentari radicali) in cui viene annunciato che l'emittente radicale non avrebbe trasmesso il videotape perdurante la prigionia dell'assessore, e che solo alla conclusione della vicenda lo avrebbe mandato in onda ossessivamente in quanto documento della brutalità dei metodi terroristici.

Nel riferire della conferenza stampa, il 18 luglio il giornalista del quotidiano "Repubblica" Giorgio Rossi accompagnava il resoconto con un corsivo dal titolo »Nessuno può servire due padroni nel quale si sosteneva che Pannella »ha praticamente invitato i compagni assassini ad avanzare le loro richieste perché una trattativa sia possibile, dando il via alla trattativa stessa con la promessa di diffondere a ripetizione tutto il filmato dopo la liberazione (o la morte) di Cirillo , chiedendo al governo di intervenire contro la presunta trattativa radicale.

La denuncia. Marco Pannella, il Pr e i parlamentari radicali, ritenendo tali affermazioni non vere e lesive della loro reputazione, intentano causa al giornalista, al direttore della "Repubblica" Eugenio Scalfari ed alla società editrice del quotidiano chiedendo un miliardo di risarcimento danni.

Le decisioni del tribunale. La 1a Sezione del tribunale civile di Roma, accogliendo le tesi dei difensori di Pannella (prof. Alpa e gli avvocati Boneschi e De Martini), il 13 aprile 1984 condanna Repubblica nella persona del direttore Scalfari e del giornalista Rossi, nonché la stessa società editrice a risarcire Marco Pannella con settanta milioni a titolo di danni non patrimoniali, riconoscendo che in nessun modo l'annuncio di voler trasmettere ossessivamente il filmato al termine del sequestro poteva ritenersi una profferta di trattative con i brigatisti, costituendo anzi una forma di minaccia verso i terroristi la cui abiezione veniva illustrata dalle stesse brutalità che apparivano nel filmato. Pur escludendo l'applicabilità del diritto di cronaca al giornalista Rossi, in quanto viene appurato che il giornalista non era presente alla conferenza stampa, il tribunale ritiene di respingere le richieste di risarcimento avanzate dal Pr, considerando le frasi offensive del giornale come riferentesi al solo Pa

nnella.

Il commento. In merito alla sentenza di condanna di "Repubblica", Marco Pannella rilascia la seguente dichiarazione: »Il quotidiano partito di Eugenio Scalfari è dunque condannato a risarcire meno dell'equivalente di tre pagine di pubblicità per un attacco, vile e denigratorio, che non poteva non distruggere l'immagine di chi ne era oggetto in chi faceva fiducia all'onestà del giornale stesso. Settanta milioni è meno di due anni di stipendio per un deputato, molto meno del prezzo di una emissione pubblicitaria di qualche consistenza in campagna elettorale in un net work. Sarei dunque polemico nei confronti della sentenza, se non fosse invece esplicitamente in questa dichiarato - a torto o a ragione - che il tribunale riteneva colpita semplicemente la mia persona e non il Partito e il gruppo parlamentare nel suo complesso, Non è stato cosi, a mio avviso. Ma questo significa che grazie all'azione del Centro Calamandrei si avvicina il momento in cui la giustizia condannerà finalmente i responsabili di gravi att

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Una nuova denuncia. Il 13 aprile nella pagina dedicata ai commenti, "Repubblica" ospita un intervento di Luciana Castellina (con il titolo »Sterminatrice di bambini in cui l'esponente del Pdup accusa Marco Pannella di averla chiamata per l'appunto »sterminatrice di bambini . Nello stesso giorno il deputato radicale invia una rettifica a termini di legge al quotidiano in cui smentisce le affermazioni della Castellina invitandola a provare la verità delle sue parole dinnanzi al magistrato.

11 14 aprile nella rubrica delle lettere compare su Repubblica la rettifica di Pannella che, prendendone atto, invia una nuova rettifica diffida a termini di legge al direttore Eugenio Scalfari in cui vengono nuovamente denunciati i comportamenti arroganti e disonesti del quotidiano che anziché pubblicare - secondo legge - la rettifica nei modi previsti, »millanta corrispondenza e lettere da parte di chi rifiuta perfino interviste fin quando giustizia non sarà fatta su decine di episodi di diffamazione e di malcostume giornalistico e civile .

Libertà di falso. 11 17 aprile compare su Repubblica un corsivo dal titolo »Pannella, Cirillo e la libertà di opinione nel quale si rivendica - nei fatti - la libertà di falso e il diritto di pubblicare notizie non vere. Con fare intimidatorio viene denunciato alla magistratura, al Consiglio superiore, al presidente Pertini, all'ordine dei giornalisti ed alla federazione della stampa il comportamento dei magistrati della prima sezione civile del tribunale di Roma. In una nota comparsa sull'agenzia Notizie radicali, la redazione dell'agenzia denuncia all'opinione pubblica »la completa ignoranza da parte della direzione di Repubblica del principio dell'unità della giurisdizione e del potere dovere del giudice civile di accertare incidentalmente l'esistenza di un reato al fine di risarcire il danno derivatone .

Il partito editoriale di Scalfari e Mafai. »Se mi dicono maiale, non importa. E' quando la verità viene stravolta che non posso non sentirmi diffamato . Il 20 aprile Marco Pannella e i suoi legali avv. Caiazza e Zeno tengono una conferenza stampa in cui presentano la sentenza del tribunale di Roma. Nel corso della conferenza viene consegnato ai giornalisti un dossier sulle principali sentenze in tema di diffamazione degli ultimi anni, la giurisprudenza americana in materia nonché un'analisi dell'atteggiamento del quotidiano "La Repubblica" nei confronti dei radicali e delle loro iniziative.

Il giorno precedente era stato diramato un comunicato della federazione della stampa e del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti in cui si esprimeva solidarietà a Scalfari ed al giornalista Rossi. A tal proposito Pannella rilasciava la seguente dichiarazione: »...vorrei chiedere a lor Signori se per caso nessuno davvero ricordi la sentenza di Perugia con la quale si condannavano i giornalisti Lino Jannuzzi, Carlo Gregoretti, Peppe Catalano a 300 milioni di danni e a due anni e mezzo di galera (senza condizionale) per diffamazione ai danni del procuratore Gallucci... Mi riservo di fornire io al Consiglio superiore della magistratura alcune occasioni di intervento a proposito di vicende giudiziarie di diffamazione che coinvolgono il partito editoriale di Scalfari e Mafai .

Anche il "Manifesto". Il 21 aprile in un articolo apparso sul "Manifesto" a firma Giovanna Pajetta le affermazioni del giornalista Rossi su Repubblica si trasformano in espressioni di »giudizio fazioso , mentre Pannella ed il Pr vengono tacciati come »affossatori della libertà di stampa .

Gianfranco Spadaccia commenta: »La falsificazione si avvita sulla falsificazione, pretendendo il crisma della verità... A che giova ricordare il testo dell'articolo di Rossi, quello che per Giovanna Pajetta è una semplice opinione forse un po' faziosa? ... Che c'entra allora il reato di vilipendio tirato in ballo dal nuovo grande consigliere del "Principe" (si tratti di Scalfari o del Principe comunista) Stefano Rodotà? Che c'entra il particolare status di privilegio che Pannella invocherebbe per i politici? Qui si rovesciano davvero spudoratamente le parti. Nessun privilegio, né per noi né per i politici in genere. Il massimo dei controlli possibili, ma un controllo basato sulla verità, sul rispetto del vecchio principio del giornalismo anglosassone: prima i fatti e poi le opinioni, il quale esclude che la libertà d'opinione possa includere la libertà d'alterare i fatti .

Dalla parte dei più potenti. Il 27 aprile compare su "Repubblica" un articolo di Paolo Barile dal titolo »Procedura civile e censura politica in cui si legge: »La risposta di Pannella è in sostanza positiva, assecondando in tal modo la volontà delle Br. Questo è il fatto, il filmato fu trasmesso, tutto il resto è condimento . Marco Pannella lo querela in sede penale con ampia facoltà di prova. »Ci troveremo - dichiara - per l'ennesima volta nella posizione tradizionale nei nostri incontri e scontri; lui sempre dalla parte dei più potenti e del potere stabilito, io dall'altra. Sono scelte entrambi legittime quanto sintomatiche .

Bocca e l'umiltà. 11 30 aprile, in un articolo sull'Espresso il giornalista Giorgio Bocca riesce a mettere (anche lui!) nello stesso mazzo la sentenza contro Repubblica ed il sequestro dei libri ritenuti diffamatori nei confronti dell'avv. Ortolani, noto piduista e socio di Gelli. Immediata la replica dei radicali: »Non c'e peggiore santone - si legge in una nota dell'agenzia "Nr" - di chi si ritiene tale. Ma se almeno le sentenze se le leggesse, prima di scrivere, si risparmierebbe gratuite superficialità e castronerie. Invitiamo Bocca a darsi un'occhiata alla legislazione americana sul diritto all'immagine, per la quale si comminano pene che vanno dai 200 agli 800 mila dollari, e con la quale la lobby Scalfari and Co. non si sentirebbe sempre al sicuro.

 
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