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Teodori Massimo - 10 dicembre 1984
DOSSIER SU DOSSIER, VENTO DI CRISI
di Massimo Teodori

SOMMARIO: Avanza inarrestabile la crisi politica civile e morale del Paese. Il governo non cade solo, e paradossalmente, perché troppo debole. I partiti, tutti, giocano irresponsabilmente al massacro. Tutti. Governo e opposizione, dalla Dc al Pci, salvatore di Andreotti e "bottegaio" con Visentini e su fisco. Di questo sfacelo si nutre Almirante. Accusato pubblicamente di ladrerie e di mendacio, questo vecchio retore inganna onesti sentimenti e ingenue speranze di fascista e nonfascisti. Ma dietro di lui si scorge una torbida commistione di interessi e di forze cui non è estraneo il Pci, per i suoi ormai scoperti giochi di regime.

(NOTIZIE RADICALI N. 74, 10 maggio 1984)

Ogni giorno è una polemica, ogni giorno è una sconfitta su un emendamento, una legge o un decreto. Non appena un ministro sforna una proposta, è subito rissa: scatenata in primo luogo dai suoi partner di coalizione. Il governo non sopravvive per una sua politica, chiara e comprensibile, per la spinta "riformista" che la presidenza del Consiglio socialista avrebbe dovuto imprimere e che nessuno ha potuto notare per la forza che la maggioranza in quanto tale dovrebbe comunque avere. Il governo sopravvive per la sua debolezza: è l'ennesimo paradosso di una partitocrazia che vive come ultima spiaggia questa formula di governo in attesa della resa dei conti di primavera e della guerra per bande che già si è aperta attorno alla corsa al Quirinale.

Di scandalo in scandalo, di dossier in dossier, di colpo di mano per il padrinato del network privato in golpe permanente alla Rai, ogni giorno porta la sua pena: pena naturalmente per il paese, oltre che per una politica dove non c'è spazio per le idee, per alcun valore, per alcun progetto poiché tutto è occupato dalla gestione dell'esistente, o meglio ancora dal suo lento, inesorabile corrompersi.

Corrono a tutte le ore voci di crisi, sussurri e grida si spargono e levano ad ogni riunione di vertice, ad ogni scadenza di commissione o d'aula. Mentre scriviamo si prevede la crisi, su una questione che tuttavia ci riconduce appieno alle analisi radicali di questi anni, alla definizione del concetto di partitocrazia intesa come corresponsabilità di governo, come cogestione della Costituzione materiale, di quello che abbiamo chiamato regime corporativo e consociativo. Si minaccia la crisi di governo sulla vicenda del fisco, sul pacchetto Visentini: una crisi lo bloccherebbe ed insieme paralizzerebbe l'intera attività parlamentare.

Noi non sappiamo se questa eventualità sia destinata a divenire realtà entro pochi giorni. Né sappiamo se al ministro Visentini calzino bene i panni con i quali lo ha recentemente vestito un autorevole editorialista, dipingendolo come uno dei pochi "uomini-idea" di questo paese, capace di sfidare - come Giorgio Amendola in passato e come Marco Pannella nella sua lotta politica - il sistema dei partiti, obbligandoli con testardaggine ad accettare un'idea-forza equa, intelligente, giusta. Forse Visentini non è tutto questo, forse sbrigativamente - abituato com'è a muoversi con la disinvoltura dell'amministratore delegato di grandi aziende - ha lanciato, solo per abitudine e per stile, il classico "o è così, o me ne vado".

Di una e una sola cosa tuttavia siamo convinti. Noi non ci uniremo in ogni caso a coloro che stanno concependo il proprio ruolo di opposizione nel modo più irresponsabile e sfascista, rifiutandosi - per scelta o per incapacità - di contrapporre idee, progetti, valori alternativi a questa maggioranza e a questo governo e scatenandosi invece in ogni operazione, ogni agguato che possa garantire i loro calcoli e i loro interessi (è proprio il caso di dirlo) di bottega. Se l'attuale governo dovesse cadere su questo provvedimento, non sarebbe la vittima di alcuna "nobile opposizione" ma solo di una miserabile e torbida coalizione di interessi corporativi e di lobby, poco importa se bianche o rosse. Non è certo un caso che il Pci, obbligato nel momento della verità a scoprirsi come ancora di salvezza di Andreotti ora si scopra come il partito della linea a dir poco ambigua sul fisco. Né è certo casuale che l'Msi, a suo tempo salvatore del decreto Berlusconi, partito accusato di commercio in voti sottobanco tanto al

l'inquirente quanto in aula, oggi come ieri provi a cavalcare la tigre poujadista. No: noi non siamo né quella dei nostri compagni di Dp che tanto ci rimproverano il non-voto quanto dimostrano ogni giorno il loro non-ruolo in un Parlamento del quale non sono riusciti a caratterizzare un solo momento dalle elezioni ad oggi: nel '68 sfilavano, sfilavano, sfilavano all'insegna dell'antiparlamentarismo più stupido, ed oggi votano, votano, votano all'insegna del moderno cretinismo parlamentare. Dalla priorità della lotta allo sterminio per fame alla denuncia dei poteri occulti, dal tirare allo scoperto le vere maggioranze e complicità politiche di regime alla battaglia per i minimi di pensione, noi siamo stati e saremo in Parlamento ben altra e ben diversa opposizione. Anche sulla vicenda fiscale.

 
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