SOMMARIO: Il 30· congresso del PR rischia di stravolgere la sua teoria: indipendentemente dalle tematiche congressuali, ciò che va discusso preliminarmente è l'"annualità del partito" che non ha nessuna ragione di essere per un partito che si pone in contrasto con i metodi paritocratici. Relativamente al problema della centralità della fame, il problema è che nessuno mette in discussione il principio della lotta allo sterminio della fame, tuttavia in questa materia il PR si pone in maniera alternativa per il suo modo di affrontare la problematica. Il problema che ritengo vada affrontato in termini nuovi all'interno di questo congresso è quello della metodologia antipartitica.
(NOTIZIE RADICALI N. 71, 30 aprile 1984)
Annualità del partito, praticabilità referendaria, centralità della fame, agibilità di spazi democratici nel regime partitocratico, statuto-preambolo-partito. Sono queste le centralità poste all'attenzione del 30· Congresso in base a quanto è emerso dal Cf, di settembre.
Un congresso che rischia nei fatti di stravolgere, sconvolgere, sradicare e dimenticare, quasi fosse zavorra inutile, ciò che è teoria del e nel Pr. Il nostro scegliere di iscriverci al Pr del 1984, alle iniziative e di conseguenza anche alla teoria caratterizzante un partito annuale e metodi politici "diversi", rischia di non essere più possibile per il 1985 se non saremo in grado di riaffermare principi teorici e centralità di metodi. Rischio che comporta nel presente, il Cf citato, affermazioni secondo le quali i presunti lanciatori di merda avevano visto giusto.
Cercherò di evitare il "teorico" in questo intervento pre-congressuale anche se non è poi tanto facile rispondere senza teoria a chi dibatte usando giochi di parole, infelici ambiguità e disagi costruiti sull'affermazione formale e non sostanziale di progettualità politica. Tenterò innanzitutto di rispondere a ciò che sono le centralità emergenti nel dibattito pre-congressuale.
"Annualità del partito" - L'appuntamento annuale è caratterizzazione di "metodo politico" altro dal "modo di far politica" tradizionale, tradizione, che prende corpo nella forma partitocratica. Riaffermare o rinunciare alla annualità, ovvero rafforzare il nostro essere altro, la nostra diversità o invece cercare di entrare nella logica partitocratica (più propriamente nel "giro" partitocratico) al fine di scardinarla con conseguente negazione della prassi teorica e metodologica radicale?
Questa è la sostanza del porsi il solo "problema" dell'annualità. Certo che l'annualità non è un dogma! Neanche l'adesione al Pr è un obbligo. Porsi il problema non vuol dire porsi in contraddizione, affermare ciò è fuorviante rispetto alla gravità che l'amnesia teorico-metodologica prospetta.
"Praticabilità referendaria" - Il referendum così come conosciuto alla politica radicale ovvero quale politica referendaria non è più praticabile se è vero, come sin qui sostenuto, che gli spazi democratici sono occupati dalla partitocrazia. Banale il concetto fatto salvo che si potrebbe vagliare la praticabilità di alcune tematiche in concerto con altre organizzazioni non ideologiche. Sul commercio delle armi certamente vasti settori ed organizzazioni cristiano-socialiste-nonviolente potrebbero essere co-promotrici. Rientra invece nella banalità delle cose l'ipotesi di referendum anti-partitocratici.
"Centralità della fame" - Formalmente nessuno mette in discussione il principio della lotta allo sterminio per fame. Sostanzialmente alcune pregiudiziali all'attuale iniziativa politica sulla fame di fatto ne escludono la centralità dalla politica radicale. Molto probabilmente per capirci bisogna cambiare la domanda: un partito alternativo al partito che si esprime nella mozione annuale per 3 milioni di vivi nell'84 è alternativo alla politica della fame così come metodologicamente impostata.
Impostazione che si configura nel panorama delle proposte operative quale l'unica praticabile salvo farne una enunciazione di principio. Bella, interessante, demagogica.
"Agibilità di spazi democratici nel regime partitocratico" - Melega ha proposto la sua candidatura alla segreteria giustamente non sulla base di una candidatura-alternativa ma su di una proposta gestionale, quindi sulla base di un progetto politico.
Ciò che caratterizza a mio avviso la candidatura di Gigi Melega è contenuto in quanto da lui stesso espresso nel Cf, di settembre: "il Pr deve rappresentare la soluzione democratica ai bisogni ed ai valori dei cittadini" e "rappresenta nella società italiana la sola alternativa alla partitocrazia".
Può darsi alternativa alla partitocrazia con una soluzione democratica?
Di contro può una soluzione democratica essere strumento di alternativa alla partitocrazia in un regime partitocratico definentesi democratico?
Se gioco di parole vi è la natura dello stesso risiede nel merito della problematica. La partitocrazia è un dato oggettivo, conosciuto, che il Pr e i radicali pagano quotidianamente. Chiedersi se in questo regime vi sono spazi democratici è un po' come chi, in stato di carcerazione preventiva, al di là della sua innocenza o colpevolezza, si interroga sulla giustezza della giustizia.
Se interrogativo c'è da porsi, se iniziativa c'è da prendersi è sulla metodologia antipartitocratica che a mio avviso, così come la nonviolenza, viene bilateralmente troppo usata e sulle iniziative poco praticata.
"Statuto-preambolo-partito" - E' lo statuto del partito inadeguato allo stesso? Il preambolo prefigura un partito diverso da ciò che è statutariamente sancito? Il partito attuale ha bisogno di codificare la propria identità o invece si ha da vivificare lo statuto?
E' fuori di dubbio che lo statuto è stato fatto in una prospettiva di alternativa di sinistra e che lo lasciavamo alla sinistra quale ipotesi per una reale alternativa. Ma ciò non significa che lo statuto, l'attuale, non sia l'ipotesi del partito europeo. E qui intendo espressamente e chiaramente "usare" ciò che Spadaccia ha chiamato il partito-associazione che si inserisce, non a caso, nella teoria dello statuto vigente. Per riprendere la questione dell'annualità il preambolo la mette forse in discussione parimenti allo statuto? Non credo. Basta leggere il preambolo per rendersi conto che il Pr delibera che "L'emblema del partito venga corretto in modo da risultare abbrunato in segno di lutto" onde "almeno onorare con un qualsiasi segno ufficiale l'immensa parte dell'umanità in questi anni, in questi mesi, sterminata".
Le delibere congressuali annuali ci impegnano, o meno, sulla lotta allo sterminio. E' dunque questione di stringere la visuale, divenire gruppettari (teoricamente e metodologicamente) e forse è tutto magari più facile a capirsi e a dibatterne. Il partito non va bene, lo statuto non va bene, le battaglie non vanno bene, i dirigenti non vanno bene, la base non ha le possibilità di andare bene, il preambolo non va bene.
L'unica cosa che va bene è ciò che non facciamo.
Certo ad essere radicali, non è questione di presunzione quanto di convincimenti, porsi certi problemi può essere anche difficoltoso.
Per capire il tutto sono illuminanti gli interventi di Negri e Benedetto al Cf, di settembre Gaetano sostiene che, in un certo senso avevano ragione i cosiddetti lanciatori di merda e quindi torniamo a Bologna; Negri sostiene che il dibattito retrospettivo rischia di bloccare il partito mentre il vero dibattito si deve tenere sul che fare. Speriamo che si faccia.