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Smeraldi Roberto - 13 ottobre 1984
DIBATTITO PRECONGRESSUALE: ROBERTO SMERALDI

SOMMARIO: Nel corso di quest'anno abbiama raggiunto buoni successi sul fronte della battaglia contro lo sterminio per fame che ci invitano a continuare su questa strada. Sul fronte istituzionale la nostra denuncia al regime partitocratico deve costituire un vero piano di attacco al regime. In parlamento dobbiamo confermare l'utilizzazione di tutti gli strumenti validi in questo senso: il non-voto, tutti gli strumenti di attività ispettiva, di parola, di presenze e anche di proposizione legislativa e di emendamento. Sul fronte delle elezioni amministrative all'insegna del nostro slogan "via i parttiti dagli enti locali" dobbiamo rendere credibile la nostra politica delle liste verdi.

(NOTIZIE RADICALI N. 71, 30 aprile 1984)

Non propendo al catastrofismo, non credo che si possa ragionevolmente ritenere che tutto, o quasi tutto ciò che possiamo fare, sia in definitiva marginale e non influente rispetto ad una situazione nella quale proprio la storia di quest'anno ha dimostrato quale ruolo protagonista possiamo giocare. Non penso che possiamo liquidare con sufficienza, con meccaniche deduzioni da analisi che rischiano così di perdere il loro significato, anche la semplice riproposizione, la piena ripetizione di obiettivi e azioni che probabilmente sbaglieremmo a bollare come consumate.

Non auspico un congresso dedicato ai "massimi sistemi", ad interrogativi esistenziali (come corpo politico) nonché alla "ridiscussione di una storia". Non credo infine all'annualità se essa, anziché come indicazione di lavoro e come vincolo anche formale per un metodo politico fondato sulla concretezza, venisse intesa come una sorta di "mannaia temporale", di interruzione forzata di un percorso politico.

1) Nel corso di quest'anno abbiamo conquistato, nella battaglia contro lo sterminio, successi parziali non trascurabili; la riuscita denuncia non solo dei meccanismi di distorsione ma di una impostazione truffaldina ed assassina della politica di cooperazione; la realizzazione di momenti di informazione di massa sulla battaglia in corso che non potranno facilmente essere cancellati dalla memoria della gente; lo sviluppo ed il consolidamento dei rapporti con certe parti delle classi dirigenti di paesi del Terzo mondo di fronte alle quali siamo sempre più, con la nostra impostazione, interlocutori credibili e centrali. Se dubbi è legittimo che a tutti, me incluso, vengano sul merito dei "tre milioni di vivi", certo la politica della vita non può più non essere il nostro ambito fondamentale di iniziativa.

L'ormai avviata, e che credo presto suggellata, fine del movimento pacifista non ci libera semplicemente di un equivoco, ma ci chiama più di sempre alla costruzione, giorno dopo giorno, di nuovi tasselli di questa politica, con tutte le armi di volta in volta adattabili, senza cadere nell'irrisolvibile contraddizione fra il vagheggiamento della cosiddetta "estrema arma nonviolenta" e la paralisi politica contingente.

2) Dobbiamo sperimentare, in quest'anno, nuovi interventi rispetto al fronte istituzionale.

La denuncia del sistema partitocratico, se crediamo al tenore delle cose che abbiamo affermato, non può essere né incidentale, né spezzettata, ma deve costituire un vero e proprio piano d'attacco al regime, organico e organizzato.

A partire dal Parlamento: bisogna davvero che il "codice di comportamento" non si muti in un non-comportamento, e per fare questo bisogna investire energie, persone, lavoro sul palazzo.

Ritengo che si debba confermare e marcare di volta in volta il non-voto, alla Camera ed al Senato, ma che invece debbano essere utilizzati a fondo tutti gli strumenti di attività ispettiva, di parola, di presenza e anche di proposizione legislativa e di emendamento, salvo lasciare a quei partiti che hanno svuotato le Camere della loro funzione la responsabilità di formalizzare decisioni in virtù di un mandato che abbiamo giudicato viziato fin dal momento della sua formazione. Sull'altro aspetto delle elezioni amministrative, all'insegna del "via i partiti dagli enti locali" ci aspetta una battaglia non certo "ordinaria", per rendere non solo possibile la presentazione, ma credibile la proposta politica delle liste verdi.

Credo che questi due binari possano costituire la guida della lotta antipartitocratica e per l'affermazione di una "politica dei cittadini", che forse difficilmente potremmo ridefinire con lo strumento referendario.

In questo quadro, invece, forse si potrebbe anche inserire uno o due referendum verdi, in una campagna politica di lancio delle liste verdi, che metta al riparo anche da quei provincialismi da cultura minoritaria o da quelle vocazioni alla sconfitta che possiamo prevedere emergano almeno in alcuni casi.

3) In questo partito avverto il bisogno dello scritto e non voglio dilungarmi a spiegarne i perché. Tanto, in fondo, lo sentono tutti ed il problema invece è il farlo.

Non credo che la strada sua quella di passare al vaglio quanto la radio abbia modificato la nostra convivenza politica e capire se sia meglio ascoltare o leggere, parlare o scrivere. Credo che ambedue le cose siano necessarie, fermo restando che la prima, bene o magari male, la si fa, mentre la seconda no. Spero che usciremo da questo congresso con la determinazione, con progetti magari non faraonici ma precisi e puntuali, a realizzare quanto meno un giornale che abbia periodicità vera e continuità redazionale senza apparire ogni numero come una cosa a sé, una specie di volantino di sedici pagine.

Anche questo significa ovviamente, persone e denaro: ma forse po' produrne dell'uno e dell'altro, più di quanto ce ne richieda inizialmente.

 
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