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Cicciomessere Roberto - 28 ottobre 1984
Gli editoriali di "Lettera radicale" (dicembre 1983 - ottobre 1984)
di Roberto Cicciomessere

SOMMARIO: All'indomani del XXIX Congresso del Pr (28, 29, 30, 31 ottobre e 1 novembre 1983), il nuovo segretario del Pr Roberto Cicciomessere promuove la pubblicazione del quindicinale "Lettera radicale", formato "tascabile" (15 x 21 cm.), inviato esclusivamente agli iscritti. E' uno strumento di dialogo e d'informazione con i militanti, che dà conto soprattutto dello sviluppo delle iniziative per l'attuazione degli obiettivi indicati dal congresso radicale, in particolare la campagna contro lo sterminio per fame, l'autofinanziamento, le pensioni minime e la battaglia sulla giustizia a partire dal caso Tortora. Dagli editoriali scritti dal segretario del partito, le mille difficoltà con cui si scontra quotidianamente una forza politica che basa la sua azione esclusivamente sulla forza delle idee, sul dialogo nonviolento, sul consenso e sull'autofinanziamento.

(LETTERA RADICALE, supplemento a NOTIZIE RADICALI)

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Agli iscritti

(LETTERA RADICALE n. 1 - dicembre 1983)

E' un impegno che ho assunto al congresso di Rimini: ricercare occasioni di dialogo per superare quel disagio che si è manifestato a Rimini e altrove. Con "Lettera radicale", che verrà inviata periodicamente agli iscritti, informeremo dettagliatamente sugli elementi essenziali delle decisioni che gli organi esecutivi del partito adotteranno, sulle piccole e grandi cose su cui ci applichiamo quotidianamente, sugli eventi che segnano la vita della nostra organizzazione.

"Lettera radicale" non vuole e non deve sostituire gli altri organi di stampa (e speriamo anche la rivista) che il partito pubblicherà quest'anno. Non sarà neppure un bollettino parrocchiale con il quale rinchiuderci rassegnati nel nostro ghetto.

Come ogni lettera che si rispetti, anche quella radicale ha precisi ed esclusivi destinatari: gli iscritti radicali e non altri. Vuol dire che si è vincolati al segreto epistolare? No di certo: è sufficiente che ognuno sappia che questo foglio è stato pensato e scritto per un preciso interlocutore. Non è nulla di più che una lettera ai compagni che hanno responsabilmente deciso di percorrere insieme quel difficile, forse decisivo, tratto di strada che abbiamo avuto la forza di indicare a Rimini.

Di conseguenza, solo questo primo numero viene inviato a tutti i vecchi iscritti del 1983, nell'auspicio che vogliano corrispondere anche nel 1984 a quel dialogo operoso che abbiamo iniziato più di quindici anni fa. Da oggi, chi è interessato a ricevere la "Lettera" sa che cosa deve fare: iscriversi.

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Ai 2000 amici silenziosi

(LETTERA RADICALE n. 2 - 9 gennaio 1984)

Abbiamo detto e scritto che è stato un successo politico ed organizzativo del partito raggiungere in soli sessanta giorni la cifra di 1.500 iscritti e raccogliere 565 milioni. E' vero. Negli anni precedenti non era mai successo. Ma diversa era la situazione politica, più ampi erano gli spazi di democrazia che potevamo percorrere con un uso più ridotto di risorse, meno ambiziosi erano i nostri obiettivi politici. Ce lo siamo detto e ripetuto da mesi, nel congresso straordinario di Roma, in quello di Rimini e nel corso della campagna elettorale di Napoli quando abbiamo denunciato il golpe partitocratico.

Dove trovare i Sabato di Abc, i Perrone del Messaggero, gli Scalfari dell'Espresso, perfino i Bernabei della Rai con cui alla fine abbiamo domato gli ultimi ostacoli nelle battaglie del divorzio, del concordato, dell'aborto per vincere oggi la sfida contro lo sterminio per fame e quella contro le pensioni di fame?.

Per adesso dobbiamo contare solo sulle nostre forze. Come allora, prima di "sfondare", dobbiamo resistere e stringere i denti. Ma più di allora in condizioni difficilissime.

E allora come pensare di poter realizzare quanto abbiamo insieme scritto nella mozione congressuale dovendo fare a meno dei pochi mezzi d'informazione con i quali armiamo la nostra lotta quotidiana?

Eppure credo che i messaggi di Pertini e del Papa non rappresentino solo il segno di una maturazione individuale ma il sintomo del difficile affermarsi di una consapevolezza nuova sulle tematiche che in solitudine abbiamo agitato in questi anni. Oggi ho la sensazione che ci stiamo avvicinando ad una situazione di superamento dell'isolamento. Ma più forti sono le difficoltà e le resistenze. Più netta è la volontà di farci fuori. Ancora più dura sarà la censura dopo i discorsi di Pertini e del Papa nella paura che la gente possa riconoscerci e riconoscersi nei nostri obiettivi.

Allora sinceramente non riesco a capire fino in fondo cosa abbia frenato almeno gli altri 2.000 compagni che si erano iscritti nel 1983 sulle stesse tematiche e che, bene o male, hanno potuto seguire passo per passo la maturazione della mozione congressuale, con le sue scadenze precise. Cosa aspettano?

Ci siamo dimessi perché era doveroso farlo avendo mancato un obiettivo così tassativo, perché nessuno può chiederci di assumere impegni per oltre tre miliardi senza avere una pur minima garanzia di incassarli nel corso dell'anno. Eppure dovremmo decidere subito se ridimensionare immediatamente molti dei nostri obiettivi e strumenti di comunicazione oppure potenziare Radio radicale, realizzare il ponte televisivo fra Roma e Milano creando una redazione capace di riempire utilmente gli spazi disponibili di Canale 66 e Canale 25 fino ad ora lasciati sostanzialmente inutilizzati, stampare milioni di depliant con cui realizzare il "porta a porta" sulla fame e sulle pensioni, attuare il progetto editoriale con un NR rinnovato, la rivista...

Scadenze ed impegni credo per la prima volta indicati con precisione nel progetto di attuazione della mozione e nel bilancio di previsione che con il tesoriere presenteremo al consiglio federale del 13 gennaio.

Ma queste dimissioni sono anche uno strumento per socializzare i nostri problemi, per cercare di condividerli con tutti i compagni che si sono iscritti e con quei duemila che non lo hanno fatto ancora.

Provate adesso a mettervi nei miei panni e in quelli del tesoriere.

Forse vi aiuterà, ci aiuterà a prendere, in modo più ragionato, le difficili decisioni personali e collettive che ci attendono.

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Utopia?

(LETTERA RADICALE n. 4 - 6 febbraio 1984)

Non è obiettivamente agevole realizzare quelle estreme iniziative di dialogo e d'informazione rivolte alle forze politiche e sociali che detengono il potere di decretare l'interruzione o prosecuzione dello sterminio degli affamati a cui la mozione del consiglio federale c'impegna. Ci muoviamo controcorrente travolti dalle ondate dell'altra politica, quella che viene rappresentata quotidianamente sul modesto palcoscenico italiano da vecchi tromboni, giovani mascalzoni, consumati cultori di quell'arte che consente, contro le leggi della fisica, di farsi sostenere, invece di sprofondare, dal mare di scandali, corruzioni, incapacità che a palate viene riversato sulla società. Gli spettatori sembrano sempre meno attratti da un cartellone che ripropone il vecchio gioco delle parti, la solita sceneggiata dei litiganti che alla fine si mettono sempre d'accordo. Qualcuno intanto rispolvera il vecchio canovaccio dello Stato forte, da riproporre - con qualche aggiornamento tecnocratico - agli italiani.

E' difficile, quasi improbabile, trovare chi, per calcolo o convinzione, sia disposto a sostenere una battaglia che non promette affari, non procura potere. Ma altre volte ci siamo riusciti, quasi per miracolo. Il miracolo radicale dell'ostinata volontà di creare politica da quei pensieri, da quelle convinzioni che ci vorrebbero costringere a relegare nel pianeta delle utopie.

Pazientemente abbiamo quindi avviato nuove iniziative verso persone e ambienti che nel passato erano stati da noi solo lambiti. Ci siamo inoltrati senza pregiudizi in quel mondo cattolico, così distante da noi, che spesso sembra parlare con le nostre stesse parole. Ma ci vuole più tempo del previsto. Brevi riflessioni per spiegare le ragioni che mi spingono a prolungare, di poco, quel conto alla rovescia che deve portarci alla risposta definitiva sulla praticabilità dell'obiettivo che da cinque anni rincorriamo, che ogni volta ci è sembrato a portata di mano, ma che inesorabilmente ci è sfuggito.

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Siamo in corsa

(LETTERA RADICALE n. 5 - 15 febbraio 1984)

Alcuni compagni hanno lamentato il silenzio del segretario sulle iniziative del partito. Insomma cosa fate dopo aver confermato le dimissioni? Come state attuando la mozione approvata dal Consiglio federale?

Voglio rassicurarli: stiamo esperendo ogni tentativo per rimuovere le cause che ci hanno costretto alle dimissioni. Abbiamo portato avanti una specie di pellegrinaggio presso quegli uomini politici che dimostravano almeno disponibilità al dialogo: Zamberletti, Zangheri, Goria, Signorile, Piccoli, Fiori, Fortuna. I risultati sono, almeno a parole, buoni.

Stiamo lavorando con l'obiettivo di costituire un gruppo interparlamentare, composto da esponenti di tutti i partiti, che sostenga l'articolato legislativo, pubblicato in questo numero di Lettera radicale, elaborato sulla base di tutte le indicazioni politiche e tecniche che abbiamo raccolto in anni di lotta. Ci siamo mossi verso il mondo cattolico: lettere personali a tutti i vescovi e cardinali e stampa di un numero speciale di Notizie Radicali sullo sterminio per fame che abbiamo inviato, oltre che a tutti gli iscritti, ai religiosi di tutta Italia.

E' poi proseguita l'attività di organizzazione dei convegni e delle manifestazioni di aprile: il più prestigioso convegno internazionale che il partito ha mai potuto concepire è previsto per il 17, 18 e 19 aprile. Marco Pannella sta riattivando le strutture del gruppo parlamentare europeo per fornire quel sostegno internazionale indispensabile alle nostre iniziative sul parlamento italiano. Le associazioni hanno iniziato a mobilitarsi per assicurare alla marcia di Pasqua del 22 aprile una adesione massiccia e qualificata. A Perugia e Torino altre iniziative di mobilitazione su questa battaglia centrale del nostro partito.

Fra pochi giorni, quando tutto ciò sarà definito e approntato dovremo uscire allo scoperto con il nostro armamentario politico e nonviolento. Ancora una volta, quindi, a ritessere pazientemente quella tela d'iniziative che questa volta dovrà dirci definitivamente se questa politica di vita è concepibile in Italia, se noi possiamo farcela.

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Il rischio della prova

(LETTERA RADICALE n. 6 - 28 febbraio 1984)

Abbiamo bisogno di molti volani per sperare di condurre in porto l'iniziativa che abbiamo avviato da oltre un mese al fine di costruire il consenso delle forze politiche, sociali ed economiche attorno all'articolato legislativo pubblicato nel precedente numero di Lettera radicale.

I dialoghi politici con gli altri partiti potranno essere proficui e produrre impegni solidi solo se saranno stimolati da tante e varie iniziative di mobilitazione e sostegno per l'approvazione di quel decreto di vita su cui da cinque anni abbiamo investito tutte le nostre forze, tutte le nostre speranze.

Per queste ragioni abbiamo promosso quelle azioni di informazione, di dibattito e di pressione che siamo riusciti ad individuare, dalla settimana di Torino »contro lo sterminio per fame e per tre milioni di vivi nell'84 alle trasmissioni televisive dei network, dagli incontri con i capi di Stato africani al numero monografico di Epoca che sarà presto in edicola e al dossier sulla spesa italiana per l'aiuto pubblico allo sviluppo, anch'esso di prossima pubblicazione.

Ma la ripresa di mobilitazione del partito, I'uscita per le strade, fra la gente, con i tavoli, con il materiale informativo e le petizioni ai sindaci, la ripresa della campagna di tesseramento e di autofinanziamento divengono le condizioni indispensabili per sperare d'incardinare il procedimento legislativo, per arrivare al voto definitivo. Così, ancora, è insostituibile la ripresa della lotta politica nonviolenta, volano caratteristico e specifico dell'iniziativa per assicurare alla vita milioni di esseri umani.

Già cento compagni si sono uniti nel digiuno di dialogo e d'informazione che inizierà il 6 marzo e si protrarrà per quindici giorni. Altri, speriamo, si aggiungeranno in questi giorni. Entro aprile, comunque, i fatti daranno la risposta definitiva sull'esito della campagna.

Non è questo un generico appello all'attivismo. Credetemi, se oggi mi assumo la responsabilità di non porre la parola fine a quella vicenda politica che abbiamo condotto con allucinante rigore e con ostinata continuità, perfino di non ottemperare alla mozione del Consiglio federale che m'imponeva una decisione in tempi brevi, ciò significa che i margini per il successo sono consistenti o perlomeno impongono il rischio della prova.

Siamo disponibili a rischiare insieme?

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Quasi impossibile

(LETTERA RADICALE n. 7 - 10 marzo 1984)

Scrivevo, nella precedente Lettera radicale, che i risultati ottenuti col paziente tentativo di cucitura dei consensi e delle alleanze politiche c'impongono il rischio della prova.

D'altra parte la prudente valutazione dei tempi politici c'induce a dire che è quasi impossibile riuscire a far approvare una legge in tempo utile. Sono infatti disponibili non più di quattordici sedute parlamentari prima della sospensione dei lavori conseguente alla convocazione dei comizi elettorali per il rinnovo del Parlamento europeo. Dopo ci saranno le ferie estive.

In questo tempo politico, già prenotato in larga parte dalla discussione sul condono edilizio e sulla riduzione della scala mobile, dovremmo riuscire a fare iscrivere, discutere in Commissione, poi far approvare in Aula una legge per l'intervento d'emergenza contro lo sterminio per fame. Identico iter dovrebbe poi essere percorso nell'altro ramo del Parlamento. Quasi impossibile, dunque.

Mi guardo bene dall'evocare i miracoli che con la forza di volontà abbiamo suscitato nel passato. Oggi gli spazi di democrazia e quindi d'informazione sono ancor più ridotti, quasi inesistenti.

Non voglio neppure coinvolgervi forzosamente e illegittimamente nella drammatica decisione su cui quotidianamente, ora dopo ora, m'interrogo dopo un incontro soddisfacente, dopo una iniziativa fallita. Ad ognuno le sue responsabilità.

A me compete quella di proporvi responsabilmente di andare avanti o di fermarci. A voi di decidere.

Ma il metodo che è prudente praticare in queste condizioni è quello di verificare giorno dopo giorno, tenendo ben presenti le difficoltà e le scadenze oggettive, se la strada è praticabile, se gli ostacoli possono essere celermente rimossi oppure se i muri divengono via via più impenetrabili. Oggi, ripeto, è doveroso correre il rischio della prova.

Mentre scrivo penso a domani, quando il ministro degli Esteri dovrà dirci se intende cavalcare o meno la proposta di legge, o perlomeno non ostacolarla quando dovremo verificare se le disponibilità verbali dei parlamentari democristiani, socialdemocratici, socialisti, liberali si trasformeranno in firme impegnative e quindi sarà possibile presentare formalmente la proposta di legge, quando dovremo valutare se la lotta politica, le nostre forze disponibili sono sufficienti per superare le resistenze dei comunisti e della lobby del Dipartimento per lo sviluppo, quando dovremo calcolare se le poche lire, veramente poche, che ci giungono per posta potranno accontentare i creditori.

Intanto - so che è difficile - dobbiamo investire e rischiare tutto quello che abbiamo. Il digiuno, il dialogo, le manifestazioni, i tavoli, i sindaci, le marce... Posso solo assicurarvi che non andremo avanti per inerzia, volontaristicamente. Niente di più è possibile, niente di meno sarebbe tollerabile.

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E' doveroso tentare

(LETTERA RADICALE n. 8 - 31 marzo 1984)

Preferisco essere pessimista piuttosto che suscitare illusioni e delusioni. Qualcuno dice che questo atteggiamento è poco mobilitante, ma io preferisco far fiducia alla intelligenza di chi mi ascolta piuttosto che alla sua emotività.

Certo, dopo il difficile ed estremo »tentativo di dialogo che abbiamo condotto in questi due mesi, siamo riusciti finalmente ad incardinare il confronto e lo scontro su una proposta di legge che registra ampie convergenze. Solo due mesi fa avevamo dovuto registrare la totale sordità e indifferenza della classe politica perfino agli appelli del Papa e del Presidente. Oggi, indiscutibilmente, la nostra proposta politica è entrata nell'agenda dei partiti, il confronto, seppur duro, si è aperto sulla stampa a partire da quell'articolato legislativo che a lungo abbiamo discusso all'interno del nostro Partito. Tutto ciò significa che il successo è vicino?

No. Proprio perché siamo riusciti a scavalcare il muro di silenzio che ci avevano costruito attorno, adesso - allarmati - ci lanciano contro i cani della stampa di regime, i maneggioni che hanno speculato sulla fame. Il Pci si è assunto il ruolo di servizio d'ordine di quel Dipartimento che ha dilapidato migliaia di miliardi in questi anni mettendosi alla testa di uno stuolo di deputati che miseramente si sono guadagnati i galloni di esperti nella riconferma puntuale dello sterminio per fame.

Scrivevo nella precedente Lettera radicale, solo due settimane fa, che era quasi impossibile riuscire a far approvare una proposta di legge entro l'estate. Oggi, obiettivamente, è possibile provarci, è per lo meno doveroso tentare.

L'obiettivo immediato è riuscire ad ottenere garanzie su tempi certi di discussione e di votazione alla Camera e al Senato della proposta di legge n. 1433, che riportiamo in questo numero della Lettera.

Tutti voi sapete cosa è possibile fare, nelle prossime ore e giorni, per far pendere il piatto della bilancia a favore della vita: i tavoli, le cartoline la propaganda della Marcia di Pasqua, le lettere ai giornali ed ai membri della Commissione esteri, le manifestazioni... Non perdiamo questa occasione. E' unica e forse ultima.

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Possiamo riprendere il volo

(LETTERA RADICALE n. 9 - 10 maggio 1984)

Quando "Lettera radicale" vi arrivera a casa probabilmente avremo gia conosciuto l'esito dell'iniziativa radicale per »tre milioni di vivi nel 1984 . Il governo si e infatti impegnato a presentare, entro la seconda settimana di maggio, un provvedimento per l'intervento straordinario contro lo sterminio per fame.

Andreotti, per non inimicarsi i comunisti (le elezioni presidenziali sono vicine!), ha predisposto un minidecreto limitato al Sahel, con pochi fondi riciclati da capitoli di bilancio già destinati alla cooperazione con il terzo mondo, che prevede un »basso commissario , praticamente un sottosegretario. Craxi sembra interessato ad un disegno piu ambizioso ma... non ha tempo di occuparsene.

La straordinaria mobilitazione che siamo riusciti a provocare, le eccezionali convergenze politiche che abbiamo costruito sulla proposta di legge Piccoli, il consenso internazionale che si è espresso nel corso del convegno di Pasqua rischiano di naufragare per il veto del Pci ed il cinismo della classe dirigente partitocratica.

Noi radicali abbiamo del resto sparato quasi tutte le cartucce che avevamo predisposto nei mesi scorsi. Ma un'altra battaglia può incardinarsi in quella della fame, rafforzandola: la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo.

Accanto alle iniziative per il diritto all'informazione degli elettori sequestrato dalla partitocrazia, e a quelle per l'affermazione dello stato di diritto che saranno rafforzate dalla candidatura di Enzo Tortora, l'impegno per l'approvazione della legge n. 1433 sarà al centro della nostra iniziativa elettorale. Utilizzeremo tutti gli spazi che sapremo conquistarci per riaffermare l'obiettivo che ci siamo dati da cinque anni.

Gli eletti al Parlamento europeo, grazie al patrimonio di esperienza del precedente gruppo, potranno realizzare quell'insediamento politico radicale in Europa essenziale per la crescita di un partito come il nostro che rischia di essere soffocato in una dimensione esclusivamente nazionale. Questi compagni avranno anche il difficile compito d'impedire il degrado dei movimenti verdi - certamente presenti a Bruxelles - contrapponendo, al neutralismo filosovietico o al velleitarismo apolitico che rischiano di travolgere queste nuove formazioni, il bagaglio teorico e di proposta acquisito in tanti anni di lotte antimilitariste, ecologiste e per la vita.

E' questo il programma per i prossimi mesi. E' solido, legittimamente ambizioso. Possiamo riprendere il volo.

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Abbiamo due grandi responsabilità

(LETTERA RADICALE n. 10 - 21 maggio 1984)

Il decreto legge sulla fame era pronto: 600 miliardi riciclati dall'aiuto pubblico allo sviluppo; esclusivamente interventi di emergenza alimentare e sanitaria; la possibilità di nomina di un commissario straordinario alle dipendenze del ministro degli esteri. Non una parola sull'obiettivo che ha animato 5 anni di campagna politica, che è stato sottoscritto da migliaia di sindaci, per il quale si sono espresse a Pasqua le maggiori autorità internazionali e che è stato sottoscritto dai 160 firmatari della proposta di legge Piccoli e cioè milioni di vivi subito.

Ci siamo assunti la responsabilità di bloccarlo. Avrebbe significato il fallimento definitivo della speranza, che in questi anni ci ha animato e sorretto, di poter interrompere lo sterminio in corso e di porre al centro della politica la difesa del primo diritto civile, quello alla vita.

I firmatari della proposta di legge n. 1433 hanno, per ora, respinto l'iniziativa di Andreotti controproponendo un testo di decreto che riproduce, in forma semplificata, gli obiettivi e gli strumenti del »progetto Piccoli .

Questa posizione si è rafforzata con la dichiarata disponibilità del ministro delle finanze Visentini e del ministro del tesoro Goria a reperire risorse finanziarie consistenti per il provvedimento legislativo contro lo sterminio per fame.

Dovremo quindi, nei prossimi giorni, denunciare le inadempienze del governo che si era impegnato formalmente in commissione a presentare, entro la seconda settimana di maggio, un provvedimento per l'intervento straordinario e richiedere la prosecuzione della discussione nella Commissione esteri per giungere al voto.

Identica inadempienza deve essere registrata per quanto riguarda gli impegni assunti dal governo sulla questione delle pensioni minime. Nel corso della discussione della legge finanziaria, De Michelis accolse un ordine del giorno che impegnava il governo »a realizzare entro il 31 maggio una rilevazione intesa ad individuare i soggetti aventi titolo ad una prestazione idonea ad assicurare un adeguato livello di protezione e a determinare gli oneri derivanti dall'adozione di norme per l'erogazione della prestazione anzidetta . In poche parole il ministro del lavoro doveva annunciare se intendeva o meno adeguare le pensioni di fame, a seguito della verifica sugli oneri finanziari conseguenti.

Sono queste due vertenze con il governo che dovranno impegnarci non solo attraverso gli strumenti della campagna elettorale ma anche con le »armi della nonviolenza. Ancora una volta grandi responsabilità ma anche grandi speranze sono nelle nostre mani.

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Uno scenario per il Parlamento europeo

(LETTERA RADICALE n. 11 - 30 maggio 1984)

Con quale criterio avete compilato le liste per il Parlamento europeo? Qual è il significato politico dell'ordine di presentazione dei candidati radicali?

Proseguendo nell'intento di rendere sempre più trasparenti le decisioni degli organi statutari del Partito, che abbiamo rafforzato con la pubblicazione di Lettera radicale,, voglio illustrare sinteticamente lo scenario e il progetto a partire dai quali abbiamo proposto le liste che conoscete.

Come sempre accade in casa radicale, non c'è stata lotta per la candidatura (molto spesso è accaduto il contrario), bensì una seria riflessione su due domande principali: cosa intendiamo fare nel Parlamento europeo e quali compagni si trovano nelle migliori condizioni per svolgere quel lavoro politico.

Sulla prima domanda abbiamo già scritto diffusamente nei precedenti numeri di Lettera radicale e di Notizie radicali. Mi limito quindi ad evocare i terreni d'impegno: incardinamento nell'istituzione europea delle tematiche e delle proposte sullo sterminio per fame, sull'antimilitarismo, sull'ecologia e sulla tutela dei diritti civili, per non parlare della costruzione di una nuova Costituente europea; confronto e possibilmente alleanza con i »verdi europei sui temi prima citati e soprattutto sul »pacifismo ; costruzione nei paesi europei d'insediamenti radicali.

Per quanto riguarda il secondo punto si trattava d'individuare i compagni che avessero le competenze politiche specifiche per perseguire questo progetto politico, di contemperare questa ipotesi d'impegno con le responsabilità che ognuno aveva già assunto nel lavoro di partito, nonché di verificare le disponibilità personali a trasferirsi, armi e bagagli, per un periodo certamente lungo della propria vita, a Strasburgo, Bruxelles e altrove.

Questo progetto comportava infatti non la presenza occasionale alle sessioni del Parlamento, ma la residenza degli eletti in Europa. Come ognuno può immaginare questa ultima »condizione non poteva non provocare in ognuno dei candidati gravi decisioni che incidevano sulla propria sfera privata. Questo è stato il metodo attraverso il quale siamo arrivati a proporre una rosa di possibili eletti quanto più corrispondente allo scenario e al progetto politico indicato.

A parte Enzo Tortora, a cui abbiamo garantito l'elezione per i motivi noti, i compagni che ci siamo sentiti di proporre per questo impegnativo lavoro in Europa sono nell'ordine, Marco Pannella, Roberto Cicciomessere, Mario Signorino, Giovanni Negri. Emma Bonino potrà garantire, a partire da altre responsabilità di partito, uno specifico impegno politico in Europa.

E' questo lo scenario che v'invito a sostenere col il voto e con l'espressione delle preferenze. Di questo progetto, e solo di questo, mi sento responsabile di fronte al Partito e in relazione ai deliberati congressuali.

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Ci sono i numeri, non c'è la politica dell'alternativa

(LETTERA RADICALE n. 12 - 20 giugno 1984)

Pci, Psi, Pr e Dp hanno raccolto più del 49·o dei voti. La sinistra ha quindi i numeri per potersi candidare, come è accaduto in molti paesi europei, a gestire un'alternativa alla Dc.

Ma in Italia manca una politica alternativa della sinistra sulla quale chiedere al Paese di far convergere il proprio consenso. Il Pci ha infatti fatto propri, divenendone poi il promotore più accanito e il più convinto sostenitore, i peggiori istinti antidemocratici e forcaioli dei partiti conservatori, unendo a ciò il becero corporativismo e populismo. Perché è il Pci oggi il partito guida della partitocrazia, il partito artefice dello svuotamento delle istituzioni costituzionali, il partito dello sfascio economico.

Il Psi ha tentato di accreditarsi come oppositore del regime consociativo vanificando questa velleità nella forsennata corsa al potere, facendo cadere ogni pur apprezzabile proposito programmatico nell'incapacità di concepire quel processo di ritorno alla legalità costituzionale, essenziale per realizzare ogni intento riformatore.

Da almeno dieci anni l'unico partito che ha rifornito la democrazia di quelle battaglie civili essenziali per concepire maggioranze di vero rinnovamento, è stato quello radicale. Dal divorzio all'aborto, dai referendum alla difesa strenua dello Stato, dal vero ecologismo e pacifismo alla lotta contro lo sterminio per fame, dalla tutela dei diritti all'informazione alle vere battaglie di moralizzazione, abbiamo incessantemente proposto e spesso affermato i terreni su cui era realistico costruire il rinnovamento, I'unità, I'alternativa della sinistra.

Le classi dirigenti dei partiti della sinistra hanno scelto altre strade cacciandosi, il Pci in un percorso senza sbocco se non quello delle avventure autoritarie, e il Psi fino in fondo al fallimento di ogni illusione da divenire il polo efficentistico della partitocrazia.

Il Paese ha premiato, nonostante il linciaggio di cui siamo stati oggetti, il rigore ed il coraggio delle nostre scelte. Ancora, nei prossimi mesi, riproporremo un terreno di unità e alternativa di sinistra: I'abrogazione delle selvagge leggi speciali, la salvezza di milioni di agonizzanti per fame, la tutela dei nuovi emarginati e dei poveri, cioè i pensionati.

E' illusorio, anche alla luce di una fuorviante lettura di risultati elettorali drogati da elementi emotivi, pensare ad un ripensamento del Pci e del Psi. Ma è nostro dovere utilizzare tutta la forza che abbiamo acquisito con queste elezioni, che dobbiamo assolutamente utilizzare per il rafforzamento del partito, con l'aumento delle iscrizioni, operare in quella direzione, esperendo ogni tentativo.

Se le previsioni sulla sordità della sinistra, o meglio, sulla strutturale impossibilità delle classi dirigenti comunista e socialista di concepire una strategia politica diversa da quella che ci ha portato all'attuale situazione, cosi pericolosamente aperta a tentazioni autoritarie e tecnocratiche, dovessero essere confermate, allora con definitiva durezza dovremmo impegnarci per far comprendere agli elettori comunisti e socialisti che il maggior ostacolo all'alternativa, per la quale in gran parte hanno votato, è rappresentato proprio dalle classi dirigenti dei loro stessi partiti, e che in particolare il Pci svolge obiettivamente, in uno scenario di partiti sfaldati ed alla deriva, I'unico vero puntello della partitocrazia.

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Necessaria una scelta

(LETTERA RADICALE n. 13 - 28 luglio 1984)

Non sono disposto a ritenere irrimediabilmente mancato l'obiettivo dei tre miliardi fissato dal Congresso. Perché comunque quella è la dimensione di spesa minima che ha garantito quest'anno di politica radicale per l'attuazione della mozione, ma soprattutto perché l'impegno che collettivamente abbiamo assunto a Rimini dipende quasi esclusivamente dalle nostre forze ed è adeguato alle potenzialità di un partito che riesce a raccogliere il consenso di un milione e duecentomila elettori.

Dovremmo infatti rinunciare ad organizzare per ottobre la giornata europea per la giustizia? Dovremmo smobilitare il prezioso patrimonio radiotelevisivo che - troppo spesso ci dimentichiamo -ci ha consentito di non essere spazzati via completamente dall'informazione?

Avremmo dovuto rinunciare alle spese per la campagna elettorale o a quelle per la campagna d'aprile contro lo sterminio per fame? Mettetevi nei panni del tesoriere e provate a tagliare in modo responsabile una sola delle voci che compongono il bilancio di quest'anno. Anche la conversione, che abbiamo avviato con decisione, di alcuni strumenti di comunicazione, per non essere semplicemente una liquidazione in pura perdita, ha comportato investimenti che oggi l'hanno resa possibile.

Poco più di un miliardo di debiti lasceremo al partito del 1985 se non si modificherà l'attuale situazione finanziaria. Conoscete la mia opinione al proposito per averla comunicata chiaramente per ultimo, alla riunione di Bologna: la mozione congressuale non c'indicava l'obiettivo di 30 o 20 mila iscritti a quota minima, ma quello dell'attivazione di un impegno straordinario di ogni singolo iscritto.

Ciò è stato effettivamente il comportamento di tutti i compagni nei primi mesi dell'84 quando abbiamo triplicato le entrate e l'entità dei singoli versamenti.

Nei mesi successivi, proprio nel pieno della campagna contro lo sterminio per fame che, a prescindere dai suoi esiti finali, ci ha di nuovo visti al centro del dibattito politico, proprio nei mesi di una campagna elettorale nella quale abbiamo costruito le premesse di quell'»effetto radicale di cui si parla nell'ultimo numero di Notizie radicali, le iscrizioni sono scemate, ma soprattutto la straordinarietà degli impegni personali è venuta a mancare completamente.

Ognuno di noi potrà trovare alibi o giustificazioni serissime. Difficile sarà comunque, per la maggioranza di compagni che ha ritenuto di iscriversi per meno di un caffè al giorno, spiegare perché il partito radicale, il suo miracolo continuo, valgono meno di mezzo ciclomotore, di un decimo dell'automobile, e di tante altre spese che alcuni si ostinano a ritenere essenziali per la propria felicità.

Così come ho ritenuto di poter »spremere quasi fino in fondo i »dirigenti , senza nessuna esitazione vi chiedo di mantenere fede al patto associativo del partito del 1984. E' proprio così difficile trovare il mezzo milione o il milione da inviare al partito? Non lo credo. E' solo una scelta.

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Un ultimo appello

(LETTERA RADICALE n.14 - 10 ottobre 1984)

Con il prossimo ultimo numero congressuale si conclude, almeno per quest'»anno radicale , I'esperienza editoriale di Lettera radicale. Un breve bilancio s'impone.

Costituiva un mio impegno attivare, attraverso Lettera, un dialogo continuo ed un canale di comunicazione privilegiato con gli iscritti.

Se da una parte credo che il secondo proposito sia stato sostanzialmente mantenuto, più arduo mi appare poter affermare che Lettera abbia costituito un efficace strumento di dialogo.

A questo proposito devo dire che molto utile e stimolante è stato per me l'impegno di comunicare, nei 13 numeri editi dal dicembre 1983, gli elementi essenziali delle decisioni politiche degli organi esecutivi del partito, i dettagli delle iniziative che abbiamo assunto, le valutazioni aggiornate sullo stato di attuazione della mozione, le difficoltà e spesso le incertezze di un progetto politico ambizioso, quello incentrato sulla campagna per »tre milioni di vivi subito che sapevamo gravemente pregiudicato da ostilità generalizzate.

Velleitario invece è stato probabilmente pretendere di superare difficoltà di dialogo attraverso la Lettera. Devo però ricordare una occasione nella quale questo strumento ha provocato effettivamente dibattito, confronto e quindi effettiva partecipazione di molti al processo di formazione di scelte e decisioni politiche rilevanti. Faccio riferimento alla progressiva pubblicazione dei testi di una proposta di legge contro lo sterminio per fame che via via venivano elaborati alla luce delle diverse condizioni politiche. Estremamente positivo è stato il confronto che si è potuto sviluppare, con molti compagni, finalmente a partire da testi che ognuno poteva leggere, valutare e criticare.

Ritengo quindi che l'esperienza di Lettera radicale, ancorché non esaustiva delle diverse forme di comunicazione interne del partito, debba e possa essere continuata, precisata, migliorata. Al prossimo segretario federale del partito appartiene la valutazione sull'uso che vorrà fare di questa piccola eredità.

Grazie alle tante riflessioni sviluppate sulla Lettera in quest'anno, posso permettermi di rivolgervi, senza ormai aver più bisogno di ulteriori argomentazioni, I'ultimo, ma non per questo meno pressante, appello perché ognuno giudichi se ha fatto di tutto per adempiere agli impegni che collettivamente ci siamo assunti a Rimini. Manca un mese, manca un miliardo, mancano soprattutto all'appello molti compagni. Un congresso difficile ci aspetta. In quello che siamo e siamo stati dobbiamo trovare la forza per superare anche questa difficile prova.

 
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